L'analisi del voto. Intervista a Bernard Cassen, fondatore di Attac

A. M. M. - PARIGI

Bernard Cassen è fondatore e presidente di Attac, il movimento che si batte per l'introduzione della Tobin Tax e il controllo della mondializzazione, in Francia. Attac aveva cercato di portare nel dibattito elettorale la discussione sull'ultra-liberismo trionfante. Era stato seguito nelle prima battute, nell'autunno scorso, ma quando la campagna è entrata nel vivo questi temi sono stati quasi del tutto dimenticati. Cassen parte da qui per analizzare il voto del primo turno. «Attac ha detto a più riprese che la mondializzazione liberale era la grande assente. Ma è ritornata in forza nei risultati».

Il voto - in particolare l'alto tasso di astensione - è secondo lei l'effetto della reazione anti-mondializzazione?

Le astensioni sono al 27%, in netta crescita, benché ci fossero 16 candidati, un'ampia scelta. Parte dell'astensione è stata quella di elettori di sinistra che non hanno percepito una grande differenza tra i due principali candidati. Secondo me, i risultati del partito socialista, il voto ai candidati trotzkisti, quelli di Chevènement e anche parte del voto a Le Pen traducono l'abbandono in cui sono stati lasciati questi elettori da vent'anni di politica liberista.

Come analizza il voto a Le Pen?

Si tratta di un voto molto composito, diverso da regione a regione. Le Pen non è stato votato solo dalla borghesia ma anche dalla classe operaia. Non credo che sia un voto, per una parte, che vuole il fascismo. E' un voto molto composito, non unificato. Buona parte è gente disperata, che voleva dire «no». Per molti è stato la maniera più forte che hanno trovato per dire «merda».

Segna il ritorno dell'antisemitismo, dopo le sinagoghe bruciate?

In realtà, Le Pen non ha fatto né una campagna anti-araba né antisemita. Alcune personalità delle istituzioni ebraiche lo hanno definito «rispettabile». Le Pen sostiene Sharon.

Come la Francia è arrivata a questo punto, con la sinistra a pezzi dopo anni di un governo che, mi pare, ha un bilancio più che onorevole?

Se vuole, possiamo dire che Jospin non ha del tutto mal governato. Ma ha cominciato male la campagna, definendosi subito un «candidato non socialista». Mirava a conquistare il centro. Non ha capito che era la sinistra che bisognava conquistare. Se sommiamo i voti presi da Chevènement, dal verde Mamère, da Arlette Laguiller e Olivier Besancenot, vediamo che complessivamente hanno un migliore risultato di Jospin. Il Pcf ha subito una dura sanzione, a causa della partecipazione al governo. Se la sinistra non cambia, seguirà una nuova sconfitta alle legislative: la sinistra non si è occupata di poveri, di banlieues ecc. Per questo c'è stata la disfatta del governo.

Sanzione per la scelta social-liberale?

Jospin ha seguito il blairismo. Poi, una settimana fa, si è reso conto di aver sbagliato. Un po' tardi. Ma sulle pensioni, sulla mondializzazione, ha adottatato la llinea di Tony Blair. A Barcellona ha firmato con Chirac un testo scandaloso sull'aumento dell'età per andare in pensione. Oggi paga il prezzo della scelta social-liberista. Ma, se guardiamo bene, anche Chirac ha un risultato disastroso. Ha preso meno voti che nel `95. Non ha nulla da vantarsi. C'è stato un rigetto della rappresentanza politica attuale.

il manifesto 23 aprile 2002
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