Le forze della sinistra alternativa sono radicate in Francia da oltre mezzo secolo. E oggi portano sulle spalle una grande responsabilità
Livio Maitan
Quella che in Francia viene comunemente chiamata estrema sinistra, ma che i più direttamente interessati preferiscono definire sinistra rivoluzionaria (da noi oggi si direbbe sinistra di alternativa), ha avuto non da oggi, grazie all'intervento di militanti di organizzazioni politiche e/o sindacali, un ruolo tutt'altro che trascurabile in movimenti sociali e in vicende politiche. Nel '47 il grande sciopero alla Renault non ci sarebbe stato senza l'iniziativa di operai di estrema sinistra e poco meno di mezzo secolo più tardi, nelle grandi lotte della fine del '95, militanti di estrema sinistra sono stati in prima linea, specie in alcune città e regioni. In mezzo, per dir così, c'è stato il maggio '68, in cui ha avuto un ruolo di detonatore la impetuosa mobilitazione degli studenti radicalizzati. Tuttavia, queste vicende non hanno avuto un equivalente nella vita politica "normale", in particolare alla scadenze elettorali. Sola eccezione, per lungo tempo con risultati molto modesti, la presenza di Arlette Laguiller a successive elezioni presidenziali. Solo alle europee del '99 la lista comune di Lutte ouvrière e Ligue comuniste révolutionnaire (IV Internazionale) aveva visto l'elezione di cinque deputati(e) al parlamento europeo.
Le elezioni del 21 aprile creano una situazione inedita non solo per il pesante arretramento del candidato socialista, ma anche, da un certo punto di vista soprattutto, per il combinarsi di una disfatta del Pcf e del successo senza precedenti dell'estrema sinistra con i risultati di Arlette Laguiller et Olivier Besancenot. Il Pcf è stato per oltre trent'anni la formazione politicamente egemone nel movimento operaio francese. Ha pagato poi l'estremo ritardo della sua rottura con lo stalinismo: e va aggiunto che - contrariamente a Rifondazione comunista - quando questa rottura c'è stata, è stata una rottura a destra, sia per quanto riguarda il partito come tale sia per quanto riguarda personalità o gruppi che vie via se ne sono distaccati. Il 21 aprile ha pagato il durissimo prezzo di una partecipazione governativa in cui non ha saputo contrapporsi, in momenti cruciali a decisioni deleterie. Ha accettato che la scelta delle 35 ore, di per sé positiva, venisse in larga misura svuotata da norme e forme di applicazione perverse. Al di là di dichiarazioni formali, non si è opposto alla partecipazione della Francia a due guerre nello spazio di poco più di due anni, non chiedendo neppure, al momento dell'attacco all'Afghanistan, che ci fosse un dibattito parlamentare. Infine, ha condiviso con il partito socialista la responsabilità del mantenimento di un sistema presidenzialista e maggioritario, dimenticando gli impegni per la proporzionale assunti nelle campagne elettorali. Ora ne paga il prezzo e lo pagherà anche alle elezioni politiche di giugno.
Va da sé che per l'estrema sinistra si pone ora l'arduo problema di valorizzare i successi ottenuti. C'è da augurarsi che Lo si decida a superare impostazioni propagandistiche e autoproclamatorie e atteggiamenti di chiusura verso movimenti sommariamente caratterizzati come piccolo-borghesi e innovi i suoi modi di funzionamento. Quanto alla Lcr, le dichiarazioni del suo candidato la sera stessa delle elezioni hanno ribadito il massimo impegno nel movimento no global e nei molteplici movimenti politico-sociali di questa fase in Francia. La scadenza elettorale di giugno sarà ovviamente importante, nonostante i meccanismi di una legge elettorale vessatoria. E non c'è dubbio che la Lcr manterrà gli impegni su scala europea, per le mobilitazioni già fissate, l'attività nel quadro del Gue e l'attiva partecipazione ai vari incontri delle formazioni della sinistra alternativa, cui è presente anche Rifondazione, e che potranno avere un maggiore respiro dopo i risultati francesi e quelli portoghesi, pure significativi anche se quantitativamente più contenuti.
p.s. Dopo aver scritto la nostra nota abbiamo visto la trasmissione di Porta a porta sulla Francia, che ai trotskisti ha dedicato abbastanza spazio. Peccato che coloro che ne hanno parlato, abbiano dimostrato che su Trotskij e sui trotskisti ne sanno molto poco (un redattore, poi, aveva una idea molto vaga anche della pronuncia francese se pronunciava Ouè il cognome di Robert Hue). L'ineffabile Gasparri, come spesso gli capita, ha cercato di masherare l'ignoranza dietro l'arroganza, arrivando a mettere in dubbio le credenziali democratiche dei trotskisti. Probabilmente non sa che durante la Resistenza non pochi trotskisti francesi sono stati vittime delle persecuzioni naziste mentre quelli, che sino a qualche anno fa considerava suoi predecessori, imperversavano nella repubblica di Salò. Messa a punto informativa: è vero che Lo è più "operaista" della Lcr che ha una eco molto maggiore tra gli intellettuali. Ma la forza della Lcr risiede in una rete di quadri operai e sindacali radicati in molte zone del paese
Liberazione 24 aprile 2002
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