L'Università di Haifa vuole espellere Ilan Pappe, leader della nuova storiografia israeliana sulla «Nakba» del 1948
MICHELE GIORGIO - GERUSALEMME
In questi giorni in cui si ricorda il 54.mo anniversario della proclamazione ufficiale della fondazione dello Stato di Israele (14 maggio 1948) e la «Nakba», la «catastrofe» del popolo palestinese, e il conseguente esilio di circa 800 mila uomini, donne e bambini dalla loro terra, un messaggio elettronico inquietante ha cominciato a girare da un capo all'altro del mondo raggiungendo i mailbox di docenti universitari, attivisti dei diritti umani, esponenti di associazioni democratiche e di sostegno al libero pensiero. Ad inviarlo è stato il professor Ilan Pappe, storico israeliano di fama internazionale, che ha dedicato buona parte della sua vita e della sua attività di docente e ricercatore proprio alla ricostruzione imparziale degli eventi quei giorni del 1948, badando a tenersi a distanza dalla retorica nazionalista che invece caratterizza i lavori di tanti suoi colleghi. «Cari amici - ha scritto Pappe nel suo messaggio inviato il 12 maggio - oggi ho ricevuto la convocazione al processo nei miei confronti che intende tenere la mia l'università, l'università di Haifa. La pubblica accusa, rappresentata dal preside della facoltà di scienze umanistiche, intende chiedere la mia espulsione dall'università a causa delle mie posizioni in relazione al caso Katz (...) e per le offese che avrei fatto all'università. Offese che, in poche parole, sono le critiche che ho rivolto alla condotta dell'università di Haifa contro Katz, uno studente che ha scoperto il massacro di Tantura del 1948 e che per questa ragione ha visto il suo master annullato. La ragione per cui l'università ha atteso tanto tempo (prima di procedere nei miei confronti, ndr) è che ora si sono create le condizioni giuste in Israele per ingabbiare la libertà di pensiero all'interno delle università. La mia decisione inoltre di proporre un corso sulla Nakba (palestinese) il prossimo anno ha portato l'università alla conclusione che l'unico modo di fermarmi è l'espulsione». Denunciando il clima da caccia alle streghe che domina in Israele dall'inizio della seconda Intifada palestinese, Pappe precisa di non aver inviato il messaggio per sollecitare aiuti alla sua persona e alla sua carriera. «La mia situazione - sottolinea lo storico - è decisamente migliore dei miei colleghi nei Territori Occupati (palestinesi) costretti a subire ogni giorno gli abusi dell'esercito israeliano...ma il processo nei miei confronti è soltanto la prima mossa e molti dei miei colleghi, soprattutto i palestinesi israeliani, potrebbero essere le prossime vittime».
Ilan Pappe divenne noto dopo la pubblicazione dei suoi lavori, anche all'estero, frutto di ricerche meticolose, sul 1948 che, dando un resoconto diverso da quello offerto sino a quel punto dalla storiografia ufficiale israeliana, lo fecero entrare in quel ristretto club di docenti noti come «nuovi storici». Pappe negli ultimi anni ha peraltro alternato la sua attività di professore all'università di Haifa a quella di attivista del Partito comunista. L'università intende processarlo per l'atteggiamento che ha mantenuto durante l'ormai famoso caso, almeno in Israele, di Teddy Katz, uno studente di master, che ha lavorato alla ricostruzione degli eventi del 22 e 23 maggio del 1948, quando almeno 200 palestinesi, civili e combattenti, del villaggio di Tantura (a sud di Haifa, oggi al suo posto ci sono un kibbutz e un villaggio turistico), vennero uccisi dai soldati del battaglione 33 della divisione Alexandroni. Katz, intervistando i sopravvissuti e alcuni dei militari che presero parte all'attacco al villaggio, concluse il suo lavoro affermando che a Tantura era avvenuto un massacro. Venti testimoni, palestinesi e israeliani, gli riferirono di attacchi casa per casa avvenuti il 22 maggio di 54 anni fa e di uccisioni sommarie compiute, il giorno successivo, dai soldati nel cimitero del villaggio quando i combattenti palestinesi si erano già arresi - la storia, come si vede, non passa. Il master di Katz, pubblicato in parte anche dalla stampa israeliana, conseguì il punteggio di 97/100 su proposta del noto professore Baruch Kimmerling, ma venne criticato duramente dei militari della Alexandroni intevistati che denunciarono lo studente affermando di essere stati ingannati (Katz, dichiararono, si era presentato alla loro porta come un giornalista e non come uno ricercatore universitario).
Per Katz comincia allora un periodo terribile. La sua vita viene stravolta dalle accuse e dalle minacce. Viene colpito anche da un ictus, pare causato dallo stress. Spinto dalla famiglia, alla fine dello scorso anno, firma un compromesso con i veterani della Alexandroni nel quale riconosce che a Tantura non ci fu un massacro. Compromesso che poi, dopo appena due giorni, denuncia confermando i dati della sua ricerca originaria e chiedendo ai giudici di annullarlo (richiesta respinta). Ilan Pappe nei giorni delle polemiche più feroci si è sempreschierato con Katz ammettendo la validità delle fonti orali palestinesi nei resoconti degli eventi del 1948 contro l'opinione del resto dell'università, decisa ad annullare il master dello studente. «Di fronte alla mancanza di fonti ufficiali e di documenti, le testimonianze orali valgono per accertare i fatti storici, così come ebbero valore quelle degli ebrei sopravvissuti all'Olocausto» ha affermato facendo gridare allo scandalo molti dei suoi colleghi. Il giornalista e storico Tom Segev commenta che «il punto è che gli israeliani devono ancora interiorizzare la loro parte di responsabilità nella creazione della tragedia palestinese e fino a quando non lo faranno non ci sarà possibilità di pace». E mentre Pappe resiste e rischia l'espulsione dall'università di Haifa - dove insegna anche lo scrittore A.B. Yehoshua - alla quale ha dedicato buona parte dela sua vita, un altro dei «nuovi storici» invece fa marcia indietro sulle sue idee e sui suoi studi allo scopo di inserirsi nel vantaggioso filone della storiografia ufficiale. Negli ultimi mesi Benny Morris, autore negli anni passati di apprezzati studi e libri sulla tragedia dei profughi palestinesi, ha recitato piu volte il richiesto «mea culpa» e affermato che sulle possibilità di pace con i palestinesi si era «sbagliato». La seconda Intifada lo ha convinto, ha spiegato, che tutto ciò che si era detto e fatto contro i palestinesi era giusto.
il manifesto 15 maggio 2002
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