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Discussione: Lo Stato ed il Divino

  1. #1
    Dalla parte del torto!
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    Predefinito Lo Stato ed il Divino

    "Lo Stato ha quindi una funzione 'pontificale', cioe' di "facitore di
    ponti" tra l'umano e il divino, e il suo fine e' la perfezione
    dell'uomo (da perficere, portare a compimento, svolgere ed attuare le
    proprie potenzialita', in modo da permettere ad ognuno di
    divenire "cio' che e' "). Lo Stato imprime una forma alla comunita'
    nazionalpopolare costituendo un sistema di gerarchie culminanti in
    un'aristocrazia. E' una gerarchia fondata su valori spirituali, etici,
    qualitativi, contrapposta all'odierna contraffazione del verticismo
    oligarchico fondato sulla divisione del lavoro e sul possesso della
    ricchezza materiale".

    Maurizio Lattanzio, da "Stato e Sistema", Ed. di Ar, Padova 1987

    " …oggi ad esistere e' essenzialmente la massa labile dei "singoli"
    privi di nessi organici, massa contenuta da strutture esteriori o mossa
    da correnti collettive informi e mutevoli. Le differenze oggi esistenti
    non sono piu' vere differenze. Le classi non sono che classi economiche
    fluide. Di nuovo, restano attuali le parole di Zarathustra: "Plebe in
    alto e plebe in basso! Che significa oggi ancora "povero" o "ricco"? Ho
    disimparato a distinguere gli uni dagli altri". Le uniche gerarchie
    reali sono quelle tecniche degli specialisti al servigio delle utilita'
    materiali, dei bisogni (in gran parte innaturali) e delle "distrazioni"
    dell'animale umano: gerarchie, nelle quali non ha piu' senso ne' posto
    tutto cio' che e' rango e superiorita' spirituale".

    Julius Evola, da "Cavalcare la tigre", Ed. Scheiwiller, Milano 1971

    "Popolo e' la comunita' delle persone - e non la collettivita' degli
    individui - ognuna delle quali, assunta una posizione conforme alla
    propria natura, si sia inserita organicamente nella funzionalita' di un
    tutto che si configura quale ordine dei ranghi. Plebe e' chi non
    conosce se stesso e i propri limiti, chi si agita in preda agli spasmi
    dell'invidia sociale, chi non saputo o voluto " …circoscrivere l'ambito
    nel quale si puo' essere veramente se stessi e realizzare un equilibrio
    e una 'perfezione parziale' ". E', insomma, chi non ha radici. Dal
    popolo sara' enucleata, mediante un processo di differenziazione e
    selezione progressiva, attuato all'interno delle organizzazioni
    popolari dello Stato, l'aristocrazia che faccia vivere nei suoi
    comportamenti il significato del motto "Idee senza parole", incarnando,
    nel senso etimologico del termine, i valori inerenti all'idea di Stato".

    Maurizio Lattanzio, da "Stato e Sistema", Ed. di Ar, Padova 1987.

    "L'aristocrazia politica sara' la forza unificante e il 'propellente'
    dinamico che guida, anima e "fa essere" il popolo, sintesi organico-
    totale ed entita' vivente che manifesta se stessa nel quadro di una
    collaborazione comunitaria. Nella comunita' nazionalpopolare,
    articolata espressione di un unico spirito informatore, esisteranno
    differenze gerarchiche nelle quali vivra' il principio classico di
    giustizia del cuique suum, in cui consiste la sua essenza organica.
    Popolo, quindi, come potenzialita' da sviluppare e ordinare
    gerarchicamente, superando l'esiziale concezione illuministico-borghese
    che veda nella collettivita' un'aggregazione meccanica di atomi
    individuali".

    Maurizio Lattanzio, da "Stato e Sistema", Ed. di Ar, Padova 1987.

    "Possiamo dire che il Sistema e' 'manovrato' dall'oligarchia
    plutocratica, la quale si situa in posizione 'esterna' rispetto
    al 'telaio' istituzionale ufficiale nel quale esso consiste.
    L'oligarchia che 'appare', ma presiede al funzionamento meccanico dei
    suoi processi dinamici, la cui pratica esecuzione e' affidata ai servi
    che occupano i presidi secondari (gli "altri" li chiamano
    anche "istituzioni") dei vari paesi nei quali il Sistema opera".

