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  1. #21
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    Originally posted by Roderigo
    Però, la mia domanda aveva per soggetto la politica, non Jan Hus.
    Potrei allora chiederti, attorno a cosa si formano le idee. Come e perchè nascono liberalismo e socialismo. Soprattutto come e perchè diventano progetti politici, partiti e stati, nella storia moderna e contemporanea. Se fossero solo idee, qualcuno le avrebbe sicuramente pensate prima. Anzi, sono state davvero pensate anche prima, ma non si sono mai tradotte in politica, non hanno mai organizzato la politica, fino all'ascesa della borghesia, alla rivoluzione industriale, alla formazione del proletariato.
    Non, non sono d'accordo. Non è vero che "se fossero idee, qualcuno le avrebbe pensate prima".

    Originally posted by Roderigo
    Proprio questo hanno avuto in comune socialdemocrazia e comunismo, anche nel secolo breve: la rappresentanza sociale. Tutti e due hanno rappresentato il proletariato ed hanno letto la realtà attraverso la chiave interpretativa del conflitto sociale, della dualità di interessi tra proletariato e borghesia. L'idea, il socialismo, come orizzonte di una società nuova, o come valore etico a cui ispirare il comportamento politico, ne è stata una conseguenza.

    La divisione tra le due parti, non ha mai riguardato il SE rappresentare il proletariato nella contrapposizione di interessi con la borghesia, nè il SE trasformare la società in senso socialista, ma solo il COME fare questo: con le riforme o con la rivoluzione; dentro le istituzioni liberali o fuori e contro di esse, con il compromesso o con lo scontro frontale; con l'universalizzazione dello stato sociale o con il collettivismo statale.
    Pieffebi ha colto il punto.

    Riformare significa trasformare un sistema mantenendone le caratteristiche fondamentali. Nel linguaggio politico tedesco socialdemocratico aveva un significatoi molto più sinistrorso rispetto a quanto comunemente s'intende; ma le cose cambiarono con Bad Godesberg nel 1956.

    Non a caso, nei paesi latini, più adusi alle velleità retoriche, non esistono partiti "socialdemocratici" o "laburisti", che sono invece tipici dei paesi anglosassoni, dalla mentalità più pragmatica. Esitono, invece, partiti socialisti: che alla "socialdemocraziea" ci sono arrivati più tardi e in modo più malfermo.

    I comunisti non sono mai stati socialdemocratici. Il loro obiettivo non è mai stato "trasformare" le democrazie occidentali ad economie di mercato, anche profondamente, mantenendone inalterate le fondamenta, ma sostituire un sistema con un altro completamente diverso. Proprio questa era la critica che il PCI, forte dei suoi successi elettorali, muoveva ai partiti socialdemocratici negli anni Settanta: quella di aver accettato un obiettivo "minimo"; in altri termini, di aver abbandonato il "massimalismo".

    Per la stessa ragione, è ingiusto e sbagliato anche nel merito affermare che i comunisti vogliono "cambiare" il mondo, e che questo costituirebbe la loro peculiarità. Anche i socialdemocratici vogliono "cambiare il mondo".

    Una delle differenze tra socialdemocratici e comunisti è che i primi, a differenza dei secondi, il mondo l'hanno generalmente cambiato in meglio.

    I partiti socialdemocratici europe

    Originally posted by Roderigo
    Per questo secondo me non ha senso parlare di differenze "irriducibili" tra comunismo e socialdemocrazia. Tant'è che entrambi, fanno parte dell'insieme del movimento operaio e dell'insieme della sinistra. Però è comprensibile che ne parlino i "liberal" conservatori: la divisione della sinistra e l'isolamento della sua componente più radicale, è per loro una condizione ottimale.
    Non soltanto ha senso; ma è anche "falso" che socialdemocratici e comunisti facciano entrambi parte del "movimento operaio".

    Che i comunisti non abbiano mai avuto un atteggiamento leale e corretto nei confronti dei loro concorrenti di sinistra è cosa risaputa, e se ne potrebbero portare numerosi esempi tratti dalla storia di diversi paesi europei: dall'Italia alla Spagna, dalla Germania alla Russia, dalla Cecoslovacchia all'Ungheria.

    Ma anche i socialdemocratici sono stati, quando hanno potuto, implacabili con i comunisti; e sono stati ben attenti a tenerli sotto controllo. Quando si sono alleati con loro l'hanno sempre fatto da posizioni di forza.

