Risultati da 1 a 6 di 6
  1. #1
    Diabolik
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    Predefinito Sanità : presto sarà cancellata la riforma Bindi

    Un altro colpo alle sciagurate riforme dell'Ulivo, finalmente sarà cancellato ogni ricordo della ministra Bindi.

    L'obiettivo principale, è ridurre i tempoi di attesa per le prestazioni urgenti.


    SANITA': Sirchia, con riforma si ridurranno liste d'attesa
    ROMA-Il ministro della Salute presenta la sua proposta: liberta' per i medici pubblici nello studio privato,ma contemporaneamente sopravvive la libera professione dentro gli ospedali. Quest'ultima servira' - secondo il Ministro - a ridurre le liste di attesa per le prestazioni urgenti. Le novita' arriveranno con un ddl di soli 5 articoli -presentato stasera alle Regioni- che non cambia lo stipendio, ma modifica il regime di lavoro esclusivo con il Servizio Sanitario Nazionale. (ANSA).
    2002-04-03 - 21:19:00

  2. #2
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    Era ora.

  3. #3
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    Siete medici?


    Si ritorna alla situazione precedente alla riforma Bindi quando chi voleva accedere a una visita specialistica nella struttura pubblica doveva sottoporsi a mesi di attesa.

    Che si riducevano a qualche ora se il paziente però si recava dallo stesso specialista in clinica privata o nel suo studio privato pagando un succulento onorario.
    A volte non so se lo siete o ci fate. Chiamarla riforma Sirchia è un insulto al buonsenso.


    Poichè qualcuno ha detto di essere dipendente di una multinazionale, vorrei sapere che cosa gli succede se va a prestare gli servizi presso imprese concorrenti fuori orario, se se lo tengono oppure lo licenziano.
    mr

  4. #4
    Diabolik
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    Originally posted by mariarita
    Siete medici?


    Si ritorna alla situazione precedente alla riforma Bindi quando chi voleva accedere a una visita specialistica nella struttura pubblica doveva sottoporsi a mesi di attesa.

    Che si riducevano a qualche ora se il paziente però si recava dallo stesso specialista in clinica privata o nel suo studio privato pagando un succulento onorario.
    A volte non so se lo siete o ci fate. Chiamarla riforma Sirchia è un insulto al buonsenso.


    Poichè qualcuno ha detto di essere dipendente di una multinazionale, vorrei sapere che cosa gli succede se va a prestare gli servizi presso imprese concorrenti fuori orario, se se lo tengono oppure lo licenziano.
    Sei infermiera ?

    Sirchia ha le idee molto chiare, ha sempre affermato che il medico non è un impiegato, il tuo paragone è assurdo...

    Il contratto di un impiegato non è quello che sarà offerto ai medici.....

    INTERNI


    Medici ospedalieri, torna la libera professione

    Pronta la riforma Sirchia: annullata l’esclusività della Bindi, reintrodotti «tempo pieno» e «parziale»


    ROMA - La rivoluzione è alle porte. Oggi il ministro della Salute Girolamo Sirchia presenterà prima alle Regioni e poi al cosiddetto «parlamentino» dei camici bianchi, i sindacati e la federazione, il testo della riforma sui medici. Pochi articoli, poche righe, che però ridisegnano il lavoro dei dipendenti ospedalieri e cancellano l’attuale sistema, instaurato fra i mugugni dall’ex ministro Rosy Bindi. Si ritorna all’antico. Completo superamento dell’esclusività, che legava a doppio filo i dottori del servizio sanitario alla corsia, negando loro (in teoria) ogni altra forma di libera professione svincolata dall’azienda. Il medico avrà di fronte a sé due scelte, il tempo pieno e il tempo determinato, un tipo di contratto quest’ultimo che sembrava destinato a scomparire per sempre, entro la fine dell’anno .

    BOZZE - Questi i principi generali contenuti nel testo sul quale i tecnici del ministero, più consulenti esterni poi lasciati per strada, hanno lavorato per mesi. Le bozze si sono affastellate una sull’altra, cambiando anche radicalmente perché trovavano contrarietà di varia natura, ora da parte delle Regioni ora da parte di alcuni sindacati. La lunga gestazione è terminata. Il risultato dovrebbe essere un disegno di legge da avviare al suo percorso in breve termine. Una soluzione più lenta rispetto a quella che la categoria si attendeva, in special modo alcune componenti del «parlamentino». La Riforma dei medici è una delle priorità indicate da Sirchia, emotrasfusionista del Policlinico di Milano che ha sperimentato gli effetti su se stesso e i colleghi delle riforme sanitarie, compresa quella bindiana. «Il medico non è un impiegato», ha più volte ripetuto il ministro nelle sue uscite pubbliche, annunciando interventi.


