Oggi, festa di San Marco, al telefono con un amico ho ricordato una persona..e questo amico mi ha suggerito di dare un contributo ad un ricordo che merita qualcosa di più.
Era il 22 aprile del 1998 un piccolo drappello di Guardie Nazionali Padane percorrevano l' autostrada verso Trezzano Rosa con la morte nel cuore: avevano in mano un volantino inviato via fax dove era indicata la strada da fare, ma non per arrivare ad una festa o ad un comizio...recitava:"Per espressa volontà di Fabio, rispettata dai genitori, all' uscita della chiesa, verrà suonato il Va' Pensiero...il funerale avrà luogo presso la chiesa di San Gottardo in piazza San gottardo alle ore 15". Dopo una lunga malattia si era spento Fabio, 31 anni. Leghista della prima ora e indagato dal procuratore Papalia.
Quel mercoledì era un pomeriggio di sole, di una tranquillità disarmante, come il silenzio di quel paesino di Lombardia che ci vide arrivare in camicia verde per un saluto che non sapevamo come dare. Noi, uomini in divisa da guardie, davanti alla casa di un uomo che la divisa e tutto quello che essa significava decise di portarselà nell' al di là, qualunque esso fosse. Noi, piccoli uomini di un esercito mai come in quel giorno spaventato e impotente, eravamo al capezzale di un uomo che volle la bandiera padana sulla bara e il Va' Pensiero fuori dalla Chiesa. Non riuscimmo a dire una parola, non una sola sillaba, eravamo come pietra al vento, e come tali ci sentivamo: inutili, impotenti. Ma Fabio chiese che fosse la GNP a portare la sua bara da casa all' altare e dall' altare al cimitero. E se ci penso quel feretro pesa ancora sulle mie spalle. Pesa quel ricordo, taglia come lama i pensieri, mi costringe ha dover comunque porre uno spartiacque tra i piccoli uomini senza onore che ho visto sfilare come leggiadre ballerine sulla terra padana, e Fabio, che la Sua Padania, che era la nostra, non l' avrebbe lasciata mai e un pezzetto l' avrebbe portata con se, ovunque sia andato. Fabio ci fece capire che ormai il sogno che ci aveva accumunati non era più politica, era la ragione di una lotta che era entrata nel cuore, in quella parte di anima dalla quale non sarebbe più uscita. Fabio ci lasciò un messaggio, un gesto, un silente addio che urlava mille voci delle piazze, della sua Trezzano, della mia Verona, di tutta questa terra un po' indomita e un po' vigliacca, di tutti questi popoli un po' ipocriti e un po' eroi. Un' ora in piedi in fianco alla sua bara in una chiesa gelida come il ghiaccio negli occhi di scelse, ripeto scelse, di non esserci. Freddo dentro e fuori i nostri cuori, mai così pesanti. E la messa non terminava mai, ad ogni pausa del prete pregavo che smettesse, perché non credevo che le gambe mi avrebbero retto. A Milano. Il cimitero e la burla atroce. I dipendenti se ne erano andati. Restammo per quasi due ore con la bara davanti ai cancelli in cerca di chi aprisse le celle mortuarie. Ricordo le lacrime di sua nonna:" Ma che ha fatto Fabio, perché gli fanno anche questo?"...Perché anche questo?
Oggi che Fabio sembrano averlo dimenticato tutti, io voglio ricordarlo.
Se oggi la Padania nel mio cuore, come in quello di molti altri, é un sogno a cui non toglieranno mai le ali, se ancora dietro ogni angolo trovo e troviamo la forza e il coraggio delle nostre idee, se ho imparato e abbiamo imparato ad odiare un nemico che ci toglie la voce, è anche grazie a Fabio.
E la cosa più malinconica e incredibile é che io, Fabio, non lo conoscevo. Bastò un pomeriggio di silenzio e di dolore per capire che eravamo, alla fine, "fratelli su libero suol". Felici pochi noi, manipolo di fratelli.
Paolo