    Originally posted by Roderigo
    Ora, per quanto ho letto di te, in due anni, non sono certo che il tuo essere liberale, comunque esterno alla tradizione socialista, sia di sinistra. Secondo me, sta in bilico. Probabilmente nelle tue scelte politiche ha un peso di rilievo la tua collocazione religiosa, o meglio la tua cultura religiosa, che conosco però solo in modo approssimativo (l'etica individualista, insomma). E alcuni elementi ti spingono obiettivamente a destra, per esempio, l'anticomunismo, che in Italia è sempre stato il collante delle forze più conservatrici e reazionarie. E lo è tuttora. se Berlusconi usa l'anticomunismo come tema principale della sua propaganda, non lo fa perchè è stupido o anacronistico.
    Le mie posizioni in materia religiosa e in materia politica sonodue facce della stessa medaglia; non sono l'una la conseguenza dell'altra; e, in retrospettiva, se così fosse, sarebbero caso mai le mie posizioni religiose ad essere "figlie" di quelle politiche, perché le mie simpatie repubblicane hanno preceduto quelle protestanti.

    Ciò detto, contesto vivamente che l'anticomunismo collochi a destra; e, simmetricamente, che l'antifascismo (o il comunismo) collochino a sinistra.

    Il fatto che Berlusconi usi l'anticomunismo in maniera strumentale (ma anche la sinistra ha spesso utilizzato l'antifascismo in maniera strumentale) è un artificio retorico al quale non darei molto peso.

  2. #22
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    Bene, è ora di contestualizzare.
    I marxisti rivoluzionari del XIX secolo, da un certo punto in poi, hanno usato definirsi "socialdemocratici". Se si vuole dire che esiste identità fra il socialdemocratico Bebel e il comunista Lenin su tutte le questioni fondamentali dell'ideologia e della concezione politica, si dice una cosa vera.
    Se nel 1925, nel periodo storico successivo al crollo della II internazionale e alla scissione dal movimento socialdemocratico dei partiti comunisti di impianto leniniano, si fosse affermata questa identità si sarebbe commessa già una evidente falsificazione, seppure ancora vi fossero, altrettanto evidentemente, una buona parte di cose comuni.
    Ma le tendenze della socialdemocrazia internazionale erano molto diversificate, si andava dai "quasi bolscevichi" della Internazionale 2 e mezzo (austromarxisti e assimilati), ai riformisti social-liberali che già avevano mandato Marx ed Engels "IN SOFFITTA", con al centro le varie correnti tradizionali, di impianto kautskyano (criptorevisionismo per usare il termine di Korsch) e bernsteniano (revisionismo aperto ma con ancora alcuni riferimenti al marxismo, almeno sul piano del metodo).
    I laburisti marxisti non lo sono mai stati, sono sorti dalla confluenza di una costola dell'estrema sinistra liberale con i socialisti fabiani, cementati dalla prassi riformista tradeunionistica. Vi sono stati "entrismi" marxisti nel laburismo, teorizzati apertamente da Lenin in "Estremismo, malattia infantile del comunismo", ma queste piccole minoranze erano un partito nel partito, persino ufficialmente e si autodefinivano senz'altro comunisti.
    In Svezia la socialdemocrazia ha raggiunto stabilmente il potere dagli anni trenta ma ha subito assunto un atteggiamento moderato, stemperando ogni riferimento ideologico e assumendo di fatto l'accettazione della monarchia e del capitalismo, impegnandosi soltanto a.....gestirlo in modo..."socialista".
    Dopo la seconda guerra mondiale e con la guerra fredda la divaricazione fra comunismi e socialdemocrazie diviene ideologicamente e strategicamente radicale ed irreversibile, salvo convergenze tattiche e pratiche. Con Bad Godesberg la più grande socialdemocrazia occidentale ripudia le residue zavorre ideologiche marxiste e sempre di più...ogni riferimento concreto ad una società collettivista radicalmente alternativa all'economia capitalistica del libero mercato. Nacque un anticomunismo ideologico di matrice socialdemocratica che fu addirittura parossistico in ampi settori del laburismo, della socialdemocrazia scandinava (persino ove tatticamente ed elettoralmente vi erano alleanze con i comunisti!!!).
    Con l'eurocomunismo sembrò che fossero alcuni dei principali partito comunisti occidentali, rimasti irrimediabilmente da questa parte del mondo, a spingersi sempre più, con la revisione ideologica e politica, ad una concezione del socialismo e del rapporto di questi con la democrazia, paragonabile a quello della socialdemocrazia. In verità, però, come appunto Berlinguer spiegò, questo era apparenza, giacchè l'eurocomunismo non rinunciò all'obiettivo finale del rovesciamento radicale del capitalismo e della sua trasformazione, seppur con metodi ed alleanze non più riconducibili all'ortodossia marxixta-leninista.
    L'eurocomunismo non fu socialdemocrazia ma al massimo socialdemocratizzazione incompiuta dei partiti di matrice stalinista. Il compimento del processo di socialdemocratizzazione, a mio avviso non ancora....del tutto coerente, si è attuato solo DOPO la caduta del "muro": in Italia con il partito democratico di sinistra (in cui tutt'ora vi sono però tendenze che si dichiarano comuniste).

