Mi è piaciuto moltissimo il fondo di Galli della Loggia sul Corriere di oggi.
Sono in totale sintonia.
E voi, cosa ne pensate? Si tratta di materia di grande attualità e di estrema importanza.
"E’ in atto oggi, in Italia, un tentativo di “plasmare il lavoro e la società sulla base del comando padronale” con la prospettiva della “demolizione di tutti i diritti su cui è fondato lo Stato sociale”. Si accompagna a tale tentativo “la perdita delle garanzie in campo previdenziale e pensionistico”, la “rottura della scuola pubblica”, nonché l’emergere, con la legge Bossi-Fini, di “una cultura del privilegio, della discriminazione razziale e sessuale, della prevaricazione” mentre sono a rischio “le questioni fondamentali della libertà intellettuale e della ricerca”. Siamo di fronte, insomma, a una vera e propria “scelta di civiltà” (proprio così, una scelta di civiltà): o dalla parte del governo Berlusconi o dalla parte dei sindacati e dell’imminente sciopero generale.
L’analisi appena riassunta alla meglio (e che peraltro riecheggia, sia pure in toni all’apparenza più pacati, certe affermazioni deliranti ascoltate sabato a Parigi in occasione del Salone del Libro) è stata pubblicata sempre sabato dai giornali, e porta la firma di numerose, importanti personalità della nostra cultura: da Albero Asor Rosa a Vincenzo Cerami, a Remo Bodei, da Gina Lagorio a Sergio Givone e a Giacomo Marramao, da Luciano Gallino a Umberto Eco, a Gian Enrico Rusconi, a Mario Tronti, a Daniele Del Giudice. Come si vede, una lista di nomi che impone attenzione. Ma dall’altro lato le cose che essi dicono appaiono di una gravità tale, e sono dette in modo così perentorio, da suscitare non pochi interrogativi.
Il primo potrebbe essere questo: come è stato mai possibile, secondo i firmatari, che dopo più di mezzo secolo di vita democratica, dopo una forte crescita del benessere, della ricchezza sociale, dell’istruzione, dopo importanti, vaste azioni giudiziarie contro la corruzione e contro la delinquenza organizzata, dopo cinque anni di governi di centrosinistra e in una ormai radicata atmosfera di pluralismo, come è stato mai possibile che la società italiana abbia espresso e fatto vincere forze così radicalmente malvagie e pericolose quali sarebbero quelle oggi al governo? Come è accaduto che dalla nostra società siano uscite forze del genere? Cosa ci è successo? Cosa è successo nella testa di milioni di cittadini? Ancora: come è possibile che un governo pensi di fare tutte le cose negative e impopolari che gli vengono attribuite dai nostri firmatari, e al tempo stesso sperare, come necessariamente ogni governo deve sperare, di vincere da qui a qualche anno le prossime elezioni? E se ciò non è credibile, cosa dobbiamo pensare? Forse che Berlusconi abolirà le elezioni? O cos’altro?
Sarebbe infine interessante sapere: secondo i firmatari dell’appello in questione, quanti invece sull’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori o sulla pericolosità del governo in carica non condividono le loro opinioni (e tra questi mi ci metto anch’io), cosa sono, quale qualifica meritano? Sono degli stupidi, dei farabutti congeniti, dei corrotti dal potere? Cos’altro possono essere? Insomma: è lecito pensarla diversamente dai firmatari? Ma fino a che punto lo è, senza divenire complici oggettivi del male?
Penso che queste domande, chi sottoscrive affermazioni gravissime come quelle di cui si tratta (“razzismo”, “demolizione di tutti i diritti”, “scelte di civiltà”) e per giunta fa di mestiere l’intellettuale, dovrebbe preliminarmente porsele. Così come dovrebbe porsi il problema dell’effetto che esse possono fare (e che altre volte, ahimè, hanno fatto) sulle menti meno smaliziate e più impressionabili.
L’essenza della demagogia è per l’appunto non porsi il problema delle conseguenze di ciò che si fa o che si dice o che si scrive. I nostri intellettuali, che tanto spesso amano accusare di demagogia il potere di Berlusconi, farebbero bene a ricordare che si può fare della demagogia, e della specie più estrema e ripugnante, anche schierandosi contro il potere, contro quel potere."
A voi!
Cirno