ROMA - Nessuno manderà via Biagi e Santoro, ma c'è bisogno che la Rai diventi "finalmente un'impresa", cosa "lontana mille miglia dalla realtà attuale". Insomma, che riesca a muoversi sul mercato in modo più "agile e flessibile", come Mediaset.
Il presidente Baldassarre invoca anche una nuova legislazione, che cambi radicalmente l'assetto operativo della tv di Stato e che istituisca la figura dell'amministratore delegato, col compito di "rispondere al Consiglio di tutte le sue attività". Una proposta, quella dell'a.d, che convince il ministro Gasparri: "sarebbe un 'evoluzione del sistema", ma che fa storcere un po' la bocca a Saccà. Il direttore generale la definisce "interessante" ma sposta più in là il discorso. "Se ne riparla tra 20 anni", taglia corto.
Sta di fatto però che è una mezza rivoluzione quella che annuncia Baldassare, intervenendo al ministero delle Comunicazioni ad un convegno di confronto sul nuovo contratto di servizio che Stato e concessionaria pubblica iniziano a discutere da oggi.
"La struttura attuale - ha detto Baldassarre - è più vicina ad un'impresa pubblica che non ad un'impresa privata seppure a capitale pubblico. Il direttore generale viene nominato in una certa maniera e in più ha dei poteri che a volte sono in totale separazione rispetto al cda". Questo si giustificava "quando c'era una specie di bipartitismo interno alla maggioranza, per cui il presidente doveva essere di un colore e il direttore generale di un altro".
Ma oggi non c'è ragione perché tutto questo rimanga in piedi. E se la Rai pretende e vuole autonomia dalla politica, "credo - aggiunge Baldassarre - si debba procedere ad una riforma per via legislativa che consideri la Rai una vera impresa privata con la stessa agilità di movimento di Mediaset".
Altrimenti saranno guai. E "l'azienda verrà penalizzata, perché per prendere decisioni ci mette a volte tre mesi in più rispetto a Mediaset".
(1 LUGLIO 2002, ORE 12:45, aggiornato alle 150)