MOHAMMAD RAAD, UNO DEI FONDATORI DI HEZBOLLAH
«E´ bello sognare la pace ma coi sionisti è impossibile»
«Al confine libanese abbiamo molte armi anche se non saremo noi a sparare il primo colpo».
«Con Al Qaeda nessun contatto»
BEIRUT
NEL desolato quartiere sciita della capitale libanese, poco oltre la baraccopoli di Bourjm el Barajne, un gruppo di giovani con la mitraglietta a tracolla e tutti rigorosamente vestiti di nero monta la guardia dinnanzi alla sede parlamentare di hezbollah, il «partito di Dio» filo iraniano. Sulla garritta campeggia una gigantografia dell´ayatollah Khomeini. Ed è qui, dopo settimane di trattative e soltanto al termine della quinta preghiera giornaliera del musulmano devoto, che incontro Mohammad Raad, uno dei fondatori del movimento terrorista e oggi stretto consigliere del leader, lo sceicco Hassam Nasrallah, per la prima intervista mai concessa ad un giornale italiano.
Nel 1987 sulla scia dell´offensiva di Sharon in Libano, i guerriglieri hezbollah furono i primi ad impiegare i kamikaze nello scacchiere mediorientale ma con una modalità sempre rispettata: colpire unicamente obiettivi militari, l´esatto contrario di quanto accade adesso in Israele. Siete d´accordo che le bombe umane palestinesi ammazzino adesso centinaia di civili?
«Noi nutriamo un grande rispetto per i valori umani, ce lo insegna d´altronde la nostra religione. Il passo successivo è scontato: non si può non criticare l´uso indiscriminato di gesti tanto estremi perché esso rischia di vanificare l´effetto che si vuole perseguire. Comunque, la valutazione effettiva della situazione sul terreno finisce per spiegare le azioni dei nostri fratelli palestinesi, giunti ormai all´estrema necessità di ricorrere a tutte le alternative possibili pur di sconfiggere il nemico sionista».
Però Arafat continua a condannare gli attentati senza tuttavia fare breccia nel muro della feroce ostilità contro Israele professato dagli estremisti
«E´ chiaro che l´autorità e il prestigio internazionale di Arafat diminuiscono vistosamente dinnanzi alla lista degli appelli inascoltati, e ce ne dispiace. Voglio tuttavia sottolineare che questo dilemma non scalfisce per niente l´appoggio del suo popolo. Esso capisce il suo dramma e sa che bisogna servirsi di ogni mezzo capace di sconfiggere l´aggressione israeliana. Vede, io sono convinto che Sharon sia attualmente il miglior venditore al mondo della teoria della violenza, eppure noi non vorremmo che egli entrasse a vele spiegate nel Guinness dei primati...».
Voi operate principalmente nella fascia meridionale del Libano, a ridosso del confine israeliano. Si parla di 8 mila missili portatili a corto raggio già puntati su Haifa e sui kibbutz dell´Alta Galilea. Se hezbollah preme il grilletto è facile prevedere che la reazione d´Israele sarà devastante.
«Tengo a precisare che noi non siamo i padri di nessuna escalation. Si tratta invece di accuse propagandistiche scatenate dai circoli militari israeliani che intendono così rafforzare il loro potere decisionale, strappare ulteriori appoggi da Washington e aizzare l´opinione pubblica contro hezbollah. Le posso assicurare che non spareremo mai il primo colpo pur essendo pronti a reagire a qualsiasi provocazione. Noi tendiamo principalmente alla conquista dei nostri territori ancora in mano israeliana come la vallata di Sheeba».
Eppure proprio in questi giorni i due governi che sono vostri tradizionali alleati e sostenitori, il Libano e l´Iran, sono stati sottoposti a forti pressioni diplomatiche da parte delle cancellerie occidentali con l´intento di indurvi alla moderazione...
«Ogni Stato è libero di prendere iniziative che ritiene opportune. Ripeto: non spareremo il primo colpo».
All´inizio del mese Israele ha liberato dopo 15 anni di prigionia Mohamed Barzawi, un vostro esponente di spicco. Lo giudica un gesto distensivo ed incoraggiante visto che tenete chiusi nelle vostre carceri tre soldati israeliani catturati dal 2000? Insomma, è in vista una vostra reciprocità?
«Posso dirle soltanto che sono in corso delle trattative grazie alla mediazione della Germania».
C´è qualche novità sulla sorte di Ron Arad, il pilota israeliano perso sul fronte libanese da oltre un decennio?
«Non è in mano nostra, hezbollah è totalmente estraneo a questo caso e gli israeliani lo sanno benissimo».
Parliamo dei vostri alleati finiti come voi sulla lista del terrorismo internazionale stilata dagli Stati Uniti. Mantenete qualche forma di collegamento con hamas e la jihad islamica?
«Ci incontriamo di tanto in tanto».
Qui, nel Medi Oriente, in Europa, in qualche nazione fiancheggiatrice?
«Non sarò di certo io a rivelarle dove».
Avete mai avuto contatti con al-Qaeda?
«Assolutamente no».
E´ a conoscenza se qualche guerrigliero hezbollah sia stato istruito in Afghanistan dai talebani?
«Lo escludo nella maniera più categorica».
Che opinione si è fatto della guerra santa scatenata da Bin Laden?
«Approvo la sua campagna contro gli Stati Uniti, però bisogna anche tracciare subito una precisa linea di confine. Ne sappiamo come voi dalla lettura dei giornali o guardando la televisione, ma non sappiamo quanto siano obiettivi questi resoconti. Mi permetta di ricordarle che a suo tempo abbiamo rigorosamente condannato l´attentato dell´11 settembre contro le Torri Gemelle di New York».
Hezbollah è molto attiva sul piano sociale per aiutare gli sciiti con l´apporto di nuovi ospedali e la costruzione di scuole. Quanta parte del vostro bilancio è dedicata alle spese militari?
«E´ scontato che compriamo armi, servono a difenderci dal pericolo sionista».
Ve le forniscono Teheran e Damasco?
«Passiamo alla prossima domanda».
Quanti uomini compongono il vostro esercito di regolari?
«Molte migliaia, sarei pazzo a rivelare il loro ammontare. Non importa quanti siano. Sappiamo di poter contare in caso di bisogno su una massiccia mobilitazione popolare».
In passato numerosi capi di hezbollah sono stati assassinati a Beirut ed altrove. Ha paura?
«No di certo. Per noi è un onore finire scritti sulla lista dei martiri. Il che non ci vieta di prendere le giuste precauzioni in quanto sarebbe stupido fare regali gratuiti agli israeliani».
Intravvede a lungo termine la prospettiva della pace con Israele?
«E´ sempre bello sognare, poi bisogna tornare con i piedi per terra. La dura realtà di oggi esclude qualsiasi possibilità di un accordo duraturo».
La Stampa 25 giugno 2002