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Risultati da 1 a 10 di 46
  1. #1
    Ospite

    Predefinito Per Roderigo: quiali sarebbero gli errori.

    Cito uno degli epigoni di Marx considerato fra i più "aperti", cioè Antonio Gramsci.

    "La classe operaia si è identificata con la produzione, si è identificata con la fabbrica, il proletario non può vivere senza lavorare metodicamente e ordinatamente. La divisione del lavoro ha creato nel proletariato la solidarietà di classe, quanto più il proletario si specializza in un gesto professionale, tanto più sente di essere la cellula di un corpo sociale organizzato[.....], tanto più sente la necessità che tutto il mondo sia come un'immensa fabbrica , organizzato con la stessa precisione, lo stesso metodo, lo stesso ordine che egli verifica essere viotale nella fabbrica dove lavora".
    (Ordine nuovo-1920)

    "...... solo un siffatto tipo di autorità-esercitato dall'elite di una classe sulla propria classe-può legittimamente mettere in atto, nella misura e con l'intensità adeguata, il livello di coercizione indispensabile per l'acquisizione delle attitudini psicofisiche necessarie per i nuovi metodi di lavoro"
    (Americanismo e fordismo-anni trenta)

    (si parla di disciplinamento degli istinti sessuali a fini produttivi, sic! ndr )

    Aiuto! Fermatevi! Voglio scendere!

  2. #2
    Roderigo
    Ospite

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    Gabriella, qui Gramsci fa un'analisi, non esprime una adesione di valore.

    R.

  3. #3
    SENATORE di POL
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    Originally posted by Roderigo
    Gabriella, qui Gramsci fa un'analisi, non esprime una adesione di valore.

    R.
    D'accordo arrampicarsi sugli specchi, ma senza piccozza, prego...

    Saluti liberali

  4. #4
    Ospite

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    Originally posted by Roderigo
    Gabriella, qui Gramsci fa un'analisi, non esprime una adesione di valore.

    R.
    No, mi dispiace, ma l'adesione c'è ed è piena. Ho riportato dei brani, ma, all'interno degli scritti, l'adesione è chiarissima. (Cfr Marco Revelli- Oltre il Novecento -ed. Einaudi). E Revelli è pure uno dei vostri

  5. #5
    Roderigo
    Ospite

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    Originally posted by gdr
    No, mi dispiace, ma l'adesione c'è ed è piena. Ho riportato dei brani, ma, all'interno degli scritti, l'adesione è chiarissima. (Cfr Marco Revelli- Oltre il Novecento -ed. Einaudi). E Revelli è pure uno dei vostri
    Se questa adesione esiste, me la potete descrivere, spiegare e dimostrare.

    R.

    p.s. parlo al plurale, visto che in questa contesa hai trovato un alleato.

  6. #6
    Ospite

    Predefinito

    Originally posted by Roderigo

    Se questa adesione esiste, me la potete descrivere, spiegare e dimostrare.

    R.

    p.s. parlo al plurale, visto che in questa contesa hai trovato un alleato.
    Devo riportare un capitolo del libro di Marco Revelli? (persona per me stimabilissima). Perchè non compri il suo libro? E' molto interessante

  7. #7
    Roderigo
    Ospite

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    Originally posted by gdr
    Devo riportare un capitolo del libro di Marco Revelli? (persona per me stimabilissima). Perchè non compri il suo libro? E' molto interessante
    D'accordo, seguirò il tuo consiglio.
    Ma per adesso, non ho nessun elemento per ritenere che Gramsci eprima una adesione valoriale all'organizzazione fordista del capitalismo americano e alle sue conseguenze sociali, culturali e di costume.
    Se vi aderisse, perchè dovrebbe volerla rivoluzionare?
    Altra cosa è sostenere che ne ammira la razionalità, la forza e la capacità di direzione sociale.

    R.

    p.s. per quanto riguarda ciò che devi postare, credo provvederà Pieffebì a produrre e riprodurre, ben più delle dimensioni di un capitolo.


