Pagina 12 di 15 PrimaPrima ... 2111213 ... UltimaUltima
Risultati da 111 a 120 di 143
  1. #111
    email non funzionante
    Data Registrazione
    05 Mar 2002
    Messaggi
    36,452
     Likes dati
    0
     Like avuti
    0
    Mentioned
    0 Post(s)
    Tagged
    0 Thread(s)

    Predefinito

    DISCORSO CELEBRATIVO NEL CENTENARIO
    DELLA NASCITA DI UGO LA MALFA
    DI WIDMER VALBONESI (FORLI’-7/02/2004)

    Autorità, cittadini ,amiche e amici repubblicani,
    consentitemi di portarvi il saluto e l’augurio di buon lavoro dell’On. Oddo Biasini, che mi ha telefonato ,con commozione, per ringraziarci tutti dell’invito rivoltogli a presenziare alla manifestazione e per comunicarmi l’impossibilità di farlo per motivi di salute, ma di considerarlo presente col cuore e con la mente. All ‘ amico Oddo va il nostro saluto ed augurio di pronto ristabilimento e la gratitudine per l’esempio di serietà e di attaccamento al PRI che rappresenta per tutti noi.

    E’ con grande commozione che oggi ,a nome di tutti i repubblicani dell’Emilia-Romagna, mi appresto a ricordare il centenario della nascita di Ugo La Malfa.
    Voglio ringraziare l'Associazione Res Publica e tutti coloro, istituzioni e non, che hanno contribuito alla realizzazione di questa giornata.
    Domani a Ravenna e lunedì a Cesena proseguiranno le celebrazioni in onore di un grande maestro,di un parlamentare romagnolo(1948-1968) che aveva respiro europeo, di un grande repubblicano, di uno statista che si è battuto tutta la vita per cambiare la condizione del Paese. Il suo sogno di fare dell’Italia , Paese povero e mal governato,un Paese moderno, bene amministrato, inserito nell’Occidente e nell’Europa, per molti aspetti è rimasto un sogno, una passione. Ma quel giorno in cui la televisione diffuse le immagini del suo funerale non lo piansero solo i repubblicani italiani o i molti repubblicani dell’Emilia-Romagna che accorsero a Roma ; l’intera nazione ,che molte volte lo aveva misconosciuto, lo pianse –come scrisse Eugenio Scalfari.
    Questo incontro non vuole suscitare emozioni rituali e rimpianti . Vogliamo ,oggi, ricordare ai giovani che non lo hanno conosciuto , al Paese , diffidente e deluso dalla politica intesa come continua sfida per la conquista del potere, come chiusura nei particolarismi, nei localismi, nella mancanza di una cultura di governo dell’interesse generale, a coloro che non hanno consapevolezza che i valori dell’Occidente rappresentano la possibilità di mantenere i livelli di civiltà democratica del nostro Paese: a tutti questi vogliamo ricordare l’analisi di Ugo La Malfa , le sue indicazioni ,ancora modernissime, perché il perseguimento dell’Altra Italia , quella da lui sognata ed inseguita , diventi un obiettivo concreto, un progetto , un modello per la classe dirigente democratica di oggi.
    Gli aspetti salienti della sua vita sono noti: (li potete leggere nella nota biografica distribuita)
    e sono sintetizzabili nel discorso che fece al congresso del 1978 dove in una polemica con il mazziniano Tramarollo ripercorse le tappe del suo impegno politico e del modo concreto di far coincidere il pensiero e l’azione .
    Non solo l’intransigenza dei principi, ma anche l’azione concreta per raggiungerli facendoli vivere nel confronto con la società e nel dibattito politico.
    Una vita vissuta da protagonista, interprete di quell’Italia di minoranza che aveva radici nella cultura risorgimentale, passando attraverso Mazzini, Gobetti , Croce , Salvemini, e che La Malfa poi raffinò in un pensiero moderno nella conoscenza del New Deal, di Keynes e soprattutto della scuola italiana di scienze della finanze di De Viti De Marco e, dopo la seconda guerra mondiale, con il “revisionismo”ideologico e riformatore delle forze di sinistra europea: dal laburismo alle socialdemocrazie tedesche e scandinave.
    LA PREGIUDIZIALE REPUBBLICANA
    Molte volte , il ruolo di ammodernamento operato da La Malfa nella tradizione del PRI è stato interpretato come se le battaglie economiche prevalenti che egli svolgeva negassero la continuità coi valori risorgimentali e del repubblicanesimo classico, legato indissolubilmente al pensiero di Mazzini e di Cattaneo. Non era così, molti ignoravano che il merito della nascita della Repubblica Italiana era da ascriversi in gran parte alla determinazione ,all’intransigenza e alla lungimiranza del pensiero e dell’azione di Ugo La Malfa .La pregiudiziale repubblicana posta dal Partito d’Azione non fu solo la rivendicazione storica del risorgimento, come ad esempio faceva il PRI ,ma anche la valutazione storica della situazione italiana.
    E La Malfa si trovò contro non solo i moderati come Benedetto Croce e molti dei suoi amici liberali, ma anche i comunisti e i socialisti pronti al compromesso monarchico.
    La tesi di La Malfa era che la monarchia se nel Risorgimento ,come soleva dire Garibaldi, aveva unito gli italiani, nella fase che avrebbe seguito la sconfitta militare e la caduta del fascismo, per il ruolo negativo e complice che aveva giocato, avrebbe costituito un elemento di divisione del Paese. Dopo la guerra e la Resistenza, il problema della monarchia avrebbe impedito alle forze democratiche e della sinistra, uscite vincitrici, di partecipare alla gestione dello Stato, governando o stando costruttivamente all’opposizione ,e quindi il problema si sarebbe riproposto in un clima di tensione e di rottura fra gli italiani, mentre la soluzione repubblicana all’inizio della ripresa democratica sarebbe diventata un elemento di unione. Come poi in effetti fu.
    Un altro elemento decisivo per La Malfa fu il fatto che il credito che gli Aventiniani e Giovanni Amendola avevano riposto sulla monarchia come garante dello Statuto e delle libertà che esso sanciva, fu tradito, perché la monarchia non si oppose al fascismo e quindi era inaffidabile.
    Qualcuno, dei suoi amici laici disponibile al compromesso, si trincerava dietro alla considerazione che la monarchia aveva avuto il ruolo di difesa della laicità dello stato nel periodo risorgimentale quando lo stato liberale e l’Unità d’Italia si erano formati contro il potere temporale e contro il potere clericale.
    In effetti la monarchia non solo non poteva essere la garante dell’affermazione dello stato laico, ma addirittura poteva diventare il collante di pericolose rivincite antirisorgimentali.


    I due partiti , Pri e P.d’A. svolsero la battaglia repubblicana con il medesimo fine , ma sotto due angolazioni diverse. La determinazione con cui La Malfa e il Partito d’Azione sostennero questa pregiudiziale repubblicana in seno al CLN furono determinanti. La Malfa sosteneva che in mancanza di garanzie di andare verso la Repubblica bisognava stare fuori dal governo e non dare nessun appoggio politico e lo sostenne anche dopo la svolta di Salerno quando nell’Italia meridionale liberata ,la monarchia contò sull’appoggio di Togliatti e di cinque dei partiti del CLN. Soltanto il Partito D’Azione rimase fuori e i due azionisti che parteciparono al governo Badoglio furono espulsi.
    Fu comunque la posizione intransigente di La Malfa e del P.D’A.. a tenere aperta la questione istituzionale e fu la determinazione con cui questo ruolo fu svolto che consentì poi l’accordo di Roma dell’8 giugno 1944, che fu creazione di Ugo La Malfa e che aprì la svolta verso la Repubblica. .
    Ecco perché la battaglia istituzionale della Repubblica vide in La Malfa il principale protagonista e gli storici quando vorranno farlo dovranno riconoscere questa verità e la continuità risorgimentale che i protagonisti di quel periodo, a cominciare da Sandro Pertini Presidente della Repubblica, riconobbero, vegliando il grande padre della Repubblica che stava morendo, colpito da un ictus nel marzo del 1979.
    DEMOCRAZIA E GIUSTIZIA SOCIALE
    La Malfa ottenuta la Repubblica non si fermò alla constatazione che la forma repubblicana avrebbe di per se risolto i problemi del paese ; e sapeva che il governo del popolo non era uno strumento automatico di sviluppo, di giustizia sociale, di trasformazione delle coscienze .
    Indro Montanelli una volta scrisse “l’Italia più bella , più giusta,più moderna,più efficiente e lucente,io l’ho conosciuta e vissuta nelle proiezioni che me ne faceva Ugo La Malfa sotto i bombardamenti di Milano nel 1944 , e fino ai tempi della Costituente, poi cominciò il suo grande lutto sull’idolo infranto”.
    Il 2 giugno del 1946 il popolo strappò la Repubblica , ma la DC e il mondo più vasto che politicamente la Dc rappresentava, ottenne l’egemonia sulla Repubblica.Si era avverato quello che oltre un secolo e mezzo fa Giuseppe Mazzini in Fede ed Avvenire aveva magistralmente profetizzato:”quel popolo che non s’è mosso per fede , ma per semplice reazione verso gli abusi della monarchia ne serberà gli antecedenti, la tradizione, l’educazione: avrete forma repubblicana e sostanza monarchica, la questione d’ordinamento politico cancellerà la vera suprema questione morale e sociale”.
    La Malfa avverte subito questo pericolo e capisce la situazione del Paese diviso ideologicamente, con forze politiche e sociali tese ad egemonizzare lo sviluppo della società e che per mantenere intatto il loro potere non pensano mai all’interesse generale; vede, lucidamente, le difficoltà in cui il Paese si dibatte e le azioni di trasformazione politica e sociale che occorre mettere in atto per avviare, l'Italia, stabilmente, verso obiettivi di rinnovamento e di giustizia sociale.
    Egli capisce subito che la collocazione internazionale del PCI,filosovietica, lo avrebbe tenuto fuori dal gioco democratico e che la DC andava condizionata ,quindi, dalle forze di democrazia laica e socialiste non marxiste.
    Quando nel 1945 La Malfa esortava Nenni ad una politica autonoma che accompagnasse la conversione di altri ceti verso la società democratica egli sapeva che l’alleanza fra il partito socialista , il partito repubblicano e il Partito d’Azione avrebbe potuto essere il fulcro di una democrazia di sinistra.Il 2 giugno del 1946 queste tre forze ottennero 146 seggi contro i 106 del PCI e i 207 della DC.
    Quale potere contrattuale queste forze avrebbero avuto nei confronti della Dc appare evidente ; invece, quando 18 anni dopo i socialisti arrivarono al governo di centro sinistra il rapporto non era più di tre a quattro, ma di uno a tre e il Pci si era rafforzato a sinistra con la politica del fronte popolare.
    Il centrismo è a quel punto l’equilibrio che la situazione consente; la liberalizzazione degli scambi portata avanti da La Malfa contro l’ostilità di Confindustria e dei sindacati, diedero respiro europeo ad un’ Italia uscita distrutta dalla guerra e la tolsero dalle secche di una visione autarchica e nazionalista in cui sinistra ideologica e destra corporativa la stavano confinando.
    La Malfa,pur in presenza di un miracolo economico , non rinuncia a confrontarsi con le forze politiche per cambiare il quadro politico e con le forze sociali , per condizionare le trasformazioni del meccanismo di sviluppo spontaneo proponendo la cultura di governo delle società industriali avanzate poi concretizzatasi nella proposta di “Nota Aggiuntiva” del primo governo di centro sinistra.
    E non rinuncia nemmeno all’idea politica di rendere compiuta la democrazia italiana cercando attraverso il ragionamento sui meccanismi dello sviluppo economico di rendere partecipi delle scelte fondamentali dello sviluppo le grandi masse popolari ed imprenditoriali, esercitando nei confronti delle ingiustizie e degli sprechi dello stato assistenziale la sua polemica di uomo controcorrente, che si muove in senso opposto alla maggior parte degli italiani.

