Come era facilmente prevedibile, il conflitto di interessi del Presidente del Consiglio italiano è ritornato all’attenzione dell’opinione pubblica europea in occasione della possibile acquisizione da parte di Murdoch e Mediaset delle televisioni di Leo Kirch.
Per quanto la questione sia ancora aperta, è facile prevedere che in caso di esito negativo dell’operazione, Silvio Berlusconi e i suoi utilizzeranno questa vicenda per affermare che il conflitto di interessi danneggia e non favorisce il capo del Governo.
In realtà le cose stanno diversamente, almeno in Italia, e gli avvenimenti di questi giorni non fanno che confermare la difficoltà, se non l’impossibilità, di risolvere la spinosa questione.
In proposito vorrei limitarmi a pochi esempi, già in buona misura esposti nel corso del dibattito alla Camera sulla legge Frattini, e che, pur avendo avuto scarsissima eco esterna, fanno tuttavia capire in modo chiaro quale sia la natura e la portata del problema, anche al di là dei noti e dibattuti rischi derivanti dal controllo largamente maggioritario dei mezzi di informazione.
1) L’introduzione dell’euro ha comportato un notevole impegno e sforzo di informazione del pubblico. Nelle settimane precedenti all’introduzione della nuova moneta, il ministero dell’Economia ha promosso un’importante iniziativa dando vita ad un giornale del Comitato Euro (Euroitalia) diffuso in circa 9 milioni di copie come allegato a tutti i principali giornali e riviste del Paese.
Il costo dell’operazione è valutato in oltre 3 milioni di euro. Senza mettere in discussione l’utilità dell’iniziativa, resta il fatto che stampa ed edizione del giornale siano stati affidati alla Mondadori. Non risulta che l’incarico sia stato assegnato in seguito ad una gara. In ogni caso è palese la situazione di conflitto, per cui le aziende del presidente del Consiglio incrementano il fatturato grazie a denaro pubblico.
2) È in atto una intensa compagna di spot televisivi con l’obiettivo di propagandare l’attività del Governo. La campagna è stata affidata a Mike Bongiorno l’uomo forse più rappresentativo delle reti Mediaset. Vi è qui un primo elemento di conflitto derivante dalla pubblicità indiretta che in questo modo una decisione del Governo determina a favore di un gruppo privato di proprietà del Presidente del Consiglio. Ma il dato più importante consiste nel fatto che gli spot della Presidenza del Consiglio trasmessi dalla Rai sono gratuiti in virtù della convenzione in vigore, mentre quelli trasmessi dalle reti private sono ovviamente retribuiti. È evidente che in via di principio la soluzione del conflitto, oltre al cambio del presentatore, richiederebbe o il pagamento degli spot alla Rai o, viceversa, la gratuità anche degli spot trasmessi da Mediaset. Non sembra vi sia alcuna intenzione di muoversi in nessuna di queste direzioni. La prima, peraltro, comporterebbe oneri aggiuntivi per il bilancio pubblico.
3) Nel corso della recente assemblea Fieg, di fronte alle preoccupazioni espresse per il calo della pubblicità Berlusconi ha promesso interventi concreti di sostegno. È difficile capire se lo abbia fatto nella sua veste di capo del Governo o di principale editore italiano.
4) È notizia apparsa sulla stampa il fatto che importanti gruppi industriali partecipati dal Tesoro, tra cui certamente l’Enel, abbiano cambiato i loro budget pubblicitari televisivi mutandone la ripartizione, sicché anche in assenza di rilevanti mutamenti delle percentuali di ascolto e visione Mediaset ha visto aumentare la sua quota fino al 70 per cento. Sembra anche che non pochi gruppi privati abbiamo compiuto negli ultimi mesi la stessa scelta. Sfugge la razionalità economica di tali decisioni che potrebbero essere dettate da opportunismo, captatio benevolentiae, o anche da pressioni, inviti, sollecitazioni. Ma quand’anche vi fosse un spiegazione economicamente ineccepibile, tali scelte dovrebbero creare per lo meno imbarazzo per il capo del Governo.
5) Voci non confermate, ma che circolano senza smentite, parlano della pressante offerta in vendita di "Pagine Utili", iniziativa del gruppo Fininvest apparentemente in difficoltà, ad altro gruppo. Qualora la vendita avvenisse, o anche qualora le voci venissero confermate, si tratterebbe di un fatto oggettivamente discutibile (per usare un eufemismo).
6) Sono molti mesi che si discute a Milano di un’altra grande operazione finanziaria che riguarda Mediolanum, per la quale si prevederebbe o l’incorporazione nelle Generali, o in una grande banca del nord. Qualora l’operazione andasse in porto gli attuali azionisti di controllo di Mediolanum diventerebbero soci di riferimento della società incorporante. Sarebbe la sublimazione del conflitto di interesse!
Gli esempi sono probabilmente non esaustivi. Per esempio, sarebbe interessante sapere a quali imprese sia stata commissionata l’operazione – promossa dalla Presidenza del Consiglio – di distribuzione a tutte le famiglie del convertitore eurolire. E’ sorprendente quanto poco si parli di fatti, episodi, o anche semplici sospetti, preoccupazioni come quelli indicati. Ed è altresì evidente come la proposta in discussione in Parlamento non abbia niente a che fare con questi concreti esempi di cosa significhi in realtà la polemica sul conflitto di interessi. È anche chiaro che una volta impostata in modo corretto la questione, essa risulta oggettivamente insanabile: il conflitto di interessi di Berlusconi è talmente pervasivo da apparire insolubile, quali che siano i tentativi che affannosamente si cerca di compiere.
E adesso, alla faccia del pluralismo, Rai 1 e Rai 2 sono passate sotto il controllo diretto della maggioranza... Non è una dittatura informativa, ma gli somiglia molto...
Ciao.