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  1. #41
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    Predefinito la voce di domani

    la classe operaia va in paradiso e Prodi e la Cgil all'inferno

    Se la classe operaia andrà mai in paradiso, state tranquilli che Prodi e Padoa Schioppa vanno dritti all’inferno. Intanto l’inferno se lo sono visto i vertici confederali, la Cgil di Epifani in testa, e l’assemblea di Mirafiori è stata un vero girone dantesco. Vai a raccontare che il confronto è stato franco e positivo. A leggere le cronache la critica è stata radicale e tranciante. I ricchi non piangono, o chissà, ma certo i lavoratori protestano e vogliono protestare dove meglio si esprimono contro un governo che non è amico. I sindacati hanno fatto male i loro calcoli. Troppa condiscendenza. Sarà pure che considerare la concertazione una fregatura, è tesi dell’estremismo. Ma consegnare alle file dell’estremismo tutta Mirafiori, è un vero problema, significa perdere il consenso del laboratorio di punta del nostro sindacalismo, scavare un solco, aprire una crisi di identità. Certo possiamo anche sostenere che la classe operaia si sbaglia e che le contestazioni hanno una storia lunga, a cominciare da quelle a Luciano Lama. Ma allora si infranse la mitologia marxista e un prezzo andava pur pagato. Qui è un’altra storia. Perché di tutti i rilievi posti dalla base operaia, uno colpisce davvero, e cioè l’attacco al Tfr. I lavoratori preferiscono che resti all’azienda piuttosto che finisca nelle casse dell’Inps, ed allora, scusateci tutti, questa non è una tesi estremista, questa è la tesi di Confindustria. Possibile che la Finanziaria di Prodi abbia convinto gli operai che ci si può fidare più del padrone che dello Stato? Oppure in questi anni si è svolta una autentica rivoluzione culturale interna al mondo del lavoro e chi ha il dovere o la presunzione di rappresentare questo mondo non se ne è nemmeno accorto? Perché sostenere che il Tfr è meglio che rimanga in azienda, significa mettere in questione il sistema pubblico, quello che il governo e la maggioranza vogliono difendere ed espandere ad ogni costo, significa in altre parole che l’operaio vede l’azienda come un interlocutore credibile e più affidabile dello Stato, ma non solo. Perché significa che il futuro della classe operaia si lega alle sorti della sua azienda. Ecco, è questa la rivoluzione culturale che è avvenuta nel Paese e di cui la sinistra non si è nemmeno accorta, o meglio ci è passata sopra. Intelligenza vorrebbe che a questo punto il vertice sindacale rivedesse tutta la sua strategia e si facesse sentire verso il governo amico, partendo dal presupposto che i lavoratori ritengono di non avere amici a Palazzo Chigi.
    Un sindacato serio non farebbe assicurazioni e promesse a questo punto. Ammetterebbe di aver commesso un errore e comunicherebbe al governo il problema, rivedendo d’accapo la questione del Tfr. Non vi è un’altra soluzione possibile. Se il governo poi, invece di capire il problema nei suoi esatti termini, tornasse a dire che i muri della Finanziaria non si toccano, il sindacato sarebbe costretto a una scelta. Perché, evidentemente, l’amicizia verso il governo e il sostegno della classe operaia non coincidono.
    Puoi sempre ripararti dietro l’accusa dell’estremismo. Ma saranno gli estremisti stessi a considerarla una bubbola, perché questi mai accetteranno l’idea che l’azienda privata è capace di tutelare meglio i lavoratori di quanto faccia lo Stato finito nelle mani dei propri amici: in questo caso, viste le origini "cigielline" di tanti ministri e sottosegretari, dei propri compagni.

  2. #42
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    Il dissenso della Fiom
    Diaspora sindacale che prelude a un tracollo politico

    La verità è che abbiamo una tale considerazione storica della Fiom e un tal rispetto per la categoria dei metalmeccanici, che siamo d'accordo con il direttore di "Liberazione", Piero Sansonetti, quando scrive che "il voto della Fiom contro gli accordi, come capisce chiunque, è invece clamoroso e molto importante, perché apre formalmente e in modo solenne un conflitto nel centrosinistra su alcuni cardini della politica economica".



