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Discussione: Siena esoterica

  1. #11
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    Dal sito http://www.sienanet.it/caterinati/

    La Testa di Santa Caterina
    di Padre Tommaso Panarese

    Nell'ottobre del 1381 il Papa Urbano VI accordò il permesso di staccare dal busto la Sacra Testa, la quale venne affidata a due frati senesi Tommaso della Fonte e Ambrogio Sansedoni, i quali la portarono a Siena in segreto. Per cinque anni rimase chiusa in un armadio della sacrestia di San Domenico, ma una volta che il Concistoro della Repubblica venne a conoscenza del fatto, ordinò di tributare onori pubblici alla preziosa reliquia.
    Così l'11 maggio 1385 un'imponente processione aperta da 200 fanciulle e 200 fanciulli vestiti di bianco e recanti festoni di rose e gigli, condusse la reliquia in San Domenico partendo dalla chiesa dell'Ospedale di San Lazzaro, fuori Porta Romana. Chiedeva la processione un gruppo di Mantellate di san Domenico e Lapa, la madre di Caterina.
    Nella notte tra il 3 e il 4 dicembre del 1531, la Sacra Testa rischiò di essere distrutta; infatti nella chiesa di san Domenico scoppiò un violento incendio, che sembra scaturito dall'organo per poi propagarsi velocemente alla sottostante Cappella di Santa Caterina.
    Solo il coraggio di Frà Guglielmo da Firenze mise in salvo la reliquia, infatti il coraggioso frate si avvolse in un lenzuolo bagnato e si gettò tra le fiamme traendo in salvo la testa. Sembra che la causa dell'incendio fosse da ricercarsi nella combustione spontanea di una quantità di carbone posto a seccare sotto l'organo, secondo altri invece la causa stava nell'imprudenza di un sacrestano che aveva lasciato una candela accesa. Dal 1711 la Testa venne collocata in un'urna dono dell'illustrissimo Pietro Biringucci Maestro di camera del Gran Principe di Toscana Cosimo III; e, busto tempo nella città del Palio. ITTS la reliquia della Sacra Testa esponendola .Fu lsaba - in questa circostanza andò bruciato il corpo del beato Ambrogio Sansedoni, opera di Giuseppe Piamontini, noto orafo fiorentino dell'epoca fino ad allora la reliquia della Testa era custodita in un busto d'argento che fra poco tornerà in San Domenico di Siena e sarà visibile a turisti e pellegrini che si recheranno a Siena.
    Nel 1796 La testa venne trasferita in Duomo e precisamente sull'altare di San Tommaso presso la libreria Piccolomini, poiché un forte terremoto aveva danneggiato la Basilica di san Domenico nella quale vi fece ritorno solo nel 1806 in occasione della domenica in Albis.
    La Sacra Testa venne portata in processione nel 1857 in occasione della visita di Papa Pio IX e in quella occasione si dovette effettuare un restauro ad opera del professor Gaspero Mazzi; un ulteriore lifting avvenne nel 1904 e questa volta fu affidato ai professori, Spediacci, Biondi, Bianchi e Raimondi. Nel 1931 l'allora podestà di Siena Fabio Bargagli Petrucci, fece rompere i sigilli e aprire la teca per far valutare ai professori, Mazzi, Raimondi, Lunghetti, Londini e Gori, le reali condizioni di essa, dopo di che dettero l'autorizzazione al trasporto della reliquia da San Domenico al Duomo; in questa occasione il professor Mazzi, coadiuvato dallo scultore Trapassi, eseguì numerosi rilievi cranio metrici e fotografie per la riproduzione della testa. Il 3 maggio del 1609 dopo la consueta processione, gli abitanti di Fontebranda, tentarono di impossessarsi della reliquia per tenerla definitivamente nel loro rione; ci furono diverse ore di tafferugli finché non intervenne il Collegio di Balla che, dopo aver ristabilito l'ordine fece riportare la Sacra Testa in San Domenico.
    Il 28 aprile 1940 la Sacra Testa fu portata in cattedrale in occasione dei festeggiamenti cateriniani che quell'anno si svolsero dal 14 al 28 aprile. L'occasione fu data dall'inizio della costruzione del Portico Votivo dei Comuni d'Italia, lavori subito interrotti a causa delle vicende belliche.
    Il resto è storia recente. Nell'anno giubilare del XXV della proclamazione di Santa Caterina a Dottore della Chiesa Universale, la plurisecolare festa senese dell'ottavario in Albis, ha offerto alla venerazione di tutti i fedeli, con l'esposizione in cattedrale, la reliquia della Sacra Testa. Essa fu traslata in Cattedrale con un corteo guidato dai Padri Domenicani ed è stata portata a spalla dai figuranti della Contrada dell'Oca e del Drago.

