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Discussione: Fecondazione clericale

  1. #21
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    Originally posted by Roderigo
    E non è affatto giusto che sia la propria posizione nella gerarchia sociale a decidere della realizzazione di un tale desiderio, per questo la distinzione tra donne ricche e povere, citata dalla Valpiana, non è affatto demagogica, ma riguarda una questione realissima.
    Su questo punto l'obiezione della Valpiana è, invece, del tutto demaogica; ed ora spiego il perché.

    Immaginiamo che, nella nostra società, non sia ammesso il comportamento X perchè, per un motivo fondato, esso è ritenuto non giusto. Immaginiamo anche che, comunque, i ricchi possano aggirare un tale divieto ponendo in essere lo stesso comportamento in un paese estero. Il fatto che ricchi e poveri non abbiano le stesse possibilità sarebbe forse un motivo legittimo per ritenere giusto il comportamento X? Evidentemente no.

    La scelta di permettere o di proibire un dato comportamento non può essere basata sull'invidia sociale.

  2. #22
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    Originally posted by Roderigo
    E perchè, proprio sui diritti delle donne, succede che un parlamento di soli uomini sia più clericale di una società di uomini e donne?
    Scusa, ma perché il desiderio di avere figli dovrebbe essere considerato un "diritto delle donne", e non anche un diritto degli uomini?

    Parafrasando il tuo ragionamento di prima, perché il desiderio di un uomo di avere un figlio dovrebbe essere considerato di seconda categoria rispetto allo stesso desiderio, quando lo esprime una donna?

    E' curioso che si parli della possibilità di avere figli come di una possibilità che riguarda solo le donne. Forse è così perché, biologicamente, solo una donna può portare a termine una gravidanza?

    Ma se la biologia ha rilevanza in questo caso, per cui la tecnica non dovrebbe forzarne il funzionamento in maniera artificiosa, perché, invece, questa considerazione dovrebbe essere completamente messa da parte nel momento in cui si prende in considerazione il desiderio di maternità di una donna sola?

    Originally posted by Roderigo
    Il mondo non si divide solo in donne cattoliche e uomini laici e di sinsitra. Vi sono anche le donne laiche di destra e di sinistra, ma in parlamento sono poche. E questo non incide solo sul modo di votare, ma anche sulla qualità e quantità dell'impegno sulle leggi che riguardano i diritti delle donne: gli uomini laici e di sinistra sono certo più permissivi in tema di aborto e fecondazione, ma generalmente si danno altre priorità.
    Non sono d'accordo su quanto dici circa gli uomini "laici e di sinistra".

    La legge sulla riproduzione assistita, così com'è, è stata appoggiata da fior di donne cattoliche e di sinistra come la Bindi, e avversata da uomini di destra che hanno una visione più laica della questione.

    Ad essere sottorappresentati sono gli uomini e le donne laici (il che non significa necessariamente di sinistra) rispetto agli uomini e alle donne che laici non sono; ed è per questo che

    Ci sono anche donne, e non sono affatto poche, che pensano che il divorzio sia immorale, che l'aborto sia un omicidio, e che il ricorso alle tecniche di riproduzione assistita debba essere limitato il più possibile.

    In nessun parlamento le donne sono in maggioranza. Nel Regno Unito poche donne siedono in Parlamento, eppure la legislazione britannica in materia è tra le più permissive. Credo che le convinzioni politiche e religiose, in una materia come questa, siano più importanti del genere.

    Il problema di questo parlamento è la sovrarappresentazione, o, se vogliamo chiamarla così, l'eccessiva deferenza verso le posizioni o gli interessi della chiesa cattolica, neanche quando questo comporta una lesione dei diritti fondamentali dei cittadini o la rimessa in discussione degli interessi del nostro paese in tema di politica internazionale.

    Questo vale quando si parla di riproduzione assistita, ma anche quando si parla di diritto di famiglia, di finanziamento delle scuole cattoliche, di insegnamento del catechismo nelle scuole statali e di altre cose ancora.

