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  1. #1
    Il Patriota
    Ospite

    Angry Gli immigrati protestano «Non avrete le impronte»

    L’approvazione della legge Bossi-Fini provoca la prima reazione in un incontro alla Cgil L’assessore regionale Finozzi: «Eppure quel provvedimento tutela le persone oneste»
    Tosi: «I contributi vanno restituiti a 65 anni, a tutti»
    Il riscatto sarà garantito per tutti i soldi versati anche per pochi mesi

    Il segretario leghista: «Gli operai stranieri li prendevano in caso di rimpatrio, era ingiusto»



    di Luigi Grimaldi Ieri mattina, alla Cgil, il responsabile dell’ufficio immigrazione del sindacato, Mustafà Wagne, chiede ad un centinaio di immigrati: «Chi di voi vuole dare le impronte digitali?». Nessuno alza la mano. «E chi di voi non vuole darle?». Tutti d’accordo. È la prima reazione dei diretti interessati che vivono e lavorano a Verona all’approvazione della nuova legge sull’immigrazione, la cosiddetta Bossi-Fini. E in un tessuto sociale che finora ha integrato trentasettemila stranieri che provengono da Paesi fuori dall’Unione europea, la nuova norma disegnerà altri equilibri, uno scenario che alcuni esponenti politici, sindacalisti e studiosi tentano di immmaginare con diverse valutazioni. La protesta partirà proprio dalla Cgil? «Noi studieremo forme di lotta ovviamente nel rispetto delle leggi», spiega Mustafà Wagne. «Però ho avuto la sensazione che il rifiuto a dare le impronte digitali rischia di diventare una posizione condivisa da tutti gli immigrati che lavorano a Verona e in provincia . Io personalmente non le darò se ci sarà un’iniziativa di tanti altri immigrati. Ci manderanno via? E così le aziende perderanno la migliore manodopera», aggiunge Wagne. «Non credo che questo accadrà», spiega Marino Finozzi, assessore alle attività produttive alla Regione Veneto, imprenditore e socio di un’azienda che da poco ha superato la soglia dei quindici dipendenti, quindi assoggettata adesso alla norma dell’articolo 18 dei lavoratori che non permette di licenziare senza giusta causa. Finozzi, in questi giorni all’estero per motivi di lavoro, nelle vesti di politico della Lega Nord e di operatore del settore produttivo, difende la legge su entrambi i fronti. Sulle impronte digitali, dice che non bisogna fare una tragedia. «È come una fotografia, nessuno protesta per una carta d’identità. Il provvedimento tutelerà proprio le persone oneste, quei lavoratori che in Italia vivono nel rispetto delle leggi. Raccogliere le impronte digitali non è come fare un tatuaggio sul braccio come qualcuno fece anni fa. E, purtroppo, bisogna anche capire che per colpa di quei pochi che delinquono, ci rimettono sempre le persone migliori».
    Su tutt’altra linea Roberto Fasoli, segretario provinciale della Cgil: «La nuova legge sull'immigrazione costituisce un grave arretramento culturale e civile perché non risolve alcun problema, aggrava la condizione degli immigrati trattati non come persone, ma come forza lavoro da sfruttare. E poi, complica la vita delle imprese per reperire la manodopera necessaria, non pone alcun freno alla clandestinità, anzi la aumenta. Promette cose che non può mantenere sulle espulsioni per le quali servirebbe uno specifico corpo di polizia che faccia solo questo e introduce gratuite e odiose vessazioni nei confronti degli stranieri, come ad esempio l’obbligo delle impronte digitali che avrebbe senso solo se esteso come forma di identificazione a tutte le persone che vivono in Italia». Fasoli è preoccupato anche per cosa accadrà nelle aziende: «Tra le tantissime cose negative l’aspetto forse più odioso è il ricatto rivolto ai lavoratori extracomunitari. La minaccia di perdere con il posto, anche il permesso di soggiorno li porrà in una condizione di grave debolezza nel rivendicare il rispetto dei loro diritti, indebolendo così l’insieme del mondo del lavoro dipendente».
    A Fasoli fa eco ancora Mustafà Wagne: «Tra la modifica dell’articolo 18 e questa legge, vedremo in Italia nuovi schiavi al lavoro».
    «Bisogna capire che la legge riserva grandi possibilità», spiega ancora l’assessore Finozzi, «perché sarà possibile fare formazione nei luoghi d’origine degli stranieri che poi possono arrivare in Italia già con un contratto». Nella sua azienda Finozzi ha il 50 per cento di lavoratori extracomunitari. Li divide per Paesi di provenienza: «Gli uomini vengono dal Ghana, le donne dai Paesi dell’Est e da poco abbiamo assunto una marocchina. Con loro abbiamo un ottimo rapporto, sono tutte persone serie e nessuno ci ha detto che lascerà l’Italia per la nuova legge».
    «Noi definiamo questa legge "odiosa"», dice senza mezzi termini il presidente del Centro studi immigrazione Carlo Castiglioni, «perché con l’intento di bloccare i clandestini, creerà nuova clandestinità perché sarà impossibile entrare legalmente in Italia. Se da una parte viene fatta la più grande regolarizzazione e sanatoria per colf e badanti, dall’altra si chiudono le porte per un paio di anni. Ci sarà la fuga delle persone migliori che lavorano nelle imprese e nascerà un movimento di contrasto, paragonabile a quello dei "sans papiers" in Francia».
