Dal Corriere di oggi:
Criminalità, in Francia vota anche la paura
Aumento dei reati comuni e allarmismo fanno crescere la protesta e il malessere dell’elettorato
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
PARIGI - Ogni fine settimana, nelle periferie delle città, decine di vetture vengono date alle fiamme. Ventimila all’anno, per vandalismo puro. Una buona notizia per un mercato dell’auto in crisi, ma incubo dei francesi che leggono le statistiche e hanno fatto della criminalità il tema centrale della campagna elettorale.
L’aumento dei reati fa impressione: oltre quattro milioni, undicimila al giorno, il 7,69 per cento in più nel 2001, con punte record a Parigi, Nizza, Marsiglia e in realtà emergenti come Nantes e Tolosa.
La domanda di sicurezza condiziona voto e stato d’animo dei francesi.
Assalti a municipi e stazioni di polizia, scippi e furti, decreti di coprifuoco per i minori, danneggiamenti di treni, metrò, giardini e scuole, popolano le cronache dei giornali, che denunciano anche micro illegalità, corruzione, «clonaggio» di telefonini e carte di credito, truffe, come quella dei cassieri della Tour Eiffel che, in nove anni, hanno intascato l’incasso di 450 mila ingressi, facendo figurare biglietti difettosi nella contabilità.
Omicidi di poliziotti, rapine finite nel sangue e la strage di Nanterre hanno ammorbato il clima della «Francia felix». Le certezze di un modello sociale sono minate dalla realtà e dalla sua percezione, dall’allarmismo innescato dalle statistiche e nei comizi.
A Marsiglia, un autista di autobus ha denunciato un’aggressione notturna e l’incendio del mezzo. Poi ha confessato di essersi inventato tutto, con il proposito di essere trasferito dall’abituale percorso nei quartieri a rischio. Poliziotti e gendarmi sfilano in corteo, sotto i Palazzi del potere, chiedendo più mezzi e più soldi. Casalinghe e commercianti dei quartieri periferici mettono in piazza la loro quotidiana paura.
Le analisi concordano sul disagio giovanile (il suicidio è la seconda causa di morte, dopo gli incidenti stradali), sulla percezione negativa delle autorità, nelle scuole come nei municipi, su una «frattura sociale» di un Paese ricco che non riesce a provvedere a quattro milioni di poveri e a ridurre dolorose disparità, anche nei settori pubblici, come la scuola e la sanità. A Parigi i prezzi delle case sono più alti nei quartieri dove ci sono le scuole migliori. Il sistema sanitario garantisce record di longevità e nascite sane, ma in misura diversa a seconda delle regioni e delle classi sociali.
Dati economici e statistiche non rompono il silenzio sulla geografia sociale dell’insicurezza. Parigi e le grandi città non sono meno sicure di prima o di altre metropoli europee, ma intere periferie sono diventate territori off limits anche per la polizia. Ad Opera de Massy (Essone), una ventina di giovani sono stati arrestati per aver costituito la «brigata antiflics», una banda protagonista di vandalismi, incendi di autobus e cassonetti dell’immondizia, che accoglieva i poliziotti a colpi di pietre e bottiglie molotov.
E una nube un po’ ipocrita avvolge le origini dei giovani delle periferie: immigrati, clandestini, maghrebini della seconda e terza generazione, la maggioranza della popolazione carceraria, la maggioranza degli esclusi dalla «Francia felix» e principali indiziati dell’ondata di antisemitismo che ha attraversato in questi mesi il Paese.
Fenomeno a parte, più complesso della criminalità, poco collegabile ai fantasmi storici dell’estrema destra francese. I giovani della «banlieu» incendiano e assaltano simboli. Reagiscono all’esclusione delimitando il proprio territorio. S’identificano con profughi e vittime del Terzo Mondo. A Melun hanno fatto irruzione nel municipio per imporre un minuto di silenzio per la Palestina. Molti giocano all’intifada, contro il benessere della Francia bianca.
M. Na.
«Questo è un Paese dove è impossibile vivere sicuri»
La provocazione dello scrittore Houellebecq: «Sono stufo di questa sinistra afflitta dai complessi, ipocrita e razzista»
Sono cittadino francese, cittadino europeo o cittadino del mondo? La terza soluzione, a lungo termine, è probabilmente la migliore; ma la politica non è un’arte di lungo termine, e non deve diventarlo. Nel momento storico in cui viviamo, propenderei per la seconda soluzione: quella europea. La Francia è un’entità che ha smesso di funzionare verso il 1918, di fronte all’orrore della carneficina: nessuna entità politica, in nessun’epoca, ha il diritto di chiedere ai propri cittadini un simile sacrificio. Così, penso che sarei stato favorevole agli accordi di Monaco nel 1938, collaborazionista e pétainista qualche anno dopo. Non sarei stato un pétainista entusiasta, erano pochissimi i pétainisti entusiasti; ma è certo che nessuno aveva più voglia di battersi. Scrivo queste righe dalla Germania. Amo questo Paese, lo sento vicino; so che Jean-Pierre Chevènement, candidato all'Eliseo, ha fama d’essere anti-tedesco. Finora, non ho esposto alcuna delle ragioni che mi spingono a votare per lui. Certo, potrei addurre la rabbia, stabilire la nullità dei suoi principali avversari (il pretesto, sebbene insufficiente, è reale). Credo inutile attardarsi su Chirac: evidentemente, è pronto a dire o a fare più o meno qualsiasi cosa pur di restare al potere. E’ una specie di Mitterrand, in formato più grande e più stupido. Votare Chirac non è neanche votare.