    E inoltre "introduce una frattura nel sindacato, in particolare nella Cgil, che non ha precedenti negli ultimi 60 anni". Sansonetti scrive questo in polemica con chi dal governo ha dato per scontata tale rottura, lasciando l'impressione di non preoccuparsene poi molto.
    Tanto che lo stesso Sansonetti prosegue: "Stento a credere che Prodi e Santagata e Damiano non conoscano la storia dei metalmeccanici italiani - il cuore della classe operaia - non sappiano che questa "categoria" - e la Fiom in modo specialissimo - è stata il nerbo della nostra democrazia, della crescita di questo paese, della sua tenuta democratica negli anni delle trame eversive e degli attacchi reazionari". E anche, sempre rivolto a Prodi e Damiano: "Non ci credo che possano ignorare il fatto che i metalmeccanici sono stati il cemento della sinistra italiana, e spesso anche il suo cervello, la forza, l'astuzia, il fortino". Tutto vero, ma noi siamo certi che Prodi, Damiano e compagnia lo sappiano, eccome, e lo capiscano. E che, ciononostante, tirino avanti. Anzi - Sansonetti non sembrerebbe, lui, essersene accorto - rilanciano, perché Damiano avrebbe detto che, se mai dovesse saltare l'accordo sul Welfare, il governo si rimangerebbe quello sulle pensioni e dunque ritornerebbe in vigore lo scalone Maroni. Lo scontro è vero e si fa serio. Per cui Sansonetti può anche dire "che di fronte al cammino del governo adesso c'è un macigno". E che questo "può essere rimosso, appianato, aggirato, ma sicuramente non può essere ignorato".

    La nostra impressione però è che il governo voglia proprio ignorarlo. E ritiene di poterlo fare perché la Fiom, con tutta la sua gloriosa storia passata, oggi resta "la minoranza di una minoranza", come scrive Massimo Giannini su "Repub-blica", e poi perché, sempre come nota Giannini, "una diaspora sindacale" può trasformarsi "in un tracollo politico".

    Citiamo Giannini perché è il controcanto a Sansonetti nel concerto degli strumenti giornalistici del centrosinistra. Giannini infatti ritiene, perentoriamente e all'opposto di Sansonetti, che "la sinistra, tutta la sinistra, dovrebbe fregiarsi di aver salvato i conti dell'azienda Italia. Dovrebbe rivendere come un suo straordinario successo l'aver garantito una piattaforma di garanzie sociali minime, nonostante il colossale debito pubblico che schiaccia il bilancio. Dovrebbe costruire i suoi futuri successi elettorali sulla prossima Finanziaria senza tasse annunciata ieri da Prodi. E invece, con un'irresistibile autolesionismo, si accinge a ripetere i suoi soliti errori. A cedere ai suoi peggiori vizi". Oh bella! Ma in questo modo si spinge il coltello nella piaga, si chiede alla sinistra di rinnegare se stessa proprio sul piano del lavoro, come lo si fa su quello della sicurezza e, badate bene, sulle tasse.

    Un anno fa Rifondazione chiedeva di far piangere i ricchi, ora Prodi e Veltroni vogliono abbassare le tasse, esattamente come il ricchissimo Berlusconi. Amato vuole sbarazzarsi dei lavavetri, esattamente come il leghista Bossi. E forse che questo mutare pelle, per i duri ed i puri della Fiom e di Rifondazione non appare come il peggiore di tutti i "vizi" della sinistra storica, vale a dire il trasformismo? Il botta e risposta fra Sansonetti e Giannini - il quale, tra l'altro non risparmia nemmeno una predica nei confronti di Epifani, per aver lasciato che questo strappo si consumasse - rappresenta il prologo in cielo di quella che in terra può diventare la crisi di governo che tanti ritengono matura.

    C'era una volta una sinistra di lotta e di governo. Ora la sinistra deve scoprire che fra lotta e governo si deve fare una scelta. E, quando farà questa scelta, dovrà ammettere di dividersi sul piano politico e anche sul piano culturale: e quindi su quello elettorale e parlamentare.