    BINDI - La Bindi con la Riforma del 1999, ora in vigore, aveva introdotto il principio dell’esclusività, attirandosi le critiche sullo «statalismo». Il dipendente pubblico che sceglie il rapporto esclusivo deve svolgere la libera professione «intra moenia», all’interno della struttura dove lavora, se quest’ultima è dotata di locali adatti, oppure all’esterno, in cliniche o studio privato, utilizzando il bollettario dell’azienda e con la preventiva comunicazione ai datori di lavoro. In cambio riceve un’indennità (soldi in più in busta paga, circa 700 euro per un dirigente di secondo livello) ed è favorito negli avanzamenti di carriera. Questa scelta è però irreversibile, non può cambiare. In alternativa si può optare per l’extra moenia: il medico rinuncia all’esclusività e ai suoi vantaggi salariali, svolge lo stesso numero di ore dei colleghi esclusivisti ma gestisce senza vincoli la sua libera professione esterna. La maggior parte dei camici bianchi ha optato per la prima strada.


    VIA L’ESCLUSIVA - Con la proposta Sirchia l’esclusività sparisce. Tutto il personale dirigente, a tempo pieno o determinato, ha diritto alla libera professione. I tempo-pienisti conservano il trattamento economico che spetta agli esclusivisti, mentre le modalità di attuazione del part time vengono rimandate al contratto nazionale. Un testo che ha cercato di andare incontro alle Regioni, che volevano regole generali a garanzia della propria autonomia. E che non dovrebbe scontentare i diretti interessati, i 100 mila ospedalieri, specie quei sindacati come la Cimo, che ha contrastato fin dall’inizio l’impostazione della Bindi e ha pungolato il nuovo governo perché l’esclusività venisse cancellata.

    mdebac@corriere.it



    INTERNI


    RIFORME A CONFRONTO

    Ospedali, il lavoro medico «riformato» da Rosy Bindi


    Con la riforma del ’99 dell’allora ministro alla Sanità Rosy Bindi è stato introdotto il principio dell’ esclusività della professione medica: i sanitari devono scegliere se lavorare «intra moenia» o «extra moenia» . La scelta è irreversibile
    Chi sceglie l’ «intra moenia» deve svolgere la libera professione dentro la struttura sanitaria. In cambio riceve un’indennità: circa 700 euro al mese. Chi sceglie l’ «extra moenia» gestisce senza vincoli la sua libera professione esterna (senza vantaggi salariali)
    Ora il ministro della Salute Girolamo Sirchia ha azzerato tutto: il suo testo di riforma sulla professione medica ridisegna il lavoro dei dipendenti ospedalieri cancellando il sistema introdotto, fra mille polemiche, dal suo predecessore Rosy Bindi
    La riforma di Sirchia si fonda sul superamento dell’esclusività: tutti hanno diritto alla libera professione. Il medico avrà due scelte: il tempo pieno e il tempo determinato , un tipo di contratto che sembrava destinato a scomparire entro la fine dell’anno



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  5. #5
    brescianofobo
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    Il Governo Del Cambiamento: riportare tutto come prima, quando tutti si lamentavano della malasanità, i bei tempi di De Lorenzo...

    (da © Tempo Medico n. 669 del 10 maggio 2000)
    http://www.tempomedico.it/edit00/edit669.htm



    UN SOSTEGNO ALLA REALIZZAZIONE DEL PROGETTO DI ROSY BINDI

    Grazie a un ottimo ministro


    Tempo Medico ha deciso di aprire un osservatorio che consenta di vigilare sull’attuazione della riforma della sanità voluta da Rosy Bindi. Sembra un piccolo contributo dovuto al miglior ministro della sanità che l’Italia repubblicana abbia avuto.
    L’editoriale di questa pagina è aperto come un manifesto a chiunque voglia sottoscriverlo. Inoltre c’è la possibilità di inviare un proprio commento o parere – positivo o negativo – sull’azione di governo della Bindi. I commenti saranno resi disponibili a tutti nel Forum e verranno portati direttamente a conoscenza dell’ex ministro e dell’attuale.

    La speranza di Tempo Medico è che il nuovo ministro, Umberto Veronesi, prosegua senza tentennamenti sulla strada segnata dal suo predecessore.