    «Io penso che gli immigrati si organizzeranno per una grande protesta», dice Mustafà Wagne. E la prima sensazione l’ha avuta ieri, davanti a quel centinaio di mani alzate. Su L’Arena di mercoledì 10 luglio ha letto la storia di Charles Blankson, l’operaio ghanese che per quindici anni ha lavorato a Verona e che, prima dell’entrata in vigore della legge Bossi-Fini sull’immigrazione (cioè quando sarà pubblicata sulla Gazzetta ufficiale ), tornerà in patria per non perdere il rimborso immediato dei contributi versati dal suo datore di lavoro. E così, Flavio Tosi, consigliere regionale e segretario provinciale della Lega Nord, ha chiesto di replicare alle affermazioni di Blankson. Tosi, immagino che lei vuol difendere il disegno di legge Bossi-Fini...
    «Più che difendere la legge voglio dire che alle affermazioni del signor Blankson va aggiunto un altro fatto: lui dice che gli operai immigrati hanno consentito alle aziende veronesi di evolversi, ed io aggiungo che anche gli immigrati hanno avuto un’occasione di riscatto, di vita. Quindi, c’è un interesse reciproco».
    Sì, però adesso molti lavoratori vanno via perché quando la nuova legge entrerà in vigore non avranno subito i soldi dei contributi, ma solo quando avranno compiuto i sessantacinque anni...
    «E io lo considero giusto. Mi dica perché gli immigrati devono avere oggi quei soldi quando smettono di lavorare in Italia e tornano in patria, e invece gli italiani devono attendere di compiere i sessantacinque anni e percepirli sotto forma di pensione? Mi sembra che ci sia una forma di razzismo al contrario. Se un italiano perde il lavoro a cinquant’anni non riceve nulla, se questo accade ad un immigrato che rimpatria, incassa i contributi. Non lo ritengo giusto e la legge attualmente in vigore è sbagliata».
    Quindi lei non crede che molti lavoratori immigrati non vivono a lungo perché le condizioni ambientali di certe fabbriche, nelle quali un italiano non metterebbe mai un piede, minano la loro salute?
    «Assolutamente no. La media della vita di una persona del terzo mondo è bassa non certo per questi motivi, ma per l’alta mortalità infantile. E poi non è vero che gli italiani non vogliono più fare certi lavori. Se vengono pagati adeguatamente, molti accetterebbero».
    Lei dice che è giusto rimborsare i soldi agli immigrati quando compiono i sessantacinque anni. Però il suo movimento, la Lega, voleva votare un emendamento per il quale quei soldi, in caso di rimpatrio, non sarebbero più stati restituiti. Questo lo considera giusto?
    «Non è vero che la Lega voleva trattenere tutti i soldi dei contributi degli immigrati».
    Come non è vero? È stato il motivo dello scontro con i centristi del Polo.
    «Non è andata così. La Lega non ha assunto questa posizione».
    E cosa pensa delle accuse alla Lega di aver trovato lo stratagemma della restituzione dei contributi per far andare via gli immigrati?
    «Questa accusa è infondata. Se la Lega avesse voluto liberare i posti di lavoro nelle fabbriche, allora è falso il fatto che non ci sono italiani disposti a ricoprire determinati ruoli nelle imprese».
    Lei non pensa che il ritorno in patria di tanti immigrati costituirà un problema per la manodopera nelle industrie veronesi?
    «Non credo che ci sarà un esodo. E poi sono poche le fabbriche che utilizzano in prevalenza immigrati. Basta guardare alle tante realtà veronesi dove ci sono italiani che lavorano, quindi non è vero che solo chi arriva dall’estero accetta di essere assunto in quelle imprese». (l.g.) La questione dei contributi che l’Inps finora ha restituito agli stranieri che hanno consegnato il permesso di soggiorno e lasciato l’Italia è stata al centro di una lunga discussione all’interno della maggioranza. Con l’approvazione della legge Bossi-Fini, passata al Senato l’altro ieri, l’Inps si impegna a rimborsare agli extracomunitari tutte le cifre versate (in realtà si tratta di un 30 per cento circa), anche se le cifre sono state garantite per meno di cinque anni. Il cambiamento, rispetto alla legge che resterà in vigore fino alla pubblicazione della nuova sulla Gazzetta ufficiale , riguarda il limite d’età. Lo straniero che lascia l’Italia dovrà attendere il compimento dei sessantacinque anni per poter avere il rimborso dei contributi. La prima stesura del testo, poi modificato, prevedeva che i lavoratori extracomunitari perdessero il diritto ad avere i soldi, a meno che non avessero maturato almeno diciannove anni di contributi, necessari per ottenere la pensione sempre al raggiungimento dell’età di sessantacinque anni (o forse anche di settanta, qualora dovesse intervenire la riforma sull’età pensionabile).
    Dagli studi statistici emerge che, anche a Verona, un lavoratore straniero non resta per oltre dieci o quindici anni. Poi torna in patria, con i soldi del trattamento di fine rapporto e il rimborso dei contributi. Per conoscere quale sarà l’effetto della nuova legge, bisognerà attendere prima l’entrata in vigore e poi calcolare quanti lavoratori hanno deciso di incassare subito i contributi dell’Inps.

  2. #2
    Il Patriota
    Ospite

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    si va a grandi passi verso la guerra razziale...?

  3. #3
    Totila
    Ospite

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    E' quello che vogliono...Non potendo più contare sul conflitto sociale, puntano su quello razziale.

  4. #4
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    ....eh. come starebbero bene le banane raddrizzate....
    E dire che sarebbe possibile..

    cuoreverde

 

 

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