    Disse di lui ancora Montanelli “era un politico che non amava il potere, un generale che più del comando amava la strategia ; da qui l’accusa di una certa alterigia intellettuale. “Questo”potente”che disdegnava i pennacchi e i galloni, che non volle mai una scorta, né una macchina con autista,, né un posto riservato in aereo e in treno , di cui essendo quasi cieco
    avrebbe avuto assoluto bisogno,non sapeva nascondere la sua impazienza per i “peones” della politica,aveva per la popolarità e i media un aristocratico disprezzo…..non fu mai un procacciatore di voti, un protagonista delle lotte di potere, ma per trent’anni la politica italiana non ebbe un suggeritore più onnipresente ed efficace di lui, sebbene la parte a cui più teneva e in cui si sentiva a suo agio fosse quella del profeta inascoltato e solitario.”
    Io credo non fosse così: La Malfa era un intransigente, ma non era né un sognatore né un aristocratico. Il suo punto di vista amava metterlo a confronto con gli altri e sapeva esercitare un fascino vero, non solo per noi giovani ma persino sugli uomini di cultura, gli intellettuali, che voleva non “organici “ma autonomi, il suo dialogo con la cultura liberal-democratica è stato incessante basti pensare alla sua presenza nel Mondo di Pannunzio o a quell’insuperabile convegno “Democrazia e cultura”, che bisognerebbe riproporre oggi nel suo nome.
    In tempi in cui la sinistra sosteneva l’intellettuale organico alle strategie del partito o in cui la pratica di molti intellettuali era quella di essere asserviti al potere, egli sosteneva l’autonomia degli uomini di cultura e degli scienziati e li spronava non tanto ad essere generici ripetitori di valori ideali, ma a studiare e farsi carico dei problemi più gravi del paese, trovare idee che smitizzassero le ideologie e le portassero sul terreno più concreto della ragione .
    E che non fosse un aristocratico lo dimostra il fatto che tutta la sua azione politica e di governo, pur nell ‘analisi sulla grandezza delle trasformazioni della società e del meccanismo di sviluppo, pur nel pensare all’Italia inserita nell’economia e nei valori europei e occidentali ,pur frequentando i grandi della finanza , egli ha sempre come riferimento costante la condizione dei deboli, dei miseri , delle zone sottosviluppate e dei disoccupati,l’operaio sacrificato dai parassitismi, il cittadino che non ha servizi efficienti, il giovane che il clientelismo e il parassitismo escludono dal posto di lavoro o rendono debitore e quindi legato alla logica del voto di scambio;tutto questo insieme alla cultura di governo dell’interesse generale come necessità di risoluzione dei problemi.
    .
    E’ vero che La Malfa concepì il p.d.’a.come il partito dei “ceti medi” e sosteneva che, attraverso l’ancoraggio alla democrazia ed il coinvolgimento dei ceti medi in una politica di riformismo strutturale, passasse la soluzione del problema politico italiano in senso democratico e progressista.
    Ma la maturazione del concetto di democrazia integrale, acquisita nella militanza nel PRI e la coerenza coi valori pluralistici della Costituzione , lo portarono a cambiare opinione: infatti, nel 1970 in un dibattito svolto a Firenze con i giovani della rivista Controcorrente, quando qualcuno gli fece notare che la sua era una posizione classista, e che criticare il classismo del proletariato dei comunisti contrapponendogli un classismo della borghesia seppur illuminata, era contraddittorio rispetto all’affermarsi della cultura dell’interesse generale che egli propugnava , La Malfa rispose così “osservo che c’è un evoluzione della maniera con cui noi vediamo ormai tale problema ,non accettiamo, infatti, più la concezione classista che sta alla base della classificazione delle forze politiche. Quando nel P.d’A. mi riferivo formalmente ai ceti medi , accettavo un ‘impostazione classista e non me ne accorgevo. Secondo me , tale impostazione va respinta perché è puramente ideologica. Mi pare che il problema non sia di trovare le forze in quella o questa classe a sostegno del proprio programma politico , altrimenti non usciamo dalla crisi in cui ci troviamo.Il problema è di trovare nella coscienza del cittadino l’adesione a un metodo di azione politica riformatrice il più coerente possibile ai fini dell’interesse generale che si vogliono raggiungere”.
    FUNZIONE DI RESPONSABILITA’- NON POTERE
    Questo è un punto cruciale dell’analisi e del contenuto politico del pensiero di Ugo La Malfa: la consapevolezza che la società democratica, per rimanere tale, per garantire la libertà e la giustizia sociale deve trovare nella coscienza dei cittadini quelle virtù morali che preservano il senso comune e la solidarietà , quel senso del dovere di mazziniana memoria che riecheggia nelle sue parole quando dice - anche qui l'eredità e la tensione morale risorgimentale sono evidenti - ”Una delle esigenze fondamentali della società moderna non è soltanto la globalità della visione dei problemi , ma la sostituzione di nozione di responsabilità individuale o collegiale a quella di potere.Non vi deve essere potere politico o economico o culturale o morale, ma responsabilità politica, economica ,culturale e morale. L’imprenditore non è padrone della fabbrica ma vi esercita una funzione, come ve la esercitano gli operai.Il professore non è il padrone dell’Università ma vi esercita una funzione come ve la esercitano gli studenti.Una forza di sinistra deve vedere così i problemi di libertà, di autonomia, di partecipazione al compito decisionale delle società moderne.
    Essa deve spezzare l’autoritarismo e il potere personale ad ogni livello e convertirli in un esercizio di funzione, momento costitutivo di una visione generale dei problemi,
    e sa utilizzare dello spirito imprenditoriale ,non burocratizzato, della borghesia e del capitalismo l’aspetto positivo e respingere l’aspetto negativo ed asociale.”
    CAPITALISMO STRUMENTO NEUTRO
    E La Malfa spiega magistralmente- Nell’intervista sul capitalismo- con Ronchey il suo pensiero, dove contesta la definizione che i sistemi capitalisti e socialisti si distinguano solo dalla proprietà dei mezzi di produzione, sostenendo la tesi che il capitalismo è uno strumento neutro. Egli dice :”Quando noi poniamo il problema del rapporto fra potere di consumo nelle società industriali e potere di consumo nelle altre società, il meccanismo capitalistico è neutro rispetto a questo problema, ma non è un meccanismo che produce ricchezza a non finire. E’ un meccanismo che produce ricchezza da distribuire …”:- poi aggiunge- “ è superata la teoria marxista secondo cui le forze politiche e sindacali sarebbero sovrastrutture e tutto dipenderebbe dalla struttura capitalistica.
    In democrazia, attraverso l’azione delle forze politiche , l’azione di governo e l’azione delle forze sindacali si possono mandare impulsi al sistema capitalistico.”
    In sostanza, La Malfa afferma che attraverso la programmazione , la politica dei redditi e un concetto moderno di autonomia si possono governare in modo redistributivo le ricchezze accumulate dal meccanismo di sviluppo capitalistico verso consumi sociali , verso la risoluzione degli squilibri , verso una migliore giustizia sociale .Invece se prevale l’impostazione ideologica che considera il sistema capitalistico come il male assoluto, allora gli impulsi saranno contraddittori , i consumi saranno individuali e verticali e la redistribuzione non ci sarà, perché si sarà indebolito il meccanismo stesso nella sua capacità di produrre ricchezza.
    E’ la concezione moderna del governo di società avanzate e di una sinistra democratica riformatrice ,di cui dibatte con Ingrao, Giorgio Amendola e Foa.
    Oggi tutti parlano di politica dei redditi e di concertazione, ma permane una concezione di difesa corporativa ,che non si ispira alla cultura dell’interesse generale e molte volte diventa oggetto di strumentalizzazione politica ai fini della conquista del potere, non ai fini della soluzione dei problemi del Paese, e questo dimostra che la lezione di Ugo La Malfa è ancora poco seguita .
    Ma la Malfa non si occupò solo di economia, trattò anche con grande attenzione i problemi istituzionali : nel dibattito sulla riforma della Costituzione nel 1971, intervenne con un saggio di cui voglio leggere alcuni passi, perchè quasi profeticamente analizzò ciò che sarebbe successo a voler modificare l'assetto istituzionale senza i necessari accorgimenti di maturazione politica.
    Egli scrisse: “L’ordimento costituzionale,l'assetto istituzionale di un Paese non cade dal cielo, non è un fatto arbitrario, ma una creazione storica,una elaborazione delle forze politiche:sono cioè le forze politiche che creano gli ordinamenti e sono esse che le possono fare bene o male funzionare, se bene o male ne interpretano lo spirito e il significato.
    E ancora:
    “la Repubblica italiana, nata dalla Resistenza,è stata creata con alcune caratteristiche istituzionali essenziali, che ,o sono mantenute ferme e preservate insieme, o saranno travolte.
    Esse sono: pluralismo sociale e politico,che dà diritto di rappresentanza a tutte le correnti storiche,ideologiche e culturali della vita unitaria ed è il fondamento della libertà di associazione e di organizzazione in sindacati;conseguente proporzionalismo elettorale, democrazia parlamentare, e cioè del governo espressione del Parlamento, di fronte al quale è responsabile; autonomismo, come principio della organizzazione politica amministrativa territoriale;infine carattere rigido della Costituzione che pone la norma costituzionale a un livello più alto rispetto alle altre fonti normative. “
    E poi un monito: “o le forze democratiche dell'Italia postfascista saranno capaci di avvalersi di questo ordinamento ,oppure si riveleranno incapaci e creeranno in tal caso una situazione di ingovernabilità, di crisi, di marasma che avrà come esito sicuro,la loro disfatta assieme al crollo istituzionale.
    Ed è perfettamente arbitrario o pura esercitazione di fantasia sforzarsi di immaginare che cosa possa prenderne il posto:la Repubblica Presidenziale,il bipartitismo o la pura e semplice tirannide di stile mediterraneo”.
    Difendendo poi il sistema elettorale proporzionale, egli afferma che le alternative come i collegi uninominali non sono attuabili nella condizione politica del Paese.
    Dice La Malfa:”Il sistema uninominale è certamente più idoneo a costituire maggioranze più solidali, a semplificare gli schieramenti politici spingendoli rapidamente verso il bipartitismo, ma il suo presupposto è che le forze politiche sulla scena abbiano il carattere, la configurazione, come si suol dire, di grandi partiti <di servizio democratico> nei quali il collante ideologico sia molto tenue.Condizione necessaria, ma non sufficiente, perchè ciò si verifichi sul piano politico è una società molto omogenea, fortemente equilibrata e stabilizzata nel suo sviluppo.. ....Quanto si sia lontani in Italia da una condizione di omogeneità sociale e di caratterizzazione non ideologica dei partiti politici è fin troppo evidente- conclude La Malfa- e ammonisce:”In questa situazione l'abbandono della proporzionale non sarebbe un segno di maturazione democratica, di evoluzione positiva del sistema politico,bensì un segno inverso, di involuzione, di impoverimento della dialettica politica, che sarebbe ridotta a scontro irriducibile e perpetuo fra le due forze ideologiche maggiori.”
    Quando Ugo La Malfa, sosteneva queste cose eravamo nel 1971 e quanto profetiche ,purtroppo, si siano dimostrate le sue analisi è sotto gli occhi di tutti: oggi il bipolarismo è prigioniero delle forze estreme, ideologiche ,i maggiori partiti spingono verso l'ideologizzazione e la demonizzazione dell'avversario e l'unica preoccupazione è la lotta per la conquista del potere; non certo il cercare soluzioni ai problemi degli squilibri territoriali e sociali o dello sviluppo, come dovrebbe essere compito della politica e dei partiti intesi come servizio democratico, e quindi sfide di buon governo.Ma anche di fronte alle discutibili leggi cosiddette federaliste di oggi La Malfa avrebbe sicuramente dissentito.Contestando il modo con cui si intesero le Regioni e il proliferare di enti senza mai eliminarne alcuno, sostenne : “Spezzato il tessuto unitario dell'organizzazione statale costituito dall' autoritarismo dei rapporti gerarchici, non si è compreso che era necessario elaborare una nuova fase coesiva democratica unitaria, non sulla permanenza del massimo possibile di competenze centrali, ma sulla instaurazione di una rete di rapporti di tipo nuovo tra Stato e Regioni, della creazione di un sistema di reciproche integrazioni che avesse come riferimento costante e come metodo fermo la programmazione globale”.
    Un modo moderno di intendere l'autonomia locale, cioè quella di concorrere alla definizione e realizzazione delle scelte globali delle linee di sviluppo del Paese.
    Quindi un 'autonomia che unisce, non la vecchia contrapposizione stato- periferia, che riecheggia nelle impostazioni odierne e che rischiano di essere disgregatrici dell'unità del Paese.
    A noi non interessa sapere come si sarebbe schierato La Malfa nell’evoluzione del sistema politico. Sappiamo che come sempre sarebbe stato dalla parte dei deboli, dell'Europa e dei valori dell'Occidente; e che sicuramente sarebbe stato la coscienza critica del Paese.
    Egli sapeva, come noi sappiamo, che di fronte a tutto ciò che avviene sono prevalenti le responsabilità della classe dirigente,politica e non politica,di governo e di opposizione, economica , finanziaria e intellettuale e che solo con un forte pragmatismo innervato di valori , solo col rigore e la coerenza nel far corrispondere questi alla realtà dell'azione politica il Paese poteva e può modernizzarsi e svilupparsi nella democrazia.
    Egli andava molte volte controcorrente,e per questo non si arrendeva allo scetticismo, alla sfiducia nella politica, alla fuga dall'impegno, alla chiusura di ognuno nel proprio” particulare”, faceva appello a virtù non scomparse del tutto nella coscienza degli italiani e sollecitava la riscoperta dei fondamenti morali e delle regole della convivenza civile; egli sapeva che solo dall'impegno delle forze vive della società e dalle coscienze democratiche poteva esserci quell' avvenire , quell'Altra Italia sognata e perseguita, ma ancora non realizzata.
    Ricordandolo e assumendo l'impegno a portare avanti l'attualità del suo pensiero,studiando l'evoluzione della società e proponendo ai giovani la sua lezione , siamo certi di fare ciò che egli avrebbe voluto per il bene del nostro Paese.