    Nel convulso dibattito post elezioni regionali il paese ha perso un ottimo ministro della sanità. Fatti i migliori auguri al nuovo ministro Umberto Veronesi, è importante rendersi conto che questo cambiamento cade in un momento di delicata trasformazione per il Servizio sanitario nazionale. Rosy Bindi, in quasi quattro anni di governo, ha indicato e posto le basi per trasformazioni fondamentali. Ma molte sono ancora le pagine da scrivere sugli aspetti attuativi e, soprattutto, forti sono le resistenze di chi vorrebbe fare passi indietro rispetto a quanto sancito dalla legislazione e dai contratti più recenti. Resistenza di chi non si rassegna ad accettare che il SSN non deve adattarsi ai bisogni degli operatori, siano essi medici o altri, ma a quello dei cittadini e dei malati. Ci pare importante quindi tentare di ricostruire quanto è stato fatto per trasformare e migliorare il SSN e quanto resta da fare per rendere questi indirizzi effettivi. Gli anni novanta sono stati di grande travaglio per il SSN. Prima ancora che esplodesse in tutta la sua drammaticità lo scandalo Poggiolini-De Lorenzo, correvano i tempi della cosiddetta rivoluzione aziendale del SSN. Il decreto legge 502 del 1992, e il 517 del 1993, segnavano la traduzione legislativa della lunga battaglia tra chi dichiarava fallita la legge di riforma sanitaria del 1978 (la famosa 833 che dopo venti e passa anni di dibattito aveva istituito il SSN) e chi invece non si stancava di denunciarne la mancata attuazione, quando non il boicottaggio sistematico.
    I decreti 502 e 517 – varati come forse qualcuno ricorderà proprio dall'allora Governo Amato – nascevano dalla necessità di introdurre elementi di efficienza e managerialità nel SSN, di introdurre incentivi e accountability in un sistema che certamente era carente di strumenti di responsabilizzazione e incentivazione. La creazione delle aziende sanitarie, insieme con l'idea che la competizione fosse il miglior viatico per migliorare qualità dell'assistenza e dell'efficienza, divennero le idee forza del momento. Ma non vi era chi non guardasse ancora più in là. Chi cioè, entusiasmato dalla palpabile possibilità di liberarsi dai vincoli ideologici del SSN, identificava efficienza e pareggio di bilancio come obiettivi strategici invece che come strumenti di un sistema universalistico, pensando che questo fosse il modo migliore per rispondere alla crisi di legittimità e di obiettivi che investiva non solo il SSN italiano, ma quelli di gran parte del mondo occidentale. Nello stesso tempo si sviluppava nel mondo scientifico e culturale una riflessione sul senso della medicina e dell'assistenza sanitaria, sull'incapacità degli attuali sistemi (indipendentemente dalla loro natura pubblica o privata) a rispondere ai bisogni di salute con risposte efficaci e appropriate. Si iniziava cioè a parlare di medicina delle prove di efficacia (evidence based medicine) e si cercava una possibilità di saldare la natura etica e professionale di questi contenuti alle politiche sanitarie e all'organizzazione dei servizi. Ma si sentiva, forte e acuta, la difficoltà a integrare questo orizzonte culturale da una parte con le opzioni politiche verso un sistema equo e accessibile e dall'altro con le scelte relative alle modifiche organizzative e gestionali necessarie a modernizzare il sistema. Era da questa difficoltà che nasceva un dibattito sulle riforme dei sistemi sanitari spesso arido e lontano dai contenuti tecnici e ideali di una medicina che sentiva invece il bisogno di riscoprire obiettivi e finalità diverse dall'appiattimento dell'idea di salute come merce e sanità come mercato.

    A parte qualche segnale – si pensi al lavoro della prima CUF dopo l'esplosione dello scandalo De Lorenzo – è stato solo con Rosy Bindi, ministro della sanità per l'eccezionale (per gli standard italiani) durata di quasi 4 anni, che si è realizzata quella saldatura organica tra principi fondanti (universalità ed equità di accesso, moderna programmazione contro competizione e mercato, efficacia e appropriatezza delle prestazioni) e modernizzazione del SSN. Tutto è storia molto recente. E' infatti con i principi sanciti nel Piano sanitario nazionale (PSN) 1998-2000 e nel dibattuto decreto legislativo 229/1999 che il ministro Bindi lascia una traccia profonda a chi dovrà proseguire nel lavoro di modernizzazione e potenziamento del SSN.

    Anzitutto, dando centralità al concetto di patto per la salute (un patto richiede accordi e responsabilizzazione di tutte le parti in causa) riportando il SSN alle sue finalità originarie e chiarendo un'ambiguità che la ricerca esclusiva dell'efficienza, favorita da un certo modo di intendere il concetto di aziendalizzazione, aveva introdotto.

