la classe operaia va in paradiso e Prodi e la Cgil all'inferno
Se la classe operaia andrà mai in paradiso, state tranquilli che Prodi e Padoa Schioppa vanno dritti all’inferno. Intanto l’inferno se lo sono visto i vertici confederali, la Cgil di Epifani in testa, e l’assemblea di Mirafiori è stata un vero girone dantesco. Vai a raccontare che il confronto è stato franco e positivo. A leggere le cronache la critica è stata radicale e tranciante. I ricchi non piangono, o chissà, ma certo i lavoratori protestano e vogliono protestare dove meglio si esprimono contro un governo che non è amico. I sindacati hanno fatto male i loro calcoli. Troppa condiscendenza. Sarà pure che considerare la concertazione una fregatura, è tesi dell’estremismo. Ma consegnare alle file dell’estremismo tutta Mirafiori, è un vero problema, significa perdere il consenso del laboratorio di punta del nostro sindacalismo, scavare un solco, aprire una crisi di identità. Certo possiamo anche sostenere che la classe operaia si sbaglia e che le contestazioni hanno una storia lunga, a cominciare da quelle a Luciano Lama. Ma allora si infranse la mitologia marxista e un prezzo andava pur pagato. Qui è un’altra storia. Perché di tutti i rilievi posti dalla base operaia, uno colpisce davvero, e cioè l’attacco al Tfr. I lavoratori preferiscono che resti all’azienda piuttosto che finisca nelle casse dell’Inps, ed allora, scusateci tutti, questa non è una tesi estremista, questa è la tesi di Confindustria. Possibile che la Finanziaria di Prodi abbia convinto gli operai che ci si può fidare più del padrone che dello Stato? Oppure in questi anni si è svolta una autentica rivoluzione culturale interna al mondo del lavoro e chi ha il dovere o la presunzione di rappresentare questo mondo non se ne è nemmeno accorto? Perché sostenere che il Tfr è meglio che rimanga in azienda, significa mettere in questione il sistema pubblico, quello che il governo e la maggioranza vogliono difendere ed espandere ad ogni costo, significa in altre parole che l’operaio vede l’azienda come un interlocutore credibile e più affidabile dello Stato, ma non solo. Perché significa che il futuro della classe operaia si lega alle sorti della sua azienda. Ecco, è questa la rivoluzione culturale che è avvenuta nel Paese e di cui la sinistra non si è nemmeno accorta, o meglio ci è passata sopra. Intelligenza vorrebbe che a questo punto il vertice sindacale rivedesse tutta la sua strategia e si facesse sentire verso il governo amico, partendo dal presupposto che i lavoratori ritengono di non avere amici a Palazzo Chigi.
Un sindacato serio non farebbe assicurazioni e promesse a questo punto. Ammetterebbe di aver commesso un errore e comunicherebbe al governo il problema, rivedendo d’accapo la questione del Tfr. Non vi è un’altra soluzione possibile. Se il governo poi, invece di capire il problema nei suoi esatti termini, tornasse a dire che i muri della Finanziaria non si toccano, il sindacato sarebbe costretto a una scelta. Perché, evidentemente, l’amicizia verso il governo e il sostegno della classe operaia non coincidono.
Puoi sempre ripararti dietro l’accusa dell’estremismo. Ma saranno gli estremisti stessi a considerarla una bubbola, perché questi mai accetteranno l’idea che l’azienda privata è capace di tutelare meglio i lavoratori di quanto faccia lo Stato finito nelle mani dei propri amici: in questo caso, viste le origini "cigielline" di tanti ministri e sottosegretari, dei propri compagni.