Il Consiglio dei ministri dello scorso 19 aprile, su proposta del presidente del Consiglio e, ad interim, ministro degli Affari esteri Silvio Berlusconi - si legge nel comunicato diffuso a fine seduta - ha nominato ambasciatori i ministri plenipotenziari: Antonio Puri Purini, Claudio Moreno, Giuseppe Balboni Acqua, Giovanni Castellaneta, Antonio Badini. Nomi che ai più possono dir poco. Nomi di tre socialisti e di due democristiani doc, legati a filo doppio a Bettino Craxi, Gianni De Michelis, Giulio Andreotti e Arnaldo Forlani. Nomi, quattro su cinque, che all’inizio degli anni ‘90 sono finiti sul registro degli indagati di diversi processi con l’accusa di concussione, concorso in peculato e finanziamento illecito dei partiti. Per alcuni è arrivato il proscioglimento. Ma c’è anche chi ancora oggi è sotto processo.
Gli altri tre diplomatici promossi al grado di ambasciatore sono stati tutti e tre coinvolti nel processo per la Cooperazione italiana ai paesi in via di sviluppo (secondo l’accusa, parte del denaro del ministero degli Esteri finiva in mano al Psi). Processo che vedeva nel registro degli indagati Bettino Craxi (per il quale il non luogo a procedere è arrivato soltanto lo scorso 22 maggio, dopo che la figlia Stefania ha presentato domanda di cancellazione per il nome del padre in ragione dell’avvenuto decesso), Gianni De Michelis, il banchiere Francesco Pacini Battaglia, il finanziere italo-svizzero Ferdinando Mach di Palmstein e una quarantina tra politici, imprenditori ed ambasciatori (oggi il numero degli imputati è sceso a 24, per avvenuto decesso, ma anche perché diversi reati, come il concorso in corruzione, sono ormai caduti in prescrizione). Processo iniziato, dopo tre anni di indagini, nel 1996, più volte fatto ripartire da zero o interrotto; come, da ultimo, lo scorso gennaio, quando su richiesta del ministro della Giustizia Roberto Castelli, il presidente del collegio giudicante, Angelo Gargani (fratello del più noto Giuseppe, ex dc, oggi deputato europeo di Forza Italia) venne trasferito «con il suo consenso» ad altro incarico. Processo percorso da più di un mistero, dalla scomparsa di importanti fascicoli nel trasferimento da una procura all’altra, all’uccisione a Mogadiscio della giornalista italiana Ilaria Alpi, che venne messa a tacere quando stava investigando su strane navi (non funzionanti) regalate dalla Cooperazione italiana alla Somalia.
Non è un mistero, invece, che Claudio Moreno viene iscritto nel registro degli indagati nell’aprile ‘93, Antonio Badini nel gennaio ‘94 e Giuseppe Balboni Acqua nel maggio ‘93. Balboni Acqua, oggi capo del Cerimoniale della presidenza della Repubblica e all’epoca dei fatti vicedirettore generale della Cooperazione, nel novembre successivo venne rinviato a giudizio con l’accusa di concorso in abuso di ufficio in relazione ad un programma di aiuti per oltre quattro miliardi di lire destinati al Perù, e poi prosciolto nell’aprile del ‘94. Altri, come detto, vennero prosciolti perché il reato contestato, con il passare degli anni, è ormai caduto in prescrizione.
Ecco dunque Antonio Badini, già consigliere diplomatico di Craxi, e oggi direttore generale della Farnesina per i paesi del Mediterraneo e del Medio Oriente. Il 10 gennaio ‘94 viene inserito nel registro degli indagati del processo Cooperazione, in particolare per il filone riguardante la realizzazione della metropolitana di Lima. Le accuse contestate dal pm sono corruzione e finanziamento illecito dei partiti. Nel marzo ‘97 viene rinviato a giudizio dal giudice per le indagini preliminari insieme a Craxi, Mach di Palmstein e altre 19 persone. L’accusa parla di due presunte tangenti, rispettivamente di due milioni di dollari e di un miliardo e 700 milioni di lire.
Dulcis in fundo, Claudio Moreno, attualmente di stanza a Vienna, dove svolge rappresentanza diplomatica permanente dell’Italia presso le Organizzazioni Internazionali. A tale incarico è giunto dopo essere stato direttore esecutivo del Fai (Fondi aiuti italiani) durante tutti i 18 mesi di vita di tale organismo, dall’agosto ‘85 all’aprile ‘87; ambasciatore a Dakar (tra l’altro nel periodo in cui Craxi si recò in Senegal per incontrare il presidente Abdou Diouf); ambasciatore a Tunisi (nel periodo in cui Craxi andò ad incontrare il primo ministro Rascid Sfar); ambasciatore a Buenos Aires (quando prese corpo il programma di cooperazione tra Italia e Argentina). Nell’aprile ‘93 gli viene consegnato un avviso di garanzia emesso dal pm che indaga sugli aiuti italiani ai paesi in via di sviluppo. L’accusa è concussione, e si riferisce proprio al periodo in cui era ambasciatore in Argentina. Viene presentata anche richiesta di custodia cautelare e portato nel carcere romano di Regina Coeli, da dove esce nel mese di ottobre per decorrenza dei termini. L’ottobre ‘97 il capo d’imputazione per il processo Cooperazione viene annullato per una serie di lacune. «Il fatto che sia stata dichiarata la nullità del capo di imputazione mi ha restituito la speranza di una giustizia migliore», dice Moreno. Nel ‘99 viene però raggiunto da analogo provvedimento e nuovamente rinviato a giudizio insieme ad altre 30 persone. Ancora oggi l’accusa pende sulla sua testa. Intanto però, grazie a Berlusconi, sulla testa ha anche una bella feluca nuova di zecca.