L'umanità, in tempo di pace e di democrazia, dimentica il lato bieco del potere. La retorica dell'uguaglianza fa sì che si trovi naturale vedere passare i sovrani in bicicletta, come avveniva ad Oslo, mentre si trova scandaloso, che, come sempre è avvenuto, chi comanda mostri albagia o sia tentato da qualche sopruso.
A questo egualitarismo si salda una seconda spinta sociale. La sinistra, un po' per gli ideali dell'uguaglianza dei citoyens, un po' perché, trovandosi all'opposizione, ha interesse ad indebolire il potere repressivo, diviene addirittura occhiuta, quando si tratta di reprimere gli eventuali abusi della polizia. Il potere è visto dai governati come i sedicenni vedono il padre: qualcuno che deve fornire tutto il necessario, senza per questo essere legittimato a dare ordini.
Per questa mentalità, i magistrati rappresentano la più alta istanza della moralità, fondata sul codice e sul principio dell'uguaglianza dei cittadini. Sicché il momento in cui un giudice, aureolato dalla sua competenza giuridica e dal suo dovere di non guardare in faccia a nessuno, si mette ad accusare la polizia o un potente, ci sono molte persone felici. È come se il potere in sé fosse stato azzerato. Molti credono che si possano giudicare Pinochet o Milosevic anche per divieto di sosta.
Nell'apprezzamento dell'azione politica della magistratura c'è una forma d'immaturità psicologica. Mentre, di fronte all'ingiustizia, l'adulto è pronto a reagire con la forza, il bambino piange. Il popolo francese, adulto, è sempre pronto a fare una rivoluzione; il popolo italiano, che rivoluzioni non ne ha mai fatte, è invece come quei bambini che, reputando giusto sculacciare il loro piccolo amico, chiedono al padre di farlo. Il magistrato è infatti una figura genitoriale, come ogni figura d'ordine e di potere. E, per questo, il fatto di chiedergli di fermare gli avversari politici è un atto, psicologicamente parlando, da immaturi.
Questa spinta psicologica non è solo italiana ed ha raggiunto, per esempio col giudice Garzón o il Procuratore svizzero Del Ponte, livelli internazionali. Il desiderio di giudicare ex-capi di Stato - si noti quanto pesa quell'"ex"! - corrisponde da un lato ad un'ingenua volontà di giustizia cosmica, dall'altro ad un'indiretta minaccia eventuale. Il popolo applaude in piazza anche i più biechi dittatori, ma nello stesso tempo vorrebbe dir loro: "Comportatevi bene, altrimenti, un giorno, mio padre vi bastonerà".
Tutto questo non significa che non si debbano punire i criminali, anche se sono o sono stati governanti. Bisogna soltanto ricordare che la storia e la politica non si fanno nelle aule giudiziarie. Se per esempio Moranino è stato accusato e condannato per omicidio plurimo, non è bello che il Pci lo faccia eleggere deputato per poi farlo fuggire in Cecoslovacchia. Ma non è bello neppure che migliaia di persone vagheggino l'esclusione dalla vita politica di certi avversari per semplici imputazioni di reati evanescenti, magari dopo che hanno ricevuto milioni di voti. In questo caso è chiaro che si vorrebbe vincere a tavolino una partita che non si è in grado di vincere sul campo. Si manda papà a dare botte al nostro compagno, magari per qualche preteso bacio alla persona sbagliata.
Ecco che si combinano i tre elementi: democratizzazione del potere, antipatia per la repressione poliziesca e apprezzamento dei giudici in quanto latori di una giustizia cosmica. In un mondo in cui il potere ha ormai un viso mansueto ed ambisce a presentarsi come un vicino di casa con cui eventualmente scambiare quattro chiacchiere (è questo il senso delle apparizioni dei grandi della politica nei talk show); in un mondo in cui la polizia, rappresentante del lato violento del potere, ha più da temere di uno scippatore o di un immigrante clandestino, i giudici rappresentano l'incarnazione del potere morale, quella patria potestas che, prima che nelle leggi, è iscritta nei nostri cromosomi. Essi dovrebbero dirimere le dispute fra i figli applicando una superiore giustizia che, di fatto, è solo un irraggiungibile ideale.
Poiché invece i giudici sono solo esseri umani, poiché la cosa pubblica non può essere governata dai tecnici, ed ancor meno dai moralisti, di fatto tutto questo conduce a pratiche politiche rivoluzionarie come quelle dei giacobini che, animati dalle più nobili intenzioni, tuttavia del Terrore fecero uno strumento di governo. L'eccesso di considerazione per i magistrati e per la loro azione nella società corrisponde ad un'immaturità psicologica che rischia di condurre alla tirannia politica.