Con la consueta inclinazione alla disinformazione, da sinistra si sono levate numerose voci, amplificate dai mezzi di informazione, preoccupate per la crescita pressoché prossima allo zero in seguito alla lettura dei dati economici pubblicati dall’ISTAT.
Peccato che ancora una volta è la superficialità a spingere certi politici a lanciare i propri appelli disperati, visto che lo stesso ISTAT ha precisato in un comunicato successivo che la crescita, in base alle rilevazioni effettuate e nonostante i calcoli siano penalizzati da una giornata lavorativa in meno, consente di prevedere una crescita economica a fine anno dell’1,7%, di gran lunga più alto di quell’!%.
Questo, tuttavia, non può farci ignorare un problema di fondo concreto. E’ anche vero che i numerosi scioperi di questi mesi andranno inevitabilmente ad incidere sulla crescita del paese, ma le previsioni di crescita del ministro Tremonti (2,3%), sono comunque ancora lontane. E’ indubbio che su questi risultati abbia inciso anche la crisi economica internazionale, tanto che sono tutti i paesi europei a pagarne le conseguenze, ma a questo punto non possiamo più giocare a nasconderci e ad ignorare lo stato effettivo dell’economia del paese. Del resto dovrebbe farci riflettere molto il commento di Antonio Marzano, - "Questi dati non mi piacciono" - che sono in pieno contrasto con la consueta sicurezza, sempre più sospetta, del ministro Giulio Tremonti - "Questi dati sono fortemente positivi".
Non possiamo permetterci di fingere, soprattutto perché in Europa sono in tanti a nutrire sempre più perplessità sull’obbligo di raggiungere la parità di bilancio nel 2003, proprio per le grandi difficoltà dell’economia mondiale che frenano lo sviluppo dell’economia. I parametri del patto di stabilità oggi rischiano di divenire una strozzatura pericolosa allo sviluppo di molti paesi e numerosi economisti e politici lo hanno pubblicamente fatto presente, come l’ex commissario Jacques Delors, per il quale è necessario un allentamento dei vincoli alle politiche fiscali e di bilancio.
In questa fase congiunturale così critica a livello internazionale, si rischia infatti di impedire ai governi di attivare leve che possano favorire la ripresa degli investimenti, irrinunciabili per la crescita dei prossimi anni.
Paolo Carotenuto