    In secondo luogo perché, pur accettando la sfida dell'efficienza ed economicità e pur tenendo conto delle diverse opzioni di protezione sanitaria adottati dai vari paesi industrializzati (servizio sanitario nazionale, sistema mutualistico e assicurazioni private), il decreto 229 ha ribadito, in un momento in cui questo era tutt'altro che scontato, la scelta per il primo non affidandosi a meccanismi di mercato né per il finanziamento né per la produzione di servizi sanitari. Una scelta coerente con le informazioni offerte dalla ricerca sui servizi sanitari, visto che questo modello sembra:

    essere quello maggiormente in grado di offrire una maggiore efficienza allocativa a livello macro, in quanto la definizione di un budget complessivo favorisce il controllo dei costi;
    offrire l'opportunità di una maggiore attenzione all'equità (i cittadini meno abbienti hanno difficoltà di accesso ai servizi e sono anche più vulnerabili a quella asimmetria informativa che rappresenta il fattore di rischio maggiore per il diffondersi di prestazioni inefficaci);
    creare, almeno in linea di principio, un clima più favorevole al controllo della diffusione delle tecnologie.
    Ma ci sono anche altri punti qualificanti della eredità legislativa di questo ministero. Anzitutto l'adozione piena dei concetti di efficacia e appropriatezza quali principi ispiratori del nuovo SSN. In specifici articoli del 229 – indicati tra parentesi – all'impegno a erogare prestazioni efficaci e adeguate alle condizioni del singolo paziente si uniscono norme che permettono di eseguire controlli sui servizi e sui singoli medici (art. 12) e di definire modalità di comportamento (le linee guida) esplicite e condivise tra professionisti e amministratori. Un secondo importante elemento di strategia introdotto dal 229 è l'obbligo della formazione continua come condizione per esercitare nelle strutture del SSN (art. 16 bis). Se fino a 20-30 anni fa poteva andare bene che un medico si aggiornasse sporadicamente, non può più essere così oggi che la ricerca scientifica sforna a getto continuo informazioni che il medico dovrebbe saper valutare criticamente (secondo alcuni la metà delle informazioni non è più valida dopo 5-10 anni).

    Terzo elemento qualificante della riforma è stato quello di contribuire a rendere i medici meno frettolosi e con un rapporto di lavoro più trasparente nei confronti dei malati, scegliendo tra l'esercizio della libera professione nel pubblico o nel privato. Un servizio al cittadino che dovrebbe sentirsi più sicuro sapendo che il medico che ha di fronte non rischia di avere interessi di parte e dedica invece la sua intera professionalità alla struttura per cui lavora avendo anche diretto interesse a migliorare il funzionamento dell'azienda sanitaria cui appartiene. Altra novità è l'avvio dell'eliminazione degli incarichi a vita. Con il cosiddetto ruolo unico (art. 12) anche i primari dovranno sottoporsi a verifiche periodiche per vedere confermate le proprie responsabilità.

    E di molte altre cose si potrebbe e dovrebbe parlare, ma lo spazio non lo permette, se non come titoli di coda. E mentre vediamo scorrere «scelta strategica verso il potenziamento del ruolo del distretto», «valorizzazione della medicina di base e della assistenza sul territorio», «primi provvedimenti per una informazione indipendente», «rinnovamento della struttura del Ministero», non resta che attrezzarsi ad aumentare la vigilanza perché, quanto iniziato, continui. Come abbiamo visto negli ultimi mesi, le difficoltà culturali a introdurre questi cambiamenti sono enormi e le resistenze – come sempre quando si mette mano alla riforma di un sistema complesso – formidabili. Che alla prima occasione buona chi ha avuto tanto coraggio dovesse pagare addolora ma, putroppo, non stupisce. Chi si riconosce, almeno in linea generale, in questa schematica ricostruzione dei fatti ha il dovere di mettere da parte la rabbia per quella che resta comunque una incomprensibile scelta politica.

    Come detto, è necessaria una vigilanza culturale e professionale perché le linee tracciate siano coerentemente tradotte nelle modalità attuative che servono per rendere concrete le scelte fatte. Tempo Medico si offre come strumento per questo osservatorio. Cercheremo di chiarire nelle prossime settimane come questo può tradursi in azione concreta e nel frattempo attendiamo suggerimenti e proposte.

    Alessandro Liberati
    Centro Cochrane italiano Vittorio Caimi
    Centro studi e ricerche
    in medicina generale
    Pietro Dri
    Tempo Medico Luca Carra
    Epidemiologia & prevenzione


    Hanno sottoscritto, inoltre, questo editoriale...

    (da © Tempo Medico n. 669 del 10 maggio 2000)

  6. #6
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    Predefinito Re: Sanità : presto sarà cancellata la riforma Bindi

    Originally posted by Diabolik
    finalmente sarà cancellato ogni ricordo della ministra Bindi.
    Se non riuscite a cancellarla del tutto, provate almeno ad abbellirla... Che ne dite di iniziare con una dieta?...

    Cordialmente.

 

 

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