…..ma non basta.


Il senso di rivolta che sta montando negli USA non è contro i casi di preti responsabili di abusi sessuali su minori: è contro la rete di complicità e coperture d’alto rango che per anni ha imposto il silenzio su quei crimini, garantendo l’impunità dei responsabili.
Quel che non si accetta in quel Paese, a cominciare dalle stesse associazioni religiose attivissime in questi giorni nel “reclamare giustizia”, è che a un abuso se ne aggiunga un altro anche più grave, vale a dire il tentativo di sottrarre alla giustizia comune i responsabili di quei comportamenti illeciti. E’ questo il crimine che fa esplodere la rabbia, e il desiderio di giustizia, in quella società così diversa rispetto alla nostra: la menzogna, magari alata di sante preoccupazioni, con cui il Potere (di Stato, di Chiesa, non importa) cerca di evitare la legge uguale per tutti. Qui da noi si è fatto sentire forte il Papa di Roma, negando cittadinanza religiosa ai colpevoli degli abusi, ma paragonandone le colpe a una “macchia” sopra un’opera d’arte. Fa il suo mestiere. E chi si sente impegnato all’autorità del Papa può considerare definitivi e sufficienti quei suoi moniti.
Ma non sono definitivi, né sufficienti, dal punto di vista della società.
In breve e brutalmente: dal punto di vista delle “vittime” e dal punto di vista dello Stato ch deve tutelarle. Su questo fronte è solo la giustizia comune che deve indagare, processare, quando è necessario condannare.
Su questo fronte non è questione di “peccati”, non è questione di “valori”, non è questione di “morale”: è questione di responsabilità penali. E’ su questo fronte che milita la ribellione statunitense ed è su questo fronte che dovrebbe mobilitarsi l’attenzione europea e specialmente italiana. Perché anche qui, in Italia e in Europa, esiste lo stesso problema, che non può chiudersi con le sentite parole del Papa.
Ma è poi “utile” per un altro motivo la pressione civile che viene dagli Stati Uniti. Serve infatti (almeno così si spera) a indurre qualche dubbio sulla rappresentazione che sciaguratamente continua a farsi di questo “problema”, vale a dire gli abusi su minori.
Dubbi, in realtà, la statistica non ne ha mai avuti, essendosi incaricata di riportare chiaramente che la stragrande maggioranza degli abusi avviene in famiglia e nei luoghi di riferimento sociale (tra cui l’ambiente religioso). Ma la rappresentazione (falsa) era e resta un’altra: con l’abuso sessuale ricercato nelle “devianze”, nei luoghi della “perversione”, delle diavolerie tecnologiche, con criminalizzazioni inutili e semmai riguardanti il cinque per cento del fenomeno: mentre il novantacinque se ne stava, e continua a restarsene, al riparo delle ipocrisie e dei tabù indicibili.
Che poi tutto questo implichi, finalmente, una discussione sugli ambienti, sulle organizzazioni, sulle “regole” di repressione sessuale come altrettante possibili cause degli abusi, questo è un altro discorso. Se questa discussione si facesse, sarebbe un gran bene. Ma l’esigenza primaria è un’altra: e cioè che si affronti il problema nei termini del comandamento della legge: pretendendone l’applicazione contro i responsabili degli abusi e, soprattutto, contro quelli che li hanno coperti.
Perché dal punto di vista dello Stato laico la soggezione alla legge non è soltanto un obbligo del religioso che la vìola: è anche un suo diritto.

Articolo su Libero di Iuri Maria Prado.

saluti