Bene! L'importanza della "questione nazionale" per "il proletariato" secondo Lenin, un tema essenziale per capire il leninismo. Dunque ...benissimo.Originally posted by Catilina
Ah, è così? E allora che il duello cominci. Eccoti, per iniziare, come assaggio, tanto per gustare, un pezzo del Lenin nazionalitario prima maniera, con una breve postilla interpretativa, poi- man mano che cercherai di smentire la mia interpretazione- arriveranno pure gli altri:
SULL'ORGOGLIO NAZIONALE DEI GRANDI RUSSI
(Articolo pubblicato sul "Sotsial-Demokrat" n°35 del 12 dicembre 1914)
Quanto parlare, argomentare e vociferare c'è ai giorni nostri riguardo la nazionalità e la madrepatria! Ministri liberali e radicali in Inghilterra, un esercito di giornalisti "avanzati" in Francia (che si sono mostrati in pieno accordo con i loro colleghi reazionari), ed uno sciame di ufficiali Cadetti e scribacchini progressisti in Russia (inclusi parecchi Narodniki e "marxisti") - tutti hanno effusivi elogi per la libertà e l'indipendenza dei loro rispettivi paesi, per lo splendore del principio dell'indipendenza nazionale. Qui uno non può dire dove finisce il mercenario elogiatore del macellaio Nicola Romanov o del brutale oppressore di neri e indiani, e dove comincia il comune filisteo, che per pura stupidità o debolezza si lascia trasportare dalla corrente. Né questa distinzione è importante. Noi vediamo innanzi a noi un'estesa e profonda tendenza ideologica, le cui origini sono strettamente interrelate agli interessi dei proprietari terrieri e dei capitalisti delle nazioni dominanti. Centinaia di milioni vengono spesi ogni anno per la propaganda di idee vantaggiose per queste classi: si tratta di un mulino piuttosto grande che prende la sua acqua da tutte le fonti - da Menshikov, uno sciovinista per convinzione, a sciovinisti per ragioni d'opportunismo o debolezza come Plechanov e Maslov, Rubanovich e Smirnov, Kropotkin e Burtsev.
Permetteteci, a noi socialdemocratici Grande-Russi, di tentare di definire la nostra attitudine verso questa tendenza ideologica. Sarebbe sconveniente per noi, rappresentanti di una nazione dominante dell'estremo est europeo e di una buona parte d'Asia, dimenticare l'immensa importanza della questione nazionale - specialmente in un paese che è stato giustamente definito "prigione dei popoli", e particolarmente in un periodo in cui, nell'estremo est europeo ed in Asia, il capitalismo sta risvegliando alla vita e all'autocoscienza un grande numero di "nuove" nazioni, grandi e piccole; in un momento in cui la monarchia zarista ha chiamato alle armi milioni di Grandi-Russi e non-russi, così da "risolvere" un certo numero di problemi nazionali in concordanza con gli interessi del Consiglio della Nobiltà Unita [1] e dei vari Guchkov, Krestovnikov, Dolgorukov, Kutler e Rodichev.
È il senso d'orgoglio nazionale alieno per noi, proletari coscienti della Grande Russia? Certamente no! Noi amiamo la nostra lingua e il nostro paese, è noi stiamo facendo del nostro meglio per far innalzare le sue masse che duramente lavorano (ovvero i nove decimi della sua popolazione) ad un livello di coscienza democratica e socialista. A noi è assai più penoso vedere e percepire le violenze, l'oppressione e le umiliazioni che il nostro amato paese soffre per mano dei macellai dello zar, i nobili ed i capitalisti. Noi prendiamo orgoglio della resistenza a queste violenze che è scaturita dalle nostre file, dai Grandi-Russi; in quelle file essendo stati prodotti Radishchev [2], i Dicembristi [3] ed i rivoluzionari comunardi degli anni settanta [4]; la classe operaia Grande-Russa che ha creato, nel 1905, un potente partito rivoluzionario delle masse; ed i contadini Grande-Russi che hanno iniziato a volgersi verso la democrazia per accingersi a rovesciare il clero ed i proprietari terrieri.
