Risultati da 1 a 2 di 2
  1. #1
    Roderigo
    Ospite

    Predefinito 11 Settembre - la bomba intelligence

    DAVID CORN

    A proposito, ehmm, dimenticavamo, nell'agosto del 2001, mentre il Presidente si prendeva una lunga vacanza nel suo ranch a Crawford, la Cia gli disse che, ehmm, Osama bin Laden forse stava progettando di dirottare un aereo come parte di una qualche, ma chissà quale, azione terroristica contro gli Stati uniti. Questo è, in sostanza, il modo in cui la Casa bianca di Bush ha confermato il servizio della Cbs che ha rivelato la notizia mercoledì sera. La Casa bianca si è affrettata a precisare che l'intelligence della Cia non si riferiva a niente di così diabolico come un dirottamento quadruplo per trasformare aerei di linea in armi di distruzione di massa. Questo probabilmente è vero. Ma queste ultime notizie seguono recenti rivelazioni sul fatto che un agente dell'Fbi a Phoenix nel luglio del 2001 aveva scritto un memorandum secretato notando una «forte connessione» tra un gruppo di allievi aviatori mediorientali sui quali stava indagando e al Qaeda, e che uno degli agenti dell'Fbi che stava cercando di capire le intenzioni di Zacarias Moussaoui, che era stato arrestato in una scuola di volo nell'agosto 2001, aveva ipotizzato che il suo progetto fosse quello di lanciare un aereo di linea contro il World Trade Center.

    Prima che i dietrologi appassionati comincino a correre dietro le ultime rivelazioni, è importante notare il loro reale significato.

    La lunga estate di Bush e della Cia: le avvisaglie dell'11 settembre, i non detti, i balbettii degli ultimi giorni. Ancora una volta, la squadra della Casa bianca inciampa nella sua passione per la segretezza

    In primo luogo, le notizie sollevano una domanda ovvia: c'è qualcos'altro che la Casa bianca non ci sta dicendo? Bush e i suoi luogotenenti hanno tenuto le informazioni della Cia segrete per otto mesi. Perché non le hanno rivelate prima? A gennaio e a febbraio, il Washington Post ha pubblicato un'inchiesta in otto puntate di Bob Woodward e Dan Balz su come il presidente e il suo staff hanno risposto all'attacco dell'11 settembre. Gli articoli - un resoconto in gran parte positivo - erano ampiamente basati su interviste con Bush e con i suoi alti consiglieri. Curiosamente, nessuno di loro menzionò il fatto che un mese prima dell'attacco la Cia aveva detto al Presidente, per mezzo dei briefing quotidiani che gli invia, che c'era ragione di preoccuparsi per un'azione di bin Laden. C'è da scommettere che a un certo punto di quella tremenda giornata quell'avviso tornò in mente al presidente o a qualcuno dei suoi collaboratori che hanno accesso ai briefing della Cia - il vicepresidente Cheney, il direttore della Cia Tenet, il consigliere per la sicurezza nazionale Condoleezza Rice, e il capo dello staff Andrew Card. In uno degli articoli del Washington Post si legge: «Nel corso dell'estate Tenet era via via sempre più preoccupato per la prospettiva di un potente attacco terroristico contro gli Stati uniti. C'era troppo chiacchiericcio nell'intelligence, e diversi rapporti su minacce incombenti gli stavano facendo perdere il sonno... Dovunque andasse, il messaggio era sempre lo stesso: sta arrivando qualcosa di grosso. Ma in tutto ciò, gli addetti all'intelligence non precisarono mai quando o dove l'attacco avrebbe potuto colpire». In questo resoconto fornito dall'amministrazione, non c'è segno del fatto che la Cia aveva informato Bush di essere sulla pista di un dirottamento firmato bin Laden. Presumibilmente, nessuna delle fonti di Woodward e Balz - fonti interne all'amministrazione - riteneva che valesse la pena parlarne.

