Quanto è dannosa la pirateria musicale per il mercato discografico? Difficile dirlo. Benché infatti le case discografiche siano riuscite a chiudere il sito di scambio di file musicali Napster, su Internet ne esistono ancora parecchi, come Morpheus o Audiogalaxy, che riscuotono grande successo e consentono a milioni di utenti di scambiarsi la musica online. In barba alle norme sul copyright.
E' interessante sentire come la gente comune consideri questo tipo di pirateria: Crystal Wong, 24 anni, di San Mateo (California), gestisce le risorse umane in una società di sicurezza di Internet, e ormai visita di rado i negozi di dischi. E scarica le sue canzoni preferite dalla Rete, senza spendere un dollaro. E, soprattutto, non lo considera sbagliato.
"Gli artisti fanno comunque soldi, a partire dai concerti", dice: "Sono sicura che non hanno problemi, in ogni caso. Ci sono ancora diverse persone che non hanno sentito parlare di Napster o Morpheus, perciò la cosa non mi preoccupa più di tanto".
Ma il fenomeno spaventa non poco le case discografiche, che vedono espandersi a dismisura il sistema di download digitale. Secondo un recente sondaggio di Cnn, Usa Today e Gallup poll, gli americani che hanno scaricato file musicali a casa, al lavoro o a scuola costituiscono il 17% della popolazione.
D'altra parte, in circa due minuti si può riempire un Cd vergine, che costa meno di un euro, con la copia identica di un Cd musicale della durata di un'ora, venduto nei negozi a 20-25 euro. Le case discografiche hanno sinora ottenuto una vittoria legale facendo chiudere il sistema di file sharing di Napster, che raccoglieva nel suo database migliaia di file musicali. Ma altri sistemi che consentono lo scambio diretto di file tra gli utenti, come Morpheus o Kazaa, continuano a crescere. E il prossimo obiettivo potrebbero essere i film, visto che i prezzi dei masterizzatori Dvd stanno sensibilmente calando.
Ma il punto cruciale è questo: sono gli utenti che realizzano copie digitali i responsabili di un comportamento criminale che alla lunga potrebbe distruggere il mercato dell'entertainment? O la colpa è dei boss del mondo dell'entertainment, che tentano di paralizzare la capacità degli utenti di copiare contenuti audio e video, anche quando invece sarebbe perfettamente legale?
E' questo il nodo su cui tanto si discute, a Washington come a Bruxelles, e che determinerà il futuro del mondo dell'entertainment. Alcune case di produzione, con in testa la Walt Disney, avvertono che potrebbero arrivare al fallimento se il Congresso e l'Ue non costringeranno i produttori di supporti elettronici a inserire nei riproduttori di Cd e supporti video congegni in grado di limitare la possibilità di copiare gli stessi.
Sempre secondo il sondaggio di Cnn, Usa Today e Gallup poll, gli americani sono divisi sul legalità o meno del sistema di scambio dei file musicali: il 43% afferma che sia legale; il 46% invece che sia illegale; mentre gli indecisi rappresentano l'11% della popolazione. E gli utenti sono anche divisi sull'opportunità di inserire strumenti per limitare la copia digitale dei Cd: il 48 % è a favore, mentre il 42 % è contrario.
Siamo dunque di fronte alla possibilità di vedere andare in fumo un'industria che sopravvive ormai da un secolo? Di sicuro c'è da registrare una forte diminuzione nelle vendite: nell'ultimo anno infatti sono diminuite del 10,3% sia per i singoli che per gli album, e al contempo i prodotti "bootleg" e pirata sono aumentati del 504% e hanno prodotto 22,2 milioni di dollari, secondo i dati della Recording Industry Association relative agli Usa. E nei primi tre mesi di quest'anno le perdite sono già del 12 % rispetto allo stesso periodo del 2001.
Ciò che maggiormente preoccupa è il fatto che ormai la gente compra sempre più Cd vergini piuttosto che quelli registrati. Il problema è dovuto al diffondersi anche dei collegamenti a banda larga (come l'Adsl, offerta ormai a prezzi accessibili a tutti), tramite i quali è più facile e veloce il procedimento di scambio dei file.
E a vedere grigio sono anche i vertici dell'industria cinematografica. Secondo le stime, ogni giorno viene eseguito il download dalla Rete di almeno 350 mila film, inclusi successi recenti quali "Il Signore degli Anelli" e "Harry Potter". Anche se i film appena usciti nelle sale sono difficili da trovare, perché chiaramente chi ne fa copie digitali incorre in modo evidente nella violazione delle leggi sul copyright. E se i prezzi dei masterizzatori Dvd sono ancora alti, è vero che diventano più economici mese dopo mese: oggi costano intorno ai 500 euro, circa la metà dei 1000 euro dello scorso anno.
L'industria musicale sta cercando di porre un freno a questo fenomeno. Per esempio introducendo dei disturbi, impercettibili da parte dei normali apparecchi che riproducono la musica, ma in grado di rendere le registrazioni inascoltabili una volta masterizzate e riprodotte su computer. Il primo esempio di protezione dalla copia digitale è stato utilizzato da Vivendi Universal, nella colonna sonora del film "Fast & Furious". Ma questo è solo il primo caso.
Il fatto è che anche i consumatori hanno i loro diritti. Per esempio quello di fare un mix su cd dei propri pezzi favoriti, di scaricare sul proprio hard disk musica regolarmente acquistata oppure di trasferirla su un dispositivo portatile Mp3.
Ed ecco sorgere dunque un'altra questione interessante: dovrebbero dunque essere ritenute responsabili le aziende che producono tecnologia perché la gente usa i loro dispositivi per infrangere la legge? Se questo fosse vero, allora non potrebbero più costruire e commercializzare né fotocopiatrici ne videoregistratori…
Da che parte state? Verso quale direzione dovrebbero andare le Case Discografiche? E' giusto scaricare musica in barba alla disciplina della tutela dei Diritti dei Musicisti e delle Case Discografiche?
Buona Discussione.