  8. #8
    SENATORE di POL
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    Predefinito

    riporto qui un mio, lunghetto, vecchio post su Gramsci:

    Pieffebi
    Membro
    Posts: 882
    Registered: Jun 2000
    posted 27-08-2000 169
    ------------------------------------------------------------------------------
    La posizione ideologico-filosofica di Antonio Gramsci è riconducibile, oggettivmante, ad una sorta di "miscela" fra marxismo-rivoluzionario ed idealismo filosofico neohegheliano. E' noto che l'epistemologia gramsciana è essenzialmente idealistica e tende ad interpretare il materialismo storico come una sorta di conciliazione dialettica fra realismo e idealismo. In effetti persino nell'interpretazione filosfica del marxismo Gramsci è debitore di Giovanni Gentile e, in misura minore, persino di Benedetto Croce, con il quale pure polemizzerà, in quanto filosofo "speculativo". In perfetta opposizione alla gnoseologia marxista ortodossa, espressa ad esempio da Lenin in "Materialismo ed Empiriocriticismo", l'impostazione Gramsciana giunge a professare apertamente una deformazione idealistica della dialettica materialistica, trasformando il concetto di oggettività in "oggettivismo universale" e quindi in "intersoggettivismo". Gramsci giunge per questa via a negare l'esistenza autonoma del mondo esterno, per cui "ciò che noi conosciamo delle cose è niente altro che noi stessi", cadendo in formulazioni di fatto estremamente simili a quelle del neoidelaismo e anche del medesimo empiriocriticismo confutato da Lenin. Gramsci come alcuni empiriocriticisti russi (Bogdanov...) considera questa visione una corretta interpretazione ed evoluzione della dialettica marxista. La sua concezione del "blocco storico" è l'esatto opposto, nell'interpretazione del marxismo "filosofico", dell'elaborazione leninista del materialismo dialettico. La propensione di Gramsci per un'interpretazione idealistica del materialismo storico discende direttamente, come detto, dalla sua dipendenza da Giovanni Gentile, di cui ancora sul "Grido del Popolo" del 1918, dichiarerà la sua totale ammirazione. La visione filosofica di Giovanni Gentile, già in epoca prefascista, sara' caratterizzata, sul piano politico, da una particolare interpretazione antidemocratica ed antiindividualista del liberalismo, in aperta polemica con i liberali classici. Il "liberalismo" gentiliano si esprime pertanto come "liberalismo nella legge e perciò NELLO STATO FORTE e nello Stato compiuto come una REALTA' ETICA", Lo Stato in questa visione idealistico neohegeliana è "l'incarnazione dello spirito del popolo", giacchè "la nostra vera individualità è quella che abbatte tutte le barriere tra noi e gli altri, e ci fa attingere quel fondo comune, in cui e gli altri, nel bene, nell'arte, nel sapere, siamo un'individualità sola". Questa visione antiindividualista, si cncretizza nell'interpetazione antidemocratica della funzione e natura dello Stato. Gentile, nella tradizione che va da Rousseau ad Hegel, vede nello Stato l'incarnazione della Volontà Generale, della Volontà Unica del popolo, della Nazione. La politica per Gentile non è diritto, ma morale, è la volontà in atto del popolo, NON dei singoli individui. Ma "la volontà di un popolo che si sente nazione, che si vuole come tale, è lo Stato". Solo nello Stato e per lo Stato si dispiega la libertà, che giammai può essere al di fuori o contro lo Stato. E la volontà del popolo, fondativa della politica "Non è certo la somma dei voleri degli individui che lo costituiscono; bensì quel VOLERE UNICO che ognuno di questi individui (pochi,molti, moltissimi) attua, come volere che valga come volere di tutti: ossia il volere uno individuale come volere comune, in quanto riesce ad essere tale". Ma se l'individuo non concorre a ciò, e si trasfoma in "anima bella" (Hegel), cioè in elemento estraneo alla volontà del popolo, alla sua eticità, diviene con ciò un pericolo per la Nazione, una minaccia per lo Stato, il quale essendo l'incarnazione dello spirito del popolo e della sua volontà generale, ha tutto il diritto di difendersi, con qualsiasi mezzo utile, non esclusa la forza. Come osserva giustamente il Bedeschi : "Lo stato teorizzato dal filosofo siciliano si configura infatti non solo come stato autoritario, ma come stato essenzialmente totalitario, in quanto sopprime ogni autonomia della famiglia e della società civile rispetto allo Stato". In effetti per Giovanni Gentile lo Stato e la società civile si identificano reciprocamente, e nella sua adesione al fascismo il filosofo troverà il coronamento del percorso intellettuale fondato sulla statolatria idealistica. Il Fascismo sarà per Gentile la concretizzazione più alta dello Stato Etico. La derivazione del Gramsci de l'Ordine Nuovo da Gentile è evidente. Le sue parole ne rilevano spesso una profonda dipendenza di ordine filosofico, sebbene volta in quella che si dimostrerà sempre più in una contrapposta opzione politica. Gramsci loda in Gentile l'identificazione della filosofia con la storia, e lo sviluppo della filosofia hegeliana in "filosofia della praxis", parallelamente al