"Inizio della sapienza è il timore del Signore", così il salmista ammonisce, ed al frequentatore contemporaneo della pagine (solo delle "pagine") della Scrittura questo suona come un anacronistico richiamo alla minaccia di punizioni temporali (da una disgrazia personale o familiare fino al Diluvio) o alla terribile visione dei tormenti eterni dell'Inferno, magari usciti da una Divina Commedia illustrata dal Dorè; niente di più falso: il "timor di Dio" di cui parlano le Sacre Pagine, è, come" la legge fatta di prescrizioni e di decreti", il salutare rimedio posto dall'economia del piano salvifico di Dio all'immaturità dei suoi figli che - finché restano nella minorità spirituale -" in nulla differiscon dallo schiavo" come ricorda Paolo ai Galati; e siccome noi non siamo - probabilmente - ancora pervenuti alla statura dell'amore che "caccia via il timore, perché chi teme non è perfetto nell'amore" (prima epistola di San Giovanni, 4) - cominciamo la nostra riflessione sapienziale dal timor di Dio. Scopriremo che, lontano dal rivelare un volto terribile di Dio, dimostra la premura paterna di liberarci da uno dei più terribili inganni che ci sovrastano;
spesso noi pensiamo che "esser liberi" equivalga a "fare ciò che vogliamo" non avvedendoci che "ciò che vogliamo " è invece ciò che esige la necessità - deterministica direi - della nostra natura fisica. L’equazione esprime cioè l’inganno della falsa libertà.
L'istinto naturale infatti -quello che abbiamo in comune con gli animali - è la più pesante catena, il più terribile giogo che ci portiamo appresso, fino a quell'istinto di morte che Freud (AL DI LÀ DEL PRINCIPIO DEL PIACERE) vide giustamente iscritto in ogni organismo vivente, uomo non escluso; così l'asservimento alla nostra natura fisica equivale, filosoficamente parlando, al nostro "essere per la morte" caro ad alcuni pensatori esistenzialisti; "chi - dunque - ci libererà da questo corpo di morte ?" - "inizio della sapienza è il timore del Signore", esso si oppone alla necessità naturale e ci addita la legge come massimamente liberatoria.
Dice l'istinto: "mangia! se vuoi vivere, paga al ventre il tuo tributo!" La legge al contrario prescrive il digiuno ascetico come via per affrancarci dalla servitù all'istinto, perchè l'uomo "vive di ogni parola che esce dalla bocca di Dio"; pensate a certi santi asceti che hanno vissuto di niente: poco pane qualche goccia d'acqua fino a ridurre il nutrimento alla sola Comunione Eucaristica; agiografie d'oriente e d'occidente son pronte a fornirci, fino ai giorni nostri, esempi numerosi: uomini e donne spiritualizzati, fatti lievi, lontani da ogni pesantezza carnale e terrena, già deiformi, pronti - come aquile dall'alto volo- a raggiungere le vette del Tabor spirituale, del Sinai mistico di San Gregorio di Nissa, del Carmelo dei contemplativi spagnoli
del XVI secolo; corpi da icona, con le labbra piccole per la consumazione del frammento eucaristico solo, cui fanno riscontro i
grandi occhi, dilatati fino all'estremo per l'incontro interpersonale con Dio e con i fratelli, occhi contemplanti già da quaggiù la visione della Luce Increata; "occhi chiaroveggenti" per dirla con Dovstoevskij.
Dice l'istinto naturale: "fa' sesso! quando ne senti il bisogno, ché "l'astuzia della ragione" (della ragione immanente di hegeliana
memoria), lo userà per riprodurre la specie, per chiamare alla vita altri "destinati alla morte" . Al contrario la legge: non fornicare! - ossia, in una interpretazione amplia, sii tu dominatore e non dominato del tuo appetito sessuale, incornicialo in un rapporto interpersonale in cui l'incontrarsi dei volti - ricorda i grandi occhi delle icone - sia più pregnante di senso
che non l'incontro genitale dei corpi; oppure mettilo al servizio dell'eros trasfigurato della vita monastica che guarda lontano, verso orizzonti escatologici, là dove "non si prende né moglie né marito ma si è come gli angeli del cielo".
Dice l'istinto "aggredisci", "per non esser sopraffatto,segui l'istinto: homo homini lupus " (Hobbes) . E la legge di rimando: "tu non ucciderai!" " vi dico: non resistete al malvagio, se uno ti percuote su una guancia, porgigli anche l'altra"; "beati i mansueti: loro erediteranno la terra"; sì, la terra nuova ed cieli nuovi del Regno. Così, e solo così, l'uomo può avviare il suo processo di
trasfigurazione, di redenzione dalla morte, di deificazione, a cui il Risorto ha dato irreversibile inizio ed a cui noi siamo chiamati a
rispondere in maniera sinergica, attiva, personale; in questo modo la legge diviene legge di libertà, dell'unica vera libertà; ed il timore si schiude sull'amore sponsale dell'amante Cristo che ci vuol partecipi, nei talami celesti, alla sua vita senza fine .


Un Monaco