  3. #23
    Roderigo
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    Originally posted by Jan Hus
    Non è vero che lo stato non è mai etico; spesso lo stato proibisce comportamenti che soo considerati negativi o autodistruttivi; se lo stato non fosse, almeno parzialmente, etico, perché proibire comportamenti del genere?
    Le leggi non vietano forse il maltrattamento degli animali, tanto per fare un esempio? Le leggi consentono forse ad un individuo di rinunciare a parte dei suoi dirtti fondamentali? Eppure, nel primo caso non si violano certo i diritti di altri individui, a differenza di quanto avviene con l'omicidio: ci si limita a proibire un comportamento che è considerato moralmente riprovevole. Nel secondo caso, è evidente che lo stato s'intromette nella vita privata di un individuo: chi dice che un individuo non possa volontariamente rinunciare anche a propri diritti fondamentali? Eppure tali diritti sono indisponibili.
    Era proprio questo che volevo sottolineare: il fatto che non è vero che lo stato non sia mai etico. Anche nel caso della legge sull'aborto, non è un caso che, nella maggior parte dei paesi occidentali, l'aborto non sia ammesso in qualunque caso; mentre, se si ragionasse in termini di diritti individuali, dovrebbe esserlo sempre.
    Di conseguenza, l'obiezione della Valpiana circa il fatto che lo stato dovrebbe limitarsi a tutelare il diritto delle persone ad essere correttamente informate, e non intromettersi nelle scelte delle persone, è infondata: lo stato lo fa anche in altri casi, non si vede perchè, a certe condizioni, non dovrebbe farlo in questo.
    Uno stato può certamente essere etico, se in esso prevale una maggioranza o un regime di tipo totalitario, che aspira ad imporre alla società, la propria etica, morale, ideologia, religione. Il punto è che questo non è giusto e neppure conveniente. Compito di uno stato è solo quello di regolare la convivenza, affermando diritti e doveri. Negli esempi che citi, per esempio sul maltrattamento degli animali, il divieto è giustificato dalla tutela di una parte. Al limite, anche il divieto di aborto si propone, almeno ufficialmente, una tutela, quella del nascituro, equiparandolo a persona e mettendoo così sullo stesso piano della madre. Qui il dissenso verte sullo status del nascituro. Per quanto riguarda i diritti fondamentali, penso che l'esercizio di questi possa essere imposto solo quando coincida con un dovere, per esempio nel caso dell'istruzione: frequentare la scuola dell'obbligo è al tempo stesso un diritto ed un dovere. Qui il problema è distinguere i diritti puri dai diritti-doveri. Per esempio, fino al 1993 (se non sbaglio data) anche l'esercizio del diritto di voto era considerato un dovere, da allora non più. Il divieto della fecondazione eterologa invece non trova alcuna giustificazione, nel sul piano della tutela di una parte, né su quello di imporre un dovere il cui esercizio sia utile alla collettività.

    R.

  4. #24
    Roderigo
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    Originally posted by Jan Hus
    E perchè il tuo ragionamento dovrebbe essere limitato alle donne? Perchè non estenderlo agli uomini, seguendolo?
    Un uomo solo non può forse avere il desiderio di avere un figlio? Non può avere alle spalle relazioni fallite o non averne affatto, o essere legato ad una donna non fertile? E se lo stato dovrebbe assecondare il desiderio di una donna sola di avere un figlio, perché non dovrebbe assecondare anche il desiderio di un uomo solo?
    Al di là di questo, il punto è un altro: lo stato e la società non hanno il dovere di assecondare, sempre e comunque, i desideri delle persone. Il desiderio non è "legge", ed esso non è neanche diritto. Il desiderio di una persona sola (uomo o donna che sia) di avere un figlio può anche essere legittimo; non lo è la pretesa che sia lo stato a farsene carico.
    Prima si pretende che lo stato non interferisca con le scelte di etica individuale delle persone; poi si pretende, invece, che gli individui condizionino, con le loro scelte private e di etica individuale, l'operato dello stato in ambiti che sono e rimangono strettamente privati, e non pubblici.
    Personalmente ritengo che queste siano pretese assurde ed irrilevanti da un punto di vista tanto politico quanto giuridico.
    Lo stato non è un padre né una madre; non si può fare dello stato il capro espiatorio di qualunque richiesta, per quanto assurda o bislacca.
    Il mio ragionamento si limita alle donne, relativamente alla volontà di avere o non avere un figlio, per un motivo molto semplice: è nel corpo della donna che si realizza la maternità, non è nel corpo dell'uomo che si realizza la parternità.
    Non sono d'accordo nel ritenere il desiderio di avere un figlio un'idea balzana, una pretesa assurda, un capriccio, poiché la realizzazione di un tale desiderio è parte fondamentale della propria autorealizzazione esistenziale, tuttavia, il compito dello stato, non è tanto quello di garantire il desiderio alla maternità o il suo contrario (nel caso dell'aborto), quanto il diritto alla salute. La donna che abortisce o che intraprende la fecondazione eterologa, mette in gioco la sua salute, quindi deve essere tutelata, non dai privati, ma dal servizio sanitario nazionale.