Noi ricordiamo ciò che Chernyshevsky, il democratico Grande-Russo che dedicò la sua vita alla causa della rivoluzione, disse mezzo secolo or sono: "Una nazione disgraziata, una nazione di schiavi, dall'alto verso il basso - tutti schiavi" [5]. Ai manifesti e nascosti schiavi Grande-Russi (schiavi in rapporto alla monarchia zarista) non piace ricordare queste parole. Eppure, nella nostra opinione, queste erano parole di genuino amore per il nostro paese, un amore afflitto per l'assenza di uno spirito rivoluzionario nelle masse del popolo Grande-Russo. Non c'era tale spirito all'epoca. C'è ne è poco adesso, ma c'è. Noi siamo pieni di orgoglio nazionale perché la nazione Grande-Russa, anche, si è mostrata capace di fornire il genere umano di grandi modelli di battaglia per la libertà e il socialismo, e non solo di grandi pogrom, patiboli, segrete, grandi carestie e grande servilismo verso i preti, i proprietari terrieri ed i capitalisti.
Noi siamo pieni di un senso di orgoglio nazionale, e proprio per questa ragione noi odiamo particolarmente il nostro passato schiavista (quando la nobiltà terriera guidò i contadini in guerra per soffocare la libertà dell'Ungheria, della Polonia, della Persia e della Cina), ed il nostro presente schiavista, quando proprio questi stessi proprietari terrieri, aiutati dai capitalisti, ci stanno guidando in una guerra per strangolare la Polonia e l'Ucraina, abbattere i movimenti democratici in Persia e Cina, rafforzare i Romanov, i Bobrinsky ed i Purishkeviche, che sono il disonore della nostra dignità nazionale Grande-Russa. Nessuno può esser biasimato per il fatto d'esser nato schiavo, ma uno schiavo che non solo rifugge dall'aspirazione alla libertà, ma in più giustifica ed elogia la propria schiavitù (ovvero chiama lo strangolamento di Polonia, Ucraina, ecc., una "difesa della madrepatria" dei Grandi-Russi) - tale schiavo è uno sputacchioso ed un bifolco, che fa accresce un legittimo sentimento di indignazione, disgusto e ripugnanza.
"Nessuna nazione può essere libera se opprime altre nazioni", dicevano Marx ed Engels, i più grandi rappresentanti della coerente democrazia del diciannovesimo secolo, che divennero i maestri del proletariato rivoluzionario. E, pieni di un senso d'orgoglio nazionale, noi, operai Grande-Russi, vogliamo, qualunque cosa accada, una libera ed indipendente, democratica, repubblicana e orgogliosa Grande-Russia, una che basi i suoi rapporti con i suoi vicini sul principio umano di uguaglianza, e non sul principio feudalista del privilegio, così degradante per una grande nazione. Proprio perché noi vogliamo ciò, noi diciamo: è impossibile, nel ventesimo secolo ed in Europa (persino nell'estremo est d'Europa), "difendere la madrepatria" in altro modo che non sia l'utilizzo di ogni mezzo rivoluzionario per combattere la monarchia, i proprietari terrieri ed i capitalisti della propria madrepatria, cioè, i peggiori nemici del proprio paese. Noi diciamo che i Grandi-Russi non possono "difendere la madrepatria" in altro modo che desiderando la sconfitta dello zarismo in qualsiasi guerra, questo essendo il male minore per i nove decimi degli abitanti della Grande-Russia. Perché lo zarismo non solo opprime economicamente e politicamente i nove decimi, ma in più demoralizza, degrada, disonora e prostituisce essi insegnando loro ad opprimere altre nazioni e a coprire questa vergogna con frasi ipocrite e quasi-patriottiche.