    Era una questione di tempo, che oramai sembra prossima alla risoluzione. Anche perché, altrimenti - qui è davvero felice la prosa di Giannini - "tutto si perde, in questo falò di nuove speranze e di vecchie illusioni".

    Roma, 12 settembre 2007

    tratto da http://www.nuvolarossa.org/modules/n...p?storyid=4283

  3. #43
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    L'ultimo strappo
    La Cgil di Epifani ha imboccato la via che porta all'isolamento

    La Cgil è uscita con le ossa rotte dalla vicenda Alitalia. Quando ha firmato l'accordo quadro proposto dalla Cai, piloti e assistenti di voli lo hanno respinto. Quando invece ha sostenuto le resistenze dei piloti e degli assistenti di volo, questi hanno subito ceduto.

    Ai tempi del governo Prodi, le cronache riferiscono che l'allora ministro dell'Economia, Padoa – Schioppa, chiese a un interlocutore di Corso d'Italia un parere sul destino della compagnia di bandiera. "Vendetela", rispose l'esponente della Cgil al ministro. E poiché non è consueto che il ministro dell'Economia parli con esponenti non autorevoli del sindacato, c'è da credere che si trattasse appunto di esponente di alto rilievo, tanto che il governo Prodi bandì l'asta, fiducioso del consenso del sindacato.

    Arrivò l'offerta di Air France e la Cgil si disse contraria. A quel punto Berlusconi pensò alla cordata italiana: e la Cgil ne fu ben contenta, salvo poi rimpiangere l'offerta francese per accettare quella di Colaninno. Peggiore parodia di se stessa la Cgil non avrebbe potuto dare: ma purtroppo l'ha data.

    Ora, invece di prendersi un momento di tempo per riflettere e curarsi le ferite, il suo leader si è già rituffato nella mischia a testa bassa. E' vero che ci sono ubriachi che si fanno passare la sbronza con le risse, ma in questo modo le botte che ricevono rischiano di minare l'organismo almeno quanto l'alcool ingurgitato. E così, appena lasciato il tavolo di Alitalia, la Cgil ha annunciato una protesta contro la riforma della scuola. Nemmeno ventiquattro ore, e i principali giornali d'opinione accusavano la Cgil di conservatorismo. Ma a Corso d'Italia non si sono persi d'animo - trattasi pur sempre di stampa borghese - ed ecco a ruota annunciato il "no" alla trattativa sui contratti con Confindustria. Se poi il presidente degli industriali, Emma Marcegaglia, accusa il sindacato che era di Di Vittorio di volere ripristinare la scala mobile, Epifani risponde che "la Emma", all'epoca, era "una bambina". Forse. Ma Epifani non si è accorto che l'accusa di volere la reintroduzione della scala mobile proviene anche dal leader della Uil Angeletti. E, di più, Angeletti accusa Corso d'Italia di essere rimasto prigioniero di un retaggio culturale del passato, tale per cui il salario non è una remunerazione dovuta all'orario di lavoro, ma alla lotta di classe.

    Forse che Angeletti è diventato l'alfiere di un capitalismo selvaggio e il portavoce degli interessi padronali? In questo caso lo sarebbe anche Bonanni: il segretario della Cisl non è poi così lontano dalle posizioni della Uil, tanto che i due hanno già dato la loro disponibilità a firmare l'accordo con Confindustria.

    Forse a Corso d'Italia sarebbe il momento di notare non solo l'isolamento della Cgil, ma anche il solco che è stato aperto con le altre organizzazioni sindacali, oggi molto più profondo di quello del 2001 con il Patto per l'Italia. Al punto che, mentre Epifani studia le strategie che la Cgil dovrà adottare nei prossimi mesi, gli altri sindacati fanno sapere che, se alla fine la Cgil non firma, non cambia granché.

    Ci sarà pure chi parla di "attacco finale" delle forze della reazione contro il principale sindacato dei lavoratori. A noi, sinceramente, sembra piuttosto che la Cgil abbia imboccato, per proprio conto e grazie ai suoi errori, la triste deriva dell'ininfluenza.

