Ciampi: "Europa intollerante, impara dal Sudafrica"
"Rendo omaggio a Nelson Mandela e ai suoi compagni", scrive il Capo dello Stato sul registro del carcere dell'apartheid. "Un modello di riconciliazione per le giovani e vecchie democrazie".
CITTA' DEL CAPO - Seduto su una panca di legno, Carlo Azeglio Ciampi ascolta il racconto di Akhmed Kathrada, uno dei sepolti vivi di Robben Island, la prigione per i detenuti politici dove venivano messi ai lavori forzati i leader della lotta all'Apartheid. Kathrada racconta delle umiliazioni, delle vessazioni, delle punizioni corporali.
Di come vennero condannati a non poter avere nulla da leggere per quattro anni, dopo che erano riusciti a far arrivare all'esterno l'autobiografia del loro compagno di prigionia Nelson Mandela. E lo racconta con lo stesso tono con cui ricorda di un giovane detenuto che, per aver discusso con un secondino, venne tenuto in una buca, al sole in piena estate, coperto di terra fino al mento. Un tono, il suo, pacato e tranquillo, che non tradisce nessun sentimento se non la serenità che nasce dall'aver conosciuto la sofferenza.
Ciampi ascolta, seduto su una panca di legno in mezzo ad una spoglia sala di carcere, mentre l'inteprete snocciola tutti i particolari del racconto. Poi si alza, il Capo dello Stato, e scrive sul libro dei visitatori di Robben Island: "La dignità umana e l'irreprimibile anelito alla libertà hanno avuto ragione di queste mura. Rendo omaggio a Nelson Mandela ed ai suoi compagni. La loro vittoria finale ha portato un messaggio di concordia e di perdono. E' stata una vittoria di civiltà, una vittoria per tutto il mondo".
E' il caso di imparare, anche nella vecchia Europa dove si stanno riaffacciando intolleranza e incomprensione. Uscito dalla struttura, oggi vuota (l'ultimo prigioniero politico venne rilasciato nel 1993), di Robben Island, Ciampi ha un pensiero per Mandela, che in quest'isola dei maledetti, nel pieno dell'oceano di fronte a Città del Capo ha scontato quasi tutta la sua condanna per aver messo in discussione il regime di segregazione razziale.
"Mandela emanava forza e serenità", ricorda di un suo incontro personale, "e si spiega così non solo come abbia potuto vincere questa lotta, ma anche come si sia comportato dopo la vittoria, perché sulla base di questi sentimenti ha poi portato il paese alla riconciliazione". C'è da restare impressionati da queste persone che "soffrono a lungo per i loro ideali e che, una volta tornati alla libertà ed alla dignità, non hanno nessun tipo di risentimento verso quanti li hanno oppressi".
Ragione per cui adesso il Sudafrica, pur tra le difficoltà di uno sviluppo ancora pienamente da raggiungere e di una situazione interna resa difficilissima dall'epidemia di Aids, è un modello per le giovani democrazie, come anche per le vecchie.
(14 MARZO 2002; ORE 14:17)
Ma questo qui e' proprio partito di testa