Si potrebbe avanzare l'obiezione che, inoltre allo zarismo e sotto la sua ala, un'altra forza storica è cresciuta ed è divenuta forte, ovvero il capitalismo Grande-Russo, che sta portando avanti un'attività progressista centralizzando economicamente e unendo tra di loro vaste regioni. Quest'obiezione, però, non scusa, ma al contrario condanna ancora di più, i nostri social-sciovinisti, che dovrebbero esser chiamati socialisti zaristi-Purishkevichi [6] (giusto come Marx chiamava i lassalliani socialisti regi-prussiani). Permetteteci anche di assumere che la storia decida a favore del capitalismo dominante Grande-Russo, e contro le cento e una piccole nazioni. Ciò non è impossibile, poiché l'intera storia del capitale è una storia di violenza e saccheggi, di sangue e corruzione. Noi non sosteniamo la causa di difendere le piccole nazioni a tutti i costi; fermo restando tutte le altre condizioni, noi siamo decisamente per la centralizzazione e ci opponiamo all'idea piccolo-borghese di relazioni federaliste. Anche se tali assunti fossero veri, però, non è, prima di tutto, nostro dovere, né dei democratici (lasciati soli dai socialisti) quello di aiutare i Romanov-Bobrinsky-Purishkevich a strangolare l'Ucraina, ecc. nel suo modo da Junker, Bismarck ha compiuto un lavoro storicamente progressivo, ma sarebbe un bel "marxista" colui che, su questo terreno, pensasse di giustificare un appoggio socialista a Bismarck! Inoltre, Bismarck promosse lo sviluppo economico mettendo assieme i disuniti tedeschi, che erano oppressi da altre nazioni. La prosperità economica ed il rapido sviluppo della Grande-Russia, però, richiede che il paese venga liberato dall'oppressione Grande-Russa su altre nazioni - questa è la differenza che sfugge agli ammiratori dei veri-Russi aspiranti Bismarck.
In secondo luogo, se la storia dovesse decidere in favore del capitalismo dominante Grande-Russo, ne segue quindi che il ruolo socialista del proletariato Grande-Russo, essendo la principale forza motrice del comunismo generata dallo stesso capitalismo, ne risulterà assai rafforzato. La rivoluzione proletaria richiede una prolungata educazione degli operai allo spirito della più piena fratellanza ed eguaglianza nazionale. Conseguentemente, gli interessi del proletariato Grande-Russo richiedono che le masse siano sistematicamente educate a difendere - con la massima decisione, coerenza, forza ed in modo rivoluzionario - completa uguaglianza dei diritti e diritto di autodeterminazione per tutte le nazioni oppresse dai Grandi-Russi. Gli interessi dell'orgoglio nazionale dei Grandi-Russi (inteso non in senso servile) coincide con gli interessi socialisti dei proletari Grandi-Russi (e di tutti gli altri paesi). Il nostro modello sarà sempre Marx, che, dopo aver vissuto per decenni in Inghilterra ed esser divenuto mezzo inglese, richiese libertà ed indipendenza nazionale per l'Irlanda, negli interessi del movimento socialista degli operai inglesi.
Nel secondo caso ipotetico da noi considerato, i nostri social-sciovinisti fatti in casa, Plechanov, ecc., ecc., si dimostrerebbero traditori non solo del loro stesso paese - una libera e democratica Grande-Russia - ma anche della fratellanza proletaria di tutte le nazioni della Russia, cioè, della causa del socialismo.
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Note
1. Il Consiglio della Nobiltà Unita è un'organizzazione controrivoluzionaria di proprietari terrieri fondata nel maggio 1906. Tale Consiglio esercitò una considerabile influenza sulle politiche del governo zarista. Lenin lo definiva Consiglio dei Feudalisti Uniti.
2. Radishchev, A. N. (1749-1802), scrittore e rivoluzionario russo. Nel suo famoso lavoro Un viaggio da San Pietroburgo a Mosca, egli lanciò il primo pubblico attacco contro la schiavitù in Russia. Per ordine di Caterina II fu per questo scritto condannato a morte, ma la pena fu poi commutata in dieci anni d'esilio in Siberia. Ritornato dall'esilio grazie ad un'amnistia, si suicidò quando venne paventata una nuova persecuzione. Lenin considerava Radishchev un insigne rappresentante del popolo russo.
