BRACALINI, IN CORSA PER IL TGR
È l´unico Romano amato dalla «Padania»
MILANO
Proprio come aveva dichiarato Davide Caparini, il leghista che dirige le operazioni Rai: «Voi giornalisti non avete fantasia». Colpiti e affondati. Alla direzione dei Tg regionali il candidato è Romano. «Bracalini?». Piero Scaramucci, una vita da giornalista in Rai, un'altra vita come direttore di «Radio Popolare», la voce della sinistra milanese, quasi non ci crede. «Romano Bracalini? Una persona così colta, così razionale, negli Anni 70 uno dei pochi "giornalisti democratici della Rai"...». Il «compagno Scaramucci» qui si ferma e quasi non ci vuol credere. Eppure Romano Bracalini per anni ha scritto articolesse su «La Padania». Amico del neoconsigliere Rai Ettore Albertoni, quello della cravatta sempre verde, un federalista convinto e spinto. Da Mazzini a Cattaneo e infine a Spadolini. E dalla pensione, appena un tre mesi fa, ora alla direzione? Non uno, alla sede Rai di Milano, che ne possa parlar meno che bene. Scaramucci in primis: «Certo - ammette senza rancori - quando ho cominciato a leggere le sue "padanate" mi sono domandato come va il mondo e che sta capitando al vecchio amico». Vecchio, si badi, per dire che Bracalini non è proprio un pivello. O quantomeno non risponderebbe ai requisiti invocati da Umberto Bossi: «Con noi aria fresca in Rai, gente giovane». Bracalini, appunto, ha appena conquistato la pensione. E senza la Lega, senza questa candidatura, si sarebbe dedicato ai suoi libri, alle sue ricerche, alle sue rubriche. In Rai, forse prima o forse dopo le sue articolesse su «la Padania», si era messo in un cantuccio. Inviato speciale per la rubrica «Europa». Cantore appassionato di «Luoghi e Storie», appuntamento fisso, e seguito assai, dall'audience del Tg della Lombardia: Manzoni, Carlo Porta, il dialetto, il risotto... Magari lo fregherà il nome, Romano. Oppure l'età da pensione. O ancora il non aver sfruttato il video. Toccasse davvero a lui questa direzione dei Tg regionali è probabile che la reazione più diffusa sarebbe quella di Scaramucci, ormai antico compagno di scrivania: «Romano Bracalini?». Stupore. Affettuoso stupore. Perchè Bracalini è uno che in corso Sempione, la gloriosa sede Rai di Milano, almeno non ha demeriti. «Non ha nemici», come dicono tutti -e dev'essere un gran merito. Chi ha meno di cinquant'anni non lo ricorda. Eppure era lui, Romano Bracalini con la sue giacche strette e le cravatte larghe a raccontare nel Tg2 di Antonio Ghirelli le peggiori nefandezze degli anni di piombo. Nefandezze a parte era una Rai davvero gloriosa. Il capo Elio Sparano, Bruno Ambrosi, Piera Rolandi, Piero Scaramucci, allo sport Beppe Viola e Adriano De Zan, Paolo Mutti alla cinecamera. E Bracalini in video. Meno video Rai e più libri, da almeno dieci anni. E forse, adesso, di nuovo Rai e una scrivania da direttore. Da Spadolini a Bossi, potrebbero sfotterlo i vecchi amici. E lui, l'impassibile Romano, potrebbe rispondere con i meriti acquisiti. Da giornalista, e da mentore padano. Internet, che a volte non perdona, elenca i suoi meriti, i suoi libri (uno su tutti: «Cattaneo: un federalista per gli italiani») che stanno in ordine alfabetico tra Il Mio progetto di Umberto Bossi e Storie di Lombardi di Gianni Brera. Forse tanti meriti non garbano ai padani veri, ai leghisti, a chi scrive su «La Padania» e ricorda: come mai da almeno un anno Romano Bracalini scrive solo su «Libero» diretto da Vittorio Feltri? Insomma, sicuri che sia uno dei nostri? Si chiama Romano, è un repubblicano, forse massone, non è mai stato a Pontida... «Perchè Romano Bracalini e non Paolo Bassi?».
Giovanni Cerruti
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tratto da LA STAMPA dell'11 Aprile 2002