marxismo. Ma anche la definizione dei compiti della rivoluzione proletaria è espressa dal Gramsci ordinovista in termini fortemente gentiliani : "Essa trasforma la società fondamentalmente: da organismo unicellulare (di individui-cittadini) la trasforma in organismo pluricellulare; pone a base della società nuclei già organici di società stessa. COSTRINGE TUTTA LA SOCIETA' AD IDENTIFICARSI CON LO STATO, vuole che tutti gli uomini siano consapevolezza spirituale e storica". La fortissima influenza gentiliana è evidente e non è solo "linguistica", infatti il Gramsci continua con un'ancora più chiara esplicitazione del suo pensiero : "La Rivoluzione è tale (...) quando si incarna in un tipo di Stato, quando diventa un sistema organizzato del potere. Non esiste società se non in uno Stato, che è la sorgente ed il fine di ogni diritto e di ogni dovere, che è garanzia di permanenza e di successo di ogni attività sociale. La rivoluzione proletaria è tale quando da vita e si incarna in uno Stato tipicamente proletario, custode del diritto proletario, che svolge le sue funzioni essenziali come emanazione della vita e della potenza proletaria." E' da notare che l'enfatizzazione dello Stato è del tutto estranea al marxismo, e tipica invece del neohegelismo gentiliano. La dottrina marxista dell'estinzione dello Stato è completamente ignorata, in questa fase, da Gramsci che anzi sostiene che senza Stato non vi è Società. L'estinzione dello stato sarebbe pertanto estinzione e disgregazione della società, l'esatto opposto del comunismo. Vedremo come più avanti Gramsci cercherà di conciliare gentilismo e marxismo anche riguardo a questo punto. Sin qui il giovane Gramsci, ma che dire del Gramsci delle riflessioni dei "Quaderni ", scritti durante il periodo del carcere ? Il Gramsci maturo non smentisce la sua impostazione filosofica di fondo, ma evolve indubbiamente in modo critico il suo pensiero. Ancora nel 1926 Gramsci individuava indubbie similitudini fra la situazione russa e quella italiana, mentre nel suo periodo più maturo metterà in luce le profonde differenze, come segue: "In Oriente, lo Stato era tutto, la società civile era primordiale e gelatinosa; nell'occidente fra Stato e società civile c'era un giusto rapporto e nel tremolio dello Stato si scorgeva subito una robusta struttura della società civile. Lo Stato era solo una trincea avanzata, dentro la quale stava una robusta catena di fortezze e di casematte, più o meno da Stato a Stato, si capisce, ma questo appunto domandava un'accuratta ricogniizione di carattere nazionale" per cui nelle società avanzate ove "la società civile era diventata una struttura molto complessa e resistente alle irruzioni catastrofiche dell'economia(..) la strategia comunista doveva essere assai più articolata e complessa, e rinunciare all'illusione che bastasse un attacco frontale per abbattere il nemico: dietro la prima linea, infatti, c'era tutto un insieme di efficienti linee difensive...". Gramsci, idealista in filosofia, sovverte oltre che l'epistemologia anche,conseguentemente, la visione marxiana della società civile. Infatti scrive : "le superstrutture della società civile erano come il sistema delle trincee nella guerra moderna". Da qui quella che Roderigo ha ricordato come elaborazione della strategia, in occidente, della guerra di posizione dei partiti comunisti, vista l'inefficacia della guerra di movimento. E' da ricordare la natura strutturale della società civile in Marx, che per Gramsci diventa soprastrutturale, in quanto non comprende il complesso delle relazioni economico-sociali (marxismo ortodosso) ma il complesso delle relazioni ideologico-politiche. Mentre per Marx la relazione fra società civile e Stato è parte della relazione struttura-sovrastruttura, in Gramsci si tratta di una relazione fra elementi entrambi soprastrutturali, ove allo Stato competono le funzioni di dominio diretto e di comando, che si attuano mediante il dispiegamento delle funzioni di governo. Questa originale e sostanzialmente revisionistica visione di Gramsci sarà fondamentale nella genesi e nello sviluppo della sua teoria dell'egemonia. La concezione Gramsciana dell'egemonia non è la prima o l'unica visione dell'egemonia prodotta dalla scuola marxista, ma è la prima concezione CULTURALE dell'egemonia, giacchè si fonda su una visione "revisionistica" della relazione società civile e Stato, resa possibile da un'interpretazione neoidealistica del materialismo storico. La dottrina leninista dell'egemonia è essenzialmente, a differenza che in Gramsci, una dottrina della DIREZIONE POLITICA, che è strutturalmente integrata nel concetto di DITTATURA RIVOLUZIONARIA del PROLETARIATO e di direzione monopolistica bolscevica della dittatura stessa. In Lenin la violenza è elemento essenziale per la concretizzazione dell'egemonia politica e si esplica essenzialmente contemporaneamenet e soprattutto successivamente alla "presa del potere". Per il Gramsci maturo, invece, proprio in ragione della sua "eretica" interpretazione della natura e del ruolo della società civile, le cose sono ben diverse. Gramsci non rinuncia alla