    Maurizio Lattanzio, da "Stato e Sistema", Ed. di Ar, Padova 1987.

    "L'istituzione bancaria rappresenta la manifestazione strutturale, la
    concretizzazione storica e il coefficiente organizzativo-strutturale
    forse piu' importante della dinamica sovversiva "mediata" dagli
    apparati di potere del Sistema. E' dunque opportuno individuare e
    tratteggiare i presupposti storico-culturali, le articolazioni tecniche
    e le modalita' operative su cui la banca ha potuto far leva per
    affermare e consolidare un dominio i cui connotati hanno ormai assunto
    dimensioni planetarie".

    Maurizio Lattanzio, da "Stato e Sistema", Ed. di Ar, Padova 1987.

    "L'ideale umano dell'Islâm, come dice Margaliouth, appare incentrato
    nella figura del soldato-sacerdote. Se il Buddha, scrive Sayyad Hossein
    Nasr, viene generalmente rappresentato in atteggiamento di
    contemplazione, il Profeta dobbiamo immaginarcelo come un cavaliere
    che, brandendo la spada della giustizia in sella a un focoso destriero,
    cavalca bellicosamente verso la montagna della Verita'. La professione
    delle armi, piu' che una carriera, e' uno stile, un modo di vivere e di
    concepire l'esistenza. La vita si presenta come una grande impresa
    bellica, una spedizione guerriera al servizio di Dio. Termini, questi,
    nei quali viene definita, al di la' del fatto fisico-biologico - che
    rientra nel dominio contingente della materia -, una razza dello
    spirito, la quale puo' considerarsi come classica e aria, dato il suo
    carattere attivo, aristocratico, verticale dominatore".

    Antonio Medrano, da "Islam ed Europa", Quaderni del Veltro, Padova 1978.

    "Il combattimento e' la grande opportunita' che Dio offre all'uomo per
    mettere alla prova le sue piu' valide energie e consentirgli di formare
    il suo piu' alto essere; affinche', con la spada in mano, cooperi
    all'opera di Dio e si apra la strada verso l'altra vita …Aveva ragione
    Nietzsche allorche' diceva che i soli libri validi e autentici sono
    quelli scritti col sangue".

    Antonio Medrano, da "Islam ed Europa", Quaderni del Veltro, Padova 1978.

    "Dobbiamo saper assumere tutti i rischi che debbono essere assunti e
    dobbiamo essere coscienti che la vita non e' un dono gratuito che ci
    appartiene. Dobbiamo vivere come autentici soldati di Dio, come
    avanguardia degli eserciti soprannaturali del bene e della luce;
    ribelli - consapevoli delle conseguenze e animati da un profondo senso
    rivoluzionario - di fronte al caos attualmente imperante a tutti i
    livelli. L'ora attuale offre molte possibilita' a chi voglia agire e
    mettere in pratica le idee e i principi qui esposti; sta a noi saperne
    approfittare, orientando la nostra azione nel senso giusto e adeguato.
    Non dimentichiamo che la lotta presenta oggi le forme piu' diverse:
    essa tutto abbraccia e nulla lascia fuori del suo raggio d'azione;
    d'altra parte, in qualsiasi attivita', bisogna adottare una posizione
    di combattimento, orientandola risolutamente al servizio delle forze
    luminose e celesti".

    Antonio Medrano, da "Islam ed Europa", Quaderni del Veltro, Padova
    1978.
    Sinistra Nazionale!

  2. #2
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    Predefinito Stato, antistato, Fascismo

    Questo articolo fu pubblicato nella rivista Gerarchia nel numero del 25 giugno 1922. Esso prelude alla rivoluzione fascista che doveva maturare nel successivo autunno con la conquista dello Stato.


