Amici, vi allego le esternazioni cipriote di Scajola. Leggete e inorridite pure. Dopo Calderoli, un'altra infelice e odiosa sortita. E le dimissioni del capo del Viminale, puntualmente respinte dal Cavaliere, aggiungono altro ridicolo. Mala tempora currunt!

ANTONIO MATASSO
Movimento "Repubblicani Europei" - Sicilia
Coordinatore del Comitato Regionale Siciliano per il Partito Socialista Riformista - PSE
matasso@psi2000.it

Dal "Corriere della Sera":

Il ministro dell'Interno interviene sulle polemiche

Scorta negata a Biagi, lo sfogo di Scajola

«Troppi errori in procura. Lui un protagonista? Chiedete a Maroni: era uno che premeva per il rinnovo della consulenza»


Il ministro dell'Interno Claudio Scajola, a destra, con il premier Berlusconi (Ap)

DAL NOSTRO INVIATO

NICOSIA (Cipro) - La caserma della polizia marittima di Limassol è calda come una fornace e Claudio Scajola è l'unico della delegazione italiana che ancora indossa la giacca e la cravatta. E' il secondo giorno di una visita importante perché il ministro dell'Interno porta a casa due accordi che permetteranno al governo di rinviare a destinazione tutti gli immigrati clandestini transitati da Cipro e di far approdare presto, anche in questo porto, unità della Marina e della Guardia di Finanza in servizio di pattugliamento internazionale. Il clima è disteso, i ciprioti offrono bibite e fagottini al formaggio ma Scajola non tocca cibo perché il suo telefonino non smette di squillare: «Scusate, c'è Berlusconi che mi cerca», dice allontanandosi verso l'atrio dell'edificio.

LA PROTEZIONE NON BASTA - Il ministro riferisce che il presidente è preoccupato per il ghiacciaio del Monte Rosa che si sta disintegrando. Ma è pur vero che in queste ore non si placa la polemica sulla scorta revocata a Marco Biagi e sulle lettere del professore consegnate a un periodico bolognese. Scajola è bersagliato dall'opposizione e, quindi, ritorna sull'argomento anche qui, nell'atrio della caserma di Limassol. Prima lo fa con il solito stile asciutto, cadenzato da parole misurate: «Il problema non sono le scorte, è il terrorismo. La nuova legge che crea l'Ucis (l'Ufficio centrale sicurezza personale, ndr) è una buona norma perché il sistema permette lo scambio di informazioni tra città e città e con l'intelligence. Ma ci vorrà un periodo di rodaggio e non dobbiamo farci troppe illusioni perché le scorte non risolvono tutti problemi».
Lo staff preme, il programma incalza. Però il ministro indugia, ha voglia di parlare. Così parte con un crescendo, senza l'assillo delle telecamere accese, che va a colpire la procura di Bologna: «Le lettere? Sapevamo che ce ne erano solo tre e non sei perché le ultime tre si trovavano nell'archivio storico del computer di Biagi. Allora, chi ha avuto accesso a quel computer? Chi le ha spedite e per quale oscuro motivo? E poi: perché la procura di Bologna prima non ha sequestrato l'hard disk del computer di Biagi e ora si affretta a dire che di lettere loro ne avevano solo tre? Potevano tacere e indagare».

TORNERANNO A COLPIRE - Scajola arretra nell'atrio ma non cede alle insistenze del cerimoniale che lo vorrebbe imbarcare subito sulla vecchia motovedetta cipriota «Odysseus» in attesa all'ormeggio. Anzi, il ministro fa una piroetta: «Mi chiedete perché questi dischetti sono arrivati proprio ora? Stiamo cercando di capire, la cosa non è affatto chiara». Qualcuno spara: è per caso una manovra interna alla sinistra per colpire Cofferati? E qui si limita ad alzare le spalle ma poi aggiunge, con espressione ironica: «C'è anche chi parla di servizi deviati». Scajola, ora, cambia tono e riprende il registro dell'ufficialità: «Non servono veleni, serve unità perché il terrorismo tornerà a colpire».
Lo sfogo sembra concluso. Scajola misura il pavimento con i passi ma non riesce a tacere: «A Bologna hanno colpito Biagi che era senza protezione ma se lì ci fosse stata la scorta i morti sarebbero stati tre. E poi vi chiedo: nella trattativa di queste settimane sull'articolo 18 quante persone dovremmo proteggere? Praticamente tutte». E a questo punto il ministro sorprende i presenti quando gli viene detto che Biagi era comunque una figura centrale nel dialogo sociale: protagonista del patto di Milano, coautore del Libro Bianco, consulente del ministero del Welfare, della Cisl, della Confindustria. C'è un attimo di silenzio, Scajola volta le spalle, si blocca, azzarda: «Non fatemi parlare. Figura centrale Biagi? Fatevi dire da Maroni se era una figura centrale: era un rompicoglioni che voleva il rinnovo del contratto di consulenza». Nell'atrio si spande il gelo per quello che appare uno sfogo non trattenuto fino in fondo. Ma non c'è tempo per continuare perché la motovedetta «Odysseus» sta salpando.

SEGRETO DI STATO - Lungo le coste di Cipro la navigazione scorre tranquilla. A Limassol, tappa alla «Taverna Zephiros», proprio accanto al Flamingo Hotel: qui, fino a maggio, sono stati ospitati i 13 palestinesi della Natività poi dirottati a piccoli gruppi in vari Paesi europei. «Tutti meno uno che ora è qui e libero di circolare perché ha firmato una liberatoria per la protezione», osserva a tavola il ministro cipriota della Giustizia Nikhos Koshis. E Scajola riferisce dei tre palestinesi accolti in Italia: «I nostri sono tutti insieme in un posto che non è sempre lo stesso. Possono fare una telefonata alla settimana ma si lamentano perché non possono incontrare le famiglie. Ma a luglio potranno vedere i parenti».
L'ultima tappa della missione di Scajola è l'aeroporto di Larnaka.
Prima di partire per Roma il ministro ha il tempo di chiarire qual è il livello di segretezza delle relazione firmata dal prefetto Roberto Sorge, il suo capo di gabinetto che ha indagato sui meccanismi di revoca della scorta di Biagi: «La relazione è classificata il che non vuol dire che c'è il segreto di Stato, per togliere il quale sarebbe necessaria l'autorizzazione del presidente del Consiglio. In questo caso spetta al ministro dell'Interno e così l'ho declassificata per consegnarla alla procura di Bologna che l'aveva richiesta». Ma perché è così segreto il documento che ha passato al setaccio l'operato di almeno quattro prefetti e altrettanti questori? «Il motivo è molto semplice, per evitare che finisse a puntate su qualche giornale, magari con alcuni nomi in evidenza e altri no». La visita a Cipro del ministro dell'Interno si conclude qui. Ma con un ultimo sfogo che Scajola pronuncia quando lo staff gli fornisce un fascio di agenzie di stampa con le dichiarazioni degli esponenti dell'opposizione sul caso Biagi: «Stanno facendo di tutto per tirarmi dentro a questa storia».

Dino Martirano