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Discussione: Gerolamo Cardano

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    Dal sito http://www.neurolinguistic.com/proxima/index.htm

    GEROLAMO CARDANO: L'AUTOBIOGRAFIA COME MITO DI SÈ
    di Ida Li Vigni
    (Doc. Italiano e storia, liceo Paul Kee
    Storia del pensiero scientifico, Univ. degli Studi di Genova)
    Dalla rivista "Anthropos & Iatria" - anno 2 - n° 2, 3,1998 - De Ferrari editore

    Settembre 1575:
    nel mese del suo settantacinquesimo e ultimo compleanno Gerolamo Cardano si accinge ad approntare quella che sarà la sua ultima e di certo più sofferta opera letteraria, il De propria vita liber, una delle più straordinarie e significative autobiografie del Rinascimento italiano, testimonianza appassionata di una esigenza di parlare di sé che non nasce tanto dalla necessità di riabilitarsi di fronte agli avversari che sembrano aver avuto la meglio, quanto dal bisogno interiore di difendere la propria coscienza individuale dalle pressioni del tempo e della Storia. Scrittura "privata" che si rivolge a un pubblico ideale e astorico col fine di testimoniare ab aeterno l'eccezionalità di una esperienza esistenziale individuale, l'autobiografia diventa apologia di se stessi di fronte a Dio e agli uomini, difesa estrema di se stessi non soltanto dall'anonimato e dalla temporalità, ma anche e soprattutto da se stessi.
    Non è un caso che Cardano si impegni in questa fatica in prossimità della morte quando, duramente provato dalle disgrazie private, con alle spalle una quasi leggendaria fama di filosofo-mago e di scienziato offuscata da un infamante processo per eresia conclusosi con il ripudio pubblico degli aspetti più innovatori del suo pensiero, si trova per così dire costretto a raccontare di sé per sottrarsi a quel disegno occulto cui da sempre gli era parso assoggettarsi la sua vita. Certo egli non può più presentarsi come "mago, incantatore, spregiatore della religione e dedito ai piaceri più turpi", come operatore di miracula in continuo commercio con il sovrannaturale quale si era presentato per esempio nel Contradicentium medicorum libri o nel Theonoston.
    I tempi mutati e le vicende personali gli hanno insegnato che per sopravvivere e lasciare memoria della propria opera deve presentarsi come figura moralmente integerrima, dedita a studi leciti e interamente soggetta alla volontà divina. E tuttavia egli percepisce con estrema lucidità che la sopravvivenza del suo nome, il suo perdurare tra gli uomini oltre la morte, è indissolubilmente legata proprio a questi elementi occulti, quasi demoniaci, quali la subtilitas (l'acutezza particolare dei sensi), l'eloquenza, la memoria e la facoltà profetica che lo hanno aiutato a imporsi come uomo di eccezione, dotato di facoltà superiori e capace di compiere operazioni perfettissime. Per preservare la propria integrità di uomo e di "scienziato" egli deve dunque recuperare, pur dietro a una inevitabile maschera di compromesso, proprio queste caratteristiche, inserendole in un contesto memoriale organizzato non già per sequenze cronologiche ma per gruppi tematici, secondo un filo narrativo segreto che consenta l'occultamento superficiale degli "errori" che avrebbero potuto far sospettare che il suo sapere partecipasse di una natura demoniaca e che favorisca il recupero in positivo di quegli stessi errori quali manifestazioni naturali o doni divini.
    Così, se è vero che nel prologo egli avverte il lettore che narrerà si sé "senza alcun infingimento", apertamente e senza tacere dei suoi numerosi vizi ed errori, perché il suo fine "è quello di raccontare la storia della mia vita e non quella di un'epoca", è altrettanto vero ed evidente che il suo rievocare è condizionato ab initio dal bisogno di difendersi e di ricostruirsi, di rimanere sempre e comunque fedele a se stesso, sicché anche i travisamenti e le frequenti contraddizioni (al di là del continuo insistere - sospetto - sulla sincerità della sua scrittura o forse proprio per questo insistere) hanno un ruolo preciso nella partitura esistenziale che egli traccia.
    Ma chi è veramente Girolamo Cardano? Il mago, il geniale matematico, il nevrotico e narcisista saturnino, lo scienziato, il ciarlatano redattore di oroscopi o il medico che puntualmente guarisce pazienti dati per spacciati? Forse un po' di tutto questo, come è proprio a un uomo del Rinascimento, avido di penetrare i segreti della natura e del divino e quindi disposto a utilizzare disinvoltamente gli strumenti della magia e della scienza. Vediamo intanto i dati biografici.