    R.

  5. #25
    Roderigo
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    Originally posted by Jan Hus
    Scusa, ma perché il desiderio di avere figli dovrebbe essere considerato un "diritto delle donne", e non anche un diritto degli uomini?
    Parafrasando il tuo ragionamento di prima, perché il desiderio di un uomo di avere un figlio dovrebbe essere considerato di seconda categoria rispetto allo stesso desiderio, quando lo esprime una donna?
    E' curioso che si parli della possibilità di avere figli come di una possibilità che riguarda solo le donne. Forse è così perché, biologicamente, solo una donna può portare a termine una gravidanza?
    Ma se la biologia ha rilevanza in questo caso, per cui la tecnica non dovrebbe forzarne il funzionamento in maniera artificiosa, perché, invece, questa considerazione dovrebbe essere completamente messa da parte nel momento in cui si prende in considerazione il desiderio di maternità di una donna sola?
    In parte ti ho risposto sopra ed in parte ti sei risposto da solo. Il desiderio e la volontà della donna hanno il potere di avere o non avere un figlio, indipendentemente dalla relazione con un uomo, quindi riconoscere l'esercizio di tale potere come un diritto ha un senso. Gli uomini non hanno un analogo potere, perciò del riconoscimento di un analogo diritto non saprebbero cosa farsene. Infatti, gli uomini rivendicano un'altra cosa: il diritto di esercitare un potere sui poteri della donna, cioè sulla capacità riproduttiva, sul corpo stesso della donna. Il divieto dell'aborto come il divieto della fecondazione assistita, nel pensiero e nella prassi clericale-patriarcale, consistono sempre nel divieto della stessa cosa: del principio di autoderminazione della donna.

    R.

  6. #26
    Roderigo
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    Originally posted by Jan Hus
    Su questo punto l'obiezione della Valpiana è, invece, del tutto demaogica; ed ora spiego il perché.
    Immaginiamo che, nella nostra società, non sia ammesso il comportamento X perchè, per un motivo fondato, esso è ritenuto non giusto. Immaginiamo anche che, comunque, i ricchi possano aggirare un tale divieto ponendo in essere lo stesso comportamento in un paese estero. Il fatto che ricchi e poveri non abbiano le stesse possibilità sarebbe forse un motivo legittimo per ritenere giusto il comportamento X? Evidentemente no.
    La scelta di permettere o di proibire un dato comportamento non può essere basata sull'invidia sociale.
    Per definire demagogica l'obiezione della Valpiana devi generalizzarla, mentre essa è circoscritta alla fecondazione assistita, il cui divieto non ha un fondato motivo e varrà di fatto, solo per le coppie povere, poiché quelle ricche potranno tranquillamente rivolgersi ad uno stato estero. Perciò l'effetto di questo divieto ingiustificato è obiettivamente classista. Un argomento analogo è usato anche a proposito dell'aborto, quando si dice che le donne ricche possono comunque abortire all'estero, o in qualificate cliniche private, mentre le donne povere sono costrette ad affidarsi alle mammane o rassegnarsi alla gravidanza.
    Dopo di che, nessuno teorizza, per esempio, che l'evasione fiscale o il falso in bilancio siano giusti, perchè il loro divieto è aggirabile dai ricchi, né per questo si propone di abolire l'imposizione alla fonte per i redditi da lavoro dipendente: le tasse hanno una funzione sociale la loro evasione è un danno alla collettività.

    R.