3. Dicembristi, nobiluomini rivoluzionari russi che nel dicembre 1825 si rivoltarono contro l'autocrazia ed il sistema della servitù della gleba.
4. Comunardi (raznoehintsi in Russo), intellettuali russi, facenti parte della piccola borghesia cittadina, del clero, delle classi mercantili e contadine.
5. Citazione dalla novella di Chernyshevsky Il prologo.
6. Purishkevich, V. M. (1870-1920), grande proprietario terriero, monarchico e reazionario dei Cento Neri.
Riconoscere l'importanza della questione nazionale per il proletariato non significa affatto essere per il predominio di una nazione su un'altra, ma per un rapporto paritario, indipendentemente dalla "consistenza" delle nazioni.
Ecco perché Lenin distingueva tra nazioni opprimenti e nazioni oppresse. E combatteva l'imperialismo proprio partendo da questo punto di vista.
Per la concezione marxista della storia i fattori etnici e nazionali hanno indubbiamente un loro ruolo. Ad esempio per l'analisi marxista la società feudale è ritenuta largamente una società "anazionale". Il capitalismo, viveceversa, se da un lato si internazionalizza giungendo a creare un modo di produzione mondiale, un'economia ed un mercato mondiali, una cultura ed una letteratura internazionali (vedi "Il manifesto del PC"), dall'altro lato, dialetticamente. pone con la borghesia fortemente sul piano ideologico e politico la "questione nazionale", come soprastruttura di esigenze materiali peculiari.
Nell'introduzione all'edizione italiana del Manifesto viene ricordata la figura di ... Dante Alighieri come il primo uomo di cultura moderno, borghese, e come il primo arterfice dello sviluppo del volgare toscano quale lingua nazionale italiana, quanto meno quale lingua letteraria "borghese", e quale artefice anche di una questione nazionale italiana.
Nel 1914 quando Lenin scrive questo articolo propagandistico (postato dal buon Catilina) la Russia zarista è parte del conflitto mondiale in corso, della grande guerra "imperialistica" che vede "la fortezza della reazione europea" (Marx) alleata delle democrazie occidentali contro gli "Imperi Centrali".
Di qualche mese precedente è invece lo scritto politico di Lenin "Sul diritto di autodecisione delle nazioni", scritto tra il febbraio e il maggio 1914 e pubblicato su Prosvestcenie, a puntate tra l'aprile e il giugno dello stesso anno.
In questo scritto Lenin oltre che polemizzare con i "bundisti" e i "liquidatori" e i "nazionalsocialisti ucraini " (nazionalsocialista è testuale), polemizza anche contro Rosa Luxemburg, che esasperando l'internazionalismo proletario rifiuta le "questione nazionale" nella classica definizione marxista, come difesa e sviluppata da Lenin e i bolscevichi.
Ecco allora che Lenin, che non è affatto un "nazionalista" e neppure un "nazionalitario", pone la questione dal punto di vista marxista-rivoluzionario:
" Non è la prima volta che scoppiano in Russia dei movimenti nazionali ed essi non sono propri soltanto della Russia. In tutto il mondo il periodo della vittoria definitiva del capitalismo sul feudalismo fu connesso con movimenti nazionali. La base materiale di tali movimenti consiste in questo: per la vittoria completa della produzione mercantile è necessaria la conquista del mercato interno da parte della borghesia, l'unità politica dei territori la cui popolazione parla la stessa lingua, la soppressione di tutti gli ostacoli che si oppongono allo sviluppo di detta lingua ed al suo fissarsi nella letteratura. La lingua è il mezzo più importante per la relazione fra gli uomini; l'unità della lingua ed il suo libero sviluppo costituiscono una delle condizioni più importanti per una circolazione delle merci realmente libera e vasta che corrisponda al capitalismo moderno, per un raggruppamento - libero e vasto - della popolazioni in classi diverse, ed è infine lo stretto collegamento del mercato con ogni padrone o piccolo padrone, con ogni venditore o compratore. Ecco perchè ogni movimento nazionale tende a formare uno Stato nazionale che meglio corrisponda a queste esigenze del capitalismo moderno. Spingono a formare tale stato i fattori economici più profondi: ecco perchè in tutta l'Europa occidentale - o meglio, in tutto il mondo civile - lo stato nazionale è lo Stato TIPICO, normale, del periodo capitalistico. .
