Originariamente Scritto da
Linea Mercuzio
Reagire alla dichiarazione d'un portavoce, minacciando di bloccare il Consiglio Europeo, pare eccessivo. Scegliere Danzica e l'anniversario dell'invasione tedesca per riprendere le beghe italiane è inopportuno. Ma Silvio Berlusconi sembra disinteressato delle conseguenze internazionali dei suoi comportamenti. Dimentica che un capo di governo — da sempre, dovunque — è il primo ambasciatore del suo Paese.
E, come ogni buon ambasciatore, deve pen*sare al risultato. Anche a costo di tacere, o sor*ridere quando vorrebbe gridare. Cerchiamo di essere sereni, sebbene la sere*nità, di questi tempi, sia un esercizio complica*to. Il presidente del Consiglio ha le sue idee, il suo stile, i suoi ammiratori, i suoi elettori (tan*ti). Gli attacchi contro di lui sono spesso isteri*ci. Ma non può dire e fare quello che gli pare e piace. L’atteggiamento porta (forse) voti in pa*tria, ma crea (certamente) imbarazzo e difficol*tà all’estero. Il coro dei media internazionali è unanime. Giornali e televisioni, popolari e in*tellettuali, liberali e conservatori, europei e americani: non è pensabile che si siano messi tutti d’accordo. Ogni volta che l’opinione pubblica interna*zionale sembra vicina a metabolizzare l’ecce*zione italiana — un re dei media a capo del governo — l’interessato inventa qualcosa per scatenare nuovamente la bagarre. Lo fa appo*sta? Non credo. Tutto porta a credere, invece, che ci tenga a essere benvoluto e rispettato nel mondo. Lui e il suo Paese, che è anche il no*stro.
Da qualche tempo, le rivelazioni sulle abitu*dini personali, poco coerenti con le dichiara*zioni pubbliche, hanno scatenato i media stra*nieri, mai teneri con l’Italia e i suoi governanti. Gli uomini della maggioranza, con diversa effi*cacia e convinzione, fanno quadrato intorno al loro leader. Ma se lo specchio offre sempre la stessa immagine, ha senso prendersela con lo specchio? L’Italia è presa di mira? Forse sì. Siamo una nazione antica, riconoscibile, fascinosa e auto*critica: tutte cose che si ritorcono contro di noi, appena forniamo ai critici l’occasione giu*sta. Ogni Paese è perseguitato dai luoghi co*muni. Per limitare il danno, e indirizzare la sto*ria, basta smentirli con i comportamenti (pen*sate a com’è cambiata, in meglio, la reputazio*ne tedesca). Silvio Berlusconi sembra invece divertirsi a confermare tutto ciò che i detratto*ri pensano di noi. Agisce come un detonatore di stereotipi. Quando esplodono, però, fanno male. Certi comportamenti non passano inosser*vati. Immagini e notizie, ai tempi del satellite e di internet, viaggiano veloci. Le feste e le ra*gazze, le battute salaci e le barzellette irrituali metterebbero in difficoltà qualsiasi capo di go*verno, dovunque. Noi siamo diversi? Può esse*re. Ma se vogliamo stare nel mondo, dobbia*mo accettare le regole del mondo. Non è più tempo, per fortuna, di autarchia orgogliosa: serviva solo ad illudersi, e perseverare nei pro*pri errori.
Se viaggiate, lo sapete. Se avete conoscenti che vivono, viaggiano, studiano o lavorano al*l’estero vi avranno detto quant’è irritante esse*re compatiti o derisi. Una lettera tra le tante, ricevuta nei giorni scorsi: «Sono una studen*tessa 23enne di Roma che quest’estate ha pen*sato bene di andarsene due mesi a Toronto per preparare l’esame Toefel (conoscenza lin*gua inglese). Non credevo che andando in una scuola internazionale avrei incontrato tanta gente che ci considera così poco: abbiamo un Prime Minister al quale piacciono le belle don*ne and that’s it! Risultato: è un mese che mi ritrovo a difendere con le unghie e con i denti il nostro amato Paese (vocazione politica a par*te)! Firmato: Francesca Mancini». Francesca ha capito. Il mondo è brutale: una frase infelice o un comportamento sconve*niente , se arrivano dall’alto, rischiano di copri*re le molte cose buone che noi italiani faccia*mo, dentro e fuori d’Italia. Non è possibile che un uomo abile a fiutare gli uomini e gli umori, qual è Berlusconi, non se ne renda conto. Peccato, perché il decano dei governanti oc*cidentali ha dimostrato di poter cambiare to*no e passo, quando vuole. Basta pensare al G8 dell’Aquila, dov’è stato lodato dai media inter*nazionali — gli stessi che, qualche settimana prima, l’avevano bacchettato per le vaghezze sul caso Noemi. A Palazzo Chigi e alla Farnesi*na c’è qualcuno che ha il coraggio di dire al capo come stanno le cose? Sarebbe importan*te e utile. Il rispettoso silenzio, oltre un certo limite, diventa colpevole adulazione.
di Beppe Severgnini (ww.corriere.it/italians -
Beppe Severgnini del 04 settembre 2009)
Linea Mercuzio Liberuniversità