    Widmer Valbonesi

  2. #112
    email non funzionante
    Data Registrazione
    05 Mar 2002
    Messaggi
    36,452
     Likes dati
    0
     Like avuti
    0
    Mentioned
    0 Post(s)
    Tagged
    0 Thread(s)

    Predefinito tratto da CORRIERE ROMAGNA 9 febbraio 2004

    La Malfa, indimenticabile repubblicano

    RAVENNA - Antico e sempre saldissimo è il legame di Ravenna con gli ideali etico-politici repubblicani e con l’uomo che di questi è stato straordinario alfiere per gran parte del Novecento, Ugo La Malfa.E per celebrare il centenario della nascita dell’indimenticato statista, le federazioni provinciale e comunale del Partito repubblicano italiano hanno scelto simbolicamente il 9 febbraio, giorno in cui, nel 1849, fu proclamata la Repubblica Romana.Ed hanno organizzato per la giornata di ieri una serie di iniziative in ricordo di La Malfa che hanno avuto il loro momento clou nel convegno della mattina che si è svolto al ridotto del Teatro Alighieri, affollatissimo di cittadini e autorità.Diviso in una prima parte di saluti e testimonianze e in una successiva tavola rotonda sul tema “Nel ricordo di Ugo La Malfa - I nuovi traguardi dell’economia ravennate e romagnola”, l’incontro ha avuto come ospite d’onore il figlio di La Malfa, Giorgio, presidente del Pri e presidente della commissione Finanze Camera dei deputati. E per un giorno, nel ricordo dello storico leader, sono state dimenticate le “divergenze” interne all’Edera che hanno portato il partito nazionale e quello ravennate a seguire strade diverse: il primo nella Casa delle Libertà; il secondo nelle giunte di centro-sinistra.“A Ravenna e in Romagna - afferma il sindaco Vidmer Mercatali nel portare i saluti della città - più che altrove il sogno di La Malfa si è realizzato, cioè una politica socio-economica liberale e fortemente legata all'Europa”.Sul profondo rapporto del padre del Pri con la Romagna si trovano d’accordo Paolo Gambi, segretario provinciale del Pri, il quale ritiene inoltre La Malfa “colui che introdusse una politica del tutto nuova nei rapporti tra economia, lavoratori e sindacati che oggi è patrimonio comune di tutti”, ma anche Francesco Giangrandi, presidente della Provincia di Ravenna, che lo considera “un pilastro della questione morale in Italia”.Introduce la tavola rotonda Giannantonio Mingozzi, vicesindaco di Ravenna, evidenziando “quanto importante sia stata per la nostra città la concezione di La Malfa di unire sempre alla politica economica anche una forte carica di umanesimo”.Che l’economia ravennate e romagnola siano in uno stato piuttosto buono, almeno a livello nazionale, lo conferma poi la disamina dell’economista Paolo Savona, sebbene “anche a Ravenna, miglior provincia della regione, presto ci si dovrà confrontare con lo scenario chiave europeo, quello di un allungamento notevole della vita, foriero di problemi di politiche sociali, e della globalizzazione dei mercati”.Più legate al pensiero di La Malfa le considerazioni del presidente della Regione Emilia-Romagna, Vasco Errani, che nello statista ritrova “un senso delle istituzioni e una visione della politica, etica e laica, che rappresentano un esempio di come si dovrebbe agire in una sana democrazia” e che ne considera le visioni “profondamente libere, lungimiranti, fuori dai recinti puramente ideologici”.Sarà quindi Giorgio La Malfa a chiudere l’incontro, con parole realistiche e decise. “Siamo stati - incalza il presidente nell’Edera - e siamo una minoranza. Ma c’è un orgoglio delle minoranze che, per fortuna, difenderemo sempre. Le minoranze però non possono avere la stessa cultura dei partiti di massa, ed è per questo che sono convinto che il sistema maggioritario porti ad alleanze spesso incompatibili e che renda deboli i moderati sia di destra che di sinistra”.Nel pomeriggio la figura di La Malfa è stata ricordata in modo insolito al Rasi, con “Ugo La Malfa, il sogno della Repubblica”, oratorio laico ideato da Paolo Castagna.Ravenna - Antico e sempre saldissimo è il legame di Ravenna con gli ideali etico-politici repubblicani e con l’uomo che di questi è stato straordinario alfiere per gran parte del Novecento, Ugo La Malfa.E per celebrare il centenario della nascita dell’indimenticato statista, le federazioni provinciale e comunale del Partito repubblicano italiano hanno scelto simbolicamente il 9 febbraio, giorno in cui, nel 1849, fu proclamata la Repubblica Romana.Ed hanno organizzato per la giornata di ieri una serie di iniziative in ricordo di La Malfa che hanno avuto il loro momento clou nel convegno della mattina che si è svolto al ridotto del Teatro Alighieri, affollatissimo di cittadini e autorità.Diviso in una prima parte di saluti e testimonianze e in una successiva tavola rotonda sul tema “Nel ricordo di Ugo La Malfa - I nuovi traguardi dell’economia ravennate e romagnola”, l’incontro ha avuto come ospite d’onore il figlio di La Malfa, Giorgio, presidente del Pri e presidente della commissione Finanze Camera dei deputati. E per un giorno, nel ricordo dello storico leader, sono state dimenticate le “divergenze” interne all’Edera che hanno portato il partito nazionale e quello ravennate a seguire strade diverse: il primo nella Casa delle Libertà; il secondo nelle giunte di centro-sinistra.“A Ravenna e in Romagna - afferma il sindaco Vidmer Mercatali nel portare i saluti della città - più che altrove il sogno di La Malfa si è realizzato, cioè una politica socio-economica liberale e fortemente legata all'Europa”.Sul profondo rapporto del padre del Pri con la Romagna si trovano d’accordo Paolo Gambi, segretario provinciale del Pri, il quale ritiene inoltre La Malfa “colui che introdusse una politica del tutto nuova nei rapporti tra economia, lavoratori e sindacati che oggi è patrimonio comune di tutti”, ma anche Francesco Giangrandi, presidente della Provincia di Ravenna, che lo considera “un pilastro della questione morale in Italia”.Introduce la tavola rotonda Giannantonio Mingozzi, vicesindaco di Ravenna, evidenziando “quanto importante sia stata per la nostra città la concezione di La Malfa di unire sempre alla politica economica anche una forte carica di umanesimo”.Che l’economia ravennate e romagnola siano in uno stato piuttosto buono, almeno a livello nazionale, lo conferma poi la disamina dell’economista Paolo Savona, sebbene “anche a Ravenna, miglior provincia della regione, presto ci si dovrà confrontare con lo scenario chiave europeo, quello di un allungamento notevole della vita, foriero di problemi di politiche sociali, e della globalizzazione dei mercati”.Più legate al pensiero di La Malfa le considerazioni del presidente della Regione Emilia-Romagna, Vasco Errani, che nello statista ritrova “un senso delle istituzioni e una visione della politica, etica e laica, che rappresentano un esempio di come si dovrebbe agire in una sana democrazia” e che ne considera le visioni “profondamente libere, lungimiranti, fuori dai recinti puramente ideologici”.Sarà quindi Giorgio La Malfa a chiudere l’incontro, con parole realistiche e decise. “Siamo stati - incalza il presidente nell’Edera - e siamo una minoranza. Ma c’è un orgoglio delle minoranze che, per fortuna, difenderemo sempre. Le minoranze però non possono avere la stessa cultura dei partiti di massa, ed è per questo che sono convinto che il sistema maggioritario porti ad alleanze spesso incompatibili e che renda deboli i moderati sia di destra che di sinistra”.Nel pomeriggio la figura di La Malfa è stata ricordata in modo insolito al Rasi, con “Ugo La Malfa, il sogno della Repubblica”, oratorio laico ideato da Paolo Castagna.

    Alessandro Fogli

  3. #113
    email non funzionante
    Data Registrazione
    05 Mar 2002
    Messaggi
    36,452
     Likes dati
    0
     Like avuti
    0
    Mentioned
    0 Post(s)
    Tagged
    0 Thread(s)

    Predefinito tratto da www.pri.it

    La Romagna ricorda Ugo La Malfa/Manifestazioni a Ravenna, Forlì e Cesena

    Guardare all'Italia da una salda sponda Atlantica

    di r. b.

    Ugo La Malfa guardava a sinistra? "Si, certo, ma ben saldo nell'alleanza con la Democrazia cristiana". Nel bipolarismo della Prima Repubblica, non ci sono dubbi sul polo al quale appartenesse il leader del Pri. E' la risposta che il figlio Giorgio dà al giornalista della Rai che segue la ricorrenza del centenario della nascita dello statista celebrata a Ravenna. Il segretario del Pri, Francesco Nucara, il giorno prima a Forlì, aveva preferito caratterizzare la figura dello statista repubblicano nella sua epoca, e attenervisi rigorosamente, proprio per evitare ogni possibile illazione su cosa avrebbe fatto o detto un Ugo La Malfa dei nostri tempi. Ma se dobbiamo interpretare il futuro alla luce del passato, come ha chiesto di fare la manifestazione ravennate al ridotto del Teatro Alighieri, organizzata dal vicesindaco Giannantonio Mingozzi, stiamo bene attenti a quello che si sostiene: Ugo La Malfa segna una distanza politica dalla sinistra tradizionale inequivocabile. E il suo essere di sinistra, modernizzazione, progresso, capitalismo, era agli antipodi con quello che in Italia si intendeva comunemente per "sinistra". La Malfa rappresentava un'altra sinistra, con ben pochi proseliti, soprattutto fuori dai confini romagnoli. Il figlio Giorgio ha dedicato molta cura nel ricordare questa particolarità. "Eugenio Scalfari scrisse che la morte di Ugo La Malfa era un dolore per tutta l'Italia, e che con La Malfa moriva lo Stato. Ma l'ultimo articolo che lesse mio padre di Scalfari era una requisitoria che lo descriveva quasi come fosse un mascalzone perché pronto a varare un governo Andreotti". Comunque per Giorgio il giudizio di Scalfari era sbagliato anche nell'epitaffio. Nel senso che in La Malfa non si poteva riconoscere l'Italia, non quella degli scandali, dei bassi compromessi, della spesa facile. Ugo La Malfa rappresentava un'Italia di minoranza, il senso dello Stato, quale avrebbe dovuto essere, ma non certo lo Stato baraccone che era stato costruito.

    Poi certo può far piacere tanto rispetto una volta morti, ma non è che ci si dimentica dell'avversione suscitata in vita. Appartenere ad una minoranza comporta la consapevolezza e la responsabilità di dover dire e fare cose che spesso dispiacciono alle maggioranze. Questo segna il confine politico fra La Malfa ed i suoi numerosi estimatori di oggi e fra chi ne ha avuto invece il problema di raccoglierne per davvero l'eredità.

    Per questo i repubblicani sono poco o nulla assimilabili in uno schieramento. O, come ha detto Giorgio dopo aver ascoltato marce garibaldine e inni mazziniani, con l'attuale sistema maggioritario "non si riesce a trovar pace nella parte in cui posiamo del letto".