Dunque Lenin inquadra la questione dal punto di vista del materialismo storico, del divenire del capitalismo nel suo sorgere dalla crisi della società feudale e assolutista e nel suo concludersi nella fase imperialistica. La saldatura di questa impostazione con la situazione della Russia, come stato plurinazionale ancora largamente pre-capitalistico, con forti tratti feudali e con numerosissime "nazionalità oppresse" (sulle basi materiali di cui sopra) in fermeto, è già intuitiva. Come sarà ancora più importante l'inserimento di dette questioni all'interno dello scenario della "guerra imperialistica" e della strategia complessiva che Lenin proprone da una parte al proletariato internzionale (disfattivo rivoluzionario, denuncia dei socialtraditori socialpatrioti, rivoluzione socialista mondiale) e dall'altro al proletariato e al popolo russo (rivoluzione nazionaldemocratica contro l'autocrazia, dissoluzione dell'impero feudale con l'autodeterminazione delle nazionalità oppresse dai grandi russi).
Non affronterò ora la polemica fra Lenin e la Luxemburg, perchè ci porterebbe un tantino....fuori strada, ma mi riprometto di parlarne in seguito.
Più avanti, nel medesimo scritto, Lenin precisa meglio l'inquadramento STORICO-POLITICO della "questione nazionale":
" (...) e' necessario separare rigorosamente i due periodi del capitalismo, periodo radicalmente distinti dal punto di vista dei movimenti nazionali. Da una parte il periodo del fallimento del feudalesimo e dell'assolutismo, il periodo in cui si formano la società borghese e gli stati democratici borghesi, in cui i movimenti nazionali diventano, per la prima volta, dei movimenti di massa, trascinando, in un modo o nell'altro, tutte le classi della popolazione nella vita politica per mezzo della stampa, della partecipazione alle istituzioni rappresentative, eccetera.
D'altra parte, davanti a noi, sta il periodo degli stati capitalistici completamente formati, il periodo in cui il regime costituzionale è consolidato da lungo tempo, in cui l'antagonismo tra il proletariato e la borghesia è fortemente sviluppato, il periodo che può essere definito come la vigiglia del fallimento del capitalismo.
Il primo periodo è caratterizzato dal risveglio dei movimenti nazionali, nei quali vengono trascinati anche i contadini(...). Il secondo periodo è caratterizzato dall'assenza dei movimenti democratici-borghesi di massa; è il periodo in cui il capitalismo sviluppato, riavvicinando e mescolando tra loro le nazioni già del tutto attratte nella circolazione delle merci, porta in primo piano l'antagonismo tra il capitale che si è internazionalizzato e il movimento operaio internazionale .
Naturalmente i due periodi NON sono divisi da un muro, ma sono collegati da numerosi anelli di transizione (...) Non si può iniziare la discussione del programma marxista per un paese determinato, senza considerare tutti questi fattori generali storici e le condizioni politiche concrete ".
Ecco quindi come Lenin inquadra la "questione nazionale" scondo gli schemi "scientifici" del materialismo storico marxiano, analizzando il processo storico concreto in rapporto allo sviluppo dei rapporti di produzione capitalistici e della società borghese.
Si osservi che Lenin, come noterà più avanti il Bordiga in indiretta polemica con Stalin (di cui dimostra l'assoluta incomprensione del marxismo), considera la questione della lingua come strettamente connessa con i fattori economico-sociali di produzione storica del mercato nazionale borghese. In tale senso la lingua nazionale svolge la funzione di "forza produttiva" e quindi in un certo senso fa parte integrante non della soprastruttura culturale quanto piuttosto della struttura economico-sociale.
Nel terzo capitolo del suo scritto Lenin tratta de "Le particolarità concrete della questione nazionale e la trasformazione democratica borghese in Russia".
continua......