L'ira funesta di Mancuso
«Bugiardi, malfattori, banditi». L'anziano giudice aggredisce in Transatlantico Cesare Previti e lascia Forza Italia. Ma l'intera Casa delle libertà salta per aria. «Non voto l'avvocato di Berlusconi» annuncia il nazional alleato Publio Fiori, mentre il forzista Alfredo Biondi proclama «L'inciucio è consumato». E Berlusconi non si fa vedere per tutta la giornata
GIOVANNA PAJETTA
«Banditi, bugiardi, malfattori, trasformisti, semianalfabeti...». L'ira di Filippo Mancuso invade per l'intera mattinata il Transatlantico. L'anziano giudice, ormai ex candidato alla Consulta, è un fiume in piena, aggredisce Cesare Previti al grido di «La fama di bandito che hai è ben meritata, anzi è al di sotto della realtà», strapazza Renato Schifani e abbandona il gruppo di Forza Italia, reo di aver ordito «complotti» contro di lui. «Berlusconi è un bugiardo e un mentitore» sentenzia, prima di abbracciare Marco Pannella, inscenare un duetto con Vittorio Sgarbi e prendersela con quei «semianalfabeti di Castagnetti e Violante che ora hanno portato lo studio Previti alla Corte Costituzionale». Lo stile dell'uomo è questo, si sa, ma per una volta Mancuso interpreta ben di più di se stesso. Il gran finale della telenovela della Consulta, con l'elezione di quello che il nazional alleato Publio Fiori si rifiuta di votare perché «l'avvocato di Berlusconi non può fare il giudice costituzionale», mette in scena infatti tutti i malumori e le risse sotterranee che animano la Casa delle Libertà. La prima faida che si consuma è proprio quella tra gli avvocati di Berlusconi, la stretta cerchia degli «eletti» con cui Filippo Mancuso credeva di poter giocare alla pari. Così mentre Cesare Previti cerca di scansare il colpo, dichiarando «Sono all'oscuro di tutto, certo Vaccarella è un amico, lavora per il gruppo (Fininvest, ndr). Questo però non fa nemmeno notizia», Mancuso rivela che proprio «Cesarone» gli ha telefonato martedì sera per parlare del nuovo candidato. Ma la resa dei conti non riguarda solo loro due. «Una vicenda condotta malissimo» accusa Francesco Saponara, (difensore di Previti nel caso Imi-Sir), mentre Carlo Taormina già teme il peggio. «Quelle di Mancuso sono affermazioni gravi e gratuite - dice preoccupato il difensore di Cercello nel caso Fininvest-Guardia di Finanza - E credo che Previti non sarà l'ultimo dei suoi obiettivi ...». Ma se dagli studi degli avvocati si passa al mondo, si fa per dire, della politica, il clima non cambia.
In prima fila tra chi strepita c'è Alleanza nazionale. Non votano per protesta Gustavo Selva e Publio Fiori, lo fa «ma solo per disciplina » Teodoro Buontempo, mentre Alessandra Mussolini, che sceglie di votare due candidate donne, riassume la situazione dicendo «Certo che c'è stata fronda contro Vaccarella, sembrava di essere a Forcella, con i fuochi d'artificio». Del resto, anche se Gianfranco Fini evita i giornalisti e risponde solo «Ne prendo atto» a chi gli racconta il malumore dilagante, per i nazional alleati è solo sale sulle ferite. Quelle ancora aperte della vicenda Rai o della fantasmatica «cabina di regia» da cui il loro leader avrebbe dovuto risolvere la vicenda dell'articolo 18. E quelle future, la sventagliata di nomine di boiardi di stato (alle Poste, all'Enel e all'Eni) su cui gli uomini di Fini sperano di mettere le mani ma temono imboscate. O più semplicemente colpi di mano dell'ultimo minuto, come quello con cui per l'appunto Silvio Berlusconi martedì sera, all'insaputa di tutti (o quasi), ha deciso di portare Romano Vaccarella alla Corte Costituzionale. Mosse imprevedibili, tanto care al premier e negli ultimi tempi quasi sempre sfavorevoli all'asse Fini-Casini. Ma indigeribili anche per una parte di Forza Italia.
Se infatti Umberto Bossi (il più premiato finora dalle scelte di Berlusconi) tace e si limita a far dire ai suoi che «se una parte dei giudici della Consulta fosse nominata dalle Regioni non saremmo in questa situazione», tra i forzisti già si grida all'«inciucio». «Il parlamento esce sconfitto, sono prevalse le logiche dei partiti, senza nemmeno consultare chi deve esprimere il voto» dice il senatore forzista Greco, mentre un disgustato Alfredo Biondi proclama «L'inciucio è consumato. E gli apparati, naturalmente sono soddisfatti». Nemmeno lui del resto ha votato, spiegando che «per me questi sono due X, cioè due sconosciuti».
Indifferente a tanto sconquasso, ieri Silvio Berlusconi se ne è andato in elicottero a Pratica di mare. «Impegno improrogabile» ha fatto sapere il suo portavoce Paolo Buonaiuti, perché il premier doveva controllare di persona la zona dove, il 28 maggio, si terrà il vertice Nato che santificherà il suo nuovo amico Putin. Due piccioni con una fava, visto che il cavaliere è riuscito a evitare in un colpo solo sia la mattinata a Montecitorio (e l'ira funesta di Filippo Mancuso) sia la tanto annunciata conferenza stampa sulla giustizia prevista per il pomeriggio. Poi, a fine serata, commenta laconico «Alla fine è andata bene...».
Ce ne ha messa Mancuso per capire con che gente aveva a che fare...