    Ancora una volta, la cricca di Bush ha mostrato la sua passione per la segretezza. E per le trame. Quando a Ari Fleischer è stato chiesto perché l'amministrazione non aveva rivelato che Bush aveva ricevuto quegli avvertimenti, il portavoce di Bush ha risposto ai combattivi giornalisti che aveva di fronte: ricordate che «la colpa è di Osama bin Laden e dei terroristi». Più avanti, nella stessa giornata, Rice ha descritto quei briefing della Cia come atti ordinari nei quali a Bush veniva solo detto che bin Laden poteva avere in mente un dirottamento. E' senso comune che i terroristi progettano i dirottamenti, ha aggiunto Rice. Ma si suppone che i rapporti Cia contengano materiale di qualche interesse, non informazioni ovvie e generiche. Vogliamo sperare che la Cia non sprechi il tempo del Presidente ricordandogli che a volte i terroristi dirottano gli aerei.

    Sicuramente c'è una ragione comprensibile del silenzio della Casa bianca. Se la pubblica opinione avesse saputo dell'informativa, sarebbero state sollevate delle domande. Cosa che ci porta al secondo significato di questa rivelazione e fornisce al Congresso una strada supplementare - e ben definita - per la sua inchiesta sull'operato della sicurezza nazionale prima dell'11 settembre.

    Tardivamente, in febbraio, il Congresso ha deciso un'inchiesta congiunta dei comitati per i servizi segreti di camera e senato su cosa è andato storto prima degli attacchi. Così facendo, il Congresso ha rigettato la proposta dei senatori John McCain e Joe Lieberman, che una commissione selezionata e autorevole conducesse l'inchiesta fuori dal Congresso: l'indagine fu invece affidata a comitati che hanno relazioni tradizionali e intime con i servizi segreti. E l'indagine che ne è venuta fuori ha avuto una partenza lenta e contrastata. Il primo capo-investigatore, Britt Snider, ha lasciato l'incarico dopo essere finito in una rissa interna: non aveva avvertito i membri del comitato di aver assunto una persona che era sotto inchiesta per non aver superato un esame della Cia alla macchina della verità. (Snider, un ex ispettore generale della Cia, poteva non essere la persona più adatta a quell'incarico essendo un collega e amico di vecchia data di Tenet, e il senatore Richard Shelby, il capo dei repubblicani nel comitato sui servizi del senato, ha tenuto Tenet sotto la lente d'ingrandimento fin dall'11 settembre). Poi si è saputo che il Dipartimento alla Giustizia e la Cia non stavano cooperando con l'inchiesta.

    Ammesso che l'inchiesta vada avanti, dovrà esaminare a fondo quel briefing di agosto dei servizi. Dovrebbero essere in grado di reperirlo e di sapere con precisione cosa c'era scritto. Qual era la fonte? Come ottenne le informazioni la Cia? E cosa ne fece seguire? Fece un serio sforzo per sapere qualcosa di più sulla trama del dirottamento? Se sì, cosa fu fatto? Se no, perché no? C'è una traccia importante da seguire, passo per passo. Forse la Cia fece tutto quel che poteva e - ciononostante - non fu in grado di arrivare alla soffiata decisiva. Ma forse furono perse delle opportunità. La pubblica opinione merita di saperlo.

    Giudicare col senno di poi è facile, ma è tragico che il rapporto del Fbi di Phoenix (individui legati a al Qaeda e coinvolti in un'indagine antiterrorismo stanno prendendo lezioni di volo), il misterioso caso Moussaoui (un personaggio sospetto, iscritto a una scuola di volo, è pronto a fare qualcosa, forse mandare un apparecchio di linea a schiantarsi sul World Trade Center) e l'allarme della Cia (bin Laden sta pianificando un'azione terrorista) non siano mai stati messi uno accanto all'altro sullo stesso tavolo. Anche se fosse successo, non è detto che avrebbe impedito ciò che stava per accadere. Ma potrebbe aver fatto apparire più rilevanti alcune informazioni, o aiutato la Cia o il Fbi a invididuare altri pezzi di questo puzzle segreto. L'incapacità dell'ambiente dei servizi di coordinare il suo flusso di informazioni è preoccupante. Che senso ha spendere trenta e passa milioni di dollari per un intero sistema di intelligence (e il Congresso sta elaborando l'approvazione di un miliardario incremento di budget) se questo sistema non riesce a distinguere e maneggiare con efficienza i pochi frammenti che riesce a ottenere?