violenza, all'uso della forza, ma in lui, il momento della rottura rivoluzionaria resta fondamentalmente subordinato al momento dell'egemonia CULTURALE. Ne consegue che l'egemonia stessa deve iniziare ad agire ben prima della "presa del potere", come sua condizione preliminare. Necessariamente l'egemonia gramsciana si esprimeva sì attraverso il Partito Comunista, ma per suo tramite, anche mediante le altre istituzioni della società civile, quali la scuola, gli enti culturali, le case editrici... Questo mutamente è correlato al passaggio dalla guerra di movimento a quello della guerra di posizione? Certo, ma solo in parte. Ovviamente lo stesso Lenin aveva avvertito che la rivoluzione in occidente,pur seguendo necessariamente le "lezioni" dell'Ottobre, si sarebbe manifestata in buona parte diversamente, vivendo con tutta probabilità la guerra civile come lunga fase prima e durante la conquista del potere e NON, come in russia, successivamente a questa. Lenin aveva avvertito i partito comunisti della necessità di trasformarsi in partiti di massa, conquistando la maggioranza della classe operaia. E per la conquista della maggioranza aveva combattuto ogni rigidità tattica, dichiarata infantile e controproducente, mettendo in primo piano la sua concezione della coscienza politica di classe e della modalità con la quale questa poteva essere fatta crescere nel proletariato dall'azione del partito comunista. Le parole d'ordine del Fronte Unico e del Governo Operaio, erano intese a sviluppare i partiti comuinisti durante la fase controrivoluzionaria, in modo da non perdere la prossima occasione.... Gramsci però va ben oltre e rompe, in ragione della sua interpretazione della filosofia politica del marxismo, impossibile a Lenin, con i rigidi schemi della "dialettica materialistica", reinterpretandoli radicalmente. Le lezioni della filosofia neoidealistica di Giovanni Gentile e di Benedetto Croce saranno essenziali in questa reinterpretazione della dinamica politico-sociale. L'ideologia politica, che in Marx e Lenin era una mera sovrastruttura, dialetticamente determinata dalla "base materiale economico-sociale", viene intesa da Gramsci come uno elemento autonomo di influenza intellettuale e culturale di una classe o frazione di classe, e dunque come struemento di egemonia. E conseguentemente l'attenzione di Gramsci si sposta, come è noto, sul ruolo degli "intellettuali organici", organici cioè, in questa battaglia per l'egemonia, ad una classe sociale, e al partito che politicamente ne rappresenta le istanze. La guerra di posizione rivoluzionaria e per Gramsci la traduzione del bolscevismo nella situazione evoluta delle società occidentali, ove la forza e la coercizione da sole non potevano bastare a piegare la borghesia e la società civile tutta alla volonta' del partito rivoluzionario ed al suo progetto organico di trasformazione della società. Questo processo non riduce affatto, tuttavia il ruolo del partito comunista, che anzi MODERNO PRINCIPE, costituisce l'incarnazione storico-politica della visione marxista-leninista, così rinnovata. Il Partito, scrive il Gramsci "deve e non può non essere il banditore e organizzatore di una riforma intellettuale e morale, ciò che poi significa creare il terreno per un ulteriore sviluppo della volontà collettiva nazionale popolare verso il compimento di una forma superiore e totale di civiltà moderna". Per cui "Il moderno Principe, sviluppandosi, sconvolge tutto il sistema di rapporti intellettuali e morali, in quanto il suo svilupparsi significa appunto che ogni atto viene concepito come utile o dannoso, come virtuoso o scellarato, solo in quanto ha come punti fi riferimento il moderno principe stesso e serve a incrementare il suo potere o contrastarlo. IL PRINCIPE PRENDE IL POSTO NELLE COSCIENZE, DELLA DIVINITA' O DELL'IMPERATIVO CATEGORICO, DIVENTA LA BASE DI UN LAICISMO MODERNO E DI UNA COMPLETA LAICIZZAZIONE DI TUTTA LA VITA E DI TUTTI I RAPPORTI DI COSTUME". In realtà è evidente la contraddizione : il partito divinizzato, che si sostiuisce a Dio è il partito deificato che promuove l'ateismo ma non è laico. E' una nuova confessione religiosa quella del comunismo, e la sua influenza egemonica e dittatoriale sulla socieetà è CONFESSIONALE, tutt'altro che laica. Certo è un NUOVA religiosità quella che viene alla luce, moderna, "scientifica", ma pur tuttavia con tutte le carattersistiche integralistiche della fede religiosa e con gli sturmenti del potere ecclesiastico dei periodi "d'oro". Come nota giustamente il Bedeschi con tali concezioni Antonio Gramsci "ad onta della sue aspirazioni ad un laicismo moderno, ha espresso una concezione integralmente totalitaria della società, poichè in essa, il moderno Principe, cioè il partito comunista, è al centro della vita dell'uomo in tutti i suoi aspetti: Il moderno Leviatano viene infatti ad identificarsi con tutta la vita sociale e culturale, coprendo tutti gli spazi della società civile, e non lasciando margini di autonomia o indipendenza nemmeno nel loro interno, nemmeno nella vita intellettuale e morale". Come Gentile ha rivendicato il carattere di universalità