    I.L'occupazione fascista di Ferrara, che ebbe, del resto, obiettivi concreti d'ordine immediato e fu uno spiegamento dimostrativo di forze a scopo di pressione sul Governo, ma, soprattutto, l'occupazione a carattere militare di Bologna, diretta contro il più alto rappresentante provinciale dello Stato, hanno sollevato parecchie discussioni, non solo in Italia, ma anche all'estero. Interrogativi di questo genere hanno costellato articoli di giornali e discorsi parlamentari. Il Fascismo è un movimento di restaurazione dell'autorità dello Stato o di sovvertimento della stessa autorità? È ordine o disordine? Come si concilia il suo proposito reiteratamente proclamato di volere restaurata l'autorità dello Stato, con la sua azione che prende a bersaglio i rappresentanti massimi di codesta autorità? Si può essere e non essere? Si può essere conservatori e sovversivi al tempo stesso? Come intende uscire il Fascismo dal circolo vizioso di questa sua paradossale contraddizione? Rispondo subito che il Fascismo è già uscito da questa contraddizione, perché la contraddizione che gli viene imputata non esiste: è semplicemente apparente, non sostanziale, e verrà dimostrato nelle pagine che seguono. Io intendo precisare il punto di vista del Fascismo di fronte al concetto di Stato, in astratto, e di fronte a quella incarnazione speciale e individuata dell'idea di Stato che è lo Stato italiano.

    II.Che cos'è lo Stato? Nei postulati programmatici del Fascismo lo Stato vien definito come «l'incarnazione giuridica della Nazione». La formula è vaga. Lo Stato, soprattutto lo Stato moderno, è anche questo, ma non è soltanto questo. Senza volere elencare tutte le definizioni che del concetto di Stato furono date, nei secoli, dai cultori delle scienze politiche — il che sarebbe inutile e prolisso —, mi pare che lo Stato possa essere definito come un «sistema di gerarchie». Lo Stato è, alle sue origini, un sistema di gerarchie. Quel giorno in cui un uomo , fra un gruppo di altri uomini, assunse il comando perché era il più forte, il più astuto, il più saggio o il più intelligente, e gli altri per amore o per forza ubbidirono, quel giorno lo Stato nacque e fu un sistema di gerarchie, semplice e rudimentale allora, com'era semplice e rudimentale la vita degli uomini agli albori della storia. Il capo dovette creare necessariamente un sistema di gerarchie, per fare la guerra, per rendere giustizia, per amministrare i beni della comunità, per ottenere il pagamento dei tributi, per regolare i rapporti fra l'uomo e il soprannaturale.Non importa l'origine da cui lo Stato ripete o con cui lo Stato legittima il suo privilegio di creatore di un sistema di gerarchie: può essere Iddio ed è lo Stato teocratico; può essere un individuo solo, la discendenza di una famiglia, o un gruppo di individui, ed è lo Stato monarchico o aristocratico — qui mi sovviene del Libro d'Oro della Serenissima —; è il popolo, attraverso il meccanismo del suffragio, e siamo allo Stato demo-costituzionale dell'èra capitalistica: ma in tutti i casi lo Stato si estrinseca in un sistema di gerarchie, oggi infinitamente più complesso adeguatamente alla vita che è più complessa in intenzione e in estensione. Ma perché le gerarchie non siano categorie morte, è necessario che esse fluiscano in una sintesi, che convergano tutte a uno scopo, che abbiano una loro anima, che si assomma nell'anima collettiva, per cui lo Stato deve esprimersi nella parte più eletta di una data società e dev'essere la guida delle altre classi minori.La decadenza delle gerarchie significa la decadenza degli Stati. Quando la gerarchia militare, dal sommo all'infimo grado, ha perduto le sue virtù, è la disfatta. Quando la gerarchia dei tributi rapina e divora l'erario senza scrupoli, lo Stato barcolla. Quando la gerarchia dei politici vive giorno per giorno e non ha più la forza morale di perseguire scopi lontani, né di piegare le masse al raggiungimento di questi scopi, lo Stato viene a trovarsi di fronte a questo dilemma: o si dissolve dietro l'urto di un altro Stato o attraverso la rivoluzione sostituisce o rinsangua le gerarchie decadenti o insufficienti.La storia degli Stati, dal tramonto dell'Impero romano al crollo della Dinastia Capetingia, al declinare malinconico della Repubblica veneta, è tutta un nascere, crescere, morire di gerarchie.