Il caso di Jospin è più triste. Non metto in dubbio il gusto di quest’uomo per «l'ordine repubblicano», ma lo credo incapace di domare i sauvageons , i selvaggi di periferia, prigioniero com’è della sua alleanza con i Verdi e, più generalmente, dell’appoggio di quella che viene chiamata la «sinistra morale» (quale morale? quale sinistra?). Questo mi sembra sufficiente per squalificarlo; perché mai pagare le tasse se è impossibile vivere sicuri all’interno del territorio che il governo controlla? E’ così che subito si rompe il patto sociale. Per le stesse ragioni legate all’esistenza della «sinistra morale», credo Jospin incapace di mettere in opera una politica d’immigrazione pragmatica, cioè che tenga conto della situazione demografica del Paese e delle sue evoluzioni. Invece, lo ritengo perfettamente capace di avviare misure liberticide, a condizione che la «sinistra morale» non abbia nulla da obiettare.
Nel 1992, il trattato di Maastricht fu un errore; si sarebbe dovuto rinegoziare, in un senso meno liberale; Chevènement, allora, invitò a votare per il no.
Passiamo ad altro. Per quanto gli Stati Uniti siano un Paese insopportabile da tutti i punti di vista, la guerra che conducono contro Bin Laden è la nostra guerra. E qualche mese fa Chevènement ha sostenuto l'impegno della Francia al fianco degli Stati Uniti. La guerra del Golfo, invece, comunque la si osservi, non ci riguardava per nulla (certo, era in gioco il petrolio. Se avessimo ascoltato meno gli ecologi e dato la priorità al nucleare, non saremmo a questo punto) e l’impegno della Francia accanto agli Stati Uniti fu comunque un errore. Allora, Chevènement si dimise da ministro della Difesa per protesta.
Lo sporco piccolo segreto della «sinistra morale» francese è di essere affascinata dall’America, perché in fondo è affascinata dalla forza e dai soldi. Così, va a trastullarsi a Porto Alegre, o a deporre suppliche commoventi sulla scrivania del presidente Bush affinché accordi la grazia a qualche assassino. Ma l’idea che la potenza e la forza possano smettere d’essere americane (che per esempio diventino europee o asiatiche) non la sfiora neanche per un attimo. Se qualcosa come una «terza via» europea deve venir fuori, non bisognerà contare su quella gente per inventarla.
Per riuscire a capire un’entità tortuosa, ipocrita e perversa come la «sinistra morale», è bene fare una digressione su quel semplice tema che è il razzismo. Infatti, non c'è nulla di più facile da combattere del razzismo. Basta aver messo qualche volta il naso fuori casa per rendersi conto che le differenze individuali all'interno di una razza sono assai più importanti delle differenze razziali.
Malgrado l’estrema facilità della lotta anti-razzista, malgrado i tanti intellettuali mobilitati a questo scopo, il fallimento, da una ventina d’anni, è totale. Tale fallimento può sorprendere, finché non si realizza (a me ci sono voluti anni) che il vero fine non è di «lottare contro il razzismo», ma di creare un razzismo di tipo nuovo. E’ triste da dire, difficile da credere, ma è vero: a partire da una «identità negra» ampiamente fantasticata, la «sinistra morale» tenta in realtà di creare in Europa un razzismo anti-bianchi; ed essendo questo razzismo poco giustificato come quello contrario, risulta difficile mobilitare le popolazioni.
Per analogia, questo ci permette di capire l'atteggiamento della «sinistra morale» francese verso gli Stati Uniti. Così come pratica una discriminazione positiva nei confronti della razza nera, essa pratica fin dalla sua origine una discriminazione positiva nei confronti della cultura americana. Il nemico ideale, la sintesi di tutte le abiezioni è il franchouillard : il francese grasso, stupido, brutto, popolare, razzista, volgare, incapace d’imparare l’inglese e che vota generalmente per Le Pen.
Poco importa se questo tipo di personaggio non esiste quasi più e che sia sempre più chiaramente sostituito da un europeo: finché esisterà, anche la «sinistra morale» potrà continuare ad esistere.
Si tratta semplicemente di questo? Del desiderio d'esistere anche quando non si ha più nulla da dire? Sì, c'è un patetico desiderio d'esistenza residuale, ma c'è anche, più profondo, un autentico desiderio di scomparire, e tutto questo è già presente in Sartre. Che Sartre sia stato animato, a titolo personale, da un'intensa smania di scomparire, lo si può capire, ed eventualmente compatire; ma in una discussione razionale questo non dovrebbe costituire un argomento.
L’auspicio segreto della «sinistra morale» presto si realizzerà: confrontata a un orizzonte europeo più ampio, essa sparirà veramente. E con lei spariranno il suo masochismo puerile, la sua colpevolezza truccata, il suo eterno complesso del borghese originale alla ricerca di un proletario introvabile. Ancora, la sua ipocrisia, la sua giudeo-fobia larvata, la sua incredibile condiscendenza nei confronti dei criminali palestinesi, la sua balorda ammirazione per terroristi e assassini; e la sua stupida attrazione per il male; in una parola, il suo insopportabile tanfo cristiano. Abbiamo appena cambiato secolo, stiamo diventando europei e la «sinistra morale» francese sarà presto soltanto un ricordo.
Michel Houellebecq / Amh
(traduzione di Daniela Maggioni)
Niente male l' "integrazione" degli immigrati in Francia?
Ah...gia',ma dimenticavo che e' colpa nostra che siamo brutti,sporchi,cattivi e razzisti se non si sono integrati...chiaro no?