Incontro con i parlamentari: «Così Berlusconi ci sta togliendo l'ossigeno»
LO SCONTRO SOCIALE

di Concetto Vecchio

TRENTO. Il sindacato è pronto ad alzare le barricate nella difesa dell'articolo 18. «Se mi tolgono l'ossigeno io mi ribello, fino all'ultimo» dice il segretario della Cgil Bruno Dorigatti, paonazzo, al senatore Ccd Ivo Tarolli nel più singolare dei faccia a faccia andato in scena ieri nella sede Cisl in via S.Croce. Un incontro sindacati-parlamentari, trasformatosi in un match Tarolli contro tutti.
Ragione del confronto è lo sciopero generale del 16 aprile, indetto da Cgil, Cisl e Uil per protestare contro la decisione del governo di abolire l'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, che permette anche alle aziende con più di 15 dipendenti di licenziare senza giusta causa. Quelli dell'Ulivo sono giunti quasi tutti: Betta, Kessler, Olivieri, Tonini, Michelini, Boato e Detomas. Del Centrodestra unico coraggioso Ivo Tarolli, Ccd, cattolico, una colomba del Polo, come il suo mentore, il presidente della Camera Pierferdinando Casini. Tuttavia Tarolli ieri ha difeso strenuamente le scelte di Berlusconi: «Il Polo sta realizzando il programma d'innovazione per il quale la maggioranza degli italiani lo ha mandato al governo. Molti della Cgil, secondo un sondaggio, hanno dato perciò il loro voto a Berlusconi». (Al che Dorigatti, lievemente infastidito, si è grattato la testa). E ancora: no alla concertazione come diritto di veto, ma bisogna cambiare le cose, perché «l'Italia è il paese europeo con il più alto numero di aziende sommerse, con il più alto numero di disoccupazione giovanile». E quindi, solo la via della modernizzazione imposta da Berlusconi, secondo l'equazione «più possibilità di licenziamento più posti di lavoro», potrà rappresentare una via d'uscita per il paese.
Marco Boato è stato il più lesto a rispondergli: «L'articolo 18 altro non è che una randellata ai sindacati. Un grande manganello sulla testa di Cgil, Cisl, Uil. Berlusconi ha cambiato idea sull'articolo 18. Quando i radicali promossero il referendum per la sua abolizione egli invitò gli italiani ad andare al mare, perché trattavasi di referendum comunista. Non si raggiunse il quorum, e la proposta non passò». Luigi Olivieri ha poi spiegato qual è il vero piano di Berlusconi: approvare la legge al più presto, già entro maggio, dopodiché prepararsi ad un inevitabile referendum promosso da Cofferati nel 2003. «A quel punto lo scontro diventerebbe un aut-aut pro o contro Berlusconi. Inutile dire che il Cavaliere pensa di vincerla quella partita, che gli spalancherebbe le porte di palazzo Chigi per altri dieci anni». Si spiegherebbe così una battaglia per una riforma che, soprattutto nell'operoso Nord Est, riguarda solo una minima parte delle imprese, che in maggioranza hanno meno di 15 operai. Per capirci: in Trentino vi sono 13500 imprese dai due ai quattro dipendenti.
Basta con la concertazione, dice Tarolli. Nicola Ferrante, il segretario della Cisl, ha ricordato che quando nel'92 lo Stato era sull'orlo della bancarotta i sindacati si attivarono per concordare delle Finanziarie di grandi sacrifici che permisero poi l'ingresso in Europa. «Ora c'è un disegno liberista che punta a combattere i sindacati, che rappresentano invece una ricchezza per il Paese. E che le nostre battaglie siano giuste lo dimostra il fatto che martedì scendono in piazza anche gli aderenti all'Ugl, il sindacato della destra». Su un punto sia Ferrante che Arrigo Monari (Uil) che Dorigatti sono perfettamente d'accordo: «La trattativa con il governo riprenderà solo se vi sarà uno stralcio dell'articolo 18 dalla proposta di legge Maroni».
Mauro Betta, senatore della Margherita, ha dichiarato la sua «adesione convinta allo sciopero». E, citando Dellai, ha ricordato che il Trentino è un esempio felice di concertazione, come dimostra il recente piano di lavoro imprenditori- sindacati sottoposto alla giunta provinciale. Una via opposta a quella decisionista impressa da Berlusconi.
E Gianni Kessler, che sedeva proprio accanto a Tarolli, ha sottolineato che se salta l'articolo 18, a ruota salteranno anche tutte le altre tutele giurisdizionali. «Il sindacato non sta facendo affatto una battaglia di conservazione, ma contro la privatizzazione dei diritti». Olivieri ha ricordato che nel Libro bianco del professor Biagi non si fa nessuna menzione all'articolo 18, né la proposta faceva parte del programma di governo. «Essa è un regalo alla Confindustria, in cambio della decisione di Tremonti di aumentare al 33 per cento le imposte sulle società». E Monari (Uil) ha rassicurato Tarolli: «Lo sciopero generale non ha certo lo scopo di ribaltare la maggioranza di governo. Ma noi riteniamo inutile l'abolizione dell'articolo 18 per riavviare l'economia. Ben altre sono le modifiche che occorrerebbero, a cominciare dal fallimento del collocamento, che avvia al lavoro solo il 4 per cento dei suoi iscritti». Dorigatti ha rivelato che in Italia in un anno vi sono stati solo 92 licenziamenti senza giusta causa, a dimostrazione che si tratta di un fenomeno assolutamente marginale. «Dobbiamo ritenere che le ragioni dello scontro sono ben altre».
Così per oltre due ore. Alla fine quando gli altri erano già presi dalle tartine Dorigatti e Tarolli si sono attardati a discutere animatamente: «Lo state alimentando voi questo conflitto sociale. Ma noi faremo tutte le battaglie possibili, perché se ci togliete l'articolo 18 ci togliete l'ossigeno...»


--------------------------------------------------------------------------------