    Gerolamo Cardano nacque a Pavia il 24 settembre del 1501 da Clara Micheria e Fazio Cardano, un uomo di cultura eclettica, versato tanto nella scienza positiva quanto in quella occulta. Dopo un'infanzia e un'adolescenza travagliate da continue malattie, da misteriosi infortuni e da dolorosi contrasti affettivi con la madre (e proprio il rapporto difficile con la madre, in contrasto con l'amore per il padre che sempre costituì la figura guida della sua vita, potrebbe spiegare la continua diffidenza nei confronti delle donne che traspare in molte pagine dell'autobiografia), a diciannove anni Gerolamo iniziò gli studi di medicina a Pavia.
    Laureatosi prima in artibus a Venezia e poi in medicina a Padova (1526), esercitò per sei anni la professione di medico a Sacco, nei pressi di Padova, dato che la sua domanda presso il Collegio dei Medici di Milano era stata respinta a causa della sua condizione di illegittimo (motivazione più che contestabile, di certo imposta dai suoi avversari preoccupati dalla fama che il giovane Cardano si stava conquistando, dato che Fazio e Clara avevano legalizzato la loro unione nel 1524). A Sacco conobbe e sposò Lucia Banderani, che gli darà tre figli, ma l'unione non fu (almeno agli occhi di Gerolamo) felice, tanto che nell'autobiografia il Nostro non nasconde al lettore la convinzione che proprio il matrimonio sia stato l'inizio delle sue disgrazie.
    Nonostante il ricomparire di fastidiose e oscure malattie, dal 1534 al 1560 Cardano sembrò sostenuto dalla fortuna: gli studi di matematica (dalla Practica arithmetica et mesurandi singularis alla celebre Ars magna, seu de regulis algebraicis del 1545 in cui Ludovico Ferrari, l'allievo di Cardano che era giunto a fissare la soluzione delle equazioni di quarto grado, difende il maestro dalle rivendicazioni di Niccolò Tartaglia circa la priorità nella soluzione delle equazioni di terzo grado) e di filosofia (si pensi al De consolatione, al De animorum immortalitate o al De sapientia), i successi come medico e astrologo (supportati da opere come il già ricordato Contradicentium medicorum liber e il grande commento al Quadripartito di Tolomeo, vero e proprio atto polemico di rifondazione della scienza astrologica) gli assicurarono una fama che presto varcò i confini dell'Italia e si diffuse in tutta Europa, spingendo principi e potenti uomini di Chiesa ad assicurarsene gli interventi.
    Corteggiato e conteso da clienti facoltosi e potenti, forte dell'appoggio del conquistato Collegio dei Medici di Milano che nel 1539 ne aveva finalmente accolto la domanda, Cardano non si attendeva certo un repentino e doloroso oscurarsi della sua gloria quale quello che lo colpì nel 1560 per mano del figlio maggiore Giovan Battista, accusato di aver avvelenato la moglie e quindi giustiziato il 17 febbraio del 1571. Lo scandalo sembrò rinvigorire i nemici del Cardano, tanto più che le due nuove opere che egli stava finendo di comporre e che già aveva presentato nei loro argomenti principali, i Proxeneta e il Theonoston, offrivano più di un appiglio di denuncia presso l'Inquisizione.
    Così, il 6 ottobre del 1570 Gerolamo fu arrestato a Bologna, presso la cui università insegnava già da otto anni, e imprigionato. Il 10 marzo dell'anno successivo egli dovette ripudiare le parti della sua opera che gli inquisitori avevano condannato come eretiche o come sospette e impegnarsi a non tenere più pubbliche lezioni e rinunciare a pubblicare altre opere. Destituito dal suo incarico universitario, afflitto da gravi difficoltà economiche e dal ricomparire di manifestazioni morbose, Gerolamo si umiliò a implorare l'aiuto di Gregorio XIII, suo collega a Bologna nel 1562. Grazie all'intervento del pontefice nel 1574 fu accolto dal Collegio dei Medici di Roma e ottenne la pensione che aveva invano richiesto a Pio V; l'aiuto, però, giungeva tardi: un anno dopo, il 20 settembre del 1576, Gerolamo moriva lasciando come estremo testamento il De propria vita liber, portato a compimento proprio pochi mesi prima.
    Fin qui i dati oggettivi, "storici", della biografia di Cardano, facilmente rintracciabili nel De propria vita e, nello specifico, nel quarto capitoletto intitolato Breve narrazione della mia vita dal suo inizio fino ad oggi, fine ottobre del 1575. Tuttavia, anche il lettore meno smaliziato nel leggere le memorie del Cardano si accorge della presenza, dietro i dati oggettivi della sua esistenza privata e pubblica, di una volontà di manipolazione e di "riscrittura" del proprio passato che non può non destare interrogativi e sospetti. Il fatto è che Cardano, nel presentare se stesso, sta delineando una figura ideale, perfettamente corrispondente a quel ritratto di uomo saturnino, melanconico e introverso, che nel Cinquecento rappresenta il modello esemplare dell'uomo di eccezione, sia esso artista, politico, scienziato o mago.
    Tale eccezionalità è in primo luogo attestata dall'oroscopo di Gerolamo, un oroscopo lievemente alterato rispetto a quello che egli aveva già fissato, dopo lunghe rielaborazioni, nel Liber XII geniturarum. Il fatto che Cardano si preoccupi costantemente, nel corso della sua lunga vita, di ridisegnare il proprio quadro astrale (vezzo che condivide con latri scienziati "maghi", basti pensare a Keplero) costituisce un indizio rilevante del bisogno che egli ha di fissare in qualche modo la propria identità e soprattutto la percezione che egli prova di se stesso.
    Come tutti gli oroscopi degli uomini di eccezione, anche quello di Cardano si presenta complesso e di difficile interpretazione, segnato da influenze apparentemente negative che tuttavia lasciano presagire l'assoluta unicità del soggetto. L'oroscopo, insomma, serve a mitizzare gli eventi più significativi della sua vita e soprattutto quelli di segno apparentemente nefando, in modo che l'intera esistenza risulti posta sotto il segno di una eccezionalità atta a far risaltare le grandi capacità "razionali" del soggetto, ovvero la sua riuscita al di là del tracciato prefissato dal destino.
    Ciò appare particolarmente evidente nell'episodio della nascita, tutto modellato su uno dei topoi più ricorrenti nelle nascite degli eroi: la nascita travagliata e miracolosa. Rifiutato dalla madre ("... mia madre aveva tentato senza risultato dei preparati per abortire ...", in cui si riecheggia il terrore per la donna strega, anti-madre e anti-moglie per eccellenza), il piccolo Gerolamo vede dunque la luce proprio nel momento in cui una particolare congiunzione pericolosa in Vergine di Marte col Sole e la Luna sembra garantirgli, nelle migliori delle eventualità, un aspetto mostruoso.
    E in effetti, per quanto non deforme, egli si presenta come morto, tanto che soltanto un bagno nel vino caldo (altro elemento mitico, questo, presente anche nelle fiabe popolari, che indica la nascita di un essere eccezionale, "diverso" dagli altri uomini nonostante il suo aspetto gracile e malaticcio) lo salva e lo consegna alla vita (né possiamo tacere la natura altamente simbolica del vino, trasposizione del sangue e dunque della linfa vitale). Come se non bastasse, l'aspetto negativo di Venere e di Giove all'ascendente gli annunciano una sorte infelice, un carattere debole e scontroso, una fastidiosa balbuzie e "... l'avida e inconsulta tendenza alla divinazione ...". A sottrarlo alla sventura interviene però la posizione positiva del Sole (e, guarda caso, Cardano è nato nello stesso mese e giorno di Augusto), garante di lunga vita e di gloria eterna, anche se contrastata e conquistata a fatica.
    Con un simile quadro astrologico non desta stupore il fatto che Gerolamo sia stato vittima di così tante calamità e disgrazie, anche se man mano che si procede nella lettura delle sue memorie sorge legittimo il sospetto che alla base della sua fama e delle sue disgrazie non siano tanto gli astri quanto il suo complesso carattere saturnino, cosa di cui per altro egli stesso è consapevole: "... Medici e astrologi attribuiscono la causa dei caratteri naturali alle prime qualità, mentre assegnano la causa dei caratteri derivanti dalla volontà all'educazione, agli studi, ai rapporti con gli altri ...". Come a dire che la volontà e l'ingegno consentono di trionfare sulla natura "matrigna".
    E, in effetti, di ostacoli il Cardano ne dovette superare nel corso della sua travagliata esistenza. Bruttino e balbuziente, afflitto da malattie e carenze affettive (il fantasma del rifiuto materno, più che Venere negativa, sembra essere la causa reale della sua impotenza, risolta provvisoriamente solo col matrimonio), egli dovette certamente sviluppare un complesso di inferiorità che lo spinse disperatamente a cercare di affermarsi: "... ho desiderato che si conoscesse che sono esistito, non già quale esistenza sia stata la mia ... Il mio fine era ... quello di assicurare in qualche modo la sopravvivenza del mio nome ...". Di questo suo sentirsi "diverso" e a disagio fra gli uomini Cardano è assolutamente consapevole, tanto da farci sospettare che si crogioli in un certo narcisismo masochista pur di amplificare presso di sé e gli altri la propria aurea di uomo di eccezione.
    Il suo ossessivo richiamo alle malattie e ai misteriosi incidenti che ne hanno minacciato la vita, lo spietato ritratto che egli tratteggia di sé a più riprese, l'amore per il gioco d'azzardo e le scienze occulte sono tutti segni, puntualmente bilanciati e corretti dalla elencazione pignola dei propri successi medici e scientifici, di una personalità potenzialmente nevrotica (al tempo si diceva "saturnina") che riesce a controllare il processo incombente di perdita dell'identità (un rischio ben presente e ampiamente testimoniato tra l'altro dall'amore ossessivo per il collezionismo e l'elencazione di eventi e opere che è facilmente riconducibile all'inconscia necessità di fissare e "fossilizzare" la realtà esteriore affinché essa non sfugga al controllo della ragione) manipolando in positivo i propri difetti e le paure.
    Vediamo dunque come Cardano si autorappresenta: " ... Sono di statura mediocre, ho i piedi piccoli, più larghi alle estremità ed incurvati, tanto che trovo con difficoltà delle calzature adatte e in passato ero costretto a farmele fare su misura. Il petto è piuttosto angusto, le braccia sono sottili e la mano destra più carnosa, con le dita tozze, tanto che secondo i negromanti avrei dovuto riuscire rozzo e stupido ... La linea della vita è breve, lunga e profonda quella saturnina; la mano sinistra invece è bella, con le dita affusolate, tornite e ben congiunte; le unghie sono lucide. Il collo è piuttosto alto e sottile, il mento è diviso, il labbro inferiore rigonfio e pendulo; gli occhi sono molto piccoli e se non mi concentro molto nel guardare qualcosa tendono a socchiudersi.
    Sulla palpebra dell'occhio sinistro ho una macchia simile a una lenticchia, tanto piccola che è difficile accorgersene; la fronte è ampia e dove si congiunge alle tempie priva di capelli; questi, come la barba, erano biondi. ... La voce è aspra, forte e tuttavia quando inse-gnavo non si sentiva da lontano. Parlo poco e senza troppa grazia; lo sguardo è fisso come di persona che sta riflettendo, gli incisivi superiori grandi; il colorito tra il bianco e il rosso; il viso è allungato ma non troppo e il capo tende a restringersi e a finire come in una piccola sfera ... Sotto la gola ho un piccolo rigonfiamento di forma rotonda, ereditato da mia madre ... Sono stato malato per cause diverse: per natura, per accidente, per l'insorgere di sintomi patologici ... Ho l'abitudine ... di provocare da me delle cause di dolore ... Non sempre ho cercato di evitare le mie malattie ... poiché ritengo che il piacere consista nel venir meno di un dolore ... D'altronde so che non posso mai essere libero del tutto dal dolore e, quando sto bene, mi subentra nell'animo un'inquietudine tanto molesta da non poter essere più spiacevole, per cui il dolore, o una causa di dolore che non presenti nessun pericolo e nessun motivo di vergogna, è un male minore. Così faccio ricorso a vari espedienti, come mordermi le labbra, torcermi le dita, premermi la pelle e il muscolo sottile del braccio sinistro fino alle lacrime ... Per natura ho paura dei luoghi molto alti, per quanto spaziosi, e di quelli in cui provo il sospetto che ci siano cani affetti da rabbia.
    Ho sofferto talora di amore eroico (1) ... nell'adolescenza ho avuto il sospetto ... di avere un carcinoma e forse ce n'era un inizio all'altezza della mammella sinistra; era un tumore rosso, fosco, duro, che mi dava delle fitte ... Ho preso l'abitudine di atteggiare il volto secondo un'espressione contraria ai miei sentimenti, per questo sono capace di simulare, ma non di dissimulare ... Riconosco che tra i miei vizi ce n'è uno molto grande e del tutto particolare: quello di on riuscire a trattenermi - anzi ne godo - dal dire a chi mi ascolta ciò che gli risulta sgradevole udire ... Per quanto mi è possibile mi ritiro in solitudine, consapevole, è vero, che questo genere di vita è condannato da Aristotele quando dice: "L'uomo solitario o è una bestia o è un dio" ... In generale tutto segue un andamento irregolare nel mio comportamento e questo è il frutto di una dura necessità, dominato come sono dall'impeto di un animo che non può persistere nel bene né vuole sopportare il male: solo la riflessione ... non conosce interruzione, pur se non si applica sempre agli stessi oggetti: tuttavia è tanto intensa che se non la sviluppassi non potrei né mangiare né dedicarmi ai piaceri, anzi neppur sentir dolore o dormire. Il solo vantaggio che essa mi porta è dunque quello di tenere lontano il male e di darmi il modo di distrarmi ... Quanto al resto, sono ora veloce ora lento nel camminare, porto il capo e le spalle ora curvi ora eretti, con una andatura che all'apparenza differisce di poco da quella che avevo in gioventù, ma è molto cambiata in realtà ..." (2).
    Per chi non è abituato a orientarsi nel linguaggio dei medici rinascimentali, questo ritratto può apparire una congerie di elementi disparati, mentre in realtà ogni dato concorre quasi matematicamente a descrivere un fin troppo perfetto esempio di disarmonia umorale con prevalenza di bile nera (o umor melanconico), dove il patologico (oggi potremmo sospettare uno scompenso tiroideo) e lo psichico (sempre modernamente si potrebbe pensare a una condizione di nevrosi latente, accompagnata da momenti di autolesionismo - sia pur controllato - e da ossessioni ricorrenti - il cane nero e rabbioso che da esperienza traumatica infantile diventa fobia premonitoria -) si fondono e condizionano strettamente. In questa sede, tuttavia, ci preme evidenziare la straordinaria e moderna sincerità autoanalitica, anche se in verità essa solleva qualche sospetto, tanto più che il tono appare a tratti volutamente provocatorio, interrotto a più riprese da scatti di repentino orgoglio (come quando, ad esempio, esalta le sue conoscenze e i suoi meriti di medico di "casi impossibili") malamente mascherato da una patina di umiltà.
    Il fatto è che Cardano sta qui tentando la sua operazione più difficile: far riconoscere la propria personalità come un qualcosa di assolutamente individuale, libera di manifestarsi in tutte le sue multiformi apparenze e a tal punto forte da infrangere le regole di comportamento che il destino sembrerebbe imporgli. Il messaggio dell'autobiografia sta proprio tutto racchiuso in questa difficile operazione alchemica: raggiungere l'armonia interiore fra occulto e umano, far sì che la "bestia" non abbia la meglio sulla parte divina dell'uomo, salvare l'esperienza terrena in una prospettiva atemporale e metafisica.
    Letta in questa ottica la vita del Cardano acquista una sua significazione particolare e getta molta luce anche sulla sua leggendaria fama di mago e stregone. Al pari degli uomini primitivi che riuscirono a liberare la loro parte divina dall'involucro bestiale e che vinsero la natura ostile in virtù della loro intelligenza, Cardano ha riscattato la sua natura rozza e incostante sviluppando quella "vista interiore" (la facoltà profetica sorretta dalla riflessione razionale) che gli ha consentito di superare i confini estremi della natura e di rivelare agli altri uomini le leggi misteriose che governano l'universo. In questo senso il Cardano "mago, incantatore", spinto dalla sua stessa natura alla "cupiditas omnium occultarum artium" e agli stati di visionarietà, non è per nulla in contrapposizione con il Cardano scienziato e filosofo impegnato a rivelare ai suoi contemporanei e a coloro che seguiranno i misteri della matematica, della medicina e dell'animo umano. Sia che utilizzi gli strumenti della magia e dell'astrologia, sia che applichi i modelli della logica filosofica, egli ci rimanda sempre l'immagine intrigante dell'uomo rinascimentale, avido di conoscenza e innamorato di quella armonia mundis che neppure la storia e le tragiche esperienze terrene possono cancellare.
    Perseguitato dal destino, Gerolamo ha scoperto che le sue paure e incertezze interiori erano il segno sovrannaturale della sua individualità, si è potuto riconoscere come quell'uomo "perfetto" che si colloca lungo il confine tra ciò che è divino e ciò che è naturale. Poco conta il prezzo che egli ha dovuto pagare alle ottusità del mondo; ciò che vale per lui e per coloro che ne conosceranno la vita è che, dipanando l'aggrovigliato filo della sua esistenza, egli ha potuto dare corpo alla dolorosa ma esaltante percezione che sempre ha avuto della propria eccezionalità, ovvero ha potuto conferire un senso alla "diversità" del suo essere interiore salvaguardando la sua esperienza di uomo dalle oscure tenebre dell'oblio.

