Risultati da 1 a 4 di 4
  1. #1
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    La Lupa romana è una cagna bastarda che muore allattando 2 figli di puttana
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    Predefinito Articolo interessante sull'inno itagliano su ilnuovo

    Canta l'Inno che ti passa la rabbia di essere italiano


    di Natalino Bruzzone

    E' polemica per i calciatori che non cantano l'Inno
    Ma pochi comprendono il senso di quelle strofe
    In realtà c'è un pericoloso ritorno di nazionalismo
    Ed è il sintomo di libertà che vengono calpestate
    L’Italia è il paese dei tormentoni, del Festival di Sanremo e delle interessate e fastidiosissime mosche cocchiere sul groppone del calcio. E, ricordando che questa è anche la landa fortunata e per niente oscura dei cuochi (oltre che di santi, navigatori e poeti), si capisce come la fricassea delle tre specialità porti allo sformato di lamentazioni isteriche provocato dal fatto che i giocatori della nazionale non cantano l’Inno di Mameli.
    Ma, per favore, sappiamo almeno di che cosa si parla? Credo di no, a meno che il sentimento dell’ipocrisia non abbia raggiunto e superato il livello di guardia e di maschera. Non si spiegherebbe altrimenti l’attaccamento per versi del tipo: “Stringiamoci a coorte/ Siam Pronti alla morte”, “I bimbi d’Italia/ Si chiaman Balilla/ Il suon d’ogni squilla/ I Vespri suonò”, “Già l’Aquila d’Austria/ Le penne ha perdute. Il sangue d’Italia,/ Il sangue Polacco,/ Bevé, col cosacco,/ Ma il cor le bruciò” e , ancora, irreversibile e incorreggibile, “Stringiamoci a coorte/ Siam pronti alla morte/ L’Italia chiamò”. Sono parole di una bruttezza imbarazzante, di una retorica polverosa e populistica che vorrebbe farci, nell’ordine, destare, cingerci il capo dell’elmo di Scipio, chiedere dov’è la vittoria, porgere la chioma e avere fede nel dogma che Dio ha creato la penisola schiava di Roma. Ognuno avrà francamente l’inno che si merita, ma quando è troppo è troppo.

    Così, invece, di mandare in archivio una simile pletora di arcaismi risorgimentali (che avranno anche avuto un senso, ma che, comunque, lo hanno smarrito da un pezzo), cercando un’altra forma di simbologia musicale e poetica, si assiste a un incredibile revanscismo patriottardo, innescato, per giunta, non da un sentimento sincero dell’opinione pubblica, ma dalla follia televisiva di Aldo Biscardi, dando così credito al demagogo pallonaro che si tinge i cappelli del colore del cibo preferito dal coniglio Bugs Bunny.

    E, bisogna sottolineare, come i calciatori porgano cristianamente e signorilmente l’altra guancia senza rispondere che loro sarebbero disposti sì a urlare il mitico parto creativo di Mameli, ma alla irrinunciabile condizione che Biscardi impari l’uso della lingua di Dante e Manzoni, perfezionando il ricorso al congiuntivo e pagando pubblico pegno ogni volta che si concede alla tentazione degli strafalcioni (tipo il leggendario “gli incunaboli della difesa”).

    Ma, terribili o belle che siano le strofette , la questione dell’Inno è, forse, più complessa o più superficialmente deteriore. Sospetto che assomigli, per esempio, alla mania di copiare i comportamenti americani: il popolo degli Stati Uniti mangia pop corn e ingerisce bibite gasate al cinema, bene lo facciamo anche noi; loro, negli States, suonano l’inno prima di ogni incontro di football, pronti e via pure in Italia. Senza pensare per un solo istante alla diversità delle culture e delle tradizioni , oltre che alla nostra quasi assoluta mancanza di un vero sentimento per l’idea di Stato. Non conta niente quello che uno è, l’essenziale è come appare. Sono religioso perché non mi perdo mai un miracolo di San Gennaro e dunque, alla stessa maniera, mi sento cittadino modello solo se canto l’Inno di Mameli (non importa se rubo, non pago le tasse, picchio la moglie e cresco i figli davanti alla tv).

    C’è un pericoloso ritorno a emozioni nazionalistiche che potrebbero essere la spia di una libertà messa in castigo. Se un ministro protesta e strepita per l’innocente versione rock di Mameli, possiamo presto ipotizzare una lista di libri proibiti alle biblioteche o di film da bruciare. Inseguendo il consenso di massa e della masse, inculcando inni e slogan, agitando censure, ideologie totalitarie e fondamentalismi religiosi si arriva al tremendo capolinea d’annientamento come ha ampiamente dimostrato la storia del Novecento. Nel suo piccolo anche sfruttare il fenomeno del calcio è un indice di smarrimento e di rischiosa deriva.