    Roma, 2 ottobre 2008

    tratto da http://www.pri.it/new/

  4. #44
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    Autunno caldo?
    Epifani ha posto la parola fine all'unità sindacale

    All'indomani della trattativa del governo con le controparti sul contratto di lavoro, apprendiamo dalle cronache quotidiane non tanto che l'unità sindacale è in crisi - come pure si sa da diversi anni - ma che semplicemente non esiste più. La Cgil ha infatti rifiutato quello che considerava un volgare piatto di lenticchie offerto ai lavoratori e si è tuffata a corpo morto nel "movimento". Oggi studenti e lavoratori sono uniti in una battaglia per la scuola; domani avremo operai e studenti insieme per il rinnovo contrattuale dei metalmeccanici. Un nuovo autunno caldo?

    C'è persino chi, come Gianni Vattimo, è convinto di un nuovo ‘68. Come scriveva Agostino, uno dei Padri della Chiesa, il tempo va indietro, non avanti. Leggete ad esempio le cronache che riferiscono di un Epifani trasognato, quasi fosse il principe di Homburg dopo la vittoria, nel passare in rassegna la folla a Piazza del Popolo giovedì scorso. Perché a Piazza del Popolo c'erano i giovani, dopo anni di raduni di pensionati.

    A quel punto, caduti gli ultimi istinti inibitori, c'è stato lo sganciamento, in modo definitivo, dalla Uil e dalla Cisl. La Cgil ha fatto la sua scelta: una scelta più da partito che da sindacato.

    E questo crea un problema ulteriore a Walter Veltroni, che pure ha cercato di contenere la voglia barricadera di Epifani. Nonostante tali sforzi, ora la Cgil appare il sindacato di riferimento di Diliberto e di Ferrero, più che quello del Partito democratico (sempre che il Pd non decida a sua volta di accodarsi). In tale sciagurato caso (forse non lo si può escludere) avremmo una radicalizzazione dello scontro politico e sociale senza precedenti.

    Più volte abbiamo ricordato l'esempio di Luciano Lama. La Cgil di quegli anni era un sindacato forte ed autorevole, di giovani e non solo di anziani, di operai e non solo di colletti bianchi, capace di misurarsi con ogni movimento che si sviluppasse nella società italiana. Al confronto della Cgil di un tempo, quella di Epifani è un ectoplasma, tanto che quasi capiamo la sua ricerca di una nuova occasione. Purtroppo la sua è una scelta sbagliata. Uil e Cisl comprendono che sul contratto del pubblico impiego l'offerta del governo è vantaggiosa, soprattutto considerando la congiuntura finanziaria. Epifani crede ancora nell'età dell'oro. Così come la lotta contro il decreto Gelmini, per come è impostata e condotta, appare una difesa corporativa degli interessi consolidati che il paese non si può più permettere.

    Perché è vero che da tanti anni non si vedevano studenti e lavoratori uniti in piazza, ma è ancor più vero che mai si erano visti, nella stessa piazza, studenti, lavoratori e anche professori! Il movimento degli studenti di questi giorni interpreta una preoccupazione per il futuro e un'ansia di insoddisfazione generale per gli equilibri sociali: una posizione che merita attenzione. Ma da un grande sindacato ci aspettavamo piuttosto la capacità di trovare sbocchi concreti per indirizzare positivamente la protesta; non certo la scelta di spronare il movimento ad una folle corsa. Anche perché, come Epifani, abbiamo qualche idea dell'egemonia operaia. Ma dell'egemonia studentesca non abbiamo mai sentito nulla e speravamo davvero che nessuno, tanto meno un sindacato ricco di storia, decidesse di consegnarsi a tale egemonia mani e piedi.

    Roma, 31 ottobre 2008

    tratto da http://www.pri.it/new/

  5. #45
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    La frattura sindacale
    L'isolamento della Cgil pretenderebbe una riflessione autocritica

    Un economista sensibile alle questioni sociali come Pietro Garibaldi ha scritto sulla "Stampa" di giovedì che "la recessione dovrebbe essere un momento in cui chi rappresenta milioni e milioni di lavoratori mette da parte le proprie divisioni e cerca in ogni modo di rimanere unito". Il giorno prima, una personalità che conosce meglio di tutti la storia del sindacato e della sinistra italiana, come Emanuele Macaluso, scriveva sullo stesso giornale che le tre confederazioni, "invece di fare uno sforzo per elaborare piattaforme comuni, accentuano le loro divisioni". E chiosava: "Un disastro".