  7. #27
    Roderigo
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    Originally posted by Jan Hus
    Non sono d'accordo su quanto dici circa gli uomini "laici e di sinistra".
    La legge sulla riproduzione assistita, così com'è, è stata appoggiata da fior di donne cattoliche e di sinistra come la Bindi, e avversata da uomini di destra che hanno una visione più laica della questione.
    Ad essere sottorappresentati sono gli uomini e le donne laici (il che non significa necessariamente di sinistra) rispetto agli uomini e alle donne che laici non sono; ed è per questo che ci sono anche donne, e non sono affatto poche, che pensano che il divorzio sia immorale, che l'aborto sia un omicidio, e che il ricorso alle tecniche di riproduzione assistita debba essere limitato il più possibile.
    In nessun parlamento le donne sono in maggioranza. Nel Regno Unito poche donne siedono in Parlamento, eppure la legislazione britannica in materia è tra le più permissive. Credo che le convinzioni politiche e religiose, in una materia come questa, siano più importanti del genere.
    Il problema di questo parlamento è la sovrarappresentazione, o, se vogliamo chiamarla così, l'eccessiva deferenza verso le posizioni o gli interessi della chiesa cattolica, neanche quando questo comporta una lesione dei diritti fondamentali dei cittadini o la rimessa in discussione degli interessi del nostro paese in tema di politica internazionale.
    Questo vale quando si parla di riproduzione assistita, ma anche quando si parla di diritto di famiglia, di finanziamento delle scuole cattoliche, di insegnamento del catechismo nelle scuole statali e di altre cose ancora.
    Rosi Bindi è una democristiana, una donna cattolica di centro, non di sinistra. Non conosco donne cattoliche di sinistra contrarie alla legalizzazione dell'aborto o della fecondazione assistita.
    Non mi sembra che, nell'approvazione della legge sulla fecondazione assistita, la componente laica del centrodestra abbia compensato il ruolo della componente cattolica del centrosinistra, né che la componente laica del centrosinistra abbia davvero messo in atto una incisiva opposizione. Ripeto, non conta solo come si vota, ma anche quanta determinazione ed impegno si investono su certi temi. Quando questi temi riguardano i diritti delle donne, la composizione di genere di un parlamento ha una influenza rilevante, non unica, ma rilevante si. Ed il problema non è tanto il fatto che le donne non siano maggioranza, quanto l'assoluta e costante sproporzione nella rappresentanza parlamentare del rapporto tra i due sessi: uno a uno nella società, nove a uno in parlamento. Certo anche l'indirizzo politico e l'orientamento religioso hanno il loro peso, il quale si riversa anche nella promozione delle donne alla vita politica. E' vero che in Inghilterra le donne sono poche in parlamento, anche grazie al sistema elettorale uninominale ed alla camera dei lords, ma è anche vero che in quel paese ci si pone il problema di modificare questa disparità soprattutto da parte laburista, e qualche significativo progresso lo si è ottenuto. Non conosco i dati relativi al parlamento, dove comunque la presenza femminile è in crescita, ma per quanto riguarda il governo britannico, risulta che le donne sono il 22%, con un aumento del 14% negli ultimi dieci anni, contro il 15% del governo italiano con un aumento del 3%. La situazione migliore è quella scandinava, con una presenza femminile nei parlamenti di circa un terzo, il 40% in Svezia, ed il 50% nel governo svedese. Nei paesi dove la presenza femminile è più forte, nei parlamenti, e soprattutto nei governi, non solo sono meglio tutelati i diritti delle donne, ma è più avanzata anche la legislazione relativa al lavoro, all'istruzione ed all'assistenza sanitaria.

    R.

  8. #28
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    Originally posted by Roderigo
    Uno stato può certamente essere etico, se in esso prevale una maggioranza o un regime di tipo totalitario, che aspira ad imporre alla società, la propria etica, morale, ideologia, religione. Il punto è che questo non è giusto e neppure conveniente. Compito di uno stato è solo quello di regolare la convivenza, affermando diritti e doveri. Negli esempi che citi, per esempio sul maltrattamento degli animali, il divieto è giustificato dalla tutela di una parte. Al limite, anche il divieto di aborto si propone, almeno ufficialmente, una tutela, quella del nascituro, equiparandolo a persona e mettendoo così sullo stesso piano della madre. Qui il dissenso verte sullo status del nascituro.
    Il punto non è se lo stato "debba" essere "etico".

    Il punto è che tutti gli stati, comprese le democrazie occidentali, sono, in parte, anche se in parte modesta, stati etici.

    Prendiamo il caso del maltrattamento degli animali. Qual è la parte il cui diritto è violato? Di sicuro non un essere umano. Quella che è violata è la sensibilità di una parte della popolazione, parte che, essendo maggioritaria, impone a chi dissente il rispetto della propria sensibilità etica.

    Si tratta di un caso limite, ma non è l'unico esempio. Ce ne sono altri in cui è lo stato che, tra diverse opzioni etiche, ne sceglie una e la eregge a legge valida per tutti.

    Quindi, prendersela con lo "stato etico" quando fa comodo è strumentale. Nessuno stato è completamente "libertario", giusto o sbagliato che sia. Non si può essere libertari solo quando fa comodo ed essere antilibertari quando non fa piacere.

    I limiti all'aborto hanno la stessa natura. Non sono giustificati dalla difesa della "salute del nascituro". Derivano dal fatto che una parte maggioritaria della società ritiene, sulla base di un proprio arbitrario giudizio, che, passato un certo tempo dall'inizio di una gravidanza, un nascituro sia talmente assimilabile ad un essere umano che la scelta se abortire oppure no deve essere sottratta alla volontà della donna. E' esattamente la stessa fattispecie.

    Originally posted by Roderigo
    Per quanto riguarda i diritti fondamentali, penso che l'esercizio di questi possa essere imposto solo quando coincida con un dovere, per esempio nel caso dell'istruzione: frequentare la scuola dell'obbligo è al tempo stesso un diritto ed un dovere. Qui il problema è distinguere i diritti puri dai diritti-doveri. Per esempio, fino al 1993 (se non sbaglio data) anche l'esercizio del diritto di voto era considerato un dovere, da allora non più. Il divieto della fecondazione eterologa invece non trova alcuna giustificazione, nel sul piano della tutela di una parte, né su quello di imporre un dovere il cui esercizio sia utile alla collettività.
    Non c'è dissenso sulla fecondazione eterologa tra noi, in linea di principio. Infatti non ho mai detto che la fecondeazione eterologa sia "sbagliata". Penso che la legge avrebbe dovuto prevedere la possibilità di ricorrere alla fecondazione eterologa per quelle coppie formate da un uomo e da una donna, sposate o stabilmente conviventi, per le quali il ricorso alla sola fecondazione omologa ha scarse possibilità di successo.

  9. #29
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    Originally posted by Roderigo
    Il mio ragionamento si limita alle donne, relativamente alla volontà di avere o non avere un figlio, per un motivo molto semplice: è nel corpo della donna che si realizza la maternità, non è nel corpo dell'uomo che si realizza la parternità.
    Non sono d'accordo nel ritenere il desiderio di avere un figlio un'idea balzana, una pretesa assurda, un capriccio, poiché la realizzazione di un tale desiderio è parte fondamentale della propria autorealizzazione esistenziale, tuttavia, il compito dello stato, non è tanto quello di garantire il desiderio alla maternità o il suo contrario (nel caso dell'aborto), quanto il diritto alla salute. La donna che abortisce o che intraprende la fecondazione eterologa, mette in gioco la sua salute, quindi deve essere tutelata, non dai privati, ma dal servizio sanitario nazionale.
    Mi sembra un discorso alquanto sconclusionato, che non risponde alle obiezioni che ho sollevato.

    Per me, sarebbe parte della mia autorealizzazione abbandonare il lavoro che faccio e dedicarmi allo studio delle lingue o della storia. Posso pretendere che lo stato mi paghi un'indennità a questo scopo? No, non posso: perché i miei desideri non possono, di per sé, essere legge per lo stato.

    Per me, sarebbe parte della mia autorealizzazione esistenziale avere una vita affettiva. Posso pretendere che lo stato si faccia carico di questa mia esigenza? Ancora una volta no: si tratta di un'esigenza privata, per quanto importante, la cui realizzazione non può essere demandata allo stato o pretesa da essa.

    Lo stesso dicasi per il desiderio di maternità. E' sbagliato desiderare di avere un figlio? No, non lo è. E' sbagliato pretendere di averlo a spese dello stato, costi quel che costi, sfruttando le possibilità offerte dalla tecnica per piegare la biologia ai propri desideri? In questo caso, secondo me, non lo è.

    Il compito dello stato è certo quello di garantire il diritto alla salute; ma non rientra tra i doveri dello stato quello di garantire la luna nel pozzo.

    Lo stato non ha il compito di procurare la felicità alle persone. Come giustamente recita la Dichiarazione d'Indipendenza degli Stati Uniti, ogni individuo ha il diritto di "ricercare la felicità"; non esiste un dovere dello stato di garantire agli individui la realizzazione delle proprie aspirazioni, quali che sse siano, con qualunque mezzo ciascuno di noi ritenga lecito.

  10. #30
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    Originally posted by Roderigo
    In parte ti ho risposto sopra ed in parte ti sei risposto da solo. Il desiderio e la volontà della donna hanno il potere di avere o non avere un figlio, indipendentemente dalla relazione con un uomo, quindi riconoscere l'esercizio di tale potere come un diritto ha un senso. Gli uomini non hanno un analogo potere, perciò del riconoscimento di un analogo diritto non saprebbero cosa farsene. Infatti, gli uomini rivendicano un'altra cosa: il diritto di esercitare un potere sui poteri della donna, cioè sulla capacità riproduttiva, sul corpo stesso della donna. Il divieto dell'aborto come il divieto della fecondazione assistita, nel pensiero e nella prassi clericale-patriarcale, consistono sempre nel divieto della stessa cosa: del principio di autoderminazione della donna.
    La biologia umana è tale che una donna può avere un figlio indipendentemente da una relazione con un uomo, certo; ma non consente ad una donna di avere un figlio indipendentemente da un rapporto sessuale con un uomo.

    Questo desiderio, a me, sembra assurdo e balzano. Non credo che lo stato debba assecondarlo e non credo, in ogni caso, che si possa imporre ai cittadini di farsene carico anche finanziariamente.

    Che talune donne pretendano che una tecnica sviluppata al fine di risolvere un problema di infecondità sia piegata al loro desiderio di avere un figlio comunque non mi sembra, in sé, qualcosa di positivo. Rendere la maternità un fatto completamente artificiale, a me, non sembra un progresso.

    Un uso a questi fini della fecondazione assistita a me sembra una forzatura gratuita delle leggi biologiche.

    Chi muove queste critiche in un'ottica libertaria, come fa la Valpiana, dovrebbe essere coerente in tal senso. Per esempio, dovrebbe essere prevista la possibilità per un uomo singolo, o per una coppia di uomini, di avere un figlio ricorrendo alle tecniche di fecondazione assistita, ammesso che trovino una donna disposta a portare a termine la gravidanza. Lo stato non può intromettersi nelle scelte del singolo, no? Allora perchè dovrebbe interferire se una donna accetta di assumersi una tale responsabilità, anche in cambio di denaro? Se si ritiene che la maternità e la paternità siano campi nei quali ognuno dovrebbe scegliere esclusivamente in base a ciò che egli, come individuo, ritiene giusto, e che il compito dello stato sia solo ed esclusivamente quello di garantire il diritto alla salute, si dovrebbe accettare una tale possibilità.

    Allo stesso modo, dato che la tecnica consente a donne che hanno superato l'età fertile di avere figli, perchè negare questa possibilità? Si può affermare con certezza che il desiderio di una donna di, che so, cinquantadue anni, di avere un figlio non sia profondo? Se costei ritiene giusto avere un figlio e la tecnica glielo consente, ammettiamo anche questa possibilità!

    E che dire del desiderio di avere un figlio usando gameti di un coniuge, o di un compagno, morto? Anche questa possibilità non dovrebbe essere negata, se la tecnica lo consente. Come può lo stato arrogarsi il diritto di decidere che il desiderio di un individuo è "illegittimo"?

    In tutti questi casi, la tecnica viene usata per andare oltre, se non contro, la biologia e la fisiologia umana. Si ritiene che questo sia giusto, che i divieti siano da "stato etico", e che lo stato etico sia di per sé stesso "totalitario", come hai affermato tu? Bene, allora se ne traggano le conseguenze.

    Tutte le conseguenze, però. Perché, in caso contrario, lo stato etico cacciato dalla porta in grande spolvero rientrerebbe sgattaiolando dalla finestra, nottetempo e mentre il padrone di casa fa finta di guardare dall'altra parte.

 

 
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