    Forse anche per questo sarà bene che i repubblicani di Ravenna e di Forlì tengano conto che l'appartenenza ad una casa politica come questa impone che le alleanze non siano considerate indissolubili e accettate come un dogma, soprattutto in condizioni politiche precarie come le attuali. Giorgio La Malfa sottolinea come sempre di più appare inadeguato un sistema maggioritario a fronte di emergenze che imporrebbero formule di solidarietà nazionale, come il caso Parmalat e Cirio ad esempio, e che pure sono impossibili nello scontro frontale di oggi. Così come marca la distanza dalla maggioranza a cui appartiene sulla riforma costituzionale: "non voteremo una legge che rischia di dividere lo Stato", dice. Ma non ha nessuna nostalgia del centrosinistra, neanche a proposito dell'unità d'Italia. "Sono proprio loro che con la riforma dell'articolo 5 hanno creato alla fine della passata legislatura questa confusione".

    Chissà che i repubblicani non farebbero bene ad ascoltare il presidente del partito, preoccupandosi degli sviluppi futuri di un sistema politico che perde colpi, piuttosto che attaccarsi ad una lotta di schieramento che, tutto sommato, può solo rappresentarli per qualche stagione.

  4. #114
    email non funzionante
    Data Registrazione
    05 Mar 2002
    Messaggi
    36,452
     Likes dati
    0
     Like avuti
    0
    Mentioned
    0 Post(s)
    Tagged
    0 Thread(s)

    Predefinito tratto da www.pri.it

    Il segretario nazionale del Pri ha ricordato a Forlì, durante le manifestazioni per il centenario della nascita, la figura di Ugo La Malfa/Dall'esperienza antifascista a fianco di Amendola alla fondazione del Pd'A fino all'adesione all'Edera che considerava "poco partito di opinioni e molto partito di iscritti"

    Un uomo politico per il quale l'arte del buon governo era l'impegno fondamentale

    Il segretario nazionale del Pri ha ricordato la figura di Ugo La Malfa il giorno 7 febbraio 2004 a Forlì, durante le celebrazioni per il centenario della nascita dello statista siciliano.

    di Francesco Nucara

    Tra le tante meritevoli iniziative promosse dalla Fondazione che porta il suo nome, nell'ambito delle celebrazioni per il centenario della nascita di Ugo La Malfa, quelle di questi giorni, a Forlì e Ravenna e Cesena, hanno una significativa rilevanza.

    Se Palermo e la Sicilia furono la sua terra d'origine, il luogo della nascita cui rimase per tutta la vita permanentemente legato, sentendosi sempre un uomo del sud, un emigrato che portava nell'altra Italia e in Europa un'ansia di riscatto civile, se Milano costituì la sua più importante scuola di vita, il suo ingresso nel mondo della finanza e dell'economia, la sua finestra privilegiata, (grazie all'ufficio studi della Banca Commerciale) attraverso cui riusciva ad affacciarsi e conoscere le esperienze più avanzate del mondo occidentale, nonostante la soffocante chiusura del fascismo, Ravenna, Forlì, Cesena e la Romagna hanno rappresentato nella vita politica di Ugo La Malfa la realizzazione di un sogno. Il grande sogno del partito di massa della Repubblica.

    La Malfa è stato, senza alcun dubbio, una delle figure più alte del pensiero democratico italiano, uno dei grandi padri dello nostro Stato repubblicano. Non a caso il presidente della Camera, Casini, ricordandolo a Bologna, ha detto che egli è ormai patrimonio comune della Repubblica e che appartiene a tutti, ma io dico che appartiene soprattutto ai Repubblicani che sono rimasti nel PRI. Non a caso, in questi anni tormentati e difficili di una transizione che sembra non avere mai fine, nei quali un bipolarismo forzato e spesso incomprensibile, ha lacerato il paese in una contrapposizione di reciproca delegittimazione, tutti i contendenti in campo, a destra come a sinistra, hanno visto e vedono nella lezione di La Malfa un punto di riferimento e di legittimazione.

    Ma se questo ci fa indubbiamente piacere e ci ripaga di tante amarezze, non dobbiamo dimenticare che Ugo La Malfa non fu soltanto un pensatore acuto e intelligente, le cui pagine primeggiano in una ideale antologia del pensiero democratico, né fu un isolato studioso di teorie, né tantomeno fu mai un tecnico o un professore "prestato" alla politica. Egli fu, sempre e soltanto, un uomo politico, calato quotidianamente nell'agire politico, convinto che la politica, come arte del buon governo, come somma di conoscenze tecniche e professionali, di capacità intuitive e di tensione morale, fosse l'impegno più importante, quasi sacrale, che si dovesse assolvere in uno Stato democratico.

    Questo suo essere sino in fondo un uomo politico nasceva dall'esperienza giovanile che lo aveva segnato profondamente negli anni della giovinezza. L'esperienza dell'Unione Democratica Nazionale di Giovanni Amendola, estremo coraggioso e, purtroppo, inutile tentativo di arginare la catastrofe dello Stato liberale.

    Da quella eroica quanto sfortunata esperienza, che fu anche il suo battesimo politico, La Malfa imparò una lezione fondamentale dalla quale non si discosterà per tutto il resto della sua vita. Ovvero che nell'azione politica se si vuole incidere realmente e non limitarsi al ruolo di pura coscienza o semplice testimonianza occorre possedere quello strumento indispensabile che è il partito. La Malfa comprese lucidamente come nella crisi dello Stato liberale un ruolo fondamentale fosse svolto dall'apparire sulla scena politica dei partiti. Le forze liberali, così frantumate e divise in clan personali, che facevano capo a questo o quell'esponente liberale, non erano in grado di fronteggiare la forza dirompente degli organizzati partiti della sinistra e quando, da una costola di questi, nacque il partito fascista e si mosse alla conquista della borghesia nazionale, ne furono definitivamente travolte.

    Fu per l'amendoliano La Malfa un'occasione di grande amarezza e ve ne è traccia nelle memorie di Giorgio Amendola, il figlio di Giovanni, che insieme a La Malfa aveva militato nella gioventù dell'Unione Nazionale. Giorgio Amendola narra che al ritorno da un suo viaggio a Parigi, dopo aver incontrato gli esuli della concentrazione antifascista, in gran parte legati alla memoria del padre, si convinse che quel mondo era ormai morto e che l'unico modo per fronteggiare il fascismo fosse quello di aderire al partito comunista. Quando confessò questa decisione agli amici più intimi, La Malfa e Fenoaltea, La Malfa ne rimase profondamente ferito. (…)

    L'incapacità del mondo liberale di attrezzarsi con l'unico strumento capace di incidere nella lotta politica, il partito moderno, fu una delle cause della sua dissoluzione e La Malfa lo comprese così bene che quando dalla ormai presumibile disfatta della guerra cominciò a intravedersi lo spiraglio di una possibile liquidazione della dittatura se ne creò uno tutto suo.

    Il partito d'azione, una meteora nella vita politica dell'Italia, ma che seppe segnare pagine significative negli anni più cruciali del passaggio dal dispotismo alla democrazia, era una creatura di La Malfa. Convinto che le vecchie sigle partitiche fossero state definitivamente battute dal fascismo e superate dalla storia, che il socialismo, in tutte le sue sfumature, appartenesse al passato, che la imponente forza organizzativa del partito comunista potesse e dovesse essere contrastata sul suo stesso terreno, La Malfa diede vita a Milano insieme a Tino, Vinciguerra, Parri ( non starò qui a ricordare tutti gli altri) ad un soggetto politico del tutto nuovo, quel partito d'azione, che pur richiamandosi nel nome alle esperienze risorgimentali, voleva essere il superamento degli errori dei vecchi partiti democratici antifascisti e costituire, fuori da soffocanti vincoli ideologici, l'asse politico portante della nuova Italia. (…)

    Come è noto la stagione dell'azionismo fu breve. Da un lato, la ricostituzione dei tradizionali partiti democratici, il socialista, il liberale, il repubblicano ne limitò lo spazio di azione, dall'altro la vocazione di una gran parte dei suoi nuovi militanti a sentirsi parte integrante del movimento socialista né minò le ragioni stesse della sua esistenza.

    Da grande idea democratica a piccola eresia socialista. In questi termini è stata felicemente sintetizzata la sua parabola.

    Ma nel momento della sua maggiore vitalità il partito d'azione rappresentò lo strumento con cui La Malfa seppe scrivere pagine decisive per i destini dell'Italia. Basti ricordare il passaggio dal governo Badoglio al governo Bonomi, quando, come ha ricordato più volte lo stesso La Malfa, Togliatti, sostenitore della continuità monarchica, si presentò al tavolo del comitato di liberazione nazionale insieme a Badoglio, convinto della sua riconferma. Quel giorno l'intransigenza lamalfiana, forte della sua rappresentanza partitica, piegò il partito comunista di Togliatti, Badoglio fu costretto a dimettersi, Bonomi assunse la guida del Governo in nome dei partiti antifascisti. (…)

    E così, quando il partito d'azione si dissolse inseguendo la chimera del socialismo, La Malfa si pose il problema di come proseguire la sua presenza politica. La scelta fu consequenziale e immediata: il partito repubblicano italiano. Il partito era per lui essenziale, non avrebbe mai potuto immaginare un'azione politica fuori da un partito e senza di esso. (…) Alieno da ogni suggestione socialistica, laico convinto, democratico di respiro europeo e occidentale non ebbe tentennamenti nell'entrare nel partito repubblicano, riconoscendone la continuità con la migliore tradizione democratica risorgimentale.

    Quello che non era stato il partito d'azione, fu per lui il partito repubblicano, uno strumento agile di lotta politica, capace di muoversi senza la pesantezza dei grandi partiti (lo definiva il "carrarmato" leggero della politica italiana), ma al tempo stesso con tutta l'autorevolezza di un partito storico e di massa. Sì, proprio di massa, ossia un partito di struttura radicato fortemente nei suoi insediamenti sociali e territoriali, capace di contrastare fieramente l'invadenza comunista. (…)

    Ebbene, La Malfa non ebbe mai tentennamenti, ma pur consapevole della sproporzione delle forze, sapeva che la presenza del partito repubblicano sarebbe stata capace di condizionare il gigante democristiano da sempre propenso a facili scivolamenti verso avventure nostalgiche, che l'antidemocratica destra di quegli anni, monarchica e neofascista, rendeva pericolosamente possibili, ma anche capace di contrastare il dilagare di un comunismo autoritario e soffocante, altrettanto antidemocratico e pericoloso.

    Vi è, quindi, un rapporto indissolubile tra Ugo La Malfa e il partito repubblicano, testimoniato da tutta la sua presenza politica nell'arco dell'intera vita dell'Italia repubblicana. Ma quanto fosse importante questo legame e, soprattutto, quanto fosse importante per La Malfa lo strumento partito lo dimostra la garbata polemica che egli ebbe nel 1954 dalle colonne della rivista bolognese il Mulino con Gaetano Salvemini, che pur di origini socialiste guardava sempre con attenzione al partito repubblicano. Salvemini in una disamina dei partiti italiani aveva definito il partito repubblicano un partito di opinione. Ebbene, La Malfa gli rispose subito contrastando questo giudizio e sostenendo che il partito repubblicano era un piccolo partito di massa, perché aveva una struttura sociale di massa. "Il partito repubblicano - scrisse La Malfa - è poco partito di opinioni e molto partito di iscritti", "è il più partito degli altri".

    Egli guardava alle zone tradizionali del repubblicanesimo, al Lazio, alle Marche e, soprattutto, alla Romagna dove, sono sue parole, "il repubblicanesimo trionfava tra i mezzadri, i braccianti, gli artigiani, i piccoli commercianti, i vignaroli".

    Per questo sentiva sempre vivo il rapporto con la Romagna, una regione dove poteva toccare con mano quella presenza repubblicana di massa che, nel suo sogno di un'altra Italia, avrebbe voluto estendere a tutto il paese: una regione che ha sempre saputo ricambiare questo suo amore confermandolo costantemente come suo rappresentante in parlamento.

    Proprio perché la sua vicenda politica è inestricabilmente intrecciata alla storia e alla vita del partito repubblicano, in molti si sono chiesti, spesso strumentalmente, da che parte starebbe oggi Ugo La Malfa. Non credo che possa essere questa l'occasione di una discussione di questo tipo, né credo che sarebbe utile.