    Garibaldi conferma: "Il movimento sindacale italiano appare invece in questi giorni totalmente diviso, con tanto di accuse reciproche e attacchi frontali". Tanto che "parlare di rottura appare quasi un eufemismo".

    La situazione dei tre sindacata sembra quasi ricalcare gli scenari della guerra fredda, le partite a scacchi fra potenze avversarie che si studiano. Ma leggiamo ancora Garibaldi: "Ieri la Cisl ha ufficialmente dichiarato di non aderire allo sciopero generale della scuola previsto per venerdì prossimo. Quasi per rilanciare, la Cgil ha annunciato uno sciopero generale unilaterale, senza accordo con gli altri sindacati confederali".

    La ferita si aprì sicuramente quando il governo Berlusconi nel 2001 firmò il patto del lavoro con la Uil e la Cisl, lasciando fuori la Cgil. I sindacati moderati hanno avuto una maggiore di-sponibilità a seguire l'influsso della maggioranza che colpisce anche i loro iscritti. E il sistema bipolare ha poi portato ad accentuare quei tratti di scontro frontale che il proporzionalismo della Prima Repubblica poteva anche celare all'interno di un sindacato che riusciva a restare unitario. Ma non avremmo molti dubbi che la vera partita fra Cgil da un lato e Cisl e Uil dall'altro è sulla sfida della modernizzazione. La Uil e la Cisl la avvertono, la Cgil la rifiuta drammaticamente.

    Questo sindacato è stato negli anni più illustri della sua storia una punta del riformismo sindacale. Ma aveva un peso alle sue spalle rappresentato dal Pci e un modello sovietico con cui confrontarsi. Ora che non ha più veri fardelli da portarsi dietro, rincula paurosamente.

    Gli esempi sono clamorosi, da quando si scelse uno sciopero per la produttività, come se l'astensione del lavoro la favorisse, fino alla vicenda Alitalia, o all'ultimo episodio quale la rottura della vertenza contrattuale. Cisl e Uil, più pragmaticamente, non pensano di poter rovesciare il governo, non si illudono sulle masse in rivolta e cercano di portare a casa settanta euro in più in busta paga. Una miseria per chi guarda le cose dal punto di vista dell'ideologia. Ma è meglio che niente per chi tira a campare. Ci sono due anime nel mondo del sindacato che non sembra possano più stare insieme. Ovviamente il governo, così come la Confin-dustria, non hanno alcun interesse a ricompattarle. Ma quello che stupisce è che non dimostri nessun interesse proprio la Cgil, che ha iniziato la sua corsa solitaria dal 2001 e non se ne è mai sentita preoccupata. Si lamenta, poi, se viene esclusa dagli incontri fra il governo e gli altri sindacati. Ma se allora l'isolamento pesa, dunque, più che la protesta servirebbe una forma di autocritica.

    Roma, 13 novembre 2008

    tratto da http://www.pri.it/new/

  6. #46
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    Predefinito Epifani l'ha fatta grossa

    Finalmente dopo tanto tempo si è arrivati ad una svolta.
    La cgil è stata stanata.

  7. #47
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    Nella direzione giusta
    Lo sciopero generale è dannoso prima ancora che inutile

    Prima ancora che la crisi dei mutui subprime stringesse negli angoli le borse mondiali e – dato che più conta - togliesse il fiato alle principali imprese occidentali, il ministro Tremonti aveva scritto un libro per spiegarci l'avvento di una "età del ferro" scatenata dal costo della globalizzazione mondiale: vale a dire le ripercussioni di una chimera finanziaria che aveva finito per devastare il vecchio mondo. Era il marzo del 2008: chi presumibilmente da lì a poco sarebbe tornato ministro dell'Economia di un nuovo governo, dipingeva lo scenario internazionale in questi termini. Certo non lo si sarebbe potuto accusare di eccessivo ottimismo. E sicuramente Tremonti ha subito dimostrato di voler fronteggiare una crisi annunziata di vaste e gravissime proporzioni con il giusto piglio e la necessaria determinazione.