  2. #12
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  3. #13
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    IL LEGGENDARIO FIUME DIANA

    … Si narra, dall'alba della città, che un fiume sotterraneo l'attraversi. Si narra di voci umane sentite dalle viscere della terra, di trabocchetti mortali che custodiscono gelosamente questi segreti, di un'altra sconvolgente civiltà, staccatasi dalla nostra, che viveva sulle rive della Diana. Alcuni giunsero alle soglie del mistero, come il pittore Brescianino, che si fece ingoiare dal buio di scoscesi cunicoli e che morì in circostanze misteriose, lasciando tuttavia scritte le parole chiave che portano al punto in cui, in una larga caverna, appare un'apertura che scende in un regno illuminato. Si narra di un fiume irraggiungibile che fa trapelare costantemente la sua presenza: i senesi, anche i più scettici, lo ricordano con pozzi, come quello del convento del Carmine, o con vie e lapidi, quasi per esorcizzare la propria coscienza, non totalmente abile a dimenticare la storia della Diana, nata nella notte dei tempi e pronta ad uscire un giorno alla luce del sole, lasciando le secolari caverne che fanno del sottosuolo di Siena "una città sotto ad un'altra città"…

    ~ ~ ~ ~ ~ ~



    Tu li vedrai tra quella gente vana
    che spera in Talamone, e perderagli
    più di speranza ch'a trovar la Diana

    (Purgatorio, XII canto)


    La leggenda della Diana, il fiume sotterraneo mai trovato, ha suscitato l'ironia di Dante. Eppure di questo fiume fantasma si parla nelle carte e nelle più antiche tradizioni senesi: una leggenda nata con la città e alimentata dalla scarsezza di acqua, che ha portato alla mitizzazione di un’antica fontana che sorgeva probabilmente dalle parti di Castelvecchio. Fino alle prime generazioni del XX secolo, non vi era senese che non sapesse di questo fiume mai scoperto, che non avesse sentito strane leggende o ascoltato il rumore del suo scorrere, magari nella zona di Pian dei Mantellini e di San Marco.

    La Repubblica di Siena inizia le ricerche della vena acquifera fin dal 1176, quando li frati di S. Maria del Carmine, avendo disagio d'acqua et avendo notizia della vena di Diana sotto Castelvecchio, la quale rigava sottoterra pel loro horto et aveva uscita in Tressa, deliberarono farne un pozzo… la mattina, tornando all'opera trovarono l'acqua essere abbondante et buonissima".

    Passa un secolo: è l'anno 1295 quando il consiglio generale cittadino delibera all'unanimità per la prosecuzione dei lavori che avrebbero dovuto scoprire il fiume sotterraneo. Non se ne trova traccia, ma il Comune continua a pagare gli scavi. Fra il '200 e il '300 la contabilità del Comune riporta le spese per gli astrologi che avrebbero dovuto individuare i punti più adatti per iniziare i lavori: tutto inutile. Eppure lo scorrere del misterioso fiume sembra palese, con un'amplificazione che il tufo purtroppo falsa nella direzione giusta da seguire, in modo che risulta difficile stabilire la portata dell'acqua.

    Una città nata sul tufo e su antichi cunicoli etruschi, nati per trasportare le acque dell'acquedotto (i famosi e sempre attivi bottini), per collegare i palazzi o per uscire dalla città e salvarsi da un probabile assedio. Un oscuro mondo che si contrappone a quello della luce, con mille strade che si intersecano a vari livelli sotto i nostri piedi, sentieri in parte ancora da scoprire, testimoni di strane leggende o di una vera e propria civiltà sotterranea che vivrebbe nel regno di Diana, visto che, oltre al classico rumore d'acqua, si udirebbero voci e lamenti provenienti dalle più profonde cavità. Nei secoli la leggenda della Diana trasforma la dea in strega, perché nasconde mille pericoli, non si vede, e non restituisce nemmeno i corpi di coloro che sono scesi a cercarla. Peccato che non sia possibile ricostruire con precisione le vicende di persone scomparse nel sottosuolo, perse nelle diramazioni di mille cunicoli con salti scoscesi e improvvisi franii.

    Pur essendo leggenda, penetrava completamente nel vissuto della città fino a condizionarlo. Il solo fatto di esistere come luogo dell'immaginazione e dell'attesa, il solo fatto che gli si attribuisse il nome di Diana, cacciatrice ma anche protettrice della creazione, ci parla di una dimensione privata e profonda della città. La Diana è qualcosa di più di una "vecchia testimonianza degli sforzi condotti per secoli dai senesi per rifornire la città povera di acqua": è forse soprattutto la dimostrazione del senso del mistero e dell'occulto insito nella città.