    Ugo La Malfa è stato figlio del suo tempo, ha vissuto gli anni cruciali della lotta al fascismo, della nascita della Repubblica, della genesi della fragile democrazia italiana, come interprete di primo piano, ha voluto e saputo affrontare i temi cruciali della nostra società: le sperequazioni sociali e quelle territoriali; è stato artefice delle grandi scelte politiche, dalla riforma agraria, alla liberalizzazione degli scambi, dalla nascita della Cassa per il Mezzogiorno, alla politica dei redditi e di tutte le svolte della vita politica italiana, dalla scelta per il centrismo degasperiano, all'avvento del centro-sinistra, alla solidarietà nazionale. Tutto questo percorso, di successi e anche di insuccessi, è stato possibile perché aveva alle spalle, e ne era consapevole, il partito repubblicano, il suo piccolo partito di massa.

    Quell'Italia oggi non c'è più. Noi abbiamo colto i frutti della politica lamalfiana. Il paese è cresciuto, l'Europa è una realtà non più virtuale né il sogno di utopistiche minoranze illuminate, il comunismo è crollato inesorabilmente e l'occidente con i suoi valori di libertà ha vinto, il perimetro della democrazia si è allargato e l'ha resa più forte e più sicura. Non esiste più un pericolo comunista, né tantomeno un pericolo fascista. Libertà e democrazia sono ormai valori assoluti patrimonio di tutte le forze politiche. Pur con tutte le sue contraddizioni e i suoi nuovi problemi l'Italia di oggi è di gran lunga diversa dall'Italia di ieri, probabilmente è migliore, ma noi la vorremmo ancora e ulteriormente migliore. E' questo il viatico che ci viene dall'insegnamento di Ugo La Malfa, non accontentarsi mai, lavorare sempre per un'altra Italia, scavalcare le Alpi ed essere parte integrante e significativa dell'Occidente.

  5. #115
    email non funzionante
    Data Registrazione
    05 Mar 2002
    Messaggi
    36,452
     Likes dati
    0
     Like avuti
    0
    Mentioned
    0 Post(s)
    Tagged
    0 Thread(s)

    Predefinito tratto da www.pri.it

    Forlì 7 febbraio 2004/Discorso celebrativo nel centenario della nascita di Ugo La Malfa

    di Widmer Valbonesi
    Segretario regionale Pri
    dell'Emilia-Romagna


    Autorità, cittadini, amiche e amici repubblicani,

    consentitemi di portarvi il saluto e l'augurio di buon lavoro dell'On. Oddo Biasini, che mi ha telefonato ,con commozione, per ringraziarci tutti dell'invito rivoltogli a presenziare alla manifestazione e per comunicarmi l'impossibilità di farlo per motivi di salute, ma di considerarlo presente col cuore e con la mente. All'amico Oddo va il nostro saluto ed augurio di pronto ristabilimento e la gratitudine per l'esempio di serietà e di attaccamento al PRI che rappresenta per tutti noi.

    E' con grande commozione che oggi, a nome di tutti i repubblicani dell'Emilia-Romagna, mi appresto a ricordare il centenario della nascita di Ugo La Malfa.

    Voglio ringraziare l'Associazione Res Publica e tutti coloro, istituzioni e non, che hanno contribuito alla realizzazione di questa giornata.

    Domani a Ravenna e lunedì a Cesena proseguiranno le celebrazioni in onore di un grande maestro,di un parlamentare romagnolo(1948-1968) che aveva respiro europeo, di un grande repubblicano, di uno statista che si è battuto tutta la vita per cambiare la condizione del Paese. Il suo sogno di fare dell'Italia, Paese povero e mal governato, un Paese moderno, bene amministrato, inserito nell'Occidente e nell'Europa, per molti aspetti è rimasto un sogno, una passione. Ma quel giorno in cui la televisione diffuse le immagini del suo funerale non lo piansero solo i repubblicani italiani o i molti repubblicani dell'Emilia-Romagna che accorsero a Roma; l'intera nazione, che molte volte lo aveva misconosciuto, lo pianse _ come scrisse Eugenio Scalfari.

    Questo incontro non vuole suscitare emozioni rituali e rimpianti . Vogliamo ,oggi, ricordare ai giovani che non lo hanno conosciuto, al Paese, diffidente e deluso dalla politica intesa come continua sfida per la conquista del potere, come chiusura nei particolarismi, nei localismi, nella mancanza di una cultura di governo dell'interesse generale, a coloro che non hanno consapevolezza che i valori dell'Occidente rappresentano la possibilità di mantenere i livelli di civiltà democratica del nostro Paese: a tutti questi vogliamo ricordare l'analisi di Ugo La Malfa , le sue indicazioni ,ancora modernissime, perché il perseguimento dell'Altra Italia , quella da lui sognata ed inseguita , diventi un obiettivo concreto, un progetto , un modello per la classe dirigente democratica di oggi.

    Gli aspetti salienti della sua vita sono noti: (li potete leggere nella nota biografica distribuita) e sono sintetizzabili nel discorso che fece al congresso del 1978 dove in una polemica con il mazziniano Tramarollo ripercorse le tappe del suo impegno politico e del modo concreto di far coincidere il pensiero e l'azione .

    Non solo l'intransigenza dei principi, ma anche l'azione concreta per raggiungerli facendoli vivere nel confronto con la società e nel dibattito politico.

    Una vita vissuta da protagonista, interprete di quell'Italia di minoranza che aveva radici nella cultura risorgimentale, passando attraverso Mazzini, Gobetti, Croce, Salvemini, e che La Malfa poi raffinò in un pensiero moderno nella conoscenza del New Deal, di Keynes e soprattutto della scuola italiana di scienze della finanze di De Viti De Marco e, dopo la seconda guerra mondiale, con il "revisionismo"ideologico e riformatore delle forze di sinistra europea: dal laburismo alle socialdemocrazie tedesche e scandinave.

    LA PREGIUDIZIALE REPUBBLICANA

    Molte volte, il ruolo di ammodernamento operato da La Malfa nella tradizione del PRI è stato interpretato come se le battaglie economiche prevalenti che egli svolgeva negassero la continuità coi valori risorgimentali e del repubblicanesimo classico, legato indissolubilmente al pensiero di Mazzini e di Cattaneo. Non era così, molti ignoravano che il merito della nascita della Repubblica Italiana era da ascriversi in gran parte alla determinazione ,all'intransigenza e alla lungimiranza del pensiero e dell'azione di Ugo La Malfa .La pregiudiziale repubblicana posta dal Partito d'Azione non fu solo la rivendicazione storica del risorgimento, come ad esempio faceva il PRI ,ma anche la valutazione storica della situazione italiana.

    E La Malfa si trovò contro non solo i moderati come Benedetto Croce e molti dei suoi amici liberali, ma anche i comunisti e i socialisti pronti al compromesso monarchico.

    La tesi di La Malfa era che la monarchia se nel Risorgimento ,come soleva dire Garibaldi, aveva unito gli italiani, nella fase che avrebbe seguito la sconfitta militare e la caduta del fascismo, per il ruolo negativo e complice che aveva giocato, avrebbe costituito un elemento di divisione del Paese. Dopo la guerra e la Resistenza, il problema della monarchia avrebbe impedito alle forze democratiche e della sinistra, uscite vincitrici, di partecipare alla gestione dello Stato, governando o stando costruttivamente all'opposizione, e quindi il problema si sarebbe riproposto in un clima di tensione e di rottura fra gli italiani, mentre la soluzione repubblicana all'inizio della ripresa democratica sarebbe diventata un elemento di unione. Come poi in effetti fu.

    Un altro elemento decisivo per La Malfa fu il fatto che il credito che gli Aventiniani e Giovanni Amendola avevano riposto sulla monarchia come garante dello Statuto e delle libertà che esso sanciva, fu tradito, perché la monarchia non si oppose al fascismo e quindi era inaffidabile.

    Qualcuno, dei suoi amici laici disponibile al compromesso, si trincerava dietro alla considerazione che la monarchia aveva avuto il ruolo di difesa della laicità dello stato nel periodo risorgimentale quando lo stato liberale e l'Unità d'Italia si erano formati contro il potere temporale e contro il potere clericale.

    In effetti la monarchia non solo non poteva essere la garante dell'affermazione dello stato laico, ma addirittura poteva diventare il collante di pericolose rivincite antirisorgimentali.

    I due partiti , Pri e P.d'A. svolsero la battaglia repubblicana con il medesimo fine , ma sotto due angolazioni diverse. La determinazione con cui La Malfa e il Partito d'Azione sostennero questa pregiudiziale repubblicana in seno al CLN furono determinanti. La Malfa sosteneva che in mancanza di garanzie di andare verso la Repubblica bisognava stare fuori dal governo e non dare nessun appoggio politico e lo sostenne anche dopo la svolta di Salerno quando nell'Italia meridionale liberata ,la monarchia contò sull'appoggio di Togliatti e di cinque dei partiti del CLN. Soltanto il Partito D'Azione rimase fuori e i due azionisti che parteciparono al governo Badoglio furono espulsi.

    Fu comunque la posizione intransigente di La Malfa e del P.D'A.. a tenere aperta la questione istituzionale e fu la determinazione con cui questo ruolo fu svolto che consentì poi l'accordo di Roma dell'8 giugno 1944, che fu creazione di Ugo La Malfa e che aprì la svolta verso la Repubblica.

    Ecco perché la battaglia istituzionale della Repubblica vide in La Malfa il principale protagonista e gli storici quando vorranno farlo dovranno riconoscere questa verità e la continuità risorgimentale che i protagonisti di quel periodo, a cominciare da Sandro Pertini Presidente della Repubblica, riconobbero, vegliando il grande padre della Repubblica che stava morendo, colpito da un ictus nel marzo del 1979.

    DEMOCRAZIA E GIUSTIZIA SOCIALE

    La Malfa ottenuta la Repubblica non si fermò alla constatazione che la forma repubblicana avrebbe di per se risolto i problemi del paese; e sapeva che il governo del popolo non era uno strumento automatico di sviluppo, di giustizia sociale, di trasformazione delle coscienze .

    Indro Montanelli una volta scrisse "l'Italia più bella , più giusta,più moderna,più efficiente e lucente,io l'ho conosciuta e vissuta nelle proiezioni che me ne faceva Ugo La Malfa sotto i bombardamenti di Milano nel 1944 , e fino ai tempi della Costituente, poi cominciò il suo grande lutto sull'idolo infranto".

    Il 2 giugno del 1946 il popolo strappò la Repubblica , ma la DC e il mondo più vasto che politicamente la Dc rappresentava, ottenne l'egemonia sulla Repubblica.Si era avverato quello che oltre un secolo e mezzo fa Giuseppe Mazzini in Fede ed Avvenire aveva magistralmente profetizzato: "quel popolo che non s'è mosso per fede , ma per semplice reazione verso gli abusi della monarchia ne serberà gli antecedenti, la tradizione, l'educazione: avrete forma repubblicana e sostanza monarchica, la questione d'ordinamento politico cancellerà la vera suprema questione morale e sociale".

    La Malfa avverte subito questo pericolo e capisce la situazione del Paese diviso ideologicamente, con forze politiche e sociali tese ad egemonizzare lo sviluppo della società e che per mantenere intatto il loro potere non pensano mai all'interesse generale; vede, lucidamente, le difficoltà in cui il Paese si dibatte e le azioni di trasformazione politica e sociale che occorre mettere in atto per avviare, l'Italia, stabilmente, verso obiettivi di rinnovamento e di giustizia sociale.

    Egli capisce subito che la collocazione internazionale del PCI,filosovietica, lo avrebbe tenuto fuori dal gioco democratico e che la DC andava condizionata, quindi, dalle forze di democrazia laica e socialiste non marxiste.

    Quando nel 1945 La Malfa esortava Nenni ad una politica autonoma che accompagnasse la conversione di altri ceti verso la società democratica egli sapeva che l'alleanza fra il partito socialista , il partito repubblicano e il Partito d'Azione avrebbe potuto essere il fulcro di una democrazia di sinistra.Il 2 giugno del 1946 queste tre forze ottennero 146 seggi contro i 106 del PCI e i 207 della DC.

    Quale potere contrattuale queste forze avrebbero avuto nei confronti della Dc appare evidente ; invece, quando 18 anni dopo i socialisti arrivarono al governo di centro sinistra il rapporto non era più di tre a quattro, ma di uno a tre e il Pci si era rafforzato a sinistra con la politica del fronte popolare.