    La stessa campagna che il ministro Brunetta ha lanciato contro i fannulloni del pubblico impiego, per quanto molto roboante, appartiene al medesimo ambito di timori: un sistema in crisi come quello italiano non si può più permettere il fardello di una classe parassitaria attestata nelle pieghe dell'amministrazione pubblica. E che Brunetta non sia né un demagogo, né un visionario, lo testimonia il fatto che il primo a denunciare i fannulloni e a chiedere provvedimenti contro gli stessi sia stato un esponente del Pd quale Pietro Ichino. Anche la tanto contestata "riforma" del ministro Gelmini a noi pare un piano di razionalizzazione delle spese nel settore scolastico e universitario. Settore che contiene margini di spreco intollerabili per un sistema sano ed in espansione; addirittura esiziali per un sistema in depressione quale è oggi il nostro.

    Se poi non fosse abbastanza chiaro di come lo spirito di Tremonti abbia segnato i principali dicasteri del governo, ancora mercoledì il ministro Sacconi ricordava che stiamo andando incontro a un anno molto difficile, con il rischio tangibile di un aumento della disoccupazione, fenomeno che colpirà soprattutto le parti deboli del mercato del lavoro. E annunciava che sarebbe stato compito del governo quello "di allargare gli ammortizzatori sociali" tramite "la manovra dei prossimi giorni".

    A fronte di questo stato delle cose (e non abbiamo preso in considerazione il concerto del governo con gli altri gabinetti occidentali a difesa delle banche e dei risparmiatori) non ci sembra che si possa accusare l'esecutivo di svagatezza. Semmai ci sarebbe da chiedersi se era il caso di mobilitare e agitare le piazze contro un governo così impegnato. Come invece è stato fatto.

    Sicuramente ci fa piacere che ora l'onorevole Veltroni, dopo essersi esibito al Circo Massimo, voglia aprire un tavolo sulla crisi con la maggioranza. Meglio tardi che mai. E ci fa invece sorridere il segretario della Cgil Epifani che scopre una crisi annunciata dal marzo scorso parlando di prossima "valanga". Così da promettere di rinunciare allo sciopero generale se il governo si doterà delle necessarie misure anticrisi (quelle indicate da Epifani). Il governo si è attrezzato dal primo momento, magari è la Cgil che non si è accorta fino a ieri della condizione in cui versa il paese.

    Ritanna Armeni si chiedeva su "Liberazione" se lo sciopero generale non fosse per caso inutile. No, non solo è inutile. E' dannoso.

    Roma, 20 novembre 2008

    tratto da http://www.pri.it/new/

  8. #48
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    SCIOPERO CGIL: NUCARA, E' INGIUSTIFICATO, GOVERNO STA DANDO RISPOSTE

    (IRIS) - ROMA, 26 NOV - Secondo Francesco Nucara, segretario del Pri "lo sciopero della Cgil è assolutamente ingiustificato ed inspiegabile". "Il governo sta varando misure ad hoc a partire dalla social card per finire agli investimenti sulle infrastrutture, per affrontare la crisi internazionale. Non è quindi comprensibile uno sciopero di cui non si capisce il motivo. La Cgil dovrebbe occuparsi responsabilmente di contribuire alla risoluzione dei problemi e non di crearne ulteriori. Mi auguro che il Pd mantenga le distanze da questo atteggiamento", conclude Nucara.

    tratto da http://www.irispress.it/Iris/page.as...oBlocco=Italia

  9. #49
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    Sciopero del 12 dicembre: Epifani dov'è il trucco?

    La CGIL il prossimo 12 dicembre ha indetto uno sciopero generale contro la crisi, che in effetti non avrebbe senso alla luce delle misure varate dall'Esecutivo a sostegno delle famiglie più bisognose e delle imprese sulle quali, al termine del Consiglio dei Ministri che le ha varate, il Vice Presidente della Commissione Lavoro della Camera, Giuliano Cazzola, ha espresso un giudizio sostanzialmente positivo affermando che "il Governo, nonostante le oggettive difficolta', abbia dato una risposta giusta alle domande del Paese" e che le parti sociali devono prenderne atto.

    Nei giorni scorsi Cazzola aveva già dichiarato "alla Cgil rimprovero lo sciopero della pubblica amministrazione che non ha senso, quando quelli del pubblico impiego saranno gli unici con la garanzia del rinnovo contrattuale" e gli faceva eco Benedetto della Vedova "lo sciopero è un abuso e un danno per Italia" e faceva notare come quello della CGIL sia "Uno sciopero puramente politico che non rappresenta solo un abuso, poiche' non ha per oggetto ne' norme contrattuali, ne' rivendicazioni salariali, ne' questioni che attengono alle condizioni di lavoro, ma e' volto unicamente a contrastare o condizionare l'esercizio dei poteri che la Costituzione assegna al Parlamento e al governo".

    In effetti lo sciopero indetto da Epifani, lasciato solo dalla CISL e dalla UIL che non sono d'accordo con lui, tanto che Angeletti dichiarava "lo sciopero è inutile", ha avuto l'effetto di alimentare perplessità e malumori anche nel PD dove, oggi più di ieri, forti sono le tensioni interne e le correnti che, nonostante le rassicurazioni del coordinatore Goffredo Bettini, si preparano a travolgere la leadership di Veltroni sempre più instabile, rafforzando così una sempre possibile leadership di Massimo D'Alema alla guida del partito unico di centrosinistra.

    Nonostante ciò Goffredo Bettini, ha sottolineato come "il merito'' della mobilitazione sia condivisibile ma "naturalmente lasciando ad ognuno la possibilita' di dire la sua'', e non perde la battuta Calearo che subito esclude una partecipazione come PD allo sciopero della CGIL e ritiene che "vista la situazione cosi' difficile, sarebbe meglio osservare un attimo quello che il Governo propone e solo dopo, eventualmente, decidere. Non farlo a priori'' e afferma di "Non credere che il PD parteciperà ".

    Di diverso avviso è Rosy Bindi che sostiene come "Di fronte all'inadeguatezza del governo e alla presa in giro del Paese deve esserci una reazione forte" e dunque annuncia che il 12 dicembre sara' in piazza con imanifestanti dello sciopero generale e lancia una stoccata a Veltroni "di fronte alla crisi - dice la Bindi - e alla sostanziale inadeguatezza del governo anche l'opposizione, anche lo stesso Pd, dovrebbe organizzare un Tavolo con le parti sociali e le forze politiche per discutere".

    Al di la delle dichiarazioni più o meno scontate degli esponenti del PD che cominciano ad intravedere gli effetti del peso di Epifani su Veltroni, la foto sopra del pannello comunale su cui sono stati affissi due manifesti della Cgil - probabilmente abusivi ( NdR: un manifesto è abusivo quando manca dei regolari timbri del Comune a cui va richiesto il permesso di affissione dopo aver regolarmente pagato la tassa di concessione dovuta ma sembra proprio che questi manifesti della CGIL non abbiano nessun timbro del Comune di Roma Ufficio Affissioni o per lo meno al momento dello scatto della foto non sembra esservene traccia) - lascia scoperta una parte del manifesto sottostante con la scritta "dov'è il trucco?" che rende bene l'idea di come sarà questo sciopero: un trucco della Cgil.

    I maligni di Palazzo ritengono che il 12 serva a consolidare la dipendenza del PD dalla Cgil di Epifani e rafforzarne la presenza in vista della consacrazione da parte di Veltroni alla oramai certa (nonostante le smentite dell'interessato) candidatura alle prossime elezioni europee.

    Certo una volta i seggi si conquistavano con i voti, oggi si conquistano con gli scioperi che, per usare le parole di Benedetto della Vedova, sono "un abuso e un danno per Italia" soprattutto quando in un periodo di crisi si blocca il Paese senza un vero motivo.

    Tratto da http://www.ecodelpalazzo.com/scioper...-il-trucco.htm

 

 
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