Finalmente sta uscendo fuori la verità sul G8 di Genova. L'articolo qui sotto è tratto da "La Repubblica" di oggi.
L'inchiesta sul G8 di Genova, la deposizione di un commissario
Canterini si defende: mai visto i due ordigni nella scuola
"Quelle molotov alla Diaz
erano su camion della Celere"
De Gennaro: "in galera chi ha truccato le carte"
di CARLO BONINI
La notte della "Diaz" è un incubo che ritorna, un fragile castello di bugie della cui ombra il Viminale non riesce a liberarsi. Raccontano un Gianni De Gennaro indignato. Ne riferiscono lo sfogo: "Non è concepibile che la responsabilità di pochi o addirittura di un singolo sporchi il difficile lavoro di decine di migliaia di poliziotti che fanno limpidamente e con sacrificio il loro dovere. La magistratura faccia il suo lavoro, individui le responsabilità personali, e chi ha truccato le carte finisca in galera".
Chi ha dunque truccato le carte? Quando? Come? Perché?
Il nome, i nomi, di chi, nella notte del 21 luglio, a Genova, accusando degli innocenti che sapeva tali, ha tradito il Paese, la propria divisa e la Polizia sono in due bottiglie di scadente vino rosso agli atti della Procura di Genova. Perché la storia di un'infame menzogna è la storia di un "Colli Piacentini" e un "Merlot". Due "bocce" svuotate della loro broda e riempite di benzina. Mai tirate per uccidere, usate per calunniare.
Reperto numero 1 - Per comprendere la meccanica di una messa in scena e individuarne la mano conviene stare ai fatti. Alla loro coda, fissando la scena che alle 23.40 del 21 luglio si stampa nel ricordo di una fonte del Dipartimento di Pubblica sicurezza presente a Genova.
Racconta la fonte a Repubblica: "Entrai nella Diaz quando le operazioni si erano ormai concluse. Nell'androne della scuola, notai, ben disposti, come se qualcuno li avesse ordinati, una serie di oggetti che, il mattino successivo, sarebbero stati mostrati ai giornalisti in questura. Delle mazze, dei coltelli, mucchi di stracci e, sicuramente, due bottiglie molotov". E' il bottino di una serata maledetta, di una "perquisizione" che ha imbrattato di sangue i muri della scuola e riempito di feriti gli ospedali cittadini. O almeno così si vuol far credere. Certamente ne dà atto il verbale di sequestro che, quella stessa notte, funzionari della Digos di Genova redigono ad uso del questore Francesco Colucci. Si legge al reperto numero 1: "due molotov già confezionate - bottiglia vino rosso "Colli Piacentini" e bottiglia vino rosso Merlot". Il verbale di voci ne conta 32. Difficile intravedere la scoperta di un arsenale: "9 passamontagna neri, 4 bracciali borchiati, 6 paia di parastinchi, 8 di gomitiere, 15 macchine fotografiche, 3 telefonini, 5 bastoni di legno lunghi un metro circa, 2 mazzuole da cantiere di chilogrammi cinque con manico lungo, un piccone, 10 bombolette spray, un thermos, bottiglia di plastica con chiodi arrugginiti, confezione di doposole, medicinali, assorbenti interni, 4 cartucce lacrimogene cariche, una pettorina da giornalista, 3 pennarelli indelebili, 2 kit di protezione per moto, 3 tascapani, 7 barre di ferro di 80 centimetri, 3 mappe della città, 17 maschere da sub, 25 coltelli di tipo "svizzero", libro di Paul White, agenda, striscione di stoffa, decine di bandiere del movimento anarchico, 7 maschere antigas, pacco di ciclostili, mucchi di indumenti neri".
Gli oggetti - annota chi verbalizza - vengono "rinvenuti al pianterreno dello stabile". E' un particolare apparentemente marginale. Vedremo presto, al contrario, quanto rivelatore.
[ * * *]
Le quattro "verità" - Non c'è addetto ai lavori che, scorrendo il dettaglio del "bottino" della notte, non sappia che una e soltanto una delle 32 voci del verbale di sequestro "giustifica" l'immediato fermo di quanti si trovino all'interno della "Diaz". Le due "bocce" di scadente rosso trasformate in molotov. Sono armi da guerra. Chi le detiene ne risponde con il carcere. Il buon senso dice che anche per questo ci si debba affannare a individuarne i possessori. Non la pensa così chi è presente nella scuola in quel momento. Il "colli Piacentini" e il "Merlot" vengono avvolti negli stracci "neri" sequestrati e avviati in questura dove, il mattino successivo, saranno esibiti come trofei della caccia.
Se stupisce che non ci si affanni a individuare chi quelle bottiglie ha maneggiato, ancor più sorprendente è scoprire che esistano quattro diverse verità su chi e dove le abbia ritrovate. Vediamo.
Sulla scena della "Diaz" sono presenti al momento del sequestro i funzionari della Digos di Genova che redigono il verbale, uomini delle Digos di Roma e Napoli, gli uomini del primo reparto mobile di Vincenzo Canterini, il dirigente dello Sco Franco Gratteri, il suo vice Gilberto Caldarozzi, l'allora direttore dell'Ucigos Arnaldo La Barbera.