    Il centrismo è a quel punto l'equilibrio che la situazione consente; la liberalizzazione degli scambi portata avanti da La Malfa contro l'ostilità di Confindustria e dei sindacati, diedero respiro europeo ad un' Italia uscita distrutta dalla guerra e la tolsero dalle secche di una visione autarchica e nazionalista in cui sinistra ideologica e destra corporativa la stavano confinando.

    La Malfa,pur in presenza di un miracolo economico , non rinuncia a confrontarsi con le forze politiche per cambiare il quadro politico e con le forze sociali , per condizionare le trasformazioni del meccanismo di sviluppo spontaneo proponendo la cultura di governo delle società industriali avanzate poi concretizzatasi nella proposta di "Nota Aggiuntiva" del primo governo di centro sinistra.

    E non rinuncia nemmeno all'idea politica di rendere compiuta la democrazia italiana cercando attraverso il ragionamento sui meccanismi dello sviluppo economico di rendere partecipi delle scelte fondamentali dello sviluppo le grandi masse popolari ed imprenditoriali, esercitando nei confronti delle ingiustizie e degli sprechi dello stato assistenziale la sua polemica di uomo controcorrente, che si muove in senso opposto alla maggior parte degli italiani.

    Disse di lui ancora Montanelli "era un politico che non amava il potere, un generale che più del comando amava la strategia ; da qui l'accusa di una certa alterigia intellettuale. "Questo"potente"che disdegnava i pennacchi e i galloni, che non volle mai una scorta, né una macchina con autista,, né un posto riservato in aereo e in treno , di cui essendo quasi cieco avrebbe avuto assoluto bisogno,non sapeva nascondere la sua impazienza per i "peones" della politica,aveva per la popolarità e i media un aristocratico disprezzo…..non fu mai un procacciatore di voti, un protagonista delle lotte di potere, ma per trent'anni la politica italiana non ebbe un suggeritore più onnipresente ed efficace di lui, sebbene la parte a cui più teneva e in cui si sentiva a suo agio fosse quella del profeta inascoltato e solitario."

    Io credo non fosse così: La Malfa era un intransigente, ma non era né un sognatore né un aristocratico. Il suo punto di vista amava metterlo a confronto con gli altri e sapeva esercitare un fascino vero, non solo per noi giovani ma persino sugli uomini di cultura, gli intellettuali, che voleva non "organici "ma autonomi, il suo dialogo con la cultura liberal-democratica è stato incessante basti pensare alla sua presenza nel Mondo di Pannunzio o a quell'insuperabile convegno "Democrazia e cultura", che bisognerebbe riproporre oggi nel suo nome.

    In tempi in cui la sinistra sosteneva l'intellettuale organico alle strategie del partito o in cui la pratica di molti intellettuali era quella di essere asserviti al potere, egli sosteneva l'autonomia degli uomini di cultura e degli scienziati e li spronava non tanto ad essere generici ripetitori di valori ideali, ma a studiare e farsi carico dei problemi più gravi del paese, trovare idee che smitizzassero le ideologie e le portassero sul terreno più concreto della ragione .

    E che non fosse un aristocratico lo dimostra il fatto che tutta la sua azione politica e di governo, pur nell ‘analisi sulla grandezza delle trasformazioni della società e del meccanismo di sviluppo, pur nel pensare all'Italia inserita nell'economia e nei valori europei e occidentali ,pur frequentando i grandi della finanza , egli ha sempre come riferimento costante la condizione dei deboli, dei miseri , delle zone sottosviluppate e dei disoccupati,l'operaio sacrificato dai parassitismi, il cittadino che non ha servizi efficienti, il giovane che il clientelismo e il parassitismo escludono dal posto di lavoro o rendono debitore e quindi legato alla logica del voto di scambio;tutto questo insieme alla cultura di governo dell'interesse generale come necessità di risoluzione dei problemi.

    E' vero che La Malfa concepì il p.d.'a.come il partito dei "ceti medi" e sosteneva che, attraverso l'ancoraggio alla democrazia ed il coinvolgimento dei ceti medi in una politica di riformismo strutturale, passasse la soluzione del problema politico italiano in senso democratico e progressista.

    Ma la maturazione del concetto di democrazia integrale, acquisita nella militanza nel PRI e la coerenza coi valori pluralistici della Costituzione , lo portarono a cambiare opinione: infatti, nel 1970 in un dibattito svolto a Firenze con i giovani della rivista Controcorrente, quando qualcuno gli fece notare che la sua era una posizione classista, e che criticare il classismo del proletariato dei comunisti contrapponendogli un classismo della borghesia seppur illuminata, era contraddittorio rispetto all'affermarsi della cultura dell'interesse generale che egli propugnava , La Malfa rispose così "osservo che c'è un evoluzione della maniera con cui noi vediamo ormai tale problema ,non accettiamo, infatti, più la concezione classista che sta alla base della classificazione delle forze politiche. Quando nel P.d'A. mi riferivo formalmente ai ceti medi , accettavo un ‘impostazione classista e non me ne accorgevo. Secondo me , tale impostazione va respinta perché è puramente ideologica. Mi pare che il problema non sia di trovare le forze in quella o questa classe a sostegno del proprio programma politico , altrimenti non usciamo dalla crisi in cui ci troviamo.Il problema è di trovare nella coscienza del cittadino l'adesione a un metodo di azione politica riformatrice il più coerente possibile ai fini dell'interesse generale che si vogliono raggiungere".

    FUNZIONE DI RESPONSABILITA'- NON POTERE

    Questo è un punto cruciale dell'analisi e del contenuto politico del pensiero di Ugo La Malfa: la consapevolezza che la società democratica, per rimanere tale, per garantire la libertà e la giustizia sociale deve trovare nella coscienza dei cittadini quelle virtù morali che preservano il senso comune e la solidarietà , quel senso del dovere di mazziniana memoria che riecheggia nelle sue parole quando dice - anche qui l'eredità e la tensione morale risorgimentale sono evidenti _ "Una delle esigenze fondamentali della società moderna non è soltanto la globalità della visione dei problemi , ma la sostituzione di nozione di responsabilità individuale o collegiale a quella di potere.Non vi deve essere potere politico o economico o culturale o morale, ma responsabilità politica, economica ,culturale e morale. L'imprenditore non è padrone della fabbrica ma vi esercita una funzione, come ve la esercitano gli operai.Il professore non è il padrone dell'Università ma vi esercita una funzione come ve la esercitano gli studenti.Una forza di sinistra deve vedere così i problemi di libertà, di autonomia, di partecipazione al compito decisionale delle società moderne.

    Essa deve spezzare l'autoritarismo e il potere personale ad ogni livello e convertirli in un esercizio di funzione, momento costitutivo di una visione generale dei problemi, e sa utilizzare dello spirito imprenditoriale ,non burocratizzato, della borghesia e del capitalismo l'aspetto positivo e respingere l'aspetto negativo ed asociale."

    CAPITALISMO STRUMENTO NEUTRO

    E La Malfa spiega magistralmente- Nell'intervista sul capitalismo- con Ronchey il suo pensiero, dove contesta la definizione che i sistemi capitalisti e socialisti si distinguano solo dalla proprietà dei mezzi di produzione, sostenendo la tesi che il capitalismo è uno strumento neutro. Egli dice : "Quando noi poniamo il problema del rapporto fra potere di consumo nelle società industriali e potere di consumo nelle altre società, il meccanismo capitalistico è neutro rispetto a questo problema, ma non è un meccanismo che produce ricchezza a non finire. E' un meccanismo che produce ricchezza da distribuire …": - poi aggiunge - " è superata la teoria marxista secondo cui le forze politiche e sindacali sarebbero sovrastrutture e tutto dipenderebbe dalla struttura capitalistica.

    In democrazia, attraverso l'azione delle forze politiche , l'azione di governo e l'azione delle forze sindacali si possono mandare impulsi al sistema capitalistico.

    In sostanza, La Malfa afferma che attraverso la programmazione , la politica dei redditi e un concetto moderno di autonomia si possono governare in modo redistributivo le ricchezze accumulate dal meccanismo di sviluppo capitalistico verso consumi sociali , verso la risoluzione degli squilibri , verso una migliore giustizia sociale .Invece se prevale l'impostazione ideologica che considera il sistema capitalistico come il male assoluto, allora gli impulsi saranno contraddittori, i consumi saranno individuali e verticali e la redistribuzione non ci sarà, perché si sarà indebolito il meccanismo stesso nella sua capacità di produrre ricchezza.

    E' la concezione moderna del governo di società avanzate e di una sinistra democratica riformatrice, di cui dibatte con Ingrao, Giorgio Amendola e Foa.

    Oggi tutti parlano di politica dei redditi e di concertazione, ma permane una concezione di difesa corporativa ,che non si ispira alla cultura dell'interesse generale e molte volte diventa oggetto di strumentalizzazione politica ai fini della conquista del potere, non ai fini della soluzione dei problemi del Paese, e questo dimostra che la lezione di Ugo La Malfa è ancora poco seguita .

    Ma la Malfa non si occupò solo di economia, trattò anche con grande attenzione i problemi istituzionali : nel dibattito sulla riforma della Costituzione nel 1971, intervenne con un saggio di cui voglio leggere alcuni passi, perchè quasi profeticamente analizzò ciò che sarebbe successo a voler modificare l'assetto istituzionale senza i necessari accorgimenti di maturazione politica.

    Egli scrisse: "L'ordimento costituzionale,l'assetto istituzionale di un Paese non cade dal cielo, non è un fatto arbitrario, ma una creazione storica,una elaborazione delle forze politiche:sono cioè le forze politiche che creano gli ordinamenti e sono esse che le possono fare bene o male funzionare, se bene o male ne interpretano lo spirito e il significato.

    E ancora:

    "la Repubblica italiana, nata dalla Resistenza,è stata creata con alcune caratteristiche istituzionali essenziali, che, o sono mantenute ferme e preservate insieme, o saranno travolte.

    Esse sono: pluralismo sociale e politico,che dà diritto di rappresentanza a tutte le correnti storiche, ideologiche e culturali della vita unitaria ed è il fondamento della libertà di associazione e di organizzazione in sindacati;conseguente proporzionalismo elettorale, democrazia parlamentare, e cioè del governo espressione del Parlamento, di fronte al quale è responsabile; autonomismo, come principio della organizzazione politica amministrativa territoriale;infine carattere rigido della Costituzione che pone la norma costituzionale a un livello più alto rispetto alle altre fonti normative".

    E poi un monito: "o le forze democratiche dell'Italia postfascista saranno capaci di avvalersi di questo ordinamento ,oppure si riveleranno incapaci e creeranno in tal caso una situazione di ingovernabilità, di crisi, di marasma che avrà come esito sicuro,la loro disfatta assieme al crollo istituzionale.
    Ed è perfettamente arbitrario o pura esercitazione di fantasia sforzarsi di immaginare che cosa possa prenderne il posto:la Repubblica Presidenziale, il bipartitismo o la pura e semplice tirannide di stile mediterraneo".

    Difendendo poi il sistema elettorale proporzionale, egli afferma che le alternative come i collegi uninominali non sono attuabili nella condizione politica del Paese.

    Dice La Malfa:"Il sistema uninominale è certamente più idoneo a costituire maggioranze più solidali, a semplificare gli schieramenti politici spingendoli rapidamente verso il bipartitismo, ma il suo presupposto è che le forze politiche sulla scena abbiano il carattere, la configurazione, come si suol dire, di grandi partiti "di servizio democratico" nei quali il collante ideologico sia molto tenue.Condizione necessaria, ma non sufficiente, perchè ciò si verifichi sul piano politico è una società molto omogenea, fortemente equilibrata e stabilizzata nel suo sviluppo.. ....Quanto si sia lontani in Italia da una condizione di omogeneità sociale e di caratterizzazione non ideologica dei partiti politici è fin troppo evidente- conclude La Malfa- e ammonisce:"In questa situazione l'abbandono della proporzionale non sarebbe un segno di maturazione democratica, di evoluzione positiva del sistema politico,bensì un segno inverso, di involuzione, di impoverimento della dialettica politica, che sarebbe ridotta a scontro irriducibile e perpetuo fra le due forze ideologiche maggiori."

