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    Predefinito Insubria, la rivincita dei "fanatici"

    A Varese la cultura ufficiale si è dovuta piegare a quella del popolo

    di Massimiliano Ferrari
    VARESE (VARéS) Varese celtica: con questo striscione uno sparuto gruppo di ragazzini si presentò, nel dicembre 1991, sul sagrato del Duomo di Milano nel corso di un comizio del senatur. Televisioni italiane e svizzere ripresero il manipolo, poi sbattuto in prima pagina e sui taccuini della polizia. La Varese bene, quella degli intellettuali salottieri, dei sindacalisti con pipa, e dei professori prezzolati reagì malissimo: «Sono dei deliranti, degli estremisti, dei nazisti che si inventano origini nordiche e celtiche per giustificare il loro razzismo». I giornali diedero voce a storici e cattedratici che assicurarono il popolo bue e garantirono la romanità e l'italianità della città di Varese. Quei ragazzi non seppero controbattere: non avevano fatto nessuna ricerca storica prima di scendere in piazza, ma si erano limitati a schierarsi sotto un simbolo, la croce celtica, che sentivano familiare. Su una piazza del Duomo battuta dal vento e dalla pioggia, tra gli insulti di gente a loro estranea, pensarono di essere sulle barricate di Vienna al tempo dell'invasione musulmana e capirono di aver ritrovato le proprie radici: i celti, i longobardi, l'Imperatore Barbarossa, Franz Joseph, non erano morti, ma vivevano in loro e gridavano vendetta. Decisero di tirare dritto e di cercare un riscontro scientifico ai loro sentimenti: si unirono ad altri giovani, nacquero vari gruppi culturali che studiavano, riscoprivano e diffondevano l'idea dell'Heimat e della relazione tra sangue e suolo. Il circolo varesino "Terra Insubre" ruppe l'isolamento prendendo diretto contatto con docenti universitari francesi e tedeschi che fornirono le prove della presenza celtica nel varesotto. I varesini scoprivano quello che avevano sempre sospettato: Austria, Francia e Germania erano le culle del nostro popolo e non Catanzaro e Villa Literno. Bossi era accolto da un boato della folla ogni volta che parlava di combattenti celti e longobardi: lo spirito guerriero sembrava rinascere nella Gallia padana e Roma temeva. Si riscoprivano le origini e la potenza di un popolo fiero, calpestato e cancellato dalla storia: si tornava a parlare del bosco sacro del Duomo di Milano e a chiederne la liberazione dalle torme musulmane che ogni giorno vi si accampano, si tornava a parlare del Po come fiume sacro e non come fogna che trasporta al mare le scorie delle multinazionali. Pericolosissimo per Roma e i suoi servi che si scatenarono ancora e tentarono di ridicolizzare Bossi allo scopo di soffocare il rinascimento celtico, ma era troppo tardi: il popolo del nord aveva riscoperto le proprie origini e poteva decidere se valorizzarle o rinnegarle. A Varese, a sorpresa, ha vinto il sangue e così una grande maggioranza, trasversale agli schieramenti politici, è oggi fiera della propria longobardicità e celticità. Non a caso la nuova Università è intitolata all'Insubria e non a caso tutti i pezzi grossi che hanno preso la parola il giorno dell'inaugurazione hanno parlato, a volte a vanvera, di Celti e Longobardi.Un insospettabile come Paolo Mantegazza, Magnifico Rettore dell'Università di Milano, ha detto: «Sono fiero delle mie origini: sono di Varese, della Rasa, terra lombarda e sono fiero di questo ateneo dell'Insubria». Anche Schmid, Rettore di Pavia ha ricordato l'importante civiltà insubre e Renzo Dionigi, novello Rettore varesino ha parlato, compiaciuto, dell'impronta celtica e longobarda di cui la città deve andare fiera, aggiungendo che quella dell'inaugurazione dell'Università è una data storica quanto quella del 1876, anno in cui l'Imperatore d'Austria istituì la provincia di Varese. Di Insubri, Longobardi e Impero Austro-Ungarico ha parlato con fervore anche la professoressa Bossaglia che ha tenuto il discorso di chiusura. Una vera gioia per quei giovani "deliranti" che nel 1991 furono trattati come pericolosi fanatici e per quei vecchi nostalgici che non fanno che parlare dei bei tempi della Varese austriaca. Per una volta la cultura ufficiale si è dovuta piegare a quella del popolo: longobardo.


    http://www.lapadania.com/1998/novemb...91198p19a3.htm
    "Sarà qualcun'altro a ballare, ma sono io che ho scritto la musica. Io avrò influenzato la storia del XXI secolo più di qualunque altro europeo".

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