  4. #14
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    Le navate laterali sono occupate da dieci tarsie che raffigurano altrettante Sibille (eseguite tra il 1482 e il 1483) con le relative iscrizioni. Sono tutte in marmo bianco su fondo nero, inquadrate da una cornice a scacchiera e posate su un piano color rosso mattone. Procedendo dalla navata destra (cinque quadranti) a quella sinistra (altri cinque) è possibile costruire un percorso cristiano attraverso i vaticini delle Sibille: l'importanza della conoscenza di Dio, la morte e la resurrezione, la "seconda" nascita del Cristo, quella secondo la carne, i miracoli di Gesù, la sua passione, l'eterna beatitudine dei pii e la condanna di chi non ha riconosciuto il Cristo.
    Vediamole, una per una…


    La navata destra


    Nella navata destra, apre il percorso la Sibilla Delfica (1482 – autore incerto): con la mano sinistra regge una fiaccola, simbolo dell'abbondanza dello spirito divino. La mano destra è invece appoggiata a un cartiglio, sorretto da una sfinge alata, su cui si legge: Riconosci quella stessa divinità che è figlia di Dio.




    La seconda è la Sibilla Cumea (1482 - Giovanni di Stefano): nella mano sinistra ha un libro e con la destra sostiene un cartiglio sul quale è scritto: Cadde nel destino della morte e dopo un sonno durato tre giorni, tornato tra i mortali giunse alla luce mostrando per la prima volta il mistero della Resurrezione.




    Proseguendo per la navata, incontriamo poi la Sibilla Cumana (1482 - Giovanni di Stefano), raffigurata come una donna anziana. Nella mano destra ha un ramo fiorito, di incerto significato, nella sinistra alcuni libri chiusi, forse simbolo delle sue profezie. A terra altri libri, alcuni dei quali hanno i sigilli aperti: sono i pagani Libri Sibillini. Il cartiglio ai suoi piedi riporta alcuni versi della IV ecloga delle Bucoliche di Virgilio:

    Ultima Cumaei venit iam carminis aetas,
    maguns ab integro saeclorun nascitur ordo;
    iam redit et virgo, redeunt Saturnia regna,
    iam nova progenies caelo demittitur alto.

    (vv. 3-7)

    (Giunge ormai l’ultima età della profezia cumana,
    riprende dall’inizio il ciclo dei grandi secoli,
    torna persino la Vergine,
    tornano i regni di Saturno,
    una nuova razza ci viene inviata dall’alto dei cieli.
    )

    Si vuole dunque evidenziare la funzione profetica della Sibilla. D’altronde sono proprio questi versi che, insieme ad altri della IV ecloga, hanno fatto sì che le fosse attribuita la predizione della nascita di Cristo.




    La quarta Sibilla è l'Eritrea (1482 - Antonio Fedrighi), la Sibilla greca per eccellenza, che vaticinò la guerra e la caduta di Troia. A lei Lattanzio attribuì un acrostico che, nei Libri Sibillini, annuncia la venuta di Cristo. La mano destra tiene un volume chiuso, mentre la sinistra si appoggia a un libro aperto, sostenuto da un leggio intagliato. La scritta sembra profetizzare la nascita di Cristo: Dall'alta dimora dei cieli il sovrano osserva i suoi umili fedeli E sarà generato in nuovissimi giorni da una Vergine ebrea secondo terrene origini).




    L’ultima Sibilla raffigurata nella navata destra è la Persica (1483 - Benvenuto di Giovanni). Veniva identificata come la Sibilla Babilonese o Ebraica ed è ritenuta la più antica. È rappresentata come una donna di mezza età, con la testa avvolta in un semplice velo. Nella mano sinistra tiene un libro e con la destra indirizza l’attenzione verso una lastra appoggiata su un piedistallo intagliato. La scritta allude al miracolo li Cristo della moltiplicazione dei pani e dei pesci: Con cinque pani e due pesci soddisferà la fame di cinquemila uomini sull’erba. Raccogliendo gli avanzi riempirà dodici ceste per la speranza di molti.

    … continua…

  5. #15
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    La navata sinistra



    Ripartendo dall'ingresso del Duomo, percorriamo ora la navata sinistra dove troviamo le altre cinque Sibille. La prima è la Libica (1483 - Guidoccio Cozzarelli), figlia di Zeus e Lamia. Il colore scuro della pelle indica la sua origine africana. Nella mano sinistra tiene un cartiglio e con la destra mostra un libro aperto su cui è