    Quando Ugo La Malfa, sosteneva queste cose eravamo nel 1971 e quanto profetiche ,purtroppo, si siano dimostrate le sue analisi è sotto gli occhi di tutti: oggi il bipolarismo è prigioniero delle forze estreme, ideologiche ,i maggiori partiti spingono verso l'ideologizzazione e la demonizzazione dell'avversario e l'unica preoccupazione è la lotta per la conquista del potere; non certo il cercare soluzioni ai problemi degli squilibri territoriali e sociali o dello sviluppo, come dovrebbe essere compito della politica e dei partiti intesi come servizio democratico, e quindi sfide di buon governo.Ma anche di fronte alle discutibili leggi cosiddette federaliste di oggi La Malfa avrebbe sicuramente dissentito.Contestando il modo con cui si intesero le Regioni e il proliferare di enti senza mai eliminarne alcuno, sostenne : "Spezzato il tessuto unitario dell'organizzazione statale costituito dall' autoritarismo dei rapporti gerarchici, non si è compreso che era necessario elaborare una nuova fase coesiva democratica unitaria, non sulla permanenza del massimo possibile di competenze centrali, ma sulla instaurazione di una rete di rapporti di tipo nuovo tra Stato e Regioni, della creazione di un sistema di reciproche integrazioni che avesse come riferimento costante e come metodo fermo la programmazione globale".

    Un modo moderno di intendere l'autonomia locale, cioè quella di concorrere alla definizione e realizzazione delle scelte globali delle linee di sviluppo del Paese.

    Quindi un 'autonomia che unisce, non la vecchia contrapposizione stato- periferia, che riecheggia nelle impostazioni odierne e che rischiano di essere disgregatrici dell'unità del Paese.

    A noi non interessa sapere come si sarebbe schierato La Malfa nell'evoluzione del sistema politico. Sappiamo che come sempre sarebbe stato dalla parte dei deboli, dell'Europa e dei valori dell'Occidente; e che sicuramente sarebbe stato la coscienza critica del Paese.

    Egli sapeva, come noi sappiamo, che di fronte a tutto ciò che avviene sono prevalenti le responsabilità della classe dirigente,politica e non politica,di governo e di opposizione, economica , finanziaria e intellettuale e che solo con un forte pragmatismo innervato di valori , solo col rigore e la coerenza nel far corrispondere questi alla realtà dell'azione politica il Paese poteva e può modernizzarsi e svilupparsi nella democrazia.

    Egli andava molte volte controcorrente,e per questo non si arrendeva allo scetticismo, alla sfiducia nella politica, alla fuga dall'impegno, alla chiusura di ognuno nel proprio" particulare", faceva appello a virtù non scomparse del tutto nella coscienza degli italiani e sollecitava la riscoperta dei fondamenti morali e delle regole della convivenza civile; egli sapeva che solo dall'impegno delle forze vive della società e dalle coscienze democratiche poteva esserci quell' avvenire , quell'Altra Italia sognata e perseguita, ma ancora non realizzata.

    Ricordandolo e assumendo l'impegno a portare avanti l'attualità del suo pensiero,studiando l'evoluzione della società e proponendo ai giovani la sua lezione, siamo certi di fare ciò che egli avrebbe voluto per il bene del nostro Paese.

    Widmer Valbonesi
    Segretario regionale Pri
    dell'Emilia-Romagna

  6. #116
    email non funzionante
    Data Registrazione
    05 Mar 2002
    Messaggi
    36,452
     Likes dati
    0
     Like avuti
    0
    Mentioned
    0 Post(s)
    Tagged
    0 Thread(s)

    Predefinito tratto da IL GAZZETTINO Online 28 febbraio 2004

    Un convegno per La Malfa, amico di Padova

    (ni.co.)

    PADOVA - Padova era nel cuore di Ugo La Malfa. Perché nella nostra città non solo aveva studiato, ma anche stretto forti legami di amicizia ad esempio con le famiglie Saccomani e Pezzangora, e con Maurizio Mistri. Ieri il figlio Giorgio (nella foto a destra) ha incontrato il sindaco Giustina Destro a Palazzo Moroni, per concordare una serie di iniziative a 25 anni dalla scomparsa del leader del Partito Repubblicano. Il 26 marzo, quindi, sotto l'alto Patrocinio del presidente della Repubblica e della Presidenza del Consiglio, sarà organizzato un convegno sul tema "Credito e risparmio", a cui interverranno Riccardo Gallo, Fabio Innocenzi, Luigi Rossi Luciani, Paolo Savona e, ovviamente Giorgio La Malfa. Ma potrebbe arrivare anche il ministro Giulio Tremonti, amico personale di Giustina Destro. «È il minimo che possiamo fare per ricordare uno statista di tale levatura - ha commentato il sindaco -. La nostra città, a cui era tanto legato, ha il dovere di tributargli l'omaggio che merita, organizzando un momento d'incontro su un tema che è di grandissima attualità».

  7. #117
    Registered User
    Data Registrazione
    30 Aug 2002
    Località
    Modena
    Messaggi
    1,425
     Likes dati
    0
     Like avuti
    0
    Mentioned
    0 Post(s)
    Tagged
    0 Thread(s)

    Predefinito iniziativa

    Al Centro Culturale
    Teatro Guiglia
    Via Rismondo 73
    Modena

    Mercoledì 10 marzo 2004 alle ore 21

    con l'organizzazione dell'A.M.I. Sezione Riccardo Mordacci

    A cento anni dalla nascita, confronto sul tema:

    UGO LA MALFA: Attualità di un progetto di rinnovamento dello Stato e prospettive del riformismo liberale

    Presiede Alberto Fuzzi - Segretario Provinciale del PRI

    Intervengono:
    Dottor Giuliano Barbolini - Sindaco di Modena
    Paolo Ballestrazzi - Consigliere Comunale
    Prof. Carlo Galli - Docente Università di Bologna

  8. #118
    email non funzionante
    Data Registrazione
    05 Mar 2002
    Messaggi
    36,452
     Likes dati
    0
     Like avuti
    0
    Mentioned
    0 Post(s)
    Tagged
    0 Thread(s)

    Predefinito ... riceviamo dalla Segreteria del Comitato Nazionale

    Padova, 26 marzo 2004, ore 17.30
    Musei Civici Eremitani - Sala del Romanino

    Convegno:
    "I problemi attuali del credito e del risparmio"

    Nel prosieguo delle attività volte a ricordare la figura di Ugo La Malfa il Comitato Nazionale organizza a Padova un convegno nel quale verrà ricordata la figura dello statista.

    Nella stessa occasione verrà proposto un dibattito sui problemi attuali del credito e del risparmio.

    Le recenti vicende della Cirio e della Parmalat mettono in evidenza
    la necessità di riconsiderare sia le regole di funzionamento delle società quotate, sia i controlli esterni ad esse, sia compiti e ruoli delle diverse autorità di vigilanza sui mercati.

    Vale la pena di ricordare
    che il decreto legge che istituì la Consob, nel 1974, a seguito delle vicende del caso Sindona, porta la firma dell’allora Ministro del Tesoro, Ugo La Malfa.

    per informazioni:

    segreteria del Comitato Nazionale
    tel. 06/68301567

  9. #119
    email non funzionante
    Data Registrazione
    05 Mar 2002
    Messaggi
    36,452
     Likes dati
    0
     Like avuti
    0
    Mentioned
    0 Post(s)
    Tagged
    0 Thread(s)

    Predefinito tratto da www.pri.it

    Un'analisi del pensiero e dell'azione di governo di Ugo La Malfa/Il grande statista è stato ricordato ieri a Padova in occasione del centenario della nascita

    L'eredità di un lucido precorritore dei tempi

    Si è tenuto il 26 marzo, a Padova, presso la Sala del Romanino, un convegno su "Banche, imprese e tutela del risparmio". L'incontro era compreso nel programma delle celebrazioni per il centenario della nascita di Ugo La Malfa. Riproduciamo di seguito l'intervento di Maurizio Mistri.

    di Maurizio Mistri

    L'azione politica di Ugo La Malfa è stata il portato di un pensiero coerente, di una analisi lucida dei problemi della società italiana e dei suoi bisogni. I bisogni di una società che durante il fascismo e dopo la fine della guerra esibiva un rilevante deficit di modernità.

    All'uscita dalla guerra l'Italia mostrava una economia estremamente debole; il suo ceto politico oscillava tra rivoluzionarismo verbale e pratiche clientelari; il suo ceto imprenditoriale appariva impaurito dalla dimensione delle sfide che accoglievano un'Italia che sarebbe stata chiamata ad entrare nell'area economica e culturale dell'Europa. Le masse popolari ed i partiti che le organizzavano non sentivano come prioritario il problema della modernizzazione del Paese, e disprezzavano, in larga misura, il richiamo al realismo nella politica. Ciò restringeva le possibilità di azione e di manovra di quei riformisti che, formatisi nella opposizione al fascismo, non si sentivano conservatori e non si sentivano attratti dalle sirene di un comunismo dal volto di Stalin.

    Penso che a fondamento del pensiero politico di Ugo La Malfa ci sia stata la profonda comprensione dei meccanismi che hanno governato i processi evolutivi che hanno interessato l'economia e la società italiane. Ugo La Malfa è stato studioso attento dei problemi economici e sociali delle moderne società, e lo è stato con un approccio decisamente empirista, basato sulla osservazione dei fatti e la verifica delle ipotesi.

    Non c'era alcun ideologismo nelle sue posizioni in materia economica; quell'ideologismo che si ritrovava nelle formule cristallizzate della catechesi marxista; ma anche quell'ideologismo che si ritrovava nelle impostazioni aprioristiche di un liberismo conservatore che escludeva ogni ipotesi di interventi correttivi dello Stato. Ugo La Malfa accettava l'idea che nella economia e nella società ci fossero lotte e conflitti, e ne vedeva le valenze positive purché la politica fosse in grado di governarne le dinamiche.

    Dunque la politica è chiamata a trovare regole di contemperamento dei conflitti sociali ed a garantire alle forze evolutive della società adeguate possibilità di espressione. Si tratta di una funzione nobile della politica a cui le forze politiche italiane, per Ugo La Malfa, non dovevano sottrarsi, imparando a costruire programmi realistici e compatibili con le esigenze dell'economia, nella consapevolezza del fatto che non ci può essere sviluppo civile senza sviluppo economico. Nel patrimonio di conoscenze economiche di Ugo La Malfa c'è la lezione keynesiana e quella del New Deal americano. C'è la magistrale lezione metodologica di Carlo Cattaneo, filtrata dal rigoroso meridionalismo di Gaetano Salvemini.

    Una lezione secondo cui l'ascesa delle classi economicamente più deboli può essere garantita dalla congiunzione di un quadro di crescita economica e di un sistema di istituzioni aperte. Allora compito della politica è rendere aperta una società chiusa come quella italiana.

    L'opzione europeista rappresenta la via maestra per aprire la società italiana, per rammodernarla.

    L'europeismo di Ugo La Malfa, non era un "nazionalismo europeo", semmai contrapposto agli Stati Uniti, ma il naturale complemento dell'atlantismo. La spinta all'integrazione europea è stata pensata da poche illuminate coscienze europee, ed è stata garantita dalla iniziativa politica degli USA. Per Ugo La Malfa l'europeismo politico significava la possibilità di offrire agli italiani un modello di funzionamento della democrazia nel quale viene esaltato il senso della responsabilità individuale e della cooperazione collettiva. Un modello al quale non è estranea la lezione del federalismo statunitense. C'era anche l'europeismo economico, quale si è sostanziato nella creazione del MEC e poi nelle diverse tappe del processo di integrazione europea.

    L'europeismo economico significava per Ugo La Malfa la creazione di una cornice entro cui potessero dispiegarsi al meglio le forze della creatività economica, contro suggestioni protezionistiche mai sopite e contro suggestioni collettiviste. Europeismo ed atlantismo furono due opzioni fondamentali del pensiero di Ugo La Malfa, due contenuti strategici il cui perseguimento giustificava la costruzione di uno schieramento politico capace di garantirli. Da qui l'alleanza con quelle forze, moderate, che assicuravano la stabilità del quadro generale e da qui la polemica con quella sinistra, allora guidata dal PCI, che era avversa all'integrazione europea ed all'alleanza con gli USA. Nel mentre denunciava il ritardo culturale di una parte della sinistra italiana su temi fondamentali per la vita del Paese, Ugo La Malfa non tralasciava di stimolare la stessa sinistra a farsi europea, a rendersi matura per assumersi ruoli politici significativi nella direzione del paese.