Di quel ritrovamento hanno immediata contezza Gratteri, La Barbera e Caldarozzi. Sono all'esterno della scuola - raccontano - e vengono informati a conclusione dell'operazione del suo esito. Le loro "verità" coincidono e indicano negli uomini di Canterini chi quegli oggetti ha trovato e sequestrato. Logico, persino banale a ragionarci. Se non fosse che Canterini di questa "verità" nulla sa, né ricorda. Spiega a Repubblica: "Non ricordo affatto né le bottiglie, né gli altri oggetti. Non le ricordo né al pian terreno, né altrove. E francamente non giurerei che siano stati i miei a trovarle. Lo avrei saputo...Io, di quelle bottiglie non so nulla. Non è affare del mio reparto".
Curioso. Se quelle bottiglie sono l'unica cosa che giustifica lo scempio di una notte, perché cancellarne la presenza? Certo, Canterini ha almeno due elementi che lo allontanano dai "Colli Piacentini" e dal "Merlot": il verbale di sequestro firmato da funzionari della Digos di Genova, la presenza di funzionari più alti in grado responsabili per le "operazioni di polizia giudiziaria". Epperò, qualcosa non torna. Nella relazione di servizio preparata dai suoi uomini un riferimento agli oggetti sequestrati esiste. Ma - attenzione al dettaglio - "al primo piano dello stabile", non al pian terreno, come riferito da chi poi procederà all'inventario del bottino della caccia.
Un fatto è certo. Quelle due bottiglie - e diciamo pure l'intera congerie di oggetti "sequestrati" alla Diaz - già alle 23.40 del 21 luglio non sono merce di cui si rivendichi volentieri la paternità. Qualcuno le colloca al primo piano, altri nell'androne. In tre le vogliono nelle mani del reparto Celere. Canterini in quelle della Digos e dello Sco. Perché?
Il camion del reparto mobile" - Il 10 giugno scorso, in quel di Gravina, provincia di Bari, il sostituto procuratore Domenico Seccia incrocia forse un abbozzo di risposta. I pm genovesi Francesco Pinto e Enrico Zucca lo hanno incaricato di ascoltare uno sconosciuto funzionario, il commissario Pasquale Guaglione. Era a Genova il 21 luglio. Svela - è storia di mercoledì - che le due "bocce" della "Diaz" sono fasulle, perché è lui che, inconsapevolmente, le riconosce per quelle ritrovate il pomeriggio del 21 luglio in corso Italia. Assai lontane dalla scuola, almeno sette ore prima del sequestro, nascoste dentro un'aiuola (lo stratagemma utilizzato dai magistrati per assicurarsi della autenticità dei ricordi di Gravina è tacergli da dove provengano le due bottiglie).
Già così la verità di Guaglione è rumorosa, ma nasconde un dettaglio che potrà forse sciogliere il rebus sulla mano che colloca quelle bottiglie sette ore dopo alla "Diaz" per accusare degli innocenti. Il commissario mette a verbale di aver "consegnato le due molotov ad un camion del reparto mobile", gli uomini di Canterini, che incrociava in Corso Italia al momento del ritrovamento. Un furgone che in quei giorni Genovesi girava ramazzando dal terreno corpi di reato destinati agli uffici della Questura.
Il magistrato incalza Guaglione: "Perché fece menzione del ritrovamento nella sua relazione di servizio e non stilò un verbale di sequestro?". "Perché la confusione era tanta e sapevo che ci avrebbero pensato in Questura...". In questura - ne è certo l'ex questore Colucci - non ci pensò nessuno, perché il "colli Piacentini" e il "Merlot" lì non sarebbero mai arrivati. O, almeno, lo escluderebbero le carte (nessun verbale di carico) e la logica (le molotov avrebbe richiesto l'intervento di artificieri che le disinnescassero prima di riporle su una rastrelliera).
Se Colucci ha ragione, vuol dire che la chiave della messa in scena è allora proprio in quel furgone del reparto mobile che avrebbe raccattato "fonti di prova" adatte ad aggiustare alla bisogna operazioni finite male. Un'attrezzeria viaggiante pronta alla messa in scena. Se Colucci ha torto - o quantomeno gli è stato taciuto quanto avvenuto nell'ufficio corpi di reato - vuol dire allora che un'altra mano, la notte del 21 luglio, trafugò dalla questura quelle due molotov che erano forse già state disinnescate. Le ricaricò alla buona, le lasciò scivolare nell'androne della Diaz. I sostituti Pinto e Zucca non sembrano escluderlo. In quel "Colli Piacentini" e "Merlot" - almeno per come sono stati ritrovati - c'è qualcosa che non torna. I segni di una "manipolazione". La firma di chi ha calunniato degli innocenti, che De Gennaro augura presto in galera e su cui - è impegno strappato ieri dal questore Fioriolli ai magistrati genovesi - indagherà proprio la Polizia. "
Un mio commento personale è la tristezza nel vedere tanta gente schierarsi per partito preso con una parte, decidendo a priori chi avesse ragione e chi torto, con evidente diprezzo della verità e dei fatti accaduti. Se non fosse chiaro mi riferisco alla destra tutta intera, garantista solo a parole e solo per gli amici degli amici.
Giustizia e Libertà