    NOTE 1. L'espressione "amore eroico", usata frequentemente da Giordano Bruno negli Eroici furori, indica in Cardano sia l'insano furore amoroso sia l'avidità del sapere e corrisponde a quel ritratto del saturnino che Robert Burton ha tratteggiato nella sua Anatomy of Melancholy.
    2. Cfr. Gerolamo Cardano, Della mia vita, cap. V, VI, XIII, XXI, ed. Serra e Riva, Milano 1982.

  2. #2
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    Dal sito http://web.tiscali.it/lareteufo/cunna.htm

    GLI ALIENI DI GEROLAMO CARDANO

    Un racconto decisamente insolito ci è stato tramandato dal celebre matematico napoletano Gerolamo Cardano, occultista e fisico, che sosteneva di avere più volte sentito narrare dal padre Fazio questa strana storia: "13 agosto 1491. Quando ebbi terminato i riti abituali, all'incirca alla ventesima ora del giorno, esattamente sette uomini mi apparvero, vestiti di abiti serici, che somigliavano alle toghe dei greci, e che portavano anche dei calzari splendenti. Le vesti che indossano sotto il pettorale brillante e rosso sembravano tessute di scarlatto ed erano di straordinaria bellezza. Tuttavia non erano vestiti tutti in tal guisa, ma solo due, che sembravano appartenere a un rango più nobile degli altri. Il più alto, dal colorito rubicondo, era accompagnato da due compagni, e il secondo, dal colorito più chiaro e più piccolo di statura, da tre compagni. Così in tutto erano sette". Fazio Cardano precisava che i visitatori potevano avere tra i 30 e i 40 anni, "portati bene". Quando chiese loro chi fossero, questi dissero d'essere uomini fatti d'aria e soggetti alla nascita e alla morte. "Comunque, la loro vita era più lunga della nostra e potevano campare sino a trecento anni. Interrogati sull'immortalità della nostra anima, affermarono che nulla sopravvive dell'individuo, che sia personale. Quando mio padre domandò perché non avessero rivelato agli uomini i luoghi ove si trovavano i tesori, risposero che ciò era loro vietato in virtù di una legge speciale che condannava alle più pesanti ammende colui che avesse comunicato quelle informazioni agli uomini" (oggi questo mito ricompare nella richiesta agli alieni di altri "tesori": i segreti per viaggiare nello spazio o la cura per le più gravi malattie del mondo; N.d.A.). Prosegue Cardano: "Essi restarono con mio padre per più di tre ore. Ma quando egli pose la questione della causa dell'universo, non si trovarono d'accordo. Il più alto rifiutava di ammettere che Dio avesse creato il mondo eterno. Al contrario, l'altro soggiunse che Dio avesse creato a poco a poco, di modo che, se avesse smesso di farlo, non fosse che per un attimo, il mondo sarebbe perito. Che sia realtà o favola, questo e quanto." Il resoconto è davvero insolito, se lo si mette a confronto con le moderne narrazioni degli "incontri ravvicinati" con alieni; il parallelismo è pressoché totale. Molte persone nel mondo sostengono di avere incontrato degli spaziali perfettamente umani, con i quali si sarebbero intrattenuti a dialogare. Questi esseri, in tutto simili a noi, sarebbero stati inizialmente scambiati per dei terrestri e solo in seguito, grazie ad una loro ammissione ed alle conoscenze che avrebbero rivelato, sarebbero stati identificati in... alieni. Il padre di Cardano aveva vissuto dunque un incontro ravvicinato?

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    LA TEORIA DEI SOGNI DI GEROLAMO CARDANO
    di Paolo Colussi

    Abbiamo scelto di trattare questo particolare argomento tra i tanti affrontati dal Cardano nei suoi libri prima di tutto per il fascino che i sogni ancora oggi esercitano su tutti noi, specialmente dopo la riscoperta dei loro significati nascosti operata da Freud e in genere dalla psicanalisi. In secondo luogo, questa scelta è stata determinata dal fatto che, proprio grazie all’interesse degli psicanalisti per l’argomento, questo è l’unico libro di Cardano presente sul mercato editoriale in un’edizione tradotta e commentata ed è quindi accessibile a chi voglia approfondire la conoscenza del nostro “mago”.
    Il titolo completo dell’opera, pubblicata per la prima volta nel 1562, è Synesiorum somniorum omnis generis insomnia explicantes libri IIII (quattro libri che spiegano tutti i tipi di “insomnia” trattati nel libro di Sinesio “Sui Sogni”). Il riferimento al libro di Sinesio è dovuto in parte al taglio “spirituale” di quest’opera, ma più probabilmente è stato determinato da ragioni prudenziali nei confronti della Chiesa. Sinesio di Cirene era infatti un pio vescovo, apprezzato dai Padri della Chiesa per le sue Omelie, che oltre a tutto richiamava molto da vicino Sant’Ambrogio per essere stato anche lui eletto vescovo per acclamazione popolare a sorpresa (nel 410 d.C.) pur essendo un laico. Mettendosi al riparo dietro Sinesio, Cardano cercava così di evitare i sospetti della Chiesa e toglieva nello stesso tempo dall’imbarazzo il giovane Carlo Borromeo al quale il libro era dedicato.
    Il succo della teoria dei sogni è esposto nei primi quindici capitoli del libro I (pp. 27-77). E’ un’esposizione molto analitica, condotta con una logica molto serrata, quasi da ingegnere, della quale il Cardano si vanta dicendo che si tratta della prima sistemazione esauriente dell’argomento. In seguito l’opera assume un carattere più enciclopedico enumerando esempi su esempi, diventando cioè una specie di manuale di consultazione per coloro che intendono avventurarsi nella difficile arte dell’interpretazione dei sogni.

    Lo schema dell’intera opera è il seguente:

    * Libro I, capp. I-XV, teoria generale
    * Libro I, dal capitolo XVI in poi, significato delle cose viste in sogno (ad esempio, piante, animali, cibi, vesti, morti, case, città, persone conosciute o sconosciute, viaggi, ecc.)
    * Libro II, tipi di sogni (oscuri, incompiuti, terribili, ricorrenti, perfetti, ecc.)
    * Libro III, tipi di sognatori (ricchi o poveri, sposati o celibi, con figli o senza figli, maschi o femmine, sani o malati, ecc.)
    * Libro IV, raccolta di esempi di sogni del secondo, terzo e quarto genere. Sogni di Cardano e loro interpretazione.

    Nel libro IV gli esempi sono riportati secondo il “genere” di sogni. Quale genere? Lo scritto inizia proprio da questa fondamentale distinzione dei sogni secondo quattro generi. Gli autori che lo hanno preceduto, dice il Cardano, non sono riusciti a fondare una “scienza dei sogni” proprio perché non hanno compreso questa fondamentale distinzione. Questi quattro generi si distinguono in base alle loro cause che possono essere corporee o incorporee, oppure nuove o già presenti nel sognatore. Combinando tra loro queste cause otteniamo i quattro generi.

    Primo genere (cause corporee e nuove):

    Sono i sogni di nessun valore rispetto alla previsione del futuro. Sono generati da cibi indigesti ingeriti subito prima di dormire che fanno giungere al cervello vapori spessi e turbolenti, atti a generare sogni oscuri e confusi. Le cause che producono questi sogni, che tutti noi conosciamo benissimo (“Cos’hai mangiato di pesante?”), sono cinque (Libro I, p. 32):
    “(1) O perché i cibi sono quelli che hanno la natura della testa di polipo, del cavolo, della cipolla, dell’ossimele, del coriandolo fresco ... il frutto di giunco, quasi tutte le specie di erba mora, il giusquiamo, la mandragola, il vino denso e abbondante; insomma tutto ciò che provoca il sonno e la bile nera come i legumi e specialmente le fave. (2) Oppure a causa della quantità e della varietà delle cose ingerite, (3) o a causa dell’ordine sbagliato, quando si mangia molto e cibi di diverso genere, e si mescolano diverse bevande; (4) oppure se a cibo crudo si aggiunge altro cibo; (5) o se il cibo assunto genera disturbi di digestione.”

    Secondo genere (cause corporee già presenti nel sognatore):

    Questi sogni si verificano in presenza di vapori meno agitati, sono più coerenti dei primi e dipendono dagli “umori” presenti nel sognatore in forma più o meno equilibrata. Sono molto importanti per il medico perché rivelano possibili malattie latenti nel sognatore. Nel mondo classico ci si serviva di questi sogni per formulare diagnosi e terapie attraverso il metodo dell’ “incubazione”, che consisteva nel far dormire il paziente entro il recinto di un tempio (celebre quello di Esculapio ad Epidauro) in modo che il dio suggerisse attraverso i sogni qual’era la malattia latente (in incubazione, appunto) e possibilmente quali rimedi si dovevano adottare.
    I sogni provocati dagli umori si distinguono secondo l’umore che prevale sugli altri, campanello d’allarme di uno squilibrio che può trasformarsi in malattia, secondo questo schema:

    bile gialla (fuoco) = ira, corsa, battaglia, fuochi, incendi accompagnati da paura e furia
    bile nera (terra) = oscurità, terremoto, lampo e tuono, fuga, melma, carceri, morte, lutto, tenebre, disperazione
    flegma (acqua) = inondazioni, fiumi, pioggia, tempeste, grandine, nevi, freddi, ghiaccio, paludi
    sangue (aria) = lago di sangue, rose rosse, porpora, vino

    Se gli umori sono in equilibrio sogneremo prati, luoghi ameni, suoni, delizie, piaceri, belle pitture, profumi soavi.

    Terzo genere (cause incorporee già presenti nel sognatore):

    Anche questo genere, come il primo, è noto a tutti. Sono i sogni generati dagli stati d’animo presenti nel sognatore durante la veglia e quindi ai ricordi delle affezioni che lo turbano. Come i sogni del primo tipo, quindi, non dicono nulla rispetto al futuro, ma denunciano soltanto la presenza di rancori, timori e speranze, gioie e tristezze, odi e amori nella vita del sognatore. Questi “sogni di memoria” sono prodotti da un surriscaldamento dei vapori che permette ai ricordi di apparire più nitidamente.

    Quarto genere (cause nuove e incorporee):

    Questi sono i sogni provocati da agenti di ordine superiore (angeli, dèmoni) che entrano nella nostra mente nel sonno soprattutto per ammonirci o per rivelarci il futuro. Il quarto genere è quindi l’unico che interessi veramente e che richieda un’arte particolare per poter essere interpretati e compresi.
    I sogni di quest’ultimo genere, i più preziosi, non sono però destinati a tutti. Per meritarli bisogna essere persone di un certo rango e di specchiata moralità. Capitano più facilmente a chi usa normalmente cibi sobri e si raccoglie frequentemente in preghiera. Sono più frequenti nei vecchi, in estate o in inverno, nei giorni sereni e senza vento, in un periodo che va dal sorgere del sole all’ora terza. Sono portati ad avere quasi sempre sogni profetici “chi ha nell’oroscopo della nascita Giove, e ancor più Venere come pianeta dominante mentre si trova nella nona casa, quando la Luna sarà vicina a Mercurio, in Ariete, nella Bilancia o nel Leone, allontanandosi dal Sole, ed essa sarà signora della casa significante lavoro”. Anche le gemme aiutano ad avere sogni veritieri. “E’ bene portar gemme, come il diamante, lo smeraldo, lo zaffiro, l’ametista e il Hiacynthus, che non ostacolano i sogni, ma anzi ne respingono l’aspetto vano e portano tranquillità all’animo.” La tranquillità d’animo è sempre la condizione indispensabile perché il cervello sia ben predisposto ad accogliere i messaggi esterni e la cosa migliore da farsi per ottenerla è quella di “per così dire, spazzare la casa, ... depurare il corpo dagli umori, dai cibi, dalle bevande e da Venere, e l’animo dai turbamenti.” (p. 51)


    L’interpretazione dei sogni

    I sogni veritieri sono di due tipi: gli idoli e gli insomnia. Gli idoli sono i sogni che si esprimo in maniera chiara e diretta e non hanno bisogno di interpretazioni. Molti sogni veritieri e profetici sono invece oscuri, si esprimo come attraverso un codice che va decifrato. Le regole della decifrazione di questo codice forma l’oggetto del libro, ma sono esposte sinteticamente nei capitoli XI e XV. E’ la parte del libro che più si avvicina alla psicanalisi, che però, come sappiamo, considerava questi messaggi cifrati come provenienti dal profondo e non d’alto, come pensava Cardano.
    Ma in primo luogo, di quali cose future ci parla il sogno? L’elenco fornito dal Cardano ci fa vedere quali erano allora gli argomenti sui quali si appuntavano le maggiori ansie, e non c’è da stupirsi se corrisponde a quello che compileremmo anche oggi. Quello che i sogni ci rivelano riguarda dunque: la durata della nostra vita, la salute, le affezioni dell’animo, gli incidenti che colpiscono il corpo, le attività che intraprenderemo (amori, litigi, viaggi, feste, ecc.), ricchezze, cariche e onori, la famiglia.
    L’interpretazione si basa sul concetto di convenienza, che può manifestarsi in quattro modi: per natura, condizione, opinione e contrasto. Per esempio, per un vecchio sognare di ballare “è una cosa che significa stoltezza, disonore o morte: stoltezza perché la cosa in sè è sconveniente (per natura), disonore per il giudizio di chi guarda (condizione), morte perché si dice che i vecchi son soliti ballare con la morte (opinione).” I meccanismi usati dal sogno non sono sempre lineari, perché possono intervenire significati “trasposti” od “opposti”. Con la trasposizione (p. 53) “come davanti allo specchio, la destra diventa la sinistra e la sinistra la destra. Il fatto che i fiori significhino tristezza, è da riferirsi all’inversione destra/sinistra o alla trasposizione in generale dato che i fiori cadono in fretta e si trasformano”. Altre volte invece i sogni indicano l’opposto, specialmente se c’è incompatibilità tra il sognatore e la cosa sognata. Ad esempio “per un semplice uomo del popolo, una pompa principesca significa impiccagione; infatti, anche chi è condotto al supplizio è circondato da guardie.” (p. 74)
    L’arte dell’interpretazione deve dunque tener conto del sognatore, che, per Cardano come per tutti gli altri autori di scritti sui sogni (compreso Freud), è sempre il miglior interprete perché conosce a fondo la propria condizione. Comunque le difficoltà sono tanto più grandi quanto più vago è il sogno e quanto più gli affetti dell’animo sono mescolati agli influssi celesti. Per questo il trattato, a partire dal cap. XVI ci fornisce un lunghissimo elenco di casi ai quali attingere per dipanare i significati nascosti, una ricerca da capogiro che tocca via via ogni oggetto, ogni situazione, ogni tipo di sognatore. Abbiamo scelto come esempio del carattere estremamente analitico di quest’arte il capitolo LII sulle “Vesti” che può darci un’idea del grande lavoro compiuto dall’autore nelle centinaia di pagine che compongono quest’opera. Forse qualcuno di noi, di fronte alla complessità dell’opera e all’incertezza dei risultati, preferirà rinunciare ad affannarsi per conoscere il proprio futuro.

    Dal sito: www.storiadimilano.it


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    LE VESTI

    da "Sogni" di Gerolamo Cardano
    (cap. LII, pp. 180-182)



    Le vesti significano la dignità, sia perché le cambiamo spesso, sia perché mutano facilmente di foggia. Significano anche la moglie, perché è lei che abbellisce o svilisce l'uomo. Le differenze tra le vesti dipendono dalla parte del corpo, dalla materia, dal colore, dalla forma e dal modo di indossarle. Togliersi le vesti vuol dire spogliarsi della dignità quasi intenzionalmente. Ma vederle bruciate o lacerate significa subire onta e violenza. Una veste bianca indica gioia e felicità; una purpurea, una gioia maggiore accompagnata da ira e crudeltà; una azzurra, malattie; dorata, dolori e tormenti, mentre verde è buon segno, pieno di speranza e di piacere. Una veste di seta annuncia onori, una di lino malattie, morte e povertà. Il pileo [berretto che portavano gli schiavi quando venivano affrancati] significa liberazione per un prigioniero e un servo. L'elmo indica la corona; e la corona a sua volta doti poetiche e autorità, nonché vittoria. Il petaso [cappello a larga tesa] una carica non importante e tuttavia utile. La cirbasia [turbante aguzzo] una carica militare. La tiara e il diadema indicano invece sacerdozio; e se è rosso il sommo sacerdozio. I copricapi femminili, come la mitra, la retìna, la benda tra i capelli, stoltezza e lascivia. Il velo di mussola significa viaggio, perché usiamo indossarlo viaggiando. La corazza significa dignità, magistratura e moglie. Se è bianca una moglie bella, verde una moglie casta e onesta, gialla una ricca e pesante, celeste una triste, nera una iraconda e crudele, rossa una fastidiosa, variopinta e dorata una svergognata. La camicia significa anche essa moglie, amante, segreti del cuore. I cosciali, le brache, la fascia intorno alle anche rimandano alla moglie, al pudore, all'onestà e a piaceri osceni. Gli scarponi significano caccia e ancor più spedizione militare. Gli zoccoli annunciano servitù, fatiche e povertà. I gambali viaggio, i coturni e i socci [sandali portati soprattutto dalle donne e dagli attori durante le rappresentazioni] piacere e processione. Le scarpe un viaggio a piedi, e se vengono levate malattie; i sandali malattie, lascivia, mollezza. I sandaletti intrecciati inganno e insidie, perché non fanno rumore. I sandali da donna, e tutti gli altri indumenti femminili indicano mollezza, azioni turpi e indegne, e parole indecorose. Il mantello militare guerra o tristezza; e la mantellina una guerra dura, vicino ai propri poderi; un pesante mantello villoso al dritto e al rovescio annuncia un lungo viaggio, o carcere, servitù, navigazione, povertà e miseria. Il mantello, e tutti gli indumenti esterni, se sono rossi significano ira e strage; se bianchi sacerdozio o riposo, se verdi buona speranza, se neri dignità e pudore; ma quelli particolarmente disadorni e lunghi significano lutto; quelli gialli impudenza; quelli dorati stoltezza, impudenza, o regno e magistratura. Le vesti di lana significano ricchezze, e così quelle di cotone, ma di minore entità; indicano anche malattie e mollezza. I veli da sera malattie e ferite. Inoltre tra gli indumenti esterni la toga significa dignità, e alla nostra epoca, se un lembo pende sul retro e la coda è lunga e nera, è una veste mortuaria e di lutto; invece la toga pretesta è segno di onore e magistratura. La toga reale o orlata e intessuta di gemme indica regno o principato. Una veste dipinta significa vittoria, un comandante militare, un mimo, un imbecille, un attore comico o tragico. Una veste damascata, tessuta di fili diversi, significa disonore; se però è preziosa, dignità non durevole. La gonna a ruota e la veste Maltese, un mantello di bisso o di cotone, e ogni altra veste femminile, significa delizie o stoltezza e disonore, oppure mollezza; e quanto più è preziosa, tanto più è propizia, o meno funesta. E se viene portata o comprata o tenuta in casa significa moglie, amante o concubina. Una veste orlata di porpora scura significa sempre lutto e funerale. E ogni vestito da donna di colore scuro annuncia la morte di chi sogna, dei suoi figli o di parenti. La lacerna [sopraveste portata sulla toga] e il mantello col cappuccio significano viaggio, il mantello pesante però è tipico dei poveri. La pelliccia di chi viaggia a piedi e significa anche spedizione militare. La lacerna col cappuccio e il cappuccio da solo significano vita solitaria e convento. Se però è azzurra o tutta di porpora, annunzia un sacerdozio elevato e grandi ricchezze. Anche la stola sacerdotale, il berretto sacerdotale di lana, la prima specialmente se intessuta di rosso scarlatto, di bisso, di porpora, di colore giacinto, e le vesti che si indossano nelle cerimonie quotidiane e che un tempo erano portate dai sacerdoti romani, indicano un sacerdozio molto ricco. L'endromide [veste pesante che si indossava dopo gli esercizi ginnici] significa lite o viaggio con un tiro di cavalli. Le pellicce belle indicano dignità, quelle brutte povertà. La veste da casa, siccome si usa spesso, non significa nulla; ma se indossata nel foro annuncia un male improwiso o catene, perché non ci si reca colà vestiti in tal modo, se non si è pazzi. Il pallio (la coperta) è segno di astinenza, di moderazione, di studio delle arti. Il lungo mantello militare è tipico del comandante militare ed è segno di dignità, specie se di porpora e trapunto di gemme. La clamide [mantello militare] invece, di potere regio. La trabea [mantello bianco orlato di porpora] scura o militare significa morte; trapunta di rosso scarlatto sacerdozio nobile; rilucente o ricamata potere regio e vittoria; pieghettata promette ricchezze in vecchiaia: infatti i vecchi avari la prediligono particolarmente. Essere vestito in modo ridicolo annuncia non solo derisione, ma anche sventure e disprezzo. Il pallio, la toga e le vesti che non costringono (dette «Apostoliche») secondo la qualità del colore indicano l'affidabilità dell'uomo perciò quelle bianche sono le migliori, e annunciano fede sincera quelle rosse liti, risse e disonori, tuttavia non sono funeste. Molto propizie sono quelle verdi, portatrici di malattie quelle celesti. E tutte le vesti sozze e lacere annunciano noie, fastidi, molestie e disonori; una veste pulita e bella liberazione da un fastidio antico una nuova e brutta significa l'imminenza di un nuovo fastidio. Ad una donna il cui marito era in esilio, parve in sogno di vederlo avanzare in pubblico senza veste: le fu predetto che mai l'avrebbe rivisto, perché il marito è l'ornamento della moglie, così come la veste.


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    Dal sito http://www.uni-bocconi.it/

    Gerolamo Cardano, medico e taumaturgo
    di Attilio Zanca

    La personalità,il pensiero e gli scritti

    Cardano scrisse più di duecento opere che solo in parte videro la luce nel XVI secolo e che, altrettanto parzialmente, confluirono nei dieci volumi postumi di Opera omnia.
    Questi volumi riscossero grande successo e continuarono a diffondere fino al primo Settecento la notorietà di Cardano sia come medico taumaturgo, sia come matematico e scienziato.
    Ebbe contatti con medici, anatomisti, naturalisti e filosofi di vari paesi europei, oltre che con astrologi, occultisti e personaggi potenti. Si occupò di tutto abbracciando, con le proprie osservazioni dirette, speculazioni ed elucubrazioni, ogni settore dello scibile, dalla filosofia alla medicina, dalla matematica all’astrologia, dalle scienze naturali alla tecnologia, dalla psicologia all’interpretazione dei sogni, dalla chiromanzia alla numerologia e a quant’altro appartenesse alla sfera del paranormale. Nelle numerose opere, non raramente scritte in modo oscuro e frammentario, è possibile cogliere osservazioni illuminanti e formidabili intuizioni, frutti del suo ingegno vivacissimo, accanto a evidenti contraddizioni e a proposte difficili o impossibili da decifrare. Individuo arrogante, egoista, litigioso, emotivamente instabile e nomade di tendenza, per le sue idee non conformi al sapere ufficiale, fu oggetto di violente dispute durante la vita e dopo la morte, fino ai nostri giorni. I pareri sulla sua personalità, quindi, non sono affatto concordi. Del resto, come per tutti gli scienziati e filosofi naturali del tempo, non è facile distinguere nella notevole mole degli scritti – ha detto bene Vasoli [1] – gli aspetti veramente nuovi delle sue indagini dalla sostanziale accettazione di una visione metafisica e magica della realtà profondamente legata ad antiche tradizioni. Così può capitare che, accanto alla definizione di un Cardano che incarna, sia pure in dimensioni ridotte rispetto ad altre grandi figure del Rinascimento, l’ideale dell’"uomo universale" che estende la propria indagine a tutti i campi dello scibile" [2], sia proposta quella, a mio parere un po’ troppo sbrigativa, di "tuttologo rinascimentale" [3].
    Sul pensiero di Cardano sono stati pubblicati ottimi studi ai quali rimando per precisazioni ed approfondimenti [4]. Egli tentò di sganciarsi dalla cultura tradizionale, sottraendosi anche all’autorità precostituita. Ad esempio, non accettò i quattro elementi empedoclei del macrocosmo, aria, acqua, terra e fuoco, escludendo dal novero quest’ultimo, distruttivo e non componente i corpi. Non era certo la prima volta che la dottrina dei quattro elementi era sottoposta a revisione: ciò era già avvenuto anche nel Medioevo e ancora accadeva in epoca rinascimentale soprattutto ad opera di Paracelso (1493 c.-1541), sia pure con proposte diverse da quelle di Cardano [5]. Ridusse anche le quattro classiche qualità degli elementi a due, caldo e umido. Non accettò completamente l’autorità di Aristotele: è stato detto che Cardano fu influenzato dall’aristotelismo padovano, con suggestioni averroistiche e che risentì di confuse influenze neoplatoniche [6]. L’insofferenza di Cardano per certa cultura tradizionale influenzò personaggi importanti, come il celebre ceramista Bernard Palissy (1510-1590), che trasse spunto dalla traduzione francese di De subtilitate (Les livres de H. Cardanus traduits par Richard Blanc, Paris 1556) per la sua invettiva contro la cultura dei professori della Sorbona e per l’identificazione della filosofia con l’arte di osservare la natura [7]. In definitiva all’autorità precostituita Cardano preferì ciò che poteva scaturire dall’esperienza. Bisogna, però, essere cauti sul significato che il termine esperienza assumeva nel XVI secolo, spesso intesa come esperienza occulta di cose che si percepiscono con i sensi, ma che l’intelletto comprende con estrema difficoltà [8]. De subtilitate e De rerum varietate, in cui Cardano agglomerò matematica, mistica e medicina, sono esempi della speculazione naturalistica rinascimentale incentrata sulla rivelazione di una sapienza arcana, una specie di magia naturale tramite la quale è possibile giungere alla conoscenza degli occulti nessi di simpatia ed antipatia che legano magicamente fra di loro le cose: forze del genere sono dominanti in natura. Cardano non fu il primo ad affrontare la dottrina dell’influsso reciproco delle cose, essendo stato preceduto da Gerolamo Fracastoro (1478-1553) autore di De sympathia et antipathia rerum (Venezia 1546).
    Nel pensiero di Cardano spicca il particolare rilievo da lui accordato alla matematica, costruzione della mente umana che garantiva un sapere molto più certo di quello fornito dalla conoscenza sensibile. Con lui, però, la matematica non si traduce ancora nella matematizzazione della ricerca scientifica da cui nascerà la scienza moderna [9]. Di là da venire anche la trasformazione di magia naturale in scienza sperimentale. Sono, tuttavia, chiare avvisaglie di ciò che sarebbe accaduto non molti anni dopo. Accennando appena alle scoperte tecnologiche e alle osservazioni fisiche e di protochimica di Cardano, sono da segnalare, fra l’altro, un particolare anello di sospensione o giunto detto, appunto, cardanico; un igrometro a corda di minugia; le ricerche per determinare la densità di alcuni corpi; la distinzione fra attrazione magnetica (magnetite) ed elettrica (ambra, in greco electron); la dimostrazione dell’impossibilità del moto perpetuo; la notevole intuizione sulla natura di un gas (flatus) che sarebbe divenuto noto nel XVIII secolo come ossigeno, accanto a quella dell’esistenza dell’acido carbonico.
    Certi settori della conoscenza e certe speculazioni al limite con la metafisica e la magia, in rapporto più o meno stretto con la medicina, furono prese seriamente in considerazione da Cardano. Mi riferisco, innanzitutto, alle problematiche del sogno, di antica memoria, che egli in Somniorum synesiorum omnis generis insomnia explicantes (Basilea 1562) affrontò principalmente sul piano biologico e simbolico, nonostante i chiari intendimenti mantici e astrologici. Distinse fra cause corporee (certi alimenti e squilibri umorali) e incorporee (sentimenti con intensa carica affettiva come amore, odio ecc.) e ritenne, alla maniera di Artemidoro (II secolo d.C.), che i sogni comunicassero messaggi cifrati tramite rappresentazioni simboliche (la terra, ad esempio, significa i visceri poiché da essa si trae l’alimento; la mano è simbolo delle arti e via discorrendo). La prospettiva demonologica, invocata più volte da altri, con Cardano, che pure era convinto di essere un genio superiore assistito da un demone [10], risultava tutto sommato, accantonata [11].
    Cardano credette fermamente di poter individuare le caratteristiche morali degli individui tramite l’esame delle linee della fronte e, fino ad un certo punto, di predirne la sorte e di precisare le corrispondenze fra nevi cutanei e segni dello zodiaco. Le sue speculazioni in proposito comparvero postume in Metoposcopia libri tredecim et octingentis faciei humanae eiconibus complexa – Cui accessit Melampodis De naevis corporis tractatus... (Paris 1658): ottocento figure incise di volti umani riguardavano la metoposcopia ossia l’esame delle linee della fronte.
    Ai tempi di Cardano la divinazione, come tentativo di conoscere l’avvenire, esercitava vivissima seduzione sugli spiriti, riscuotendo, nel contempo, condanne altrettanto rigorose. Cardano non andava immune da tentazioni del genere, convinto com’era di essere un mago dotato di capacità eccezionali. Tuttavia reputò la divinazione la più dannosa delle sapienze diaboliche. La sua opera De sapientia (Norimberga 1543) fu una fonte importante per François Rabelais (1492-1553) che si servì di essa per i problemi circa la divinazione dibattuti nel Tiers Livre di Gargantua et Pantagruel, sia nel testo del 1546 sia nella revisione del 1552 [12].
    Le nascite mostruose, umane o animali, ossia i dismorfismi congeniti, quali anencefalia, bicefalia, malformazioni degli arti (ectromelia totale, focomelia; arti in soprannumero ecc.), mostri doppi (ad esempio, "gemelli siamesi") e tanti altri, furono sempre ammantate di mistero e di sacralità: fino al Cinquecento e oltre la parola téras indicò sia un essere mostruoso nel senso corrente del termine, sia un presagio, un segno premonitore di eventi in genere luttuosi (guerre, pestilenze, sconvolgimenti politici o religiosi ecc.). La teratologia medievale e rinascimentale fu soprattutto una celebrazione del prodigioso. Con inizio nella seconda metà del XVI secolo si instaurò una crescente tendenza, in opposizione alla cultura tradizionale, a dare poca importanza o anche a negare il carattere prodigioso delle nascite mostruose. Cardano fu tra i primi, se non il primo, a dimostrare franco scetticismo circa il valore predittivo dei mostri in De subtilitate, precedendo, si può dire, importanti personaggi dell’epoca, quali Michel de Montaigne (1533-1592), Ambroise Paré (1509-1590), Francis Bacon (1561-1626) [13] e le prese di posizione di Ulisse Aldrovandi (1522-1605) [14]. Questa tendenza a svincolarsi dalla "cultura dei prodigi" promosse il processo di naturalizzazione dei mostri, processo che, portato avanti in seguito, fra Seicento e Settecento, avrebbe condotto i mostri a far parte definitivamente della cultura scientifica.
    Del resto, commentando l’autopsia di un mostro doppio di sesso femminile (con due teste, arti e visceri doppi, ma unico cuore e unica vulva ecc.), Cardano attribuì alla natura il tentativo non riuscito di creare due fanciulle.
    Poiché la professione medica fu la più amata da Cardano, è naturale che gli scritti d’argomento medico fossero i più numerosi, circa metà delle sue molte opere. In medicina fu aperto al nuovo ossia agli straordinari progressi dell’epoca in anatomia e nelle scienze della natura, ispirandosi, però, all’arte di curare di Ippocrate e alla sua sapienza prognostica. Nei numerosi commenti agli scritti ippocratici, nondimeno, dissentì, in più di un’occasione, dal loro dettato come dalle opinioni dei vari commentatori che l’avevano preceduto. I maggiori dissensi furono, tuttavia, riservati a Galeno, al cui pensiero si ispiravano gran parte dei medici di allora. Non poteva essere diversamente per uno come Cardano che fuoriusciva dai limiti della norma e della convenzione. Non si trattò di una rottura completa: fu un galenista critico di Galeno, come Andrea Vesalio (1514-1564), che riformò l’anatomia umana (De humani corporis fabrica, Basilea 1543), fino ad allora poggiante su basi galeniche, affrontando il problema della conoscenza morfologica del corpo attraverso la dissezione diretta. Cardano non accettò, fra l’altro, il principio galenico di contraria contrariis curantur (evacuazione in caso di pletora, applicazione del freddo in caso d’infiammazione e così via), portando l’esempio della diarrea che poteva essere curata con purganti. Si credeva con Ippocrate e Galeno che il catarro si formasse nel cervello per poi passare nelle parti sottostanti. Per Cardano il catarro poteva formarsi direttamente, per esempio, nella cavità orale e nel naso, annunciando una verità importante per i suoi tempi e precedendo ampiamente Konrad Victor Schneider (1614-1680) al quale viene attribuita detta dimostrazione in Liber ...de catarrhis (Wittenberg 1660-1662).
    Le osservazioni in campo medico di Cardano sono molto numerose: accanto a ripetizioni di luoghi comuni, si annoverano rilevazioni di grande interesse o, addirittura, illuminanti, frutti indiscutibili del suo genio. Citerò le osservazioni di un uomo di 34 anni con galattorrea; di numerosi pazienti con calcoli salivari o biliari; di un soggetto con ossificazione della laringe e della trachea. Eseguì dissezioni di cadaveri e trattò di vari tipi di operazioni chirurgiche, criticando l’abuso della trapanazione del cranio. Si occupò di cure dentarie, di malattie dei bambini, di tossicologia. Fu un lettore instancabile di opere contemporanee quali, ad esempio, per il settore del la terapia medica, i libri di Gonzalo Fernandez de Oviedo (1478-1557) e di Nicolas Monardes (1493-1588) ossia, rispettivamente, Sumario de la historia natural de las Indias (Toledo 1525) e Dos libros (Sevilla 1565), contenenti le prime descrizioni delle essenze botaniche del Nuovo Mondo, possibili fonti di farmaci nuovi.
    Non è il caso di meravigliarsi [15] se, in più di un’occasione, Cardano ripeté antiche e contemporanee credenze riguardanti supposti poteri terapeutici delle pietre preziose, del corallo e, si può aggiungere, di molte altre sostanze d’origine organica e inorganica, secondo l’imperante moda polifarmaceutica dell’epoca. Tuttavia Cardano denunciò anche l’inefficacia di molti farmaci sotto forma di distillati e dichiarò di preferire, per la cura della sifilide, la salsapariglia, il cui decotto fu usato per lo stesso scopo almeno fino alle soglie del XX secolo. Non deve destare meraviglia nemmeno che Cardano si rifacesse agli antichi saperi relativi alla vite. Mentre in Grecia e nelle sue colonie la vite era coltivata ad alberello basso o "a palo secco", in epoca etrusca e successivamente, approfittando della sua caratteristica di pianta lianosa, essa era allevata alta, "maritata", come si diceva, all’olmo, al pioppo, all’acero. I latini "Scriptores rei rusticae" (Catone, Varrone, Columella, Palladio), Plinio il Vecchio e altri fino all’epoca di Cardano e oltre, non tralasciarono certo di trattare questo sistema di allevamento della vite a tralcio lungo ossia della vite "maritata" alle diverse piante per esserne sostenuta [16]. Era una necessità della viticoltura e per Cardano la vite "amante" dell’olmo rientrava nel gioco delle simpatie ed antipatie delle cose.
    Cardano teorizzò sulla possibilità di educare i sordomuti in modo da metterli in condizione di comunicare col prossimo, facendoli leggere e scrivere. Per la decapitazione del figlio Giovanni Battista compose De utilitate ex adversis capienda (Basilea 1561) in cui diede una definizione dell’"improbità" corrispondente al quadro della pazzia morale, vale a dire della mancanza di senso morale, indicata con vari termini dagli psichiatri dell’Ottocento e del Novecento.


    Capacità di osservazione e intuizione, magia e astrologia

    Il tifo esantematico o petecchiale o dermotifo è una malattia infettiva che oggi sappiamo determinata da un batterio scoperto nel 1913-14, Rickettsia Prowazekii, il cui ospite principale è l’uomo al quale è trasmesso con i morsi di pidocchi o pulci. Il tifo esantematico è stato definito "malattia da accampamento", della guerra e di tutte le miserie. Dominò la storia militare del Rinascimento e infierì ovunque le condizioni di vita fossero miserabili, ivi comprese le prigioni [17]. Gerolamo Fracastoro descrisse la malattia in De contagione et contagiosis morbis et curatione (Venezia 1546), ma spetta a Cardano il merito di aver differenziato dieci anni prima, ossia nel 1536, l’eruzione cutanea del tifo esantematico da quelle delle numerose altre malattie esantematiche, vero e proprio problema diagnostico che, da secoli, vari autori avevano cercato, senza grandi risultati, di risolvere. Cardano lo chiamò morbus pulicaris a causa della rassomiglianza tra gli elementi eruttivi e i morsi delle pulci. La descrizione si trova al capitolo XXXVI di De malo recentiorum medicorum usu libellus (Venezia 1536) [18], libro in cui Cardano elencava anche settantadue errori compiuti dai medici. Egli poté giungere alla sua classica descrizione perché era riuscito ad affinare le sue notevoli capacità di osservazione e, diremmo oggi, di ragionamento clinico.
    L’intuizione è l’attitudine a conoscere l’intima essenza delle cose, conoscenza immediatamente presente alla coscienza senza necessità di ragionamento o di prove. Cardano aveva di queste ispirazioni improvvise che lo rafforzavano nella convinzione di essere dotato di poteri speciali, magici. La sua fama di medico taumaturgo si era diffusa in Europa. Per questa notorietà nel febbraio 1552 fu invitato a curare John H. Hamilton, arcivescovo cattolico di St. Andrews a Edimburgo, sofferente, si credeva, di tisi che, col tempo, era andata aggravandosi. Cardano partì il 22 febbraio 1552 e il 13 marzo giunse a Lione dove avrebbe dovuto incontrare l’arcivescovo scozzese. Per quarantasette giorni si fermò in quella città dove fu raggiunto, invece, da William Casanate, medico curante dell’arcivescovo, che l’invitò a recarsi in Scozia. Giunse finalmente ad Edimburgo il 29 giugno. Contraddicendosi, Cardano considerò che il catarro bronchiale del paziente provenisse dal cervello secondo l’ipotesi classica che egli stesso altrove ebbe occasione di mettere in dubbio. Comunque fece diagnosi di asma. Per una quarantina di giorni si limitò ad osservare l’andamento della malattia, prendendo nota di tutto ciò che poteva essere di nocumento. Concluse che i disturbi subissero l’influenza della vita disordinata del prelato. Consigliò allora un moderato regime dietetico e igienico e, soprattutto, di sostituire i cuscini e i materassi di piuma del letto dove dormiva con altri di seta grezza, percezione di profonda acutezza, intuizione illuminante che portò a rapido e sostanziale miglioramento le condizioni respiratorie dell’illustre paziente. Oggi, a distanza di così tanto tempo, possiamo ragionevolmente supporre che l’asma bronchiale di John H. Hamilton fosse causata da acari presenti nel materiale lettereccio: l’importanza degli acari nell’eziopatogenesi delle allergopatie respiratorie fu dimostrata nel 1964 [19].
    Cardano ricevette molto denaro e doni preziosi per le sue prestazioni guaritrici, dalla suggestiva aura di mistero e di magia. Tracciò anche un oroscopo all’arcivescovo, in cui previde successo e felicità duraturi. Partì da Edimburgo il 12 settembre e fece tappa a Londra dove conobbe il giovanissimo re Edoardo VI, col quale ebbe una discussione sulla natura delle comete e al quale trasse un oroscopo con la promessa di una vita oltre i cinquantacinque anni. Le predizioni di Cardano furono disastrosamente inesatte: l’arcivescovo fu impiccato a Stierling nel 1571, senza processo, dai riformatori scozzesi, mentre Edoardo VI morì di tubercolosi entro un anno.
    Non era affatto raro che gli astrologi incorressero in errori clamorosi: esempio famoso quello dell’astronomo Giovanni Keplero (1571-1630), celebre per le tre leggi relative al moto dei pianeti intorno al sole. Egli predisse al boemo Albrecht von Wallenstein (1583-1634) che sarebbe morto di febbre a settant’anni. Wallenstein, avventuriero e comandante ribelle di truppe imperiali, fu ucciso il 25 febbraio 1634, in obbedienza ad un bando imperiale che ordinava di catturarlo vivo o morto. I personaggi importanti erano ottimi clienti degli astrologi, che spesso erano anche medici e questi, compreso Cardano, non si facevano certo pregare per soddisfare le loro esigenze, traendo per lo più oroscopi favorevoli o, talora, oscuri, una miscela di realtà e di finzione, adducendo come scuse, in caso di errore, l’aver trascurato qualche elemento o il sopravvenire di fenomeni imprevisti, magari correggendo i risultati se si allontanavano troppo dallo svolgersi degli avvenimenti. Queste manipolazioni non erano prerogative di Cardano, che giunse a correggere perfino il proprio autoroscopo. Il celebre matematico e astrologo Luca Gaurico (1476-1558), ad esempio, aveva spostato al 1484, perché risultasse vera un’antica profezia, l’anno di nascita di Martin Lutero (1483-1546).
    Venendo ora all’oroscopo di Cristo, per il quale fu accusato di eresia, Cardano non fu né il primo né l’ultimo a occuparsene. Fra i primi a farlo furono il cardinale Pierre d’Ailly (1350-1425) e Luca Gaurico e, dopo Cardano, Giovanni Keplero. Mentre i primi tre avevano trattato il tema della nascita di Cristo basandosi sui dati convenzionali, secondo i calcoli di Keplero essa doveva collocarsi nella primavera del 6 a.C. Date le due nature, divina ed umana, di Gesù non sembrava assurdo applicare all’uomo le limitazioni del destino astrale. Tuttavia la Chiesa, che non vedeva di buon occhio l’astrologia in generale, non poteva accettare gli oroscopi di Cristo [20]. Si può concordare con chi ha definito Cardano opportunista e probabilmente in mala fede, come minimo in contraddizione con le regole del buon astrologo da lui stesso proposte [21]. Opportunisti e in mala fede furono, del resto, tutti gli astrologi più o meno in vista. I loro errori non erano, però, più frequenti di quelli della medicina le cui fondamenta scientifiche pochi erano in grado di contestare [22]. È presumibile che anche Cardano avesse commesso errori come medico, che cercò di tenere nascosti, mentre si vantò più volte delle numerose, strepitose guarigioni ottenute. Le sue idee saranno anche state spesso poco chiare, confuse e contraddittorie, "tuttavia nessun medico del suo secolo lasciò una più profonda impronta nella medicina, nessun medico del suo tempo ha dato origine ad una figura così semileggendaria" [23]. Nella sua opera sono già apprezzabili "idee e metodi d’indagine destinati ad erodere il vecchio tessuto della scienza tradizionale e a far valere i nuovi criteri dell’osservazione sperimentale" [24].


    Bibliografia

    [1] C. Vasoli, Cardano, Gerolamo voce di "Scienziati e tecnologi. Dalle origini al 1875", I, Mondadori, Milano 1975, pp. 264-267 (p. 266)

    [2] Voce Cardano, Girolamo in: "Enciclopedia Garzanti di filosofia", Garzanti, Milano, 1990

    [3] A. Piazzoli, Gerolamo Cardano astronomo e astrologo, in: "Gerolamo Cardano nel quinto centenario della nascita", ed. Cardano, Pavia 2001, pp. 87-94 (p. 87)

    [4] Cfr. soprattutto A. Ingegno, "Saggio sulla filosofia di Cardano", La Nuova Italia, Firenze 1980. Buone sintesi si possono reperire in C. Vasoli, voce Cardano, Gerolamo cit. e in P. Mazzarello, Un uomo che meritava di essere ascoltato anche quando spropositava, in "Gerolamo Cardano nel quinto centenario della nascita", opera citata, pp. 51-73

    [5] Cfr. in proposito L. Thorndike, "A history of magic and experimental science", V, Columbia University Press, New York, 1941, p. 633

    [6] G. Gliozzi, Cardano, Gerolamo, voce del "Dizionario biografico degli Italiani", Ist. Treccani, Roma, 1976, p. 762

    [7] Cfr. P. Rossi, "I filosofi e le macchine (1400-1700)", Feltrinelli, Milano 1976, pp. 12-13

    [8] M. Boas, "Il Rinascimento scientifico 1450-1630", trad. it. di E. Bellone, Feltrinelli, Milano, 1973, pp. 156-157

    [9] Voce Cardano, Girolamo, "Enciclopedia Garzanti di filosofia", opera citata

    [10] C. Vasoli, Cardano, Gerolamo, opera citata, p. 265

    [11] L. Bonuzzi, Qualche considerazione su sonno e sogno dal tramonto della cultura classica all’età del Manierismo, "Acta Medicae historiae Patavina", XX, 1973-74, pp. 57-104 (pp. 83-85)

    [12] J. Ceard, "La nature et les prodiges", Droz, Genève 1977, pp. 132 sgg

    [13] Cfr. K. Park, L.J. Daston, Unnatural conceptions. The study of monsters in sixteenth- and seventeenth-century France and England, "Past and Present", 92, 1981, pp. 20-54

    [14] A. Zanca, Collezioni di mostri: Ulisse Aldrovandi, 4 "Kos", III, 1986, pp. 23-46, 59-64

    [15] A. Piazzoli, art. cit., p. 88

    [16] A. Zanca, La vite e il vino nella storia della biologia, in "Vino ed educazione alimentare", atti del convegno omonimo (23-24 ottobre 1982), a cura di L. Bonuzzi, Verona 1983, pp. 31-65 (pp. 33-35)

    [17] Per una breve disamina dell’estensione del tifo petecchiale nel Medioevo e nel Rinascimento, H.H. Mollaret, I grandi flagelli, in "Storia del pensiero medico occidentale", II, a cura di M.D. Grmek, coordinamento di B. Fantini, Laterza, Roma-Bari 1996, pp. 428-468 (p. 438)

    [18] La traduzione inglese di questo capitolo comparve ad opera di R.H. Major in "Classic descriptions of disease", Springfield, 1945, p. 163

    [19] In proposito, M. Zanca, Allergeni: excursus iconografico, in "Natura-Cultura. L’interpretazione del mondo fisico nei testi e nelle immagini", atti del convegno omonimo (Mantova, 5-8 ottobre 1996), Olschki, Firenze, 2000, pp. 479-512 (pp. 492-495)

    [20] I.P. Couliano, "Eros e magia nel Rinascimento", trad. italiana di G. Ernesti, Mondadori, Milano 1987, pp. 273-274

    [21] A. Piazzoli, art. cit., p. 91

    [22] F. Boll, C. Bezold, W. Gundel, "Storia dell’astrologia", trad. italiana di B. Maffi, Laterza, Roma-Bari, 1977, p. 106

    [23] R.H. Major, "Storia della medicina", I, opera citata, p. 350

    [24] C. Vasoli, voce Cardano, Gerolamo, opera citata, p. 267

  6. #6
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    Benché tutti veniamo al mondo nello stesso modo, lo spettro dei possibili incipit di un'autobiografia è comunque vasto. Molto originale sarebbe, ad esempio, partire dai tentativi di aborto della propria madre e da uno sfavorevolissimo oroscopo retroattivo, che prevedesse un essere mostruoso. Così fece nel De vita propria Gerolamo Cardano, che «fu strappato dal grembo materno come morto» il 24 settembre 1501, ma «rinacque con un bagno di vino caldo».

    Se il buon giorno si vede dal mattino, non ci possiamo stupire del resto della giornata: figlio illegittimo, maltrattato dai genitori, a lungo impotente, ipocondriaco, masochista, misantropo, incline a incidenti, balbuziente, polemico, Cardano ebbe sempre una gran fiducia in quelli che oggi chiameremmo i suoi poteri paranormali. Nel suo primo libro, appropriatamente intitolato Pronostico, offre una serie di divinazioni alla breve. E per tutta la vita si sbilanciò in oroscopi di personaggi famosi, dai re ai papi.
    Ma, soprattutto, ebbe e descrisse quelli che oggi classificheremmo come sintomi isterici e schizofrenici, e che egli riteneva invece segni prodigiosi: coincidenze significative, sogni premonitori, visioni ipnagogiche, allucinazioni controllate, ronzii nell'orecchio, voci inferiori, conoscenza innata delle lingue, sentore di incenso e zolfo.

    A sedici anni imparò a usare le armi, a cavalcare, a nuotare e divenne abilissimo nel gioco delle carte, dei dadi e degli scacchi. Nel 1520 si iscrisse all'università di Pavia, alla facoltà di Giurisprudenza, su consiglio del padre che la considerava la carriera più redditizia. A Pavia girava di notte con la faccia coperta da un velo nero e con il pugnale alla cintura: un'abitudine che avrebbe mantenuto per tutta la vita. In questo periodo avvertì i primi segni prodigiosi che lo fecero avvicinare sempre più al mondo dell’occulto: per esempio, sentiva un ronzio all'orecchio destro se parlavano bene di lui, all'orecchio sinistro se ne parlavano male. Nel 1521 comprò un libro di Apuleio in latino, lo lesse durante tutta la notte e il giorno dopo sapeva leggere e scrivere in latino. Allo stesso modo imparò il greco, lo spagnolo e il francese. Ma era ormai il momento di abbandonare l’arida giurisprudenza per esplorare i più allettanti territori della filosofia e della medicina. A filosofia, tra l’altro, insegnava Paolo Ricci (Paulus Riccius), ebreo convertito, medico dell'imperatore Massimiliano I e famoso divulgatore della cabala ebraica. L’anno seguente però l'università di Pavia chiuse i battenti per la guerra tra imperiali e francesi che infuriava in tutta la Lombardia. Cardano si trasferì a Padova dove, nel 1524, conseguì il bacellierato "in artibus", cioè medicina e filosofia.

    Gli interessi verso l’occulto stavano ormai prevalendo.

    Il 30 dicembre 1530 chiese di essere ammesso al Collegio dei fisici di Milano per poter esercitare la medicina, ma la domanda venne respinta perché illegittimo di nascita. Deluso tornò a Sacco. Qui, nel corso di una malattia, sentì la sua carne "odorare di zolfo, d'incenso e di altre sostanze": era un segno premonitore e infausto del matrimonio. Poco dopo infatti conobbe una ragazza, Lucia Banderani, che alla fine dell'anno divenne la sua sposa. Con lei e il figlio, si ridusse a vivere in un ospizio che costava sette scudi all'anno di affitto (lo stipendio di un servo era di cinque scudi al mese). E’ il punto più basso di una carriera che da qui in poi comincerà rapidamente a salire e che toccherà il culmine nel 1552, quando l'arcivescovo di Edimburgo mandò a chiamare Cardano per farsi curare l'asma. Fra le varie assurdità e ovvietà che questi prescrisse, dal far inalazioni di acqua e latte al lavarsi almeno ogni morte di Papa ( ), egli intuì quella che oggi chiameremmo la natura allergica dell'asma dell'arcivescovo: eliminati materasso e cuscini di piume, “seggendo sulle quali in fama non si vien", il prelato guarì e lo coprì d'oro.
    La fortuna scozzese durò poco, perché Cardano volle fare l'oroscopo all'arcivescovo e al re, e lesse nelle stelle un futuro radioso per entrambi: il primo fu impiccato quasi subito dai riformatori, e il secondo mori di tubercolosi l'anno dopo.
    Il vento della sorte aveva cambiato direzione, e le tragedie presero ad accumularsi. Uno dei figli fu giustiziato per aver avvelenato moglie e suoceri. L'altro era un delinquente, e il padre arrivò a diseredarlo. Lui stesso finì nelle grinfie dell'Inquisizione per bestemmia astrologica, avendo questa volta calcolato l'oroscopo di Gesù Cristo. Il Sant'Uffizio infatti non gradì e Cardano dovette scontare tre mesi di carcere e altrettanti di arresti domiciliari.

    In cambio della distruzione di centoventi dei suoi compromettenti trattati, nel 1573 il nuovo papa Gregorio XIII, che era stato suo collega all'università, gli assegnò una sospirata pensione, che Cardano potè godere per poco, perché un'epidemia di peste se lo portò via il 20 settembre 1576, con suo grande stupore e disappunto: il suo cruccio nasceva dal fatto di aver sbagliato la data della propria morte (prevista il 5 dicembre 1573), cosa non proprio degna di un astrologo che aveva osato calcolare addirittura l'oroscopo di Cristo.

    Materiale liberamente tratto dai siti www.swif.uniba.it/lei/index.html e www.storiadimilano.it


    Martin Luthers horoskop
    Gerolamo Cardano - Nürnberg 1548.

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    Uno dei figli fu giustiziato per aver avvelenato moglie e suoceri.
    Il 20 dicembre 1557, Cardano ha una visione premonitrice: la morte del figlio primogenito, Giambattista. Il giorno seguente, all'insaputa e contro la volontà del padre, Giambattista sposa Brandonia Seroni, ragazza appartenente a una famiglia poco raccomandabile. Nasce il primo figlio, Fazio, ma ben presto, preannunciata da una sogno funesto, scoppia la tragedia: la moglie di Giambattista, dopo aver partorito un secondo figlio, confessa al marito che i due bambini non sono figli suoi. Poco dopo muore avvelenata e Giambattista viene arrestato e processato per uxoricidio. Da quel momento, Gerolamo Cardano avverte nell’anulare un segno che gli annuncia l’imminente morte del figlio, torna quindi a Milano per difenderlo, ma tutti i suoi sforzi sono inutili: il 9 aprile Giambattista viene decapitato. Il segno sull'anulare scompare quella stessa notte.
    Cardano è affranto, ma è in questo periodo che il suo potere magico si fa più forte ed evidente: la sua ira si rivolge contro gli accusatori del figlio, incredibilmente travolti da una serie infinita di disgrazie.


    Così scrive lo stesso Cardano nel De propria vita...

    "... Ma torniamo alla vicenda di mio figlio, che presenta veramente degli aspetti meritevoli di maggiore attenzione. Fu ucciso dopo centoventuno giorni di prigionia e morì gridando che era vittima dell’ignoranza di colui che aveva chiesto la sua condanna. E a chiederla era stato il senatore Falcuzzi, uomo per altri versi di primo piano, cui la corte diede ascolto: dopo la condanna di mio figlio egli si ammalò di tisi così all’improvviso che spirò dopo aver rigettato un polmone. Lo stesso presidente Rigoni, che aveva istruito il giudizio, seppellì la propria moglie senza accompagnamento di ceri, cosa del tutto fuori dell’ordinario ...; egli stesso, pur conservando intatta la reputazione, riuscì a sfuggire solo con la morte al giudizio che pesava su di lui e il suo unico figlio venne strappato alla vita ancora adolescente, tanto che quella casa si sarebbe detta infestata dalle Erinni. Nello spazio di pochi giorni il suocero di mio figlio, che fu la causa della sua morte, fu gettato in carcere, poi perse l’esazione delle gabelle e si ridusse all’elemosina. Il figlio che tanto amava finì i suoi giorni in Sicilia, condannato, a quanto mi dicono, all’impiccagione.
    Di coloro che avevano accusato mio figlio nessuno riuscì a sottrarsi a qualche sciagura: tutti furono feriti o uccisi; lo stesso principe [il duca di Sessa, governatore di Milano], per altri versi umano e generoso ma che lo aveva abbandonato a causa della moltitudine degli accusatori e per odio verso di me, fu travagliato da gravi malattie, dall’uccisione della nipote ad opera del marito, da gravi liti, cui poi seguì anche una calamità pubblica, la perdita dell’isola di Gerba e la distruzione della flotta reale..."


    (Gerolamo Cardano - Della mia vita - Serra e Riva, 1982, pp. 146-7)


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    LA METOPOSCOPIA

    Cardano pose all'interno della sua nutrita bibliografia anche uno studio (tredici libri) di fisiognomica: Metoposcopia libris tredecim, et octingentis faciei humanae iconibus complexa. Un'opera articolata, corredata da ottocento illustrazioni di volti umani maschili e femminili.
    Così il Cardano definisce la fisiognomica: «Quest'arte si sforza dì predire il futuro attraverso l'ispezione sia della faccia frontale sia della sua lunghezza, larghezza e delle sue diverse linee, e anche dai marchi naturali che vi si trovano: tutto ciò provoca stupore e ammirazione in chi la pratica» [1].

    Da queste poche righe si evince chiaramente come il testo dello studioso italiano fosse profondamente calato nella tradizione divinatoria medievale, ancora presente nella cultura rinascimentale.
    In questa cultura troviamo «la dottrina delle segnature, secondo la quale tutte le cose hanno sulla loro superficie, impressa sul corpo, la segnatura mediante la quale si possono valutare i caratteri e le forze che essi nascondono. Questa proprietà e queste forze determinano, attraverso l'analogia delle forme, la legge delle corrispondenze tra ogni essere e ogni cosa, le loro reciproche simpatie. Spetta ai pianeti imprimere il marchio; come esordisce il Cardano, la vita degli uomini è scritta e designata con lettere divine. La chiromanzia si riferisce allo stesso principio, al fine di decifrare le linee della mano; ciò è dovuto a una triplice relazione fra un indice esterno, una proprietà inferiore dell'uomo e una potenza astrale determinante»[2].
    Il lavoro del Cardano e le ipotesi divinatorie della fisiognomica ebbero un'eco notevole, anche al di fuori dell'ambito della medicina magica coeva.
    Infatti la Metoposcopia riscosse «un successo non propriamente effimero tanto che, dopo il trattato del Cardano, apparvero numerosi scritti sull'argomento, soprattutto nella prima metà del Seicento, a dispetto della censura di Sisto V a proposito delle pratiche divinatorie, vietate con la Bolla del 1586» [3].


    Relazione tra i nei e i segni dello zodiaco secondo Cardano


    Pur nell'arcaicità che ancora lo caratterizzava, il trattato di Cardano contiene alcune osservazioni interessanti sulla volontà di approntare un metodo 'scientifico' per avventurarsi nella lettura dei volti e su come attrezzarlo con il necessario apparato di esperienze e opportunità di confronto. Nel tentativo di far collimare il metodo della fisiognomica con le istanze dell'astrologia, Cardano si basò sul sistema che metteva in relazione i nei presenti sul corpo con gli avvenimenti, fausti e infausti, 'scritti' nel destino. L'ipotesi interpretativa si avvaleva ovviamente di una cultura magica che aveva radici molto antiche e lontane. Per esempio nello Zohar è scritto: «Tutto avviene quaggiù come lassù (...) nel firmamento che avvolge l'universo vediamo molte figure formate dalle stelle e dai pianeti, che rivelano fatti occulti e profondi misteri. Nello stesso modo sulla nostra pelle, che racchiude l'essere umano, esistono forme e tratti che sono le stelle dei nostri corpi».
    Un'ipotesi che in nuce aveva avuto la sua affermazione nel Trattato del leggendario Melampo, patrono dei maghi greci, autore della mitica opera sui nei, in cui questi segni risultavano valutati cercando delle relazioni tra la loro posizione anatomica, il destino e il carattere del soggetto.

    1. G. Cardano Metoposcopia, Parigi, 1658, pag. 23.
    2. F. Caroli Storia della fisiognomica. Arte e psicologia da Leonardo a Freud, Milano, 1995, pagg. 48-50.
    3. F. Caroli op. cit., pag. 51.

    Da Fisiognomica, Massimo Centini (Ed. Red – pagg. 23, 24, 25)



    *^*^*^*^*^*^


    Naturalmente, nella Metoposcopia, Cardano si concentra soprattutto sull'analisi della fronte, solcata da sette linee, che vengono denominate con il nome dei corpi celesti (a ognuno dei quali a sua volta, corrisponde una tipologia di carattere). Secondo Cardano, la linea più evidente corrisponde al tratto distintivo della personalità ed eventuali segni che s'incrociano o si accavallano alle linee della fronte, hanno un significato ben preciso. Per esempio, una croce su una determinata linea indica che si possiedono tutte le qualità dell'astro equivalente. Al contrario, una riga leggermente interrotta, o sottilissima in alcuni punti, significa che si tende a non usare le qualità corrispondenti, mentre una linea interrotta nettamente in più punti indica che dell'astro relativo si possiedono soltanto i difetti. E se le righe sono tagliate da una piccola linea verticale, è un segnale di pericolo: vuol dire che si ha qualche nemico. Occhio...

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    CARDANO, IL GENIO CHE FILOSOFAVA GIOCANDO A DADI

    Fu medico, matematico, filosofo, astrologo. E giocatore d’azzardo. Vantava il nome latino di Hieronymus Cardanus (da Cardano al Campo, un villaggio vicino Gallarate, da dove aveva origine la famiglia), ma il mondo lo conosce come Girolamo Cardano, il "Lombardo" com’è chiamato, visto che nacque - nel 1501 - a Pavia (per sbaglio, essendo in quel momento la famiglia in fuga da Milano colpita dalla peste). Studiò medicina a Padova, poi insegnò matematica e astronomia a Pavia e Milano (grazie ai buoni uffici del padre, Fazio Cardano, accademico di fama) esercitando a lungo la professione medica.
    Spirito inquieto e figlio degenere dei tempi (nel 1570 l’Inquisizione lo fece incarcerare con l’accusa di eresia per aver compilato l’oroscopo di Cristo, abiurò e fu scagionato), stampò 131 opere, dichiarando di averne bruciate altre 170 e lasciando ai posteri un centinaio di manoscritti. Si occupò di matematica - nel 1545 scrisse l’Ars Magna - di meccanica, geologia, astronomia, musica, filosofia e, anche, teoria delle probabilità. In qualche modo cercò di teorizzare la sua passione (o vizio?) più grande: il gioco d’azzardo.

    Girolamo Cardano fu sempre attratto da carte, dadi e scacchi, che fin da giovane gli fornirono il denaro necessario per vivere. Generalmente vinceva più di quanto perdesse, anche se al riguardo era solito affermare che «l’unico vantaggio deriva dal non giocare per niente...». Il gioco divenne una droga che per molti anni gli rubò tempo, denaro e reputazione. Arrivò a impegnare i gioielli della moglie e i mobili di casa, e una volta, sicuro di essere stato ingannato alle carte, con un coltello sfregiò un avversario. Ma i dadi per Girolamo Cardano furono anche il laboratorio ideale per condurre esperimenti sulla quantificazione del rischio. Tanto che attorno al 1525 sull’argomento scrisse un trattato che uscì postumo nel 1663 e oggi viene ristampato in edizione filologicamente corretta (Girolamo Cardano, Liber de ludo aleae, Franco Angeli, 2006, pagg. 240, euro 21): qui teorizza alcuni principi matematici generali applicati allo studio dei giochi, analizza aspetti particolari come il rotolio dei dadi partendo dalla premessa che la probabilità è governata da principi scientifici (la possibilità che esca un certo punteggio non dipenderebbe, insomma, dalla mera fortuna), anticipa le linee guida dei futuri «giochi di strategia» e persino dedica una sezione ai metodi per barare efficacemente... Scagliandosi contro coloro che bestemmiano quando perdono e deridendo quanti affidano il lancio dei dadi a gesti scaramantici. Girolamo Cardano: un filosofo straordinario e un grande giocatore d’azzardo. Come è stato scritto: «genio intellettuale e briccone incorreggibile».


    Luigi Mascheroni su Il Giornale di sabato 03 marzo 2007


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