Torture, percosse, violenze sessuali: l'inferno nelle celle di un popolo senza Stato

Nasce a Roma il Comitato per i diritti dei detenuti politici palestinesi


Dino Frisullo

Rinchiuse assieme a detenute comuni israeliane, percosse, denudate e molestate dai secondini, private di ogni contatto con le famiglie: sono le 27 giovani palestinesi detenute a Ramleh. Del resto, come dice amaramente Abla Masrujeh, sindacalista a Nablus, l'intera Palestina è un carcere a cielo aperto, con il rastrellamento e l'internamento di 4400 persone, scuole e case trasformate in prigioni "provvisorie", e il coprifuoco che fa di ogni casa una cella.

Abla parlava ieri a Roma, a fianco della pacifista israeliana Edna Zaretsky, nella conferenza stampa in cui Luisa Morgantini e il giurista Domenico Gallo tenevano a battesimo il "Comitato per i diritti dei detenuti politici palestinesi". Ospiti e testimoni, oltre a loro, il vicepresidente di Amnesty International Travi e Mauro Palma, membro italiano del Comitato per la prevenzione della tortura del Consiglio d'Europa.

La tortura infatti, legale fino al '99 in Israele, è moneta corrente nelle nuove prigioni di Ofer e di Ansar 3, l'inferno riaperto nel deserto del Negev. La denuncia è di Amnesty, insieme a quella delle oltre ottanta esecuzioni extragiudiziali, una pena di morte senza neppure il processo. Prigionieri bendati, ammanettati, denudati, privati del cibo, del sonno e della toilette, detenuti in "incommunicado" per diciotto giorni prorogabili all'infinito dalla giustizia militare, inclusi i ragazzini che Luisa Morgantini ricorda denudati e a digiuno sotto interrogatorio.

Ma a rigore è "tortura", cioè trattamento inumano volontario e finalizzato, anche la distruzione delle case, la privazione della libertà di circolazione, le altre forme di punizione collettiva. E' Mauro Palma a suggerire di investire della situazione in Palestina il Comitato contro la tortura dell'Onu, ma anche di premere perché il Consiglio d'Europa inviti Israele a sottoscrivere, come paese mediterraneo, i due protocolli aggiuntivi sulla prevenzione della tortura e sulle garanzie nella detenzione. Ed è ancora Palma a richiamare l'attenzione sul rischio che, a partire dall'Inghilterra del ministro Blunkett, le detenzioni arbitrarie si estendano anche in Europa e sulla pericolosa estensione semantica del termine "terrorismo".

Per il governo israeliano infatti, denuncia Edna Zaretsky, è terrorismo ogni forma di resistenza. L'opinione pubblica rimuove gli orrori dell'occupazione. "Tuttavia sono cinquecento gli obiettori dichiarati, il 50% dei giovani si sottrae al servizio militare e migliaia di persone hanno visitato la nostra tenda di Women Refuse. E' fra i giovani e le donne che si può trovare, in Israele, un barlume di speranza".

Ma oggi la speranza rischia di morire ad Ansar 3, a Ramleh, nelle celle in cui anche Marwan Barghouti, membro del parlamento palestinese, è rimasto per settimane ammanettato a una sedia fino a spezzarsi la schiena. Il 1 luglio il neonato comitato internazionale di giuristi sarà al Cairo e poi tornerà a Tel Aviv. Perché in Medio oriente non si consolidi un'altra Guantanamo.

Liberazione 25 giugno 2002
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