Traggo le mie idee dal libro di Romolo Gobbi (edito da Muzzio Biblioteca) "Chi ha provocato la Seconda Guerra Mondiale?". Un libro che consiglierei a tutti di leggere.
"E' compito preciso della storia, fare revisione del passato, altrimenti non farebbe altro che riscrivere il libro di sempre, che è quello che si basa sulle tesi dei vincitori, mai dei vinti", dice Romolo Gobbi, ricercatore di storia all'università di Torino. Nel suo ultimo Saggio, -Chi ha provocato la Seconda Guerra Mondiale?-, Gobbi scardina le tesi correnti sulla cause della guerra, e cioèche all'origine di tutto ci sia stata la sete imperialista della Germania. Sostiene, al contrario, che i responsabili furono, di comune accordo, Stati Uniti e Unione Sovietica: entrambi grandi potenze industriali, che avevano bisogno, la prima di ampi mercati per le sue merci, la seconda di diffondere il socialismo nel mondo. Di più, il vero nemico degli USA era l'Inghilterra, che con le sue colonie sparse in tutto il mondo frenava il processo di egemondia economica americano. Non potendo attaccare l'Inghilterra, gli USA fecero in modo che questa attaccasse la Germania. Al termine della guerra, liberato il mercato mondiale dai lacci del colonialismo, la comunione di interessi tra USA e URSS venne meno, e iniziò la guerra fredda.
"L'errore degli USA fu proprio questo"scrive Gobbi"per vincere un nemico, la Germania, si appoggiarono a un paese, l'URSS, destinato a trasformarsi in un nemico ancora più potente, contro il quale dovranno combattere per 50 anni. Invece, come suggerisce il Vaticano, avrebbero dovuto aspettare che Hitler distruggesse il comunismo e poi intervenire. Così avrebbero ottenuto davvero l'egemonia mondiale. Il tutto, comunque, accadde per volere del presidente americano Roosvelto: perchè sia il popolo, sia il congresso erano contrari alla guerra. Fu lui a deciderla". E' certo che questa tesi, così controcorrente, sollevi non poche polemiche. Ma Gobbi è abituato: già nel 1992 scrisse "Il mito della Resistenza"(Rizzoli), nel quale sosteneva l'ardita tesi che la storiografia sulla resistenza, lungi dall'esser obiettiva, serviva soprattutto a convalidare l'ideologia dominante e cioè i governi della prima Repubblica.