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Discussione: Segnalazioni librarie

  1. #21
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    Predefinito Riferimento: Segnalazioni librarie

    il sacro arcaico

    http://www.simmetria.org/index2.php?...o_pdf=1&id=102




    Mario Giannitrapani, II Sacro Arcaico. Forme della Sacertà neolitica, Simmetria Edizioni, Roma 2006, pp. 183, € 14,00.


    Pochi sono gli studiosi italiani di orientamento tradizionale che si sono occupati di preistoria: Giuseppe Sermenti, Renato del Ponte e Mario Giannitrapani. Quest'ultimo, del resto, ha, in tale campo, una qualificazione di tutto rispetto: paletnologo, ha partecipato a diversi scavi in grotte preistoriche della Puglia e del Lazio e ha all'attivo varie collaborazioni in ambito accademico. "La Cittadella" si onora di averlo tra le sue firme, e con piacere segnala questo suo libro, che raccoglie i tre saggi finora apparsi sulla nostra rivista (L'orante e l'androgino. La tradizione verticale dell'immortalità nell'iconografìa neolitica del basso Adriatico; KRN. lerofanie preistoriche e relitti lessicali delle 'corna di folgore '; Keraunofanie preistoriche e lessico teonimico greco-italico della Folgore}, altri tre pubblicati su "Zuujieipia" (Urheilig: alle origini del sacro. Luoghi, ritmi, riti del Paleolitico; II simbolo neolitico del cervo sacro. Iconografìe dell 'arte rupestre italica ed europea; Forme e diffusione dell'iconografìa 'sciamanica' delle corna nelle culture neolitiche dell'Italia sud-orientale) e due su "Kultur" (Futuro arcaico. Alle sorgenti dell'essere; La sacertà italica tra ritualità etrusco-romana ed influssi orfìco-pitagoprici), ottima rivista di cui è stato tra gli animatori. L'insieme, lungi dal rappresentare una semplice somma di scritti, rivela una forte continuità tematica ed interpretativa, che la Premessa dello stesso Autore segnala con queste parole: "II filo rosso, che guida e raccorda le diverse parti dell'opera, non è tanto questa o quella specifica competenza di chi scrive su di un determinato periodo, quanto piuttosto l'organico corpus di parole-segno e riferimenti con i quali l'uomo arcaico lasciava traccia di determinate esperienze e presenze, manifestatesi in particolari luoghi di potere. Difatti la memoria rituale arcaica, ricollocata nel suo contesto primigenio e intesa come eterno presente, il 'futuro arcaico', può esser decifrata e forse compresa più profondamente, solo riattualizzandola, in una prospettiva di piena e totale empatia con ciò che fummo ed in parte, piccola, ... piccolissima parte ... forse, ancor siamo!" (pp. 4-5).