    III.Il Fascismo vuole lo Stato. Esso non crede alla possibilità di una convivenza sociale, che non sia inquadrata nello Stato. Solo gli anarchici — più ottimisti di Gian Giacomo Rousseau — pensano che le società umane — così torbide, così opache, così egoiste — possano vivere in stato di assoluta libertà. L'avvento di un'umanità composta di «libere comunità liberamente associate», secondo la formula anarchica, dev'essere relegata nel cielo delle più futuriste utopie. Siamo dunque anti-anarchici perché non crediamo a possibilità di convivenza umana che non si estrinsechi in uno Stato. Né ci seduce, anzi respingiamo la formula socialista dello Stato, che da «comitato d'affari» della classe dirigente, dovrebbe trasformarsi nella semplice «amministrazione delle cose»: una specie di enorme «ragioneria» pubblica. Tutto ciò è incerto e assurdo. L'amministrazione delle cose è una frase priva di senso, quando voglia significare la negazione dello Stato. In realtà chi amministra governa e chi governa è Stato, con tutti gli annessi e connessi. L'esempio russo è là a dimostrare che «l'amministrazione delle cose» provoca la creazione di uno Stato, anzi di un super-Stato, che aggiunge alle vecchie funzioni di tutti gli Stati — guerra e pace, polizia, giustizia, esazione dei tributi, scuole, ecc. —, funzioni di ordine economico. Il Fascismo non nega lo Stato; afferma che una società civica nazionale o imperiale non può essere pensata che sotto la specie di Stato; non va, dunque, contro l'idea di Stato, ma si riserva libertà di atteggiamento di fronte a quel particolare Stato che è lo Stato italiano. Ciò è un suo diritto. Ciò è un suo dovere. Si tratta ora di esaminare quali rapporti esistano fra lo Stato in atto, che è lo Stato d'oggi, e lo Stato in potenza e in divenire, che è il Fascismo.

    IV.All'indomani del Congresso di Roma, durante il quale il Fascismo cercò di individuare la sua specifica personalità e funzione, la nuova Direzione del Partito, nel suo primo proclama, determinò le possibili posizioni del Fascismo di fronte allo Stato italiano. «Saremo», diceva quel proclama, «con lo Stato e per lo Stato tutte le volte che esso si addimostrerà geloso custode e difensore e propagatore della tradizione nazionale, del sentimento nazionale, della volontà nazionale, capace d’imporre a tutti i costi la sua autorità. Ci sostituiremo allo Stato tutte le volte che esso si manifesterà incapace di fronteggiare e di combattere, senza indulgenze funeste, le cause e gli elementi di disgregazione interiore dei principî della solidarietà nazionale. Ci schiereremo contro lo Stato, qualora esso dovesse cadere nelle mani di coloro che minacciano e attentano all'avvenire del Paese».A questo proclama bisogna rimandare i critici e gli stupefatti dell'ultima ora. I termini sono chiari. Il Fascismo non si identifica coll'attuale Stato italiano e le ragioni saranno dette più oltre. Tuttavia, il Fascismo si schiera a lato di questo Stato, per evitare il peggio, cioè lo Stato socialista o l'anti-Stato anarchico.Quando lo Stato attuale italiano è alle prese con l'anti-Stato sovversivo, il posto del Fascismo è definito dalla dottrina e dalla pratica: il Fascismo difende questo Stato, ma con ciò non intende affatto legittimarlo pei secoli, né rinunciare alla formazione dello Stato nazionale, qual è vagheggiato dal Fascismo. Il Fascismo non può, non deve essere considerato come un elemento difensore perpetuo e gratuito dell'ordine costituito attualmente. Con questa concezione il Fascismo non sarebbe più «milizia volontaria a difesa della Nazione», ma «polizia ausiliaria» al servizio del Governo. Per quali motivi il Fascismo non può identificarsi collo Stato italiano attuale? Per un triplice ordine di motivi. Nell'ordine economico, l'antitesi fra Stato italiano e Fascismo è profonda e irreparabile. Lo Stato italiano, che taluni illusi ritengono ancora uno Stato liberale, è in realtà uno Stato semi-socialista ed è — in questo suo gramo privilegio — all'avanguardia di tutti gli altri Stati del mondo. Non so se esista Stato più «monopolizzatore» di quello italiano, quindi — non si tratta di un bisticcio! — non esiste al mondo Stato più anti-economico dello Stato economico italiano. Tutte le gestioni statali accusano un deficit pauroso. Ampliando, estendendo le sue funzioni d'ordine economico, lo Stato italiano si è moralmente e politicamente indebolito, perché ha aumentato la superficie della sua vulnerabilità da parte di tutti gli elementi che nell'economia o nella politica compongono l'anti-Stato. Lo Stato pseudo-liberale italiano è monopolista, il Fascismo è recisamente anti-monopolista. Il primo, non solo non pensa di restituire agli individui quello che è tipico della sfera individuale, ma non è alieno dall'aumentare ancora il numero delle sue attribuzioni d'ordine economico, il che vorrà dire preparare la certa catastrofe dell'economia nazionale.Nell'ordine politico lo Stato attuale italiano è in contrasto con lo spirito animatore del Fascismo. Lo Stato italiano, più che rivendicare altamente e duramente la sua autorità, la mendica dalle parti opposte. Lo Stato italiano ha delle gerarchie, ma sono insufficienti. Servono senz'anima. La più delicata di esse, la magistratura, è in rivolta contro lo Stato. Fermenti di malcontento e di sdegno serpeggiano nelle altre gerarchie: da quella dell'esercito a quella delle scuole. La crisi delle gerarchie è la crisi dello Stato. Rinfrancare o sostituire o falcidiare le gerarchie: ecco il compito a cui non sembra più idoneo l'idropico ed elefantiaco Stato italiano. Ecco il compito della rivoluzione fascista, la quale potrà effettuarsi tanto sui binarî di una lenta saturazione legale, come attraverso l'insurrezione armata, per cui il Fascismo saggiamente ha provveduto, attrezzandosi per entrambe le eventualità.Nell'ordine morale, la distanza fra lo Stato attuale italiano e il Fascismo è grandissima.Il Fascismo non può accettare la concezione rollandesca di uno Stato che è moralmente al disopra della mischia. Come può lo Stato potenziale fascista sposare totalmente la causa dello Stato attuale liberale, se questo respinge i fascisti sulla linea dell'anti-Stato sovversivo, pur sapendo — anche dall'esperienza — che quando si delinea l'attacco dell'anti-Stato sovversivo, il Fascismo si mette a fianco dello Stato liberale? Com'è possibile di rimanere neutrali fra chi vi minaccia e chi vi difende, sia pure per evitare il peggio? Com'è possibile di non distinguere fra chi nega lo Stato e chi lo afferma? Non è chiaro che è tattica suicida quella di uno Stato che in luogo di utilizzare le forze di affermazione dello Stato, le tratta alla stessa stregua delle forze di negazione?Noi non chiediamo — si noti — quei favoreggiamenti che si potrebbero chiamare di ordine giuridico o politico, chiediamo un semplice riconoscimento d'ordine morale che non metta sullo stesso piano il partito che esalta la diserzione e quello che — invece — esalta il sacrificio per la Patria.