del fascismo così ha fatto l'allievo Gramsci con il comunismo. Il fascismo sarà infatti per Gentile "una concezione totale della vita", ed anche in Gramsci lo strumento egemonico fondamentale del partito verso le masse è L'INDOTTRINAMENTO, mediante la ripetizione ossessiva, costante delle verità di fede. Gramsci infatti è preoccupato della "estrema labilità nelle convinzioni delle masze popolari" e sostiene testualmente che "la ripetizione è il mezzo didattico più efficace per operare sulla mentalità popolare", anche se occorre comunque "lavorare per elevare intellettualmente" sempre più ampi strati popolari, suscitando fra esse "nuove elites intellettuali", che devono però divenire "nuove stecche del busto", conformandosi alla fede dogmatica del Principe e nel Principe. Attraverso questi metodi chiaramente propri di uno Stato confessionale e totalitario si deve giungere ad isolare e fare tacere gli oppositori, sebbene occorra "essere giusti con gli avversari", altrettanto implacabile è la lotta ideologica di annientamento che va ingaggiata contro di essi. Il dibattito con gli avversari più intelligenti e preparati è tuttavia visto come una palestra per la formazione ideologica e politica dei nuovi militanti, ma non deve indulgere a nessuna concessione. Nel nuovo Stato Operaio, ammette Gramsci, che ora (a differenza che in gioventù )e' uno Stato in via di estinzione , è evidentemente previsto un lavoro di ricerca scientifica che ammetta anche una certa libertà di dibattito, nell'interesse del progresso ... ma scrive : "Non sarà del resto difficile mettere in chiaro quando tali iniziative di discussione abbiano carattere non scientifico e interessato. Non è del resto impossibile pensare che le iniziative individuali siano disciplinate e ordinate, in modo che esse passino attraverso il crivello di accademie e istituzioni culturali di vario genere E SOLO DOPO ESSERE STATE SELEZIONATE DIVENTINO PUBBLICHE." Le associazioni della società civile, strettamente correlate al Moderno Principe (partito comunista), che sostituisce nella coscienza sociale Dio stesso, si prenderanno la briga per stabilire ciò che si può rendere pubblico e ciò che va censurato. Lo Stato Operaio Totalitario gramsciano è la trasposizione occidentale, più+ raffinata ed evoluta ma sostanzialmente identica nell'ossatura illiberale, delle "democrazie popolari" totalitarie dei paesi del "socialismo reale". E' un fascismo gentiliano rovesciato nei suoi "contenuti di classe". La dipendenza di Gramsci da Gentile e la sua affinità è eviedente anche nel passo in cui Gramsci teorizza, finalmente, l'estinzione dello Stato convergendo in questo con l'ortodossia marxista-leninista : "L'elemento Stato-coercizione si può dichiarare esaurentesi a mano a mano che si affermano elemente sempre più cospicui di società regolata (O STATO ETICO o SOCIETA' CIVILE)". Ma quella con gentile non è solo una convergenza linguistica, a ben vedere Gramsci accetta solo parzialmente l'estinzione dello Stato, riferendola solo all'elemento coercitivo. Egli non contraddice la statolatria gentiliana, il coincidere dello Stato Etico con La Società Civile, divenuta società regolata, non è marxista e il sopravvivere di questo elemento dello Stato non ha nulla a che vedere con, a solo titolo d'esempio, a come Lenin immagina la società senza Stato (si veda "Stato e Rivoluzione"). Gramsci cerca di conciliare la propria concezione, che dipende da Gentile, con il marxismo-leninismo, e approda ad una riforma neohegelina del marxismo che non è meno totalitaria di quella edificata in oriente da Lenin e soprattutto da Stalin... lo è più civilmente e in modo culturalmente più avanzato, e raffinato, questo sì. Anche il preteso (da alcuni intellettuali progressisti) "liberalismo" di Gramsci e strettamente parente del "liberalismo" antidemocratico ed antiindividualista di Gentile. Certo i due pensatori si trovano a combattere dalla parte opposta della barricata... Marxixticamente si potrebbe definire Gramsci il Giovanni Gentile del proletariato italiano, e Gramsci non rinnegherà mai del tutto la propria giovanile ammirazione verso quel maestro così simile e tanto diverso, cosciente della propria dipendenza profonda, nella visione filosofica culturale, dal pensiero del maestro-avversario. Quello che per Gentile è lo Stato, nell'ultimo Gramsci sarà, in effetti, il partito, "strumento per il passaggio dalla società civile politica alla società civile regolata, in quanto assorbe in sè entrambe per superarle". Il Partito moderno Principe è il nuovo "Stato Etico", il punto di partenza ed il punto di arrivo dell'intero processo rivoluzionario, che prende il posto, nelle coscienze di Dio e dell'imperativo categorico. La fondazione filosofica di un totalitarismo integrale per l'occidente è con ciò compiuta. Le riflessioni gramsciane pratiche sulla transizione democratica, tra fascismo e dittatura proletaria, non scalfiranno l'impostazione di fondo, che resta radicalmente avversa ad ogni concezione moderna e pluralistica della democrazia come VALORE (anche se la democrazia come valore è per certi versi un concetto NON liberale).

