Con la "riforma" questo qua, che ha fatto perdere 50 miliardi a dei poveri cristi, non si sarebbe fatto neanche i 2 anni e 8 mesi che gli hanno dato: PRESCRIZIONE.
Venerdì, 26 Aprile 2002
«Buco» finanziario in Borsa, sentenze ora definitive
Crack Bottega, assolti gli imputati cortinesi
Venezia
Uncrack da quasi cento miliardi di lire "vale" appena due anni e otto mesi di reclusione. Così ha deciso la Corte d'Appello di Venezia, accordando un consistente sconto di pena a Sergio Bottega, l'agente di Borsa di Mestre che fallì nell'agosto 1995, facendo perdere gran parte dei risparmi a centinaia di clienti sparsi soprattutto nelle province di Venezia, Treviso, Padova, Belluno.
Il caso, il primo di una lunga serie succedutisi in Italia, fece parecchio scalpore e in primo grado, nell'aprile 2000, Bottega era stato condannato dal Tribunale di Venezia a sei anni di reclusione. Ma ora, a distanza di quasi sette anni, quei fatti sono stati letti evidentemente sotto un'ottica diversa, di minore gravità. E la Procura generale ha accettato un accordo con i difensori dell'ex agente di Borsa, Fragassojr e Merlin, concordando un patteggiamento: la difesa ha acconsentito a rinunciare ai propri motivi d'appello in cambio di un sostanzioso sconto (tre anni e 4 mesi), che ha più che dimezzato la pena finale, relativa a numerosi episodi di bancarotta.
Bottega è stato invece assolto dall'imputazione di associazione per delinquere, perchè il fatto non sussiste, in quanto è stato considerato l'unico responsabile del crack, mentre per configurare l'associazione servono almeno tre persone.
Davanti alla terza sezione della Corte d'Appello, presidente Umberto Mariani (a latere Antonino Abrami e Sandro Merz), erano stati chiamati a comparire anche tre promotori finanziari di Bottega, il cortinese Andrea Bergonzoni, il mestrino Pietro Marmai e il trevigiano Roberto Vanin, contro la cui assoluzione in primo grado aveva fatto ricorso la Procura.
In apertura di udienza, però, il Procuratore generale ha annunciato di voler rinunciare all'appello. E così le loro assoluzioni sono diventate definitive, aggiungendosi alle altre sentenze di assoluzione già passate in giudicato dopo il primo grado, quelle degli altri promotori finanziari: i padovani Edi Parisotto e Sergio Florindo Forese, il cortinese Stefano Ossi e il milanese Lucio Cacciolo.
La clamorosa sentenza della Corte d'Appello risale a qualche settimana fa, ma la notizia è trapelata soltanto in questi giorni: a marzo l'udienza era durata pochi minuti ed era passata inosservata. Probabilmente gran parte dei creditori non ne sapevano nulla: soltanto una minoranza si era costituita parte civile in sede penale.
Gli altri hanno intrapreso la strada civilistica e, quelli che sono riusciti a farsi riconoscere un credito nell'ambito del fallimento, sono riusciti a recuperare almeno una parte delle somme affidate a Bottega. Molti creditori, però, non avevano documentazione sufficiente in quanto gli investimenti avvenivano in nero e con ricevute non ufficiali e dunque hanno perso tutto. Le stime parlano di circa 50 miliardi di lire di risparmi andati in fumo.
Per ilcrack del '95 Bottega fu arrestato nel 1996, e rimase in carcere quasi nove mesi: considerato il patteggiamento accordatogli in Appello, non dovrebbe più finire dietro le sbarre, in quanto la pena è inferiore ai tre anni e l'agente di Borsa potrà usufruire di un eventuale affidamento in prova ai Servizi sociali.
Dal processo non è emersa alcuna prova che Bottega si sia intascato parte dei soldi dei risparmiatori: il fallimento fu provocato da una dissennata gestione dei risparmi che, invece di essere investiti in tranquilli titoli, come richiesto dai clienti, servivano ad attività di speculazione di Borsa, nel disperato tentativo di coprire pesanti perdite accumulate in precedenti operazioni a rischio.
Gianluca Amadori