    VNon vi è dubbio che Fascismo e Stato sono destinati, forse in un tempo relativamente vicino, a diventare un'«identità». In qual modo? In un modo legale, forse. Il Fascismo può aprire la porta con la chiave della legalità, ma può anche essere costretto a sfondare la porta, col colpo di spalla dell'insurrezione. Si può prospettare l'ipotesi che, in processo di tempo, lo Stato s'identifichi con tre demagogie: quella plutocratica, quella popolare, quella socialista: si può avanzare l'eventualità che lo Stato italiano si allontani ancora di più dal Fascismo, quindi da tutti i valori nazionali che nel Fascismo vengono potenziati ed esaltati; allora il Fascismo diverrà logicamente e storicamente l'anti-Stato nazionale e dovrà giocare grosso gioco, anche se, per avventura, la coalizione delle tre demagogie assumesse atteggiamenti di liberalismo nei nostri confronti. Il duello in tre che si va paradossalmente combattendo da ormai quattro anni, ritornerebbe il duello quale viene dalla stessa parola significato: lo Stato socialista da una parte, anti-Stato fascista dall'altro. L'esito di questo duello non può essere dubbio, date le forze e l'organizzazione di cui dispone il Fascismo. Questo, che in queste linee è schematicamente tracciato, è lo sviluppo dialettico della crisi sociale e nazionale italiana cominciata nell'estate del 1914, ma non bisogna giurare che gli avvenimenti correranno sui binarî tracciati dal freddo ragionamento. Gli avvenimenti hanno — certo — una loro intima logica, ma altri elementi intervengono spesso a turbarla. Può darsi che lo Stato forte, quale è necessario per la vita e la grandezza di una Nazione come la nostra, non sorga da una battaglia campale, ma da una serie di confluenze e di riconoscimenti teorici e pratici, per cui non si può in assoluto escludere che alle gerarchie di domani fornisca un certo apporto di uomini e di esperienze, la gente del lavoro.

 

 

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