…e i codazzi.
Giordano Bruno Guerri commenta così, su Il Giornale di mercoledì 3 luglio, cioè ieri, la stupida gaffe di Scajola, oramai ex ministro degli interni.
Questo giornale, dice, è stato duro nel condannare le frasi su Marco Biagi, e voglio rincarare la dose: le parole che il ministro ha detto a Cipro sono ripugnanti umanamente prima che politicamente, e fanno affiorare ancora una volta in cinismo che sembra essere una componente essenziale degli uomini politici italiani.
Giolitti, il grande Giolitti, poteva essere definito il “ministro della malavita” (altro che ministro della malaparola, caro Ferrara); Mussolini, che per vent’anni in pubblico glorificò il popolo italiano, in privato ci chiamava “una razza di pecore, con le quali ci vuole il bastone, bastone, bastone”; e i commenti di Togliatti alla sua decisione di accettare che il Concordato fascista venisse adottato nella Costituzione?
Mario Scelba –altro ministro degli interni, (uno di quelli tosti, rara merce tra democristiani) non esitò a definire gli intellettuali “culturale”, errore gravissimo perché li regalò tutti ai comunisti.
Per finire, al di là delle dichiarazioni ufficiali su Moro e le sue lettere, non è ancora stata scritta la storia dei commenti ma se ne hanno tracce sufficienti per rabbrividire.
Con questo non voglio giustificare le frasi sfuggite a Scajola, ma riportare l’accaduto a un realismo indispensabile.
Diciamo subito che quello delle scorte è un falso problema: Scajola ha sbagliato a dire che se Biagi
L’avesse avuta i morti sarebbero stati tre: il vero guaio è che se Biagi avesse avuto la scorta, un terrorismo vile quanti debole avrebbe scelto un altro obbiettivo senza scorta, con gli stessi risultati politici e di morte.
Consideriamo l’assurda situazione politica che si è verificata con l’omicidio Biagi.
a) Lo studioso del lavoro era un consulente del governo, in linea, addirittura protagonista della linea governativa di riforma all’art.18. Però, per malaccortezza del governo e l’abilità delle opposizione, è stato e viene fatto passare (tanto più adesso) come un eroe della sinistra, un nemico della destra.
Falso.
(caro Berlusconi, d’accordo che sei un milanese “fasotutomì” ma poi certe crepe si allargano se non si interviene subito. Evidentemente c’è qualcosa che non va)
b)Biagi si lamentava, sì, che non gli venisse assegnata di nuovo una scorta (perché la scorta gli era stata tolta dal governo precedente, il governo amico di Cofferati, il governo senza scioperi politici), ma segnalava che il clima di pericolo che sentiva intorno a sé nasceva dall’animosità che i sindacati, in particolare la Cgil, avevano creato e continuavano a creare intorno a lui. In soldini, accusava Cofferati, non Scajola. Eppure oggi cajola è nella polvere e Cofferati sugli altari.
Falso.
c) Beffa nelle beffe, oggi si chiedono le dimissioni del ministro dell’Interno, mentre Cofferati, che doveva andarsene fra pochi giorni, prolunga il suo mandato alla Cgil (ma può fare quello che vuole, lì dentro?). C’è da star certi che il “problema Biagi” non sarà chiarito a settembre, come non è stato chiarito il delitto D’Antona e come –dopo vent’anni ed oltre – non è stato chiarito del tutto il caso Moro. Dunque Cofferati, autotrasformatori da “carnefice” in vittima (nascosto dietro il ditino piccino picciò dell’articolo 18 sciopero generale allegato), potrà restare a capo del sindacato-partito (ma non era lui che negava azioni politiche dirette contro il governo?) fino a chissà quando (altro che Pirelli), cioè finchè non gli sembrerà il momento giusto per entrare ufficialmente in politica. (oggi, a bocce ormai ferme, si conferma ancora una volta la saggezza dei vecchi proverbi, quali quello che …chi troppo vuole nulla stringe)
d) In tutto ciò bisogna chiedersi se Scajola è stato, è, e sarà, un buon ministro dell’Interno. A me, e non solo a me, trascurando i grottini, sembra di sì. Il governo dunque bene ha fatto nel difenderlo anche se Scajola ha sbagliato, ma il momento e la necessità di stringere i ranghi di fronte al pericolo del terrorismo erano e sono più forti di qualsiasi polemica politica. Se poi Scajola vorrà dimettersi, la decisione riguarderà soltanto la sua coscienza, e potremo anche apprezzarlo: perché avrà voluto non mettere in ulteriore imbarazzo il governo, oltre che a pagare il suo errore.
Ma a margine, certamente molto evidente, c’è da aggiungere una riflessione. Scajola è caduto vittima di un vizio recente –dieci anni?- dei politici italiani: chiacchierare. Chiacchierare tanto e circondati di giornalisti, possibilmente da portarsi al seguito per raccontare gesta e sussurri.
Se i ministri facessero i ministri, e non i confidenti di qualcuno che non può e non deve essere il loro orecchio più o meno discreto, lavorando in un silenzio doveroso e serio e i giornalisti cercassero notizie e non confidenze, certo sarebbe meglio per tutti.
Per il governo e per i lettori –e gli elettori, ai quali qualcuno dovrebbe un giorno chiedere scusa-.
Giordano Bruno Guerri
liberamente tratto
saluti