    Fu il PSI di Pietro Nenni a cogliere il senso del messaggio di Ugo La Malfa, dopo una stagione drammatica per la sinistra tutta, e ciò contribuì a rafforzare l'ancoraggio dell'Italia all'Europa ed a creare le condizioni per avviare un necessario processo di ammodernamento del Paese.

    L'Italia, dal dopoguerra fino agli inizi degli anni sessanta, aveva vissuto un periodo di veloce sviluppo economico; ma lo conobbe a prezzo dell'accentuarsi di squilibri strutturali. Si erano acuite in modo grave le differenze di reddito fra ceti garantiti e ceti non garantiti. Si erano acuite le differenze economiche fra le regioni del Nord, che avevano potuto approfittare dell'aggancio all'Europa, e le regioni del Sud che ne erano rimaste tagliate fuori. Per affrontare la questione degli squilibri settoriali e territoriali Ugo La Malfa propose la "politica dei redditi", che era una strategia per programmare la ripartizione del reddito nazionale al fine di rafforzare i fattori di crescita e di riequilibrio dell'economia. Il grande contributo di Ugo La Malfa a tale materia lo si ebbe con la "Nota aggiuntiva" al bilancio del 1962. Qualcuno, soprattutto a sinistra, volle vedere nella politica dei redditi uno strumento per imbrigliare il Sindacato. Per Ugo La Malfa la politica dei redditi, invece, non poteva che essere uno strumento per corresponsabilizzare le parti sociali e le forze politiche. Questa impostazione era astratta? Sfido a trovarne una più realistica, capace di evitare quegli errori nella gestione della politica economica che hanno portato il nostro paese ad accumulare il debito pubblico più elevato d'Europa.

    All'interno del sistema politico italiano Ugo La Malfa non poteva che ritagliarsi il ruolo di ispiratore di processi culturali tesi al rinnovamento della politica, dal momento che alle spalle aveva un piccolo partito. In questo quadro egli era cosciente del fatto che il Sindacato italiano era dominato dalla sinistra e che non si poteva ottenere consenso su di una politica di rigore economico se la sinistra, allora egemonizzata dal PCI, non avesse avviato un serio processo di revisione del proprio metodo di analisi dei meccanismi dell'economia. I ritardi e le contraddizioni che Ugo La Malfa addebitava al PCI non erano di poco conto, sia in materia di politica estera che in materia di politica economica. Tuttavia, la crisi che l'Italia imboccò dopo lo shock petrolifero del 1973/74, e il conseguente doloroso processo di riaggiustamento dell'economia, obbligavano la sinistra ad assumersi responsabilità precise in materia di lotta all'inflazione, di riavvio del processo di integrazione economica dell'Europa, a partire dal Sistema monetario europeo, di riequilibrio dei conti pubblici.

    Ho fatto cenno agli squilibri fra le regioni d'Italia. Ugo La Malfa era un uomo del Sud, che conosceva la miseria del suo Mezzogiorno. Conosceva la portata di una miseria che favoriva fenomeni di clientelismo e di corruzione. Egli aveva ben presente che non si potevano riscattare le plebi meridionali se non si favoriva un processo di crescita economica delle regioni del Sud. Una crescita basata sullo sviluppo produttivo, sull'ammodernamento del sistema infrastrutturale, sulla diffusione del sapere scientifico. In tale ottica l'intervento dello Stato doveva essere necessario catalizzatore di energie e non certo dispensatore di risorse finanziarie. Mancava, nel Sud, se non con qualche lodevole eccezione, un ceto imprenditoriale capace di rifiutare le pericolose suggestioni del clientelismo politico. La società civile del Mezzogiorno, che pur c'era, era riuscita ad esprimersi attraverso un nucleo di intellettuali meridionalisti che si richiamavano ad una interpretazione moderna sia del liberalismo che del socialismo democratico. Basti ricordare Francesco Compagna e la scuola meridionalista di "Nord e Sud", nelle cui pagine seppero confrontarsi sia il pensiero liberaldemocratico che quello socialista. Va detto che la tradizione liberale del riformismo meridionale si ritrovò quasi tutta nel PRI di Ugo La Malfa.

    Per Ugo La Malfa lo sviluppo delle aree più arretrate dell'Italia doveva essere assicurato da una adeguata crescita del sistema economico a cui doveva seguire una altrettanto adeguata ripartizione del surplus così prodotto. Per ottenere ciò vi doveva essere una gestione rigorosa della finanza pubblica, basata su scelte capaci di privilegiare gli investimenti piuttosto che le spese. A molti questa posizione di Ugo La Malfa appariva quasi etica, e quindi poco politica. Invece era politica perché razionale.

    La questione dell'equilibrio dei conti dello Stato si mostrerà, vari anni dopo la morte di Ugo La Malfa, in tutta la sua ampiezza, allorquando l'Italia dovette affrontare il problema dell'ingresso nell'area dell'Euro. L'Italia fu costretta ad entrare nell'area dell'euro perché se non lo avesse fatto sarebbe precipitata in una crisi di tipo sudamericano. Si è trattato di un necessario ancoraggio all'Europa. Ugo La Malfa soleva dire che l'Italia doveva attraversare le Alpi ed entrare in Europa e che doveva evitare di precipitare nel Mediterraneo. Con ciò voleva dire che l'Italia doveva essere un paese sempre più simile ai paesi europei avanzati e non un paese simile a quelli mediorientali. Ebbene l'Italia entrò nell'euro e quella scelta obbligò, ed obbligherà sempre di più, proprio le attuali forze politiche a misurare la compatibilità tra progetti politici e vincoli economici.

    Negli anni del pur importante miracolo economico le regole che governavano la vita economica erano lontane dagli standard dei paesi più avanzati. Il sistema fiscale era poco equo, la borsa era asfittica. Il capitalismo italiano era debole ed aveva una forte vocazione clientelare.

    Rammodernare il sistema economico italiano era un compito di estrema complessità. Certo è che alla base di un sistema economico che funzioni bene, tra le altre cose, ci deve essere lealtà nei comportamenti e trasparenza nelle informazioni. In mancanza di regole serie di comportamento è facile che scoppino scandali. Il caso Sindona è stato emblematico. Quando scoppiò la vicenda Sindona, Ugo la Malfa aveva responsabilità di governo. Riuscì a resistere a forti pressioni politiche che chiedevano il salvataggio di Sindona. Non solo si oppose a tale salvataggio ma, nel 1974, impose la creazione della Commissione nazionale per le società e la borsa (Consob), con il compito di garantire la trasparenza delle informazioni sulle società quotate in borsa. Anche in ciò Ugo La Malfa fu un precorritore dei tempi e la sua lezione appare attuale, proprio in una fase della nostra vita economica in cui il sistema bancario è esposto a critiche severe per il ruolo che da alcune parti gli si addebita in vicende che tutti conosciamo.

  10. #120
    email non funzionante
    Data Registrazione
    05 Mar 2002
    Messaggi
    36,452
     Likes dati
    0
     Like avuti
    0
    Mentioned
    0 Post(s)
    Tagged
    0 Thread(s)

    Predefinito tratto da LA GAZZETTA DI PARMA 8 aprile 2004

    Il moralista laico Ugo La Malfa

    «Se fosse stato accettato l'aumento di capitale molti avrebbero perso molti soldi». Questa proposizione non è stata tratta dall'articolo di un qualche moralista che ha saputo anticipare i casi Cirio e Parmalat. La fonte è l'«Intervista sul non governo» rilasciata da Ugo La Malfa ad Alberto Ronchey nel 1977 e si riferisce al caso Sindona, a seguito del quale l'allora Ministro del Tesoro ha istituito la Consob. Anche se oggi per la Commissione Nazionale per le Società e la Borsa si presenta la necessità di un adeguamento alle mutate condizioni del mercato finanziario, è innegabile che per trent'anni è stato un'istituto che ha tutelato l'interesse dei risparmiatori, anche nel delicato passaggio verso le nuove forme di investimento offerte dal sistema finanziario. Non dobbiamo dimenticare, infatti, che trent'anni fa i principali strumenti a disposizione dei risparmiatori non erano né i bond né i derivati, ma i bot e i cct, e d'altra parte anche il sistema bancario è profondamente mutato.
    Indubbiamente il crack Cirio e Parmalat e il caso Sindona sono vicende diverse, con risvolti inquietanti per quest'ultimo: ricordiamo gli omicidi dello stesso Sindona e Calvi ma anche dell'avvocato Giuseppe D'Ambrosio, l'«eroe borghese» come è stato definito in un film di qualche anno fa. Ma è altresì certo che lo statista repubblicano ha saputo bloccare le manovre speculative del banchiere siciliano opponendosi alle notevoli pressioni esercitate da una parte del mondo politico e finanziario, con un intreccio che dalla mafia italo-americana portava fino allo Ior presieduto dal prelato americano monsignor Marcinkus. Per la verità Marcinkus è stato poi estromesso e lo Ior ha ritrovato la propria funzione originaria di strumento ha disposizione delle opere di solidarietà promosse dal mondo cattolico. Per quelle strane astuzie della storia, di cui ha parlato Hegel, il laico e agnostico La Malfa ha contribuito alla moralizzazione, e al recupero del prestigio etico, della finanza cattolica.

    Comunque, in entrambi i casi, alla base vi è sempre il tentativo di utilizzare gli strumenti finanziari in modo speculativo e non in funzione delle necessità dell'economia produttiva. Sempre in merito al caso Sindona, La Malfa ha aggiunto che era suo dovere «far sì che il processo produttivo non risentisse di restrizioni del credito». Il nodo è sempre lo stesso: impedire le manovre speculative senza danneggiare il sistema delle imprese attraverso vincoli dirigistici che ne impediscano lo sviluppo. L'attuale Ministro del Tesoro Giulio Tremonti, per il disegno di legge sulla tutela del credito e del risparmio, attualmente in discussione al Senato, ha parlato di «metodo repubblicano», intendendo ovviamente che l'interesse delle parti deve arretrare di fronte all'interesse della res pubblica, ma con ciò ha, implicitamente, reso omaggio alla serietà con cui il Pri, sulla scia di La Malfa, ieri e oggi, affronta i problemi del Paese. Giova ricordare, infatti, che l'iniziativa del Ministro Tremonti è stata preceduta, ancor prima che si sviluppasse il crack Parmalat, da un disegno di legge, a firma di Giorgio La Malfa e Bruno Tabacci, che prevede la piena trasparenza per quanto riguarda la partecipazione alla gestione delle banche delle imprese prenditrici di credito.

    Ricordare Ugo La Malfa, nel 25esimo anniversario della sua scomparsa, non è il doveroso, ma retorico, omaggio a un prestigioso leader e a un padre della patria, ma la riaffermazione di una linea ininterrotta di impegno civile e politico per ha sempre avuto, ed ha tuttora, come punto di riferimento il bene della Repubblica.

    Vittorio Bertolini

 

 
Pagina 12 di 15 PrimaPrima ... 2111213 ... UltimaUltima

Discussioni Simili

  1. La Malfa espulso dal PRI
    Di brunik nel forum Repubblicani
    Risposte: 57
    Ultimo Messaggio: 12-11-12, 18:36
  2. la malfa e il PCI
    Di lucrezio nel forum Centrosinistra Italiano
    Risposte: 10
    Ultimo Messaggio: 10-05-11, 23:36
  3. Ricordando e ricordando Pinelli!
    Di Domenico Letizia nel forum Prima Repubblica di POL
    Risposte: 113
    Ultimo Messaggio: 21-10-08, 18:35
  4. Ugo La Malfa
    Di nuvolarossa nel forum Politica Nazionale
    Risposte: 0
    Ultimo Messaggio: 30-06-08, 18:55
  5. In ricordo di Ugo La Malfa
    Di JohnPollock nel forum Politica Nazionale
    Risposte: 3
    Ultimo Messaggio: 29-03-07, 10:57

Permessi di Scrittura

  • Tu non puoi inviare nuove discussioni
  • Tu non puoi inviare risposte
  • Tu non puoi inviare allegati
  • Tu non puoi modificare i tuoi messaggi
  •  
[Rilevato AdBlock]

Per accedere ai contenuti di questo Forum con AdBlock attivato
devi registrarti gratuitamente ed eseguire il login al Forum.

Per registrarti, disattiva temporaneamente l'AdBlock e dopo aver
fatto il login potrai riattivarlo senza problemi.

Se non ti interessa registrarti, puoi sempre accedere ai contenuti disattivando AdBlock per questo sito