    The Nation

  2. #2
    Roderigo
    Ospite

    Predefinito La merce che si vende meglio è la paura

    Viva la paura

    VALENTINO PARLATO

    Viviamo tempi allegri: la merce che si vende meglio è la paura. La paura del terrorismo, la paura degli immigrati, la paura dei genitori, la paura dei figli. Per paura ci si ammazza, ma anche si fa carriera. Ad aprire un negozio con la scritta: qui si vende paura c'è da far soldi. Ma veniamo alle ultime vicende. Il giovine W. Bush, considerato da tutti un inetto, ha avuto la fortuna delle due torri e così, improvvisamente, è diventato il difensore assoluto, non solo dell'impero, ma dell'umanità, gli sono stati consegnati i poteri di guerra infinita. E' stata l'apoteosi. Ma anche negli Usa c'è il capitalismo, nel quale la democrazia si intreccia con la concorrenza. Ecco così che alcuni concorrenti hanno accusato il giovane Bush di essere stato informato dell'attacco dell'11 settembre e di non aver predisposto una difesa opportuna. Un'accusa pesante: o inetto o complice, tutta la colpa della tragedia dell'11 settembre ricadeva sul giovane Bush, il quale peraltro aveva dichiarato di essersi salvato dall'alcolismo, solo per la fede in dio. Affermazione poco edificante per chi dovrebbe essere il capo dell'impero mondiale: un dealcolizzato per grazia di dio non può presentarsi come un profeta.

    Il povero giovane presidente era sotto i colpi e non ce la faceva più. Ecco allora che il buon papà (il vicepresidente Cheney, definito da Kissinger, l'uomo più cattivo che lui abbia mai conosciuto) ha trovato la via d'uscita. Ha resuscitato Bin Laden e ha annunciato prossimi terribili attentanti contro gli Usa e il mondo civile: ha venduto paura e solo la paura può salvare il giovane presidente dal disastro nel quale lo avevano cacciato i suoi concorrenti. Se la paura ritorna alla grande, Bush ritrova il suo ruolo: la resurrezione di Bin Laden resuscita anche l'imbelle Bush.

    A questo punto il gioco, tutto mediatico, dovrebbe essere in ogni caso vincente. Se non ci sono disastri (come ci auguriamo) è la vigilanza di Cheney e Bush che li hanno impedititi. Se invece (e sarebbe un'opportunità per loro) ci sono, allora gli Usa e Bush tornano ad assumere il ruolo di guardiano mondiale della pace nel mondo. Se un po' di gente pacifica non vene ammazzata è bene, se c'è un massacro tanto meglio: Bush e Cheney lo avevano detto.

    La morale della favola è che il mercato vincente è quello della paura. Ma come e perché siamo arrivati a questo punto? Perché il valore paura fa aggio su tutti gli altri sui quali siamo vissuti: progresso, benessere e anche ricchezza individuale? L'interrogativo non si riferisce solo al caso Bush, ma investe tutti noi. Perché in Europa la destra avanza sotto lo scudo della paura e tra sinistra e destra c'è concorrenza soprattutto sul tema della sicurezza? Forse perché in occidente siamo troppo ricchi e il timore di perdere prevale sull'aspirazione ad acquisire, a migliorare, a crescere? Oppure perché - come credo - le società occidentali non hanno più l'idea di nuove frontiere? Se le azioni della paura sono in rialzo c'è crisi. Lo direbbe anche un modesto agente di borsa.


    il manifesto 21 maggio 2002
    http://www.ilmanifesto.it

 

 

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