    Cordiali saluti.


  9. #9
    Roderigo
    Ospite

    Predefinito

    Ci avrei giurato.
    Se ricordo bene - il post risale a due anni fa, ai tempi del forum "Ultima Chanche" - questo tuo testo, piu o meno riflette l'interpretazione di Gramsci, del filosofo cattolico Augusto del Noce, lo rileggerò, ma non mi pare centri la questione trattata in Americanismo e Fordismo.

    R.

    p.s. Però almeno i paragrafi potevi riformattarli.

  10. #10
    Ospite

    Predefinito

    Originally posted by Roderigo

    D'accordo, seguirò il tuo consiglio.
    Ma per adesso, non ho nessun elemento per ritenere che Gramsci eprima una adesione valoriale all'organizzazione fordista del capitalismo americano e alle sue conseguenze sociali, culturali e di costume.
    Se vi aderisse, perchè dovrebbe volerla rivoluzionare?
    Altra cosa è sostenere che ne ammira la razionalità, la forza e la capacità di direzione sociale.

    Perchè ritiene che il taylorismo e il fordismo siano efficienti in sè e che, perciò, la classe per lui rivoluzionaria, il proletariato, deve appropriarsi di quell'organizzazione, ovviamente cambiando i rapporti di produzione, ed estenderla a tutta la società intera. Al posto dei dirigenti della fabbrica, l'avanguardia cosciente della classe, che può, anzi deve, usare anche metodi coercitivi. E' l'adorazione del lavoro e della tecnica come valori in sè, con l'essere umano nient'altro che strumento per le magnifiche sorti e progressive... Brrrrrrr!!!!!!!

    R.

    p.s. per quanto riguarda ciò che devi postare, credo provvederà Pieffebì a produrre e riprodurre, ben più delle dimensioni di un capitolo.


 

 
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