L’asse del male

di Ignacio Ramonet da Le Monde diplomatique n.3 anno XI marzo 2002 www.ilmanifesto.it/MondeDiplo/

Tre fronti. I cittadini devono sapere che la globalizzazione liberista attacca ormai la società su tre fronti. Il primo, centrale in quanto riguarda l’umanità nel suo insieme, è quello dell’economia. Questo fronte è sottoposto alla guida di quello che sarebbe davvero il caso di chiamare l’Asse del male (1), costituito dal Fondo monetario internazionale (Fmi), dalla Banca mondiale e dall’Organizzazione mondiale del commercio (Wto). Un asse malefico che continua ad imporre al mondo la dittatura del mercato, la preminenza del settore privato e il culto del profitto, provocando sull’intero pianeta guasti terrificanti: dal megafallimento fraudolento della Enron alla crisi monetaria in Turchia, dal catastrofico tracollo dell’Argentina alle devastazioni ecologiche un po’ dovunque…

E la prossima conferenza internazionale sul finanziamento dello sviluppo, che si terrà a Monterrey in Messico dal 18 al 22 marzo, rischia di aggravare ulteriormente il disastro generale, affidando al settore privato la funzione di principale attore dello sviluppo dei paesi del Sud (2). E’ particolarmente scandaloso che i capi di stato e di governo, e segnatamente quelli dell’Unione europea, rifiutino di adottare una serie di misure indispensabili a favore dello sviluppo, che sono le sole in grado di salvare dalla miseria i due terzi dell’umanità.
Sono da porre in rilievo dieci misure essenziali: annullare totalmente il debito dei paesi poveri; adottare per il debito di tutti i paesi del Sud un sistema di regolamento equo e lungimirante; definire le garanzie affinché i futuri finanziamenti siano fondati su impegni soddisfacenti e i fondi vengano utilizzati per uno sviluppo sostenibile; ottenere dai paesi ricchi l’impegno a dedicare almeno lo 0,7% della propria ricchezza al finanziamento dello sviluppo; riequilibrare i termini degli scambi tra Nord e Sud; garantire la sovranità alimentare in ogni paese; controllare i movimenti irrazionali dei capitali; vietare il segreto bancario; dichiarare fuori legge i paradisi fiscali e infine imporre una tassazione internazionale sulle transazioni finanziarie.

Il secondo fronte, clandestino, silenzioso, invisibile, è quello ideologico. Con la collaborazione attiva di molte università, di prestigiosi istituti di ricerca (Heritage Foundation, American Cato Institute Enterprise Institute,) grandi media (Cnn, The Financial Time, Wall Street Journal, The Economist, imitati in Francia e altrove da una folla di giornalisti asserviti) è stata creata una vera e propria industria della persuasione, volta a convincere gli abitanti del pianeta che la globalizzazione liberista porterà alla fine la felicita universale. Grazie al potere dell’informazione, gli ideologi hanno così costruito, con la complicità passiva dei sudditi, ciò che potremo definire un silenzioso dispotismo (3).

Questa manipolazione è stata ufficialmente rilanciata dopo l’11 settembre con la creazione, da parte del Pentagono, di una istituzione squisitamente orwelliana: l’Office for strategic influence (l’Ufficio per l’influenza strategica), esplicitamente incaricato di diffondere false informazione per “ influenzare l’opinione pubblica e i dirigenti politici, sia nei paesi amici che in quelli nemici (4) ”. Come negli anni più bui del maccartismo e della guerra fredda, sotto il controllo del ministero americano della difesa si è così costituito una sorta di ministero della disinformazione e della propaganda, incaricato di stabilire la verità ufficiale, come nelle dittature più grottesche. Tanto scandalosa era questa circostanza che alla fine di febbraio il segretario alla difesa americano ha dovuto dichiarare che l’Ufficio in questione era stato ufficialmente chiuso.

Il terzo fronte, che finora non esisteva , è militare. E’ stato aperto all’indomani del trauma dell’11 settembre scorso, allo scopo di dotare la globalizzazione liberista di un apparato di sicurezza in piena regola: Gli Stati uniti, che un tempo erano tentati di affidare questa missione all’Organizzazione dell’Atlantico del Nord (Nato), hanno deciso di assumersi questa missione da soli, dotandosi di mezzi considerevoli per esercitarla con un’efficacia a dir poco impressionante: La recente guerra in Afghanistan contro il regime dei taliban e la rete al Qaeda ha convinto Washington dell’inutilità di chiedere, per missioni di questa portata, una collaborazione militare di livello non minimale ai principali alleati strategici, cioè al regno unito e alla Francia, o anche alla stessa Nato (5).

Questo atteggiamento sprezzante ha avuto una recente conferma quando Washington ha annunciato, senza aver consultato i suoi alleati, un imminente attacco contro l’Iraq. Le proteste delle cancellerie europee, peraltro sempre più flebili, non hanno per nulla impressionato l’amministrazione americana. La funzione dei vassalli è quella di inchinarsi; e l’America aspira ormai a esercitare un dominio politico assoluto. “Gli Stati uniti sono, in qualche modo, il primo stato proto-mondiale – ha constatato William Pfaff -. Hanno la capacità di porsi alla testa di una visione moderna dell’Impero universale, un impero spontaneo i cui membri si sottopongono volontariamente alla sua autorità (6) ”.

Un impero che aspira a realizzare nei fatti la globalizazione liberista. Tutti gli oppositori, tutti i dissidenti , tutti i resistenti a questo punto devono sapere che saranno combattuti su questi tre fronti. Economico, ideologico e militare. E che l’epoca del rispetto dei diritti umani sembra ormai giunta al termine, come dimostra lo scandalo delle gabbie di Guantanamo, dove diversi cittadini europei sono sequestrati in una sorta di bagno penale tropicale…L’asse del Male (Fmi, Banca mondiale, Wto) aveva finora dissimulato il suo vero volto. Ora lo conosciamo.


(1) Nel suo discorso sullo Stato dell’Unione, il 29 gennaio scorso, il presidente degli Stati uniti George W. Bush ha parlato di un “asse del Male”, che secondo la sua opinione sarebbe costituito dall’Iran, dall’Iraq e dalla Corea del Nord.
(2) Si legga “Progetto di conclusione e decisioni della Conferenza internazionale sul finanziamento dello sviluppo”, Nazioni unite, Assemblea generale, 30 gennaio 2002 documento A/AC.257/L.13
(3) Si legga Ignacio Ramonet, Propagandes silencieuses, Galilée, Parigi, 2000.
(4) International Herald Tribune, 20 febbraio 2002.
(5) Si legga Ignacio Ramonet, Guerres du XXI siécle, Parigi, 2002.
(6) International Herald Tribune, 7 gennaio 2002.