    Gli azzurri intesi come l’icona della patria e come guerrieri unti dal Signore (e non da Carraro) sarebbero così obbligati a cantare Mameli. In caso contrario sono da classificare come mercenari e traditori. Poveri noi, se crediamo davvero che il calcio e l’inno siano la bandiera di una nazione e di una politica. Cantate che vi passa la rabbia per non avere lavoro e ospedali che funzionino. Cantate altrimenti i conduttori televisivi saranno meno felici nell’intascare i milioni dei loro sponsor. Siete solo delle figurine Panini, non potete ribellarvi: cantante altrimenti Aldo Biscardi potrebbe azzeccare la giusta pronuncia di “scoop”. Cantate, magari accompagnandovi con il mandolino, mentre in tribuna s’inquadrano fidanzate e genitori che mangiano la pizza. Cantate perché siete italiani con il sole in fronte anche quando piove. Ma, se mi permette, non cantante e resistete alla vergogna per gli idioti rimasti a casa e stretti a coorte. E se metterete mani e piedi sulla Coppa del Mondo, cantate “Volare”, perché potete stare sicuri che porci e asini non avranno mai le ali.

  2. #2
    piemonteis downunder
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    L'inno di un paese deve rispecchiarne l'immagine,
    deve rappresentarne l'essenza. Percio' l'unico inno
    che mi viene spontaneo cantare per l'itaglia e'
    l'Inno al Corpo Sciolto di Benigni (in versione
    folk o rock se Gasparri preferisce).

  3. #3
    VENETO LÌBARO
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    Originally posted by aussiebloke
    L'inno di un paese deve rispecchiarne l'immagine,
    deve rappresentarne l'essenza.
    e deve rappresentarne il Popolo. Ma gli itagliani sono tutto tranne che un popolo

  4. #4
    email non funzionante
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    Quello che disturba maggiormente è che l'Inno viene ormai presentato come una prescrizione medica, come un dovere che DEVE sfuggire alla ragione e alla veracità dei cittadini. L'inno ormai è ovunque a dipingere un nuovo medioevo, a regalare nuovi paraocchi a chi non vuol più vedere e capire, ma solo cantare,e preoccuparsi che l'altro,il vicino, canti, pena il "rogo" dell'infamia, della viltà, dell'idiozia, dell'emarginazione...."Canto ergo sum" è il nuovo cartesianesimo all'italiana, il nuovo paradigma sostitutivo della scolastica dell'ideologie e del libero pensiero della Lega..... Si vuole cioè obbligare a un riconoscimento che invece dovrebbe essere tale sulla base di una storia patria se non gloriosa quanto meno nobile,e che tale non è; sulla base di quotidiani atteggiamenti di fratellanza, che tali non sono e non possono essere per connaturata deficienza di identità; sulla base di una corretta idea di nazione, che invece si agghinda semplicemente d'azzurro e di rosso ferrari; sulla base di un riconoscimento primigenio di una diversità di genti,tradizioni,usi e costumi, di comunità che devolvono la sovranità anzichè subirla dall'alto del dogma e di una mitologia pura quale è il Risorgimento. Solo a certe condizioni di comunità, fratellanza,libertà si crea una nazione vera....Il resto è,come sempre, come al solito, retorica, flatus vocis.... Ormai, si percepisce perfino la voglia di un nuovo nemico, di una nuova Lega che esca allo scopero con gli aguzzi e velenosi denti dell'indipendentismo,e che un prode popolo ritrovatosi sotto alcune orrende note musicali estirperanno e scacceranno a mò di esorcismo nazionalistico... Non vedete che ormai c'è davvero voglia di scagliarsi contro ogni riforma, contro ogni rinnovamento, contro ogni spinta creatrice che possa davvero giovare alle genti della penisola, in nome del CONSERVANDUM e dell'immutabilità, dell'ESSERE infrangibile che, pur condannando un paese ai suoi mali tradizionali, viene totemizzato dai vecchi (e nuovi) guru del pensiero televisivo, che con atteggiamento saccente si rivolgono al solito italiano MEDIO, che medio è e mediocre dovrà restare per la gioia dell'irragionevolezza nostrana? Attenzione, perchè la battaglia federalista si sta preparando, e già alcuni avversari politici alle parole "riconoscimento dei popoli" associano la nuova mistificazione made in the left, e come al solito ogni scusa è buona per infiammare la piazza: perfino l'Inno può essere usato contro le riforme, perfino la devolution può essere spacciata per secessione e razzismo, perchè rompendo il tradizionale centralismo romano il "sistema" ne esce rinnovato e sconvolto nella sua immoralità di fondo.......E in molti non possono permettere che il pluralismo vero e quindi un valore aggiunto di democrazia e di libertà trionfi... Come al solito l'unità d'Italia sarà specchietto per le allodole utile a difendere i poteri tradizionali.....E la nazionale, nonchè la promozione e la difesa dell'inno, ben si prestano a far da specchietto per abbagliare una piazza di pecore e voltagabbana, una piazza a cui si può far pensare prima tutto e poi il contrario di tutto, come la storia da sempre dimostra......
    Attenti al nazionalismo calciofilo, attenti ai nuovi doveri patrii, perchè la vaselina, per la Lega ansiosa di far riforme(vorrei sbagliarmi) è già pronta.......

 

 

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