    Saluti liberali

  3. #23
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    Originally posted by Pieffebi

    in Italia con il partito democratico di sinistra (in cui tutt'ora vi sono però tendenze che si dichiarano comuniste).

    Saluti liberali


    ...ma fammi il piacere!!!
    TUTTO IL POTERE AI SOVIET!

  4. #24
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    Nei Diesse esistono tutt'ora le correnti dei "comunisti unitari" (derivati da una prima scissione rifondarola, ossia prima di quella di Cossutta) ed i "comunisti democratici". Prenditela con loro

    Saluti liberali

  5. #25
    Roderigo
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    Originally posted by Jan Hus
    Non, non sono d'accordo. Non è vero che "se fossero idee, qualcuno le avrebbe pensate prima".
    Ma sono state pensate prima! Il comunismo è stato pensato da Platone, dagli evangelici, da Thomas More, da Tommaso Campanella, ma è diventato un programma ed una organizzazione politica solo con il formarsi di un proletariato urbano concentrato in grandi stabilimenti industriali.

    R.

  6. #26
    Roderigo
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    Originally posted by Jan Hus
    Pieffebi ha colto il punto.
    Riformare significa trasformare un sistema mantenendone le caratteristiche fondamentali. Nel linguaggio politico tedesco socialdemocratico aveva un significatoi molto più sinistrorso rispetto a quanto comunemente s'intende; ma le cose cambiarono con Bad Godesberg nel 1956.
    Non a caso, nei paesi latini, più adusi alle velleità retoriche, non esistono partiti "socialdemocratici" o "laburisti", che sono invece tipici dei paesi anglosassoni, dalla mentalità più pragmatica. Esitono, invece, partiti socialisti: che alla "socialdemocraziea" ci sono arrivati più tardi e in modo più malfermo.
    I comunisti non sono mai stati socialdemocratici. Il loro obiettivo non è mai stato "trasformare" le democrazie occidentali ad economie di mercato, anche profondamente, mantenendone inalterate le fondamenta, ma sostituire un sistema con un altro completamente diverso. Proprio questa era la critica che il PCI, forte dei suoi successi elettorali, muoveva ai partiti socialdemocratici negli anni Settanta: quella di aver accettato un obiettivo "minimo"; in altri termini, di aver abbandonato il "massimalismo".
    Per la stessa ragione, è ingiusto e sbagliato anche nel merito affermare che i comunisti vogliono "cambiare" il mondo, e che questo costituirebbe la loro peculiarità. Anche i socialdemocratici vogliono "cambiare il mondo".
    Una delle differenze tra socialdemocratici e comunisti è che i primi, a differenza dei secondi, il mondo l'hanno generalmente cambiato in meglio.
    L'ho scritto io stesso, nello spiegare l'affermazione di Berlinguer, secondo cui il Pci non sarebbe mai diventato socialdemocratico, che la discriminante tra comunisti e socialdemocratici era, negli anni '60-'80, l'anticapitalismo. Ma in quegli anni, i partiti comunisti occidentali erano simili al partito bolscevico o ai partiti socialdemocratici prima di Bad Godesberg (1959)?
    Faccio notare che la mia posizione consiste nel negare, non la differenza tra comunisti e socialdemocratici, ma il presunto carattere irriducibile di tale differenza, cioè la tesi secondo cui tra le due componenti non esisterebbe intersezione, nessun divisore comune. Ne esistono invece di molto importanti: la matrice ideologica, gli obiettivi ideali, la lettura della realtà attraverso il conflitto di classe, ed i riferimento sociale (la classe gardé).

    Riguardo al confronto tra le realizzazioni della socialdemocrazia e quelle del socialismo reale sono d'accordo sul fatto che le prime siano superiori. Ma questo riguarda principalmente l'ideologia o il diverso contesto ambientale in cui si sono verificate? E le realizzazione socialdemocratiche nulla devono all'estistenza dell'Urss come deterrente alternativo al capitalismo? I comunisti a Oriente non hanno comunque realizzato progressi rispetto alle società precedenti dei loro paesi? Le fortune e le sfortune delle due parti non sono sempre andate di pari passo? E quando i comunisti hanno preso atto del loro "fallimento", non hanno trovato naturale cambiare nome in "socialista" (ma alcuni già si chiamavano così) e chiedere l'adesione all'Internazionale socialista? E l'IS non ha ritenuto naturale accoglierli?

    R.

  7. #27
    Roderigo
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    Originally posted by Jan Hus
    Non soltanto ha senso; ma è anche "falso" che socialdemocratici e comunisti facciano entrambi parte del "movimento operaio".
    Questa affermazione davvero non l'ho capita.
    Comunisti e socialdemocratici non fanno parte del movimento operaio?

    R.

  8. #28
    Roderigo
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    Originally posted by Jan Hus
    Ciò detto, contesto vivamente che l'anticomunismo collochi a destra; e, simmetricamente, che l'antifascismo (o il comunismo) collochino a sinistra.
    Il fatto che Berlusconi usi l'anticomunismo in maniera strumentale (ma anche la sinistra ha spesso utilizzato l'antifascismo in maniera strumentale) è un artificio retorico al quale non darei molto peso.
    Prima di tutto bisogna intendersi sul significato delle parole. Per "antifascismo" non s'intende solo l'opposizione al fascismo, ma anche la negazione della sua legittimità: il fascismo nella democrazia non ha diritto di cittadinanza. Temo che per "anticomunismo" si intenda la stessa cosa nei confronti dei comunisti: chi mira all'abolizione della proprietà privata è un pericolo (per la libertà, la democrazia, ecc.) e va quindi bandito e combattuto con ogni mezzo. Naturalmente, su questa china è sospetto ogni intervento pubblico sulla proprietà privata.

    E' vero, sia Berlusconi, sia la sinistra possono usare antifascismo e anticomunismo in maniera strumentale (ma quando lo fece la sinistra negli anni '70, per giustficare i governi di solidarietà nazionale e l'emergenzialismo, invece di unirsi si spaccò). E l'idealista ferma qui la sua obiezione. Ma c'è un problema: poiché queste posizioni reali e/o strumentali si propongono di coalizzare un arco di forze, antifascismo e anticomunismo cosa coalizzano? E per fare cosa?

    R.

  9. #29
    Roderigo
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    Originally posted by Pieffebi
    I comunisti imputano ai socialdemocratici, a piena ragione, la rinuncia sostanziale (e spessisimo anche ideologico-programmatica), a concepire "il socialismo" come un'alternativa di sistema all'economia "capitalistica" del libero mercato. Il socialismo etico...non ha nulla a che fare con la previsione di un'organizzazione dei rapporti di produzione che faccia a meno della proprietà privata, del libero mercato, eccetera. AL massimo discute di regole, di controlli, di "dosaggi", di compiti di un "settore pubblico" strategico in un'economia mista che un marxista che si rispetti non può esimersi dal definire pienamente capitalistica anche se ....poco "liberale".
    Questo è stato, mi pare, anche uno dei "punti forti" delle ragioni della scissione dei "comunisti" rifondaroli dal Partito Democratico della Sinistra. Non a caso anche su questo sito il sottotitolo del forum "comunista" fa riferimento alla "sinsitra anticapitalista". Dunque l'altra, non è qualificabile come tale.
    No, perchè l'anticapitalismo oggi non vuole necessariamente un partito alternativo, non essendoci alcuna rottura rivoluzionaria alle porte. Se il Pci avesse solo rotto il suo involucro ideolgico, confermando nel nome, la sua prassi già riformista, cioè se si fosse solo compiutamente trasformato in un partito socialdemocratico, i comunisti avrebbero potuto organizzarsi in una corrente al suo interno, così come volevano Ingrao, Tortorella, e persino il Manifesto. Chi, come me, sceglieva Rifondazione, valutava invece che il nuovo Pds fosse ormai un partito liberale e che la discriminante fosse non tanto l'anticapitalismo, quanto l'antiliberismo.

    R.

  10. #30
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    Originally posted by Roderigo
    Ma sono state pensate prima! Il comunismo è stato pensato da Platone, dagli evangelici, da Thomas More, da Tommaso Campanella, ma è diventato un programma ed una organizzazione politica solo con il formarsi di un proletariato urbano concentrato in grandi stabilimenti industriali.
    Oppure si può dire che ha avuto la possibilità di estrinsecarsi in un movimento politico soltanto in presenza di un sistema politico che consentiva il dissenso.

    Inoltre, il comunismo di Marx non è quello di Thomas More o di Campanella.

    In fondo, stiamo parlando di idee diverse.

 

 
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