    Il dato più significativo del libro, a nostro avviso, è quello teoretico e metodologico: il "primitivo" resta fondamentalmente il grande incompreso della/dalla nostra cultura; la sua comprensione deve servirsi della moderna iperspecializzazione delle ricerche, non asservirsi ad essa, nella consapevolezza che il mondo "altro" degli uomini del Paleolitico e del Neolitico, ma alla fin fine delle stesse civiltà antiche di epoca "storica", necessita di essere colto integralmente ricorrendo alla "facoltà intuitivo-sintetica" (p. 23). La capacità di connettere questa facoltà ad un pieno dominio delle attuali conoscenze scientifiche contrassegna la totalità degli scritti di questa raccolta. Così essa in larga misura si configura come un trattato sui "simboli della scienza sacra" nella cultura prei- e proto-storica, con rilievi di grande importanza, che possono perfino capovolgere l'idea che la religiosità dei moderni sia superiore rispetto a quella dei "cavernicoli" (poi tali in quanto le caverne erano soprattutto luoghi di iniziazione e di culto).
    Relativamente alla figura dell'Orante o Uomo dalle Braccia Alzate, viene
    ad es. scritto: "II significato innegabilmente magico di questa postura, che
    non deve essere raffigurata seduta ma in piedi, potrebbe divenire allora
    quasi opposto al comune significato religioso. L'ideografia, infatti, esprime
    non tanto la dipendenza dalle forze della natura quanto un ruolo attivo
    dell'individuo, magico-creatore appunto, protagonista nel cosmo che
    riflette la posizione cultuale iniziale dell'uomo neolitico che soggioga e
    pertanto sottomette la natura in quei misteri cosmici rigenerativi, disvelati
    poi dalle tecniche agricole della domesticazione cerealicola e degli animali"
    (p. 64). Non di poco conto è anche, sulla base dei reperti e dei dati
    simbolici di essi, il ridimensionamento di una certa ipertrofìzzazione della
    "maternità" e "matriarcalità" delle Divinità paleo- e neo-litiche, con
    sguardo attento alla "complessità delle funzioni che la molteplicità delle
    iconografie neolitiche europee rappresentano: Divinità uccello, ape-farfalla,
    serpente, rana-rospo, porcospino, dispensatrice, partenogenetica,
    rigeneratrice, nutrice, gravida, rapace-nudo = rigido-morte, sono solo
    alcune delle innumerevoli forme in cui l'unità con la natura richiamò un
    alfabeto metafisico che tramite il corpo femminile e maschile \... \
    esprimeva quel principio cosmologico di. potenza, di abbondanza

    .
    Il richiamo al "suolo italico" ci obbliga infine a sottolineare che queste libro è anche una notevole testimonianza della lontanissima presenza e della lunga durata nella nostra terra di numina e nomina, di simboli e riti di alto livello spirituale, come quelli legati alle imagines cornute e alle "pietre del fulmine", su cui l'Autore scrive pagine di straordinaria sapienza, evocando con un certo positivo orgoglio gli "aruspici fulguratori, il più potente ordine magico-sacerdotale della vetustissima Disciplina Italiae e forse, dell'intero Occidente antico, storicamente noto" (p. 122). [Sanco]

    recensione in la cittadella n.22

  2. #22
    Baron Samedi
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    IGNIS
    RUMON
    SACRAE ROMAE ORIGINES

    Interessante studio sull'Italia primigenia.

  3. #23
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    PREFAZIONE

    LUCE SULLE AUTENTICHE ORIGINI ITALICHE
    Quando Angelo Mazzoldi pubblicò il suo libro, nel 1840, erano trascorsi alcuni secoli da quando Francesco Petrarca salì sul Monte Ventoso. I filologi latini dell'Ottocento videro nella ascensione del Petrarca l'inizio di una nuova era, egli con quell'atto simboleggiava il superamento della visione intellettuale del mondo e dell'uomo che si era affermata nel medioevo con la cultura cristiana La sotterranea continuità del fiume arcano della tradizione latino-italiana trovò nel Petrarca un punto per emergere ed alimentare uno sviluppo manifesto della cultura corrispondente a diversi livelli. Animato da una sorta di "missione fatale", Petrarca diede avvio al recupero e al restauro dello spirito classico proprio alla tradizione patria, latino-romano-italiana L'applicazione al patrimonio letterario della tradizione religiosa e civile degli Italiani, cessava di essere semplice esercizio di grammatica e di retorica, finiva di essere custodia vuota della forma esteriore funzionale alla cultura "profana" della persona medievale, la quale veniva poi avviata ai "superiori" studi cristiani. Petrarca fu il vero iniziatore del Rinascimento della cultura classica latina, italiana con fini formativi che esulavano decisamente dai fini cristiani. L'amore per la lettera divenne via di amore per lo spirito della tradizione patria, così l'ardente volontà di recuperare lo spirito dei padri della tradizione spinse a perfezionare la cura necessaria della lettera, sviluppando le basi di una rigorosa filologia latina che da allora non sarà più solo operazione grammaticale esteriore, ma specialmente ermeneutica dello spirito della scrittura, secondo lo spirito tradizionale degli autori, religiosi e civili, che l'avevano prodotta Questa rinnovata disposizione agli studi classici latini ebbe il fine di realizzare lo spirito della tradizione nella perfezione concreta della formazione della persona italiana In corrispondenza alla rigorosa conservazione, al recupero, alla trasmissione dell'opera testuale, mediante un'adeguata fedeltà materiale alla tradizione, si attuò una vera e propria rivivificazione dello spirito patrio sia con di formazione spirituale, civile, culturale, sia con intenti politici pubblici. Tutta fazione doveva unificarsi nel senso di una restaurazione dell'unità e della identità «nazionale dell'Italia e degli Italiani, al fine di ripristinare la situazione civile, sociale, rurale e persine religiosa che si reputava essere la più idonea alla piena realizzazione del fato della nazione.
    E moto di rinascita italiano si concentrò sulla hvmanitos e sul corso di formazione persona nell'hvmanitas dei padri latini, secondo un itinerario adeguatamente redatto dagli stvdia hvmanitatis.

    nei secoli successivi generazioni di filologi e filosofi si dedicarono con cura
    nere maggiore al recupero integrale della lettera e dello spirito dell'opera dei padri

    cui dedica la prima parte del volume, l'autore passa a dimostrare come l'incivilimento del Mediterraneo sia dipeso principalmente dall'azione migratoria degli antichi italici a seguito dei mutamenti cataclismatici della loro sede originaria Egli viene a capo dei tanti racconti disseminati nelle scritture che si riferiscono alla fondazione delle città antiche da parte dei popoli pelasgi e al ritorno dei medesimi alla loro sede originaria Questo ritorno è stato erroneamente interpretato da alcuni autori come un'azione primaria di incivilimento dell'Italia, da parte di genti greche, mentre si tratta solamente di un reditvs di arcaiche genti italiche, originariamente colonizzarci della Grecia, all'antica madre italico-tirrenica Attraverso la dimostrazione scritturistica vengono esplicate tante coincidenze che evidenziano la dipendenza delle principali civiltà mediterranee dall'antichissimo centro sacro italico che Mazzoldi identifica con l'Atlantide platonica, finendo in questo caso per operare erroneamente una trasposizione dell'isola mitica ad una delle sue dislocazioni secondarie.
    L'autore si prefigge così di restaurare l'antica memoria delle origini italiche, memoria già confusa ai tempi delle scritture omeriche e successivamente oscurata, quasi completamente. Tracce intricate di tale memoria sono riportate ancora da Erodoto e Dionigi di Alicarnasso, da Strabene e Trogo e, in particolare, da Virgilio.
    L'opera di Mazzolai resta ancora oggi fondamentale e insostituibile, per l'azione di recupero integrale dell'identità originaria degli italici, per comprendere gran parte degli sviluppi delle civiltà mediterranee antiche. La tesi di fondo concorda con la scienza sacra tradizionale, l'impianto ermeneutico è solido, capace di restituire la retta lettura essenziale di fonti mitico-letterarie antiche in modo tale da unificare i racconti degli storici classici e rettificare buona parte delle tesi degli storici moderni.

    L'opera di Mazzoldi ha il suo valore primario in questo, le sue intuizioni, la sua sintesi, la sua tesi di fondo non sono sostanzialmente criticabili, esse sono più che sufficienti per confutare adeguatamente le tesi degli storici profani moderni e per indirizzare ancora oggi gli italiani che conservano un adeguato amore per le loro origini, al recupero della loro identità metafisica e religiosa autentica.

  4. #24
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    Le sette cose fatali di Roma

    Marco Baistrocchi
    Riti e tradizioni di Roma antica. Saggi per "Arthos" – 1981-1986

    librad.com :: italia | Riti e tradizioni di Roma antica. Saggi per "Arthos" – 1981-1986 - Marco Baistrocchi :: Libri




    "Veggendo Roma e V ardua sua opra" DANTE (Par., XXXI, 34)

    Servio è l'unico autore dell'antichità a rivelarci che a Roma si custodivano ritualmente sette talismani fatali, misteriosi oggetti cioè a cui conservazione dipendeva il destino dell'Urbe e del suo Impero è interessante notare che cinque di essi sono da ricondursi al troiano mentre due soltanto appaiono indissolubilmente legati alla tradizione italica e più in particolare a quella etnisca (la «quadriga) ed a quella romano-sabina (gli Ancili)

    Per comprendere il significato profondo attribuito ad essi dai Romani dovremo quindi necessariamente riferirci, sia pure di sfuggito, al ciclo troiano ed in particolare al Palladio.


    Si rammenti che il Palladio cadde dal cielo - o, secondo un'altra versione del mito, fu evocato da Abari te - ed un oracolo assicurò allora che Troia sarebbe vissuta fin tanto che il Palladio fosse restato nella città",
    predizione che, divenuta nota ai Greci, indusse appunto Ulisse e Diomede a trafugarlo.

    Se alla garanzia divina testimoniata da tale talismano, aggiungiamo la promessa - come appare dall'Iliade - dell'Impero eterno fatta da Giove ai figli di Venere", comprendiamo facilmente il significato semantico e religioso attribuito nella tradizione romana ai pignora e ali'aeternum imperii.

    Non è quindi un caso che il destino nell'Eneide sia tutto quanto
    concentrato su Troia e su Roma, sulla morie dell'una come condizione della nascita dell'altra, e che dunque Virgilio giunga ad affermare (I, 278-79):

    "His ego ncc mctas rcrnni, nec tcmpora potnt, lui perium sinefine dedi".
    Boyancé"4 ha infatti giustamente intuito che la connessione ira gli eventi di Troia (Aen., II, 34; III, 182) e quelli di Roma (ih., I, 255), non nasce in alcun modo da una strumentale finzione poetica, ma si impone al mondo romano come un riconosciuto e sofferto determinismo sacrale, attraverso cui si avverava la predizione fatale seconddo la quale Roma, come la Fenice, sarebbe rinata dalle ceneri di Troia"

    Si spiega pertanto il mistero - e il segreto - che circondava tale venerabile simulacro - riverberatosi poi sugli altri talismani appartenenti al ciclo troiano - dalla cui conservazione dipendeva la sopravvivenza eterna di Roma".

    Solo in tale ottica si spiega perché Valerio Sorano, che aveva rivelato il nome arcano di Roma", fosse stato condannato a morte: la divulgazione di tale nome segreto - come del resto l'appropriazione dei pignora - avrebbe infatti reso possibile attraverso il rito dell' exauguratio, il dominio su Roma e quindi, per il nemico, la possibilità di distruggere l'Urbe, infrangendo in tal modo la predizione fa-tale della sua eternità.
    Sugli altri elementi che meriterebbero un approfondimento e comunque particolare attenzione per le significative connessioni tra Troia e Roma, ricorderemo soltanto come, analogamente al Palladio, anche l'Ancile fosse caduto dal cielo, a seguito del magico rito evocatorio effettuato da Numa e che il sette, oltre ad essere numero sacro a Pallade e ad Apollo118, era anche il numero dei re di Roma e dei suoi colli.
    Di tali venerabili simulacri si perdono pressoché le tracce con l'arrivo di Stilicene a Roma, sembra però che gli ultimi sapienti pagani, di fronte al cristianesimo dilagante, proprio per evitare che tali fatali talismani, bollati oramai come feticci diabolici, potessero cadere in mani impure, si sarebbero affrettati a seppellirli in luoghi appartati e sicuri, affidando la memoria della sede e dei rispettivi riti per lo più al primogenito di alcune famiglie patrizie.

    Nonostante gli sconvolgenti eventi che hanno funestato l'Italia in questi ultimi quindici secoli, vi sono tuttavia convergenti indicazioni che sembrerebbero indurre a pensare che alcune delle più antiche famiglie romane conserverebbero tuttora quanto meno parte di tale legato sacrale

    7 SERV., ad Aen., VII, 188: "Septemfuerunt paria (pignora) quae Imperium tatnanum tenerent. Acus matris Deum, Quadriga fictilis Veiorum, Cineres Ore-ÉJ. Sceptrum Priami, Velum Ilionae • Palladiani, Ancilia"

    '* Si rammenti che tali pignora sono detti da Silio Italico (XIII, 401): "Genirìcis pignora Troiae"

    Cfr. tra l'altro E. CUROTTO, Dizionario della mitologia universale, Torino
    1958, p. 343.
    110 Cfr. OV., Fast., VI, 427-428: "Aetheriam servate deam, servabitis urbem: imperium secum transferet ilio loci". Cfr. altresì DION. HAL., I, 68, 4.
    111HOM., //., XX, 372-374. Cfr. anche DION. HAL., I, 53.


    112 Pignus ha infatti il significato di pegno, garanzia, ipoteca, ostaggio, prova,testimonianza. Per i Romani era quindi il segno tangibile della volontà favorevoledegli dèi, la vivente e vibrante testimonianza della "scelta" divina, della ierofania rivelatasi soprattutto attraverso la singolarità dell'insolito - e ciò vale specialmente per la quadriga ecomunque mediante l'irruzione del sacro e dello straordinario nella storia. Tali simulacri erano dunque sacri non in quanto tali (sassi, statue,
    oggetti rituali ecc.), ma come mezzi, espressioni o sostegni materiali durevoli diepifanie divine, che il sacerdozio romano fino all'ultimo si è sempre sforzato diconservare e ritualmente rivalorizzare. E ciò anche e soprattutto di fronte al cristianesimo trionfante che pretendeva di degradare i simulacri fatali e ogni altra manifestazione rituale pagana del sacro a meri feticci, tanto più pericolosi per la nuova religione, in quanto riconosciuti oltre tutto come effettivi ostacoli alla perfezione dell'esperienza religiosa. Tuttavia speciosa e miope appare tale accusa di idolatria dei polemisti cristiani, accusa allora di cui non andrebbe esente alcun sistema
    religioso: non è forse vero infatti che la devozione per la Croce, il rito dell'Eucaristia, il culto delle reliquie, potrebbero indurre un osservatore malevolo ad analoghe errate e distorte valutazioni? Per un approfondimento, cfr. M. ELIADE, Trattato di storia delle religioni.
    Torino 1957, pp. 30-32 e 222 ss.

  5. #25
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    volume 1 -

    http://victrix.it/HOME_PAGE/elenco_c...to_e_roma.aspx

    IL MISTERO UNIVERSALE DEL REGNO E DELLA REGALITÀ DIVINA

    ....Ne deriva, come vedremo meglio nel terzo volume, che le tendenze catabasiche esteriorizzanti il mistero di Israele inclinano a prospettare una unilaterale realizzazione israelitica del regno escatologico. Da tali limitazioni si produrranno le più aberranti deviazioni sionistiche. Le visioni escatologiche religiose più esteriori si corromperanno, anche quelle che delineavano una autentica santificazione della nazione di Israele, che aprivano ai gentili la possibilità di realizzare lo stato dei sacerdoti della nazione eletta, il dominio di Israele sarà visto in un senso sempre più materiale, questo dominio si configura sempre più come un dominio contingente, esterno, delle nazioni, un dominio che produrrà un completo oscuramento della loro identità metafisica e religiosa, fino al punto in cui esse serviranno formalmente la religione di Israele nella sua letteralità, nella sua legge, nella sua terra fisica, nella Palestina, in Gerusalemme. La sottomissione esteriore che si delinea deve tradursi in una dominazione mondiale delle nazioni e delle religioni esteriori, presenti nella terra, i mezzi più diversi possono essere utilizzati per realizzare tale fine. Israele tramite una autolegittimazione autoreferenziale, fondata su una interpretazione esclusiva della elezione, procederà così verso la presunta redenzione.
    La realizzazione delle mire escatologiche sia esteriori, che intcriori, richiede che il campo sia libero da opposizioni, è necessario perciò che ogni reazione, che ogni difesa della unità trascendente del Regno e della Regalità Divina integrali, siano soffocate, annientate, altrimenti il disegno messianico esclusivo non potrà compiersi. Ogni ordine costituito che non sia quello israelita si configura come un ostacolo odioso. Una spinta rivoluzionaria e sovversiva radicale deve essere messa in atto, per travolgere queste presenze contrarie ai disegni israelitici, ai disegni del vero Dio. L'azione rivoluzionaria radicale deve abbattersi sull'ostacolo più grande in assoluto, su Roma ! II suo mistero, la sua dignità, il suo genio, il suo fato, la sua religione, il suo popolo divino, la sua missione di Impero Divino, sovrannazionale e sovrareligioso, il suo fine supremo centrato sulla conservazione inclusiva e integrante di tutta l'umanità nella perfetta regalità, nel regno divino, nella Pace e nella Giustizia trascendenti devono essere completamente distrutti, annientati. I rabbini citati precedentemente confermano queste parole.
    Se le nazioni sono considerate idolatre, Roma lo è per eccellenza, perciò essa è degna del più feroce odio iconoclastico e distruttivo, in quanto essa è il luogo della manifestazione più evidente di Satana-Belial, il principio opposto a Jhvh, il vero Dio. Quindi Roma è la massima avversaria al piano salvifico, l'unico possibile per Israele. Si pensi che nei rituali battesimali cristiani originali, che ammettevano nell'Israele di Dio, nella Chiesa Cristiana, occorreva pronunciare la solenne rinuncia a Satana, la cui presenza era particolarmente evidente nella idolatria, rinuncia che implicava indirettamente la negazione del mistero supremo che in Roma si attualizza., in quanto si negava a Roma ogni legittimità, data la sua natura "satanica"
    Roma, dunque, è vista come potenza satanica, volta contro Dio, idolatra, empia, impura, massimamente superba e dedita al dominio temporale materiale, all'asservimento degli uomini in modo crudele. La natura del Mistero di Roma è così totalmente capovolta. Dal giudaismo, prima, e dai suoi sviluppi cristiani, poi, è stata fornita una visione radicalmente storpiata di tutto ciò che riguarda Roma, quale esempio della massima dignità regale divina fra le nazioni, così come Dante stesso ha affermato chiaramente.

  6. #26
    INVICTIS VICTI VICTURI
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    La religione romana arcaica
    ( BUR )
    Prezzo: €11.00

    Autore: G. Dumezil

    Pagine: 613

    Questo libro non è solo un manuale esauriente, ma anche una prova assai originale di metodo. I dati e i problemi della religione etrusco e della religione romana dalle origini alla fine della repubblica sono inseriti nel vivo degli studi e delle polemiche sui rapporti dialettici fra religione e mitologia, fra storia e mito, fra istituzioni sociali e funzioni e strutture delle immagini mitologiche. L'audacia di Dumézil consiste spesso nella sua capacità di recuperare, con gli strumenti di una metodologia raffinata e spregiudicata, le testimonianze antiche, e di cogliere in una costellazione di dati apparentemente marginali gli indizi di situazioni culturali che, sulla base dei materiali comparativi, vengono a comporsi in un disegno organico e nuovo.

    http://www.raido.it/index.php?page=s...chk=1&Itemid=1

  7. #27
    INVICTIS VICTI VICTURI
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    Suggerisco il rilievo per il thread bibliografico.

    Atlantideo

  8. #28
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    GIULIANO L'APOSTATA

    Uomini e dei. Le opere dell'imperatore che difese la tradizione di Roma




    Mi pare opportuno esporre a tutti gli uomini i motivi per i quali io sono convinto che la macchinazione dei galilei è un inganno messo insieme dalla malizia umana. Pur non avendo niente di divino, ma anzi sfruttando quella parte dell'anima che è incline alle favole, infantile e irrazionale, essa ha indotto a ritenere verità un racconto mostruoso.
    E Ora, siccome intendo trattare tutti i loro principali cosiddetti dogmi, voglio innanzitutto dire che, qualora i lettori desiderassero contraddirmi, dovrebbero fare come in tribunale, senza introdurre argomenti estranei, né, come si suoi dire, muovere controaccuse prima di aver parlato in difesa dei loro punto di vista. Così, infatti, intenteranno la loro lite in modo più efficace e più chiaro, qualora vogliano procedere contro di noi; ma, mentre si difendono dalle nostre accuse, non muovano nessuna controaccusa.


    E Sarà il caso di risalire un po' indietro, per dire da dove e in che modo sia giunta a noi per la prima volta una concezione di Dio; poi, paragonare ciò che della divinità si dice presso i greci e presso gli Ebrei; quindi, chiedere a quelli che non sono né Greci né giudei, ma appartengono alla setta galilea, perché abbiano preferito le vedute dei giudei alle nostre e, infine, perché mai non aderiscano neanche a quelle, ma, apostatando, si siano indirizzati su una loro via particolare. Non solo non hanno accettato nulla di quanto vi è di bello e di valido, sia presso noi greci sia presso gli ebrei di Mosè; ma dagli uni e dagli altri essi prendono quelle cose che a tali popoli si sono attaccate come delle maledizioni: l'ateismo dalla malvagità giudaica, la vita leggera e corrotta dalla nostra indolenza e volgarità. E ciò hanno voluto chiamare la religione migliore.

    Prova del fatto che la nozione di Dio non proviene agli uomini da un insegnamento, bensì dalla natura, lo sia per noi innanzitutto la comune inclinazione di tutti gli uomini per la divinità: in privato e in pubblico, individui e popoli. Tutti quanti infatti crediamo, senza che ci venga insegnato, in qualcosa di divino, anche se non per tutti è facile conoscerne l'esatta verità, né per coloro che ne hanno acquisito conoscenza è possibile parlarne a tutti [...]. Certo, a questa concezione, comune a tutti gli uomini, se ne aggiunge anche un'altra.
    Tutti infatti dipendiamo per natura dal ciclo e dagli dèi che in esso appaiono, cosicché, anche se uno suppone un altro dio oltre a questi, gli assegna comunque il ciclo come dimora: non perché abbia voluto separare dalla terra, ma perché, avendo insediato il re dell'universo in quel luogo più nobile di ogni altro, suppone che di là egli sorvegli le cose di quaggiù.

  9. #29
    Baron Samedi
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    Giuliano Imperatore. Un asceta dell’idea dello Stato

    Autore[i]: Nello Gatta
    Editore: Edizioni di Ar
    Anno: 1995
    Pagine: 192

    Luminosa, mirabile figura di sovrano, di letterato e di filosofo, l'Imperatore Giuliano rivive, in queste pagine, nella sua essenza più autentica: quella del pensatore politico animato da vera ascesi dell'idea di Stato. Esplorando i nessi con il neoplatonismo, del quale Giuliano fu interprete di spicco, Gatta ricostruisce la genealogia spirituale di quell'estremo atto di riaffermazione della metafisica che l'Imperatore tentò e a cui poté riuscire per un effimero tempo di grandiosità.

  10. #30
    Baron Samedi
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    Interessante biografia:

    Arturo Reghini.

    Un intellettuale neopitagorico tra massoneria e fascismo

    di Di Luca Natale M.

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