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Risultati da 1 a 2 di 2
  1. #1
    Roderigo
    Ospite

    Predefinito Art. 18 - Bisogna estendere la tutela dai licenziamenti a chi non ce l'ha


    Onorevole Bertinotti, nonostante la disponibilità del governo ad una aperta e franca discussione con le parti, quella industriale e quella sindacale, senza condizioni aprioristiche da ambo le parti, il segretario della Cgil si dimostra irragionevolmente irremovibile considerando l'art. 18 intoccabile, pena la falsa perdita del diritto alla libertà dei lavoratori, in quanto detto articolo non viene cancellato, se non come lo è attualmente a danno dei dipendenti delle cooperative e dei dipendenti dei sindacati. Senza preoccuparsi dell'alto costo economico per il paese, e per la perdita di salario dei lavoratori, anche di chi è costretto a non prestare servizio per la chiusura forzata di fabbriche, ministeri, uffici pubblici, scuole e banche, né tenendo nel debito conto la disponibilità al dialogo di tutti gli altri sindacati, la Cgil si avvia ad altri scioperi generali. E Bertinotti va oltre, raccogliendo firme per l'astensione dell'art. 18 a tutte le imprese, anche le più piccole, che chiuderanno, licenziando i dipendenti. Questa è la difesa dei diritti dei lavoratori, che rende un favore, intenzionalmente o meno, alla sinistra perdente, di dare una spallata al governo Berlusconi, non avendo un decente programma da contrapporre validamente a quello dell'esecutivo. Ma la maggioranza eletta del popolo andrà avanti con le riforme, sostenuta dai suoi elettori, il consenso dei quali è in costante aumento.

    Franco Scriattoli via e-mail

  2. #2
    Roderigo
    Ospite

    Predefinito

    Caro Signor Scriattoli, mi pare che la sua interpretazione sulla vicenda dell'articolo 18 sia davvero un po' troppo filogovernativa. Non vi è dubbio infatti che il governo abbia tentato di produrre un atto, quello della sospensione per quattro anni della validità dell'articolo 18 per alcune categorie di lavoratori, unicamente contro il sindacato, rispondendo ad un esplicito desiderio confindustriale. Non a caso nel tanto decantato "Libro bianco sul mercato del lavoro", curato dal professor Marco Biagi, per conto del ministero del Lavoro, non compare una esplicita volontà di modificare la normativa sui licenziamenti individuali in mancanza di una giusta causa. Si è trattata di una scelta successiva, attuata dal governo per rispondere ad un patto contratto con il mondo confindustriale.
    Quest'ultimo ha agito con lo spirito di colpire il movimento operaio e sindacale, quindi per una ragione eminentemente politica e ideologica, non certo in base ad esigenze concrete dell'organizzazione produttiva. L'ultimo rapporto Istat dimostra che le aziende variano al di sopra o al di sotto del limite dei 15 dipendenti per ragioni del tutto differenti da quella dell'applicazione dell'articolo 18, e che riguardano la contingenza economica, le condizioni del mercato, le scelte di management.

    E' del tutto falso che l'applicazione del reintegro nel posto di lavoro in caso di un licenziamento ingiusto, possa portare alla chiusura di aziende, al licenziamento di lavoratori, al mantenimento di una condizione sottodimensionata dell'impresa. Le statistiche dimostrano che il ricorso alla procedura prevista dall'articolo 18 non è affatto così frequente e che le sentenze in favore degli imprenditori sono poco di sotto alla metà del totale. Non vi è quindi alcun accanimento della magistratura del lavoro contro i datori. Piuttosto la persistenza dell'articolo 18 costituisce un deterrente al licenziamento ingiusto e discriminatorio, quindi svolge una funzione positiva nei confronti del lavoratore, che è la parte più debole nel rapporto di lavoro, ma contemporaneamente evita anche il moltiplicarsi di contenziosi.

    Ha quindi pienamente ragione la Cgil ad opporsi con ogni mezzo alla modifica regressiva voluta dal governo. La partecipazione di massa agli scioperi e alle manifestazioni dimostra che non si tratta di un piano calato dall'alto, di un pregiudizio contro il governo, ma di un tema sentito per quello che è, ossia l'estrema difesa contro la liberalizzazione selvaggia nei rapporti di lavoro.

    Ma tutto questo, anche se giusto, non basta. Bisogna estendere la tutela ai licenziamenti a chi non ce l'ha. Innanzitutto perché un diritto è tale solo se lo è per tutti. E infatti anche i sostenitori del Governo e della Confindustria non riescono a negare questa semplice verità. Per sostenere le loro tesi sono quindi costretti a negare in radice che il lavoro sia un diritto, ma ciò va contro la Costituzione del nostro paese. In secondo luogo, come testimoniano dati recentissimi e inoppugnabili, la percentuale dei lavoratori occupati nelle piccole imprese è enormemente cresciuta rispetto a trent'anni fa, quando venne scritto l'attuale articolo 18. Perché esso non sia un privilegio va quindi esteso a tutti. E' una logica alla quale non si può scappare e centra assai poco con presunte manovre politiche che lei ci vuole attribuire. Si tratta invece di una battaglia di giustizia e di civiltà.

    D'altro canto noi siamo impegnati in una battaglia referendaria più complessiva, che tocca anche altri aspetti, in particolare quelli della difesa della sicurezza alimentare e dell'ambiente, nonché della scuola pubblica. In quest'ultimo caso proponiamo di abrogare norme in favore della scuola privata che vennero fatte dal precedente governo di centrosinistra e non da Berlusconi, anche se la ministra Moratti si propone oggi di fare ancora peggio. Ancora una volta, nelle nostre scelte, privilegiamo il giudizio sulle cose e sui contenuti prima che sugli schieramenti. Ed è sui primi che vogliamo costruire un programma alternativo a quello dell'attuale governo. Saranno i fatti ad incaricarsi di dimostrare dove effettivamente si concentreranno i consensi.

    Fausto Bertinotti
    Liberazione 9 giugno 2002
    http://www.liberazione.it

 

 

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