Caro Marco,
ho letto con attenzione il tuo post, anche se non ho riscontrato risposte in merito alla strategia che adottereste rispetto al dissenso,ossia rispetto alla democrazia liberale, che permette di governare alla maggioranza ma che ne limita l'azione attraverso una costituzione e una serie di garanzie a tutela delle minoranze. Non ho capito nemmeno se tra i vostri attuali avversari rientri anche il piccolo-medio capitale, ormai sacrosantamente radicato nelle coscienze politiche dei cittadini.Sinceramente, io come molti altri non ci sentiremmo liberati dal comunismo, di vecchio e nuovo stampo: ci sentiremmo piuttosto in dovere di rivendicare l'irriducibilità di alcuni bisogni umani, ad esempio quello di competere, di diversificarsi (anche etnicamente), di creare, di agire e pensare (soprattutto) liberamente e non in raccordo strutturale coi fini della collettività. Hai ragione tu quando espliciti il concetto di dittatura del proletariato: ma come far si che lo spirito borghese, che è poi lo spirito di un ego che reclama indipendenza e che vede nella libertà economica una delle condizioni (ma non l'unica) di autonomia del sé, non riemerga dalle macerie dell'ultrasecolare capitalismo crollato sotto la spinta del movimentismo neo-marxista? In questo contesto, secondo me, ecco che il governo della maggioranza reprimerà le minoranze trasformandosi in dittatura giacobina e funzionalizzando(schiavizzando?) il soggetto alle pretese di un potere che, come sosteneva Pareto, sarà sempre altro dai sottoposti, e che incorrerà quindi nel pericolo di una deriva autoritaria elaborando strategie di auto-difesa. L'avanguardia è sempre altra da ciò di cui si proclama tale, lo Stato comunista è congenitamente liberticida perchè SUBORDINA coattivamente l'individuo alla società e a sé stesso attraverso la detenzione del capitale e quindi delle condizioni attraverso le quali si crea valore. Che società ne uscirebbe, poi? Non forse una società tremendamente ugualitaria, quindi massificata politicamente, priva di quelle spinte al progresso che provengono dall' incentivo del rischio, dedita a ingrigire le menti (come avveniva nella Russia sovietica), a perseguire obiettivi di sussistenza in cui il lato in-socievole dell'uomo (posto che siamo al di fuori di una linea morale, ma semplicemente dentro a una prospettiva antropologica) venga represso e con esso la sua vitalità, il suo ingegno, i suoi lati più stimolanti ed ebbri? In questo senso,ad essere compromessi potrebbero non solo essere i bisogni socialmente indotti,i lussi,gli status-symbol,ma anche le arti, le scienze, la filosofia. E poi, la religione: che posto spetta ad essa nel vostro comunismo, se non se ne riconosce la funzione inestinguibile di sostegno della società e dell'uomo, che solo attraverso Dio e il suo riconoscimento può giungere ad un amore autentico e non puramente strumentale o compassionevole?
Ma,detto tutto questo, non credo di avere individuato i sentieri della storia futura. Il comunismo non trionferà, e il liberismo, se si evolverà, non sarà nelle forme di un socialismo marxiano. Piuttosto, credo che il vostro movimento si sia convertito definitivamente al riformismo, al pragmatismo. Non si riflette più sul sistema, ma sul singolo elemento: si identifica il problema, e si cerca la soluzione. In questo senso credo che Rifondazione non sia già più un partito di sognatori, ma un partito che ha bisogno di sogni per alimentare il proprio elettorato, pur sapendo che le porzioni del convento sono sempre più sottili rispetto al passato. Ma questa è una mia idea.
Saluti