Risultati da 1 a 2 di 2
  1. #1
    Roderigo
    Ospite

    Predefinito Tagli alla spesa pubblica - nel mirino sanità e scuola

    Sul tavolo del governo le proposte di Tremonti per ridurre la spesa pubblica. Si ricomincia da ticket e sanità, devoluta alle regioni. E poi trasporti, tariffe...

    Tagli e taglieggiati


    Gemma Contin

    Il governo si prepara a usare la forbice, anzi la mannaia, sui conti pubblici italiani. Nella concreta vita quotidiana delle persone significa, ad esempio, tagli alla spesa sanitaria e farmaceutica, ripristino dei ticket su medicinali, analisi e visite specialistiche, nuovi balzelli su farmaci e degenze introdotti dalle singole regioni a cui lo Stato ha decurtato i contributi e gli esborsi per la spesa sanitaria. Primo effetto della controriforma ospedaliera e della spinta ai servizi sanitari privati. Poi arriverà il resto, ad esempio i tagli alla spesa per l'istruzione pubblica, o ancora l'aumento a ruota libera dei costi dei trasporti, ormai quasi totalmente nelle mani di società per azioni privatizzate, dall'Alitalia alle Fs, fino alle ex aziende municipalizzate, ora Spa, che gestiscono in tutte le grandi città gli autobus, le metropolitane, la luce, l'acqua e il gas. Senza che peraltro i servizi siano migliorati alcunché.


    Buon padre di famiglia
    Si comincia da lontano, con la solita manfrina sul buco ereditato dal centrosinistra, lungo un percorso mediatico e "persuasivo" ampiamente adottato da un governo guidato da "l'uomo della televisione", che l'altrieri sera ha detto: «I soldi sono quelli che sono, e come un buon padre di famiglia, bisognerà scegliere se mandare i figli a studiare l'inglese in America o se comprare un frigorifero nuovo». A parte il fatto che il Cavaliere evidentemente non sa che per la stragrande maggioranza degli italiani la prima opzione non è nemmeno un sogno, tanto è lontana dalle possibilità concrete di chi guadagna, ancora nel 2002 e "con il sudore della fronte", meno di mille euro al mese. E ancora più lontana sarà, per la maggioranza assoluta delle famiglie, con la controriforma Moratti che punta alla privatizzazione della scuola e alla conseguente lievitazione del costi dell'istruzione. Ma non è vera neppure la seconda, dato che è proprio Berlusconi ad aver scelto di "sgravare" i ricchi e "aggravare" i poveri.

    E' inevitabile che qualcuno paghi quello che non pagano i redditi più alti, beneficati di imponenti riduzioni fiscali o dell'azzeramento delle tasse di successione sulle donazioni, anche le più cospicue. Per non parlare delle sanatorie all'evasione e all'illegalità studiate ad hoc per privati e imprese con redditi e capitali all'estero, o della riforma sulla bancarotta che il centrodestra si appresta a varare.


    Pagheranno i soliti
    Il presidente Berlusconi comincia ad avere il fiato corto, a un anno appena dalla sua elezione: poco più di dodici mesi dopo la firma di quel ridicolo contratto a senso unico esibito con uno svolazzo plateale a "Porta a Porta" e sottoscritto con la penna prontamente offerta da Bruno Vespa. E' per questo che deve prenderla alla lontana. Per spiegare agli italiane e alle italiane, vecchietti e bambini compresi, il come e il perché dovranno subire al tempo stesso, da un lato i rincari di tariffe telefoniche, assicurazioni auto, spese postali, biglietti di treni e bus, ticket sanitari e via aumentando; dall'altro i tagli ai servizi sociali, scuola e sanità in prima fila, prima ancora che l'Italia si infili nel gorgo pantanoso e pasticciato della riforma delle pensioni e del mercato del lavoro.


    Dieci miliardi di euro
    Ne vedremo delle belle, se è vero che le proposte che giacciono sul tavolo del Consiglio dei ministri richiedono una "manovrina" che cuba dieci miliardi di euro l'anno, o giù di lì, per ciascuno dei prossimi quattro anni residui della legislatura. Qualcosa come 20.000 miliardi di vecchie lire, tanto per avere un parametro familiare, e in un intorno di 50 miliardi di euro nel complesso. Solo Giuliano Amato era arrivato a tanto con la manovra finanziaria di "lacrime e sangue" del 1993. E potrebbero non bastare, se la spesa delle regioni sprecone, amministrate in larga maggioranza da governatori del centrodestra, continuerà a lievitare sia nella componente delle spese di funzionamento (assessorati, uffici, personale, autoblù, clientes e sprechi di sempre) sia in quella dei servizi devoluti territorialmente. Prima di tutto proprio la spesa sanitaria.


    Mano alle tasche
    La "Relazione generale sulla situazione economica del Paese nel 2001", preparata dal ministro dell'Economia Giulio Tremonti, presenta, e dovrà far digerire a un Consiglio dei ministri recalcitrante e col mugugno, le pile di numeri e le scelte politiche che "ispirano" e da cui prenderà le mosse il Documento di programmazione economica e finanziaria (Dpef) che dovrà essere approvato entro un mese. Tremonti, per spiegare i tagli, si aggrappa a quel "tracollo" del Pil indicato come «decelerazione della crescita dal 2,9% dell'anno precedente all'1,8 nel 2001». Anche se il ministro continua a dirsi fiducioso, anzi «straordinariamente ottimista nella ripresa che non dovrebbe tardare».

    Sta di fatto che intanto la raffica di aumenti è già partita dal secondo semestre dell'anno scorso: il 10, 7% sulle assicurazioni auto, il 25, 8% in più sui conti del Bancoposta; 7,7 il rincaro sui biglietti aerei e 3,7 quello sui treni, oltre il 5,7 sui traghetti; poi c'è il "ritocco" alle tariffe: il 3,1 le elettriche, il 6,9 in più sull'erogazione del gas. E Telecom ha appena annunciato che rivedrà al rialzo il costo delle telefonate.


    Alleati scontenti
    Il mal di pancia è di casa nella Casa delle Libertà, perché scoperto che Tremonti e Berlusconi sono deboli in economia politica ed anche in politica economica, e che la loro ricetta liberista è l'esatto contrario delle riforme di sostegno alla crisi americana varate da Bush, gli alleati non sanno che fare. Non lo sa la Lega, e pazienza, ma non lo sa neppure il centro ex democristiano, assai preoccupato di scelte che stanno portando l'Italia in un vicolo cieco.

    Se il petrolio crescerà di un solo mezzo dollaro a barile, se l'euro non terrà un livello competitivo, se il Pil continuerà a ristagnare e a retrocedere, se la crescita americana non imprimerà alle esportazioni italiane un incremento significativo, se la Fiat come è probabile dismetterà l'auto, se San Francesco protettore del Belpaese si distrarrà un momento, con questo governo sarà una catastrofe.

    Liberazione 26 maggio 2002
    http://www.liberazione.it

  2. #2
    Roderigo
    Ospite

    Predefinito L'Istat: le famiglie italiane sono sempre più povere

    Le famiglie italiane sono sempre più povere: tra il 1996 e il 2001, infatti, quelle che vivono nell'indigenza sono aumentate di 628 mila unità toccando la soglia di 2 milioni 706mila famiglie. Sotto la soglia di povertà relativa si colloca, nel 2001, il 12,3% delle famiglie contro il 10,3% del '96. Di fatto ben 7 milioni 948mila persone pari al 14% dell'intera popolazione. La crescita si è fatta sentire soprattutto nel Centro dove si passa dal 5,7% del 1996 al 9,7% del 2001. Alla base del peggioramento ci sarebbero i terremoti che hanno colpito Umbria e Marche. Più stabile la situazione al Sud (+1,3%) che permane comunque con il 23,6% la zona a più alto tasso di povertà. Nel Nord si registra un aumento dell'1,8% a quota 5,7%. si Sono questi i risultati di una ricerca della Cgia di Mestre su elaborazione di dati Istat. A caratterizzare le famiglie maggiormente colpite dal fenomeno della povertà relativa, nota il Centro Studi, è la presenza di più figli, soprattutto di minori, i bassi livelli di istruzione, l'esclusione del lavoro, la presenza di anziani o di anziani che vivono da soli.

    Liberazione 26 maggio 2002
    http://www.liberazione.it

 

 

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