La democrazia è fatta di dissenso, critica, contrapposizione. Che ha nei parlamenti il proprio luogo di elezione. Il presidente della Repubblica non è al di sopra di tutto ciò, soprattutto qualora esprima giudizi di valore su contenuti politici suscettibili di valutazioni opposte.
Un intero arco costituzionale vorrebbe proporci un "pensiero unico", celandolo dietro le così dette istituzioni, verso cui presume un'adesione unanime superiore alla libertà stessa di pensiero. E' d'altronde evidente che dove si chiede l'unanimità si annuncia il totalitarismo. Sempre più viviamo in una cultura dove la presunta cornice condivisa satura gli spazi destinati al dibattito. Sempre più la politica diventa interpretazione di questa cornice, semplice messinscena in cui il male è rappresentato da chi dissente e non da chi, evitando o ignorando la volontà popolare, impedisce il dissenso.
In rapporto a quanto avvenuto in Francia e Olanda, in rapporto a quanto la burocrazia europea quotidianamente ci nuoce, il discorso di Ciampi è stato scandaloso. Si può discutere sulla forma di dissenso, ma gli attacchi alla Lega presuppongono altro: presuppongono che in politica vi devono essere "dogmi" da non scalfire.
Io non ho difficoltà, da leghista, a definirmi europeo e ad auspicare un'Europa unita, in grado di essere opportunità di sviluppo e autodeterminazione per il Nord. E non ho remore a difendere la democrazia, che è il diritto a dire "no", il diritto a contestare chi non mi rappresenta, il diritto a dirmi padano e a sciogliermi dai vincoli logoranti di chi, aprioristicamente e autoritariamente, crede che qualcosa di umana invenzione (si chiami Italia, Euro etc...) possa essere intoccabile.
La logica dei partiti italiani è quella dell'ipocrisia, di chi vorrebbe dimostare che il nostro paese ha una cultura politica che sappiamo essere assente da ogni lato per responsabilità diffuse; di chi nel caro, dolce, vecchio e saggio presidente della Repubblica vede il principale baluardo dei propri privilegi, il muro dell'ovvietà e della banalità in grado di sottrarre i nostri tempi alla pericolosa energia delle spinte popolari. La sinistra accusa Berlusconi di vedere un'Italia che non c'è quando rifiuta di confrontarsi con l'indignazione e l'insofferenza verso l'ordine istituzionale esistente. E' un gioco di falsità, nascondimenti, opportunismi, colpi bassi, spacciato per rappresentanza. Questa è la cultura politica italiana contro cui è nata, anni orsono, la Lega. Questo è ciò che la classe dirigente vorrebbe fosse patrimonio condiviso del paese.
E' ancora il tempo della partitocrazia, delle elites di governo, dei salotti buoni e dei poteri forti, che nella comunicazione e nella manipolazione quotidiana delle coscienze hanno trovato un valido mezzo per solidificarsi e inquisire chi nuota controcorrente. Chiunque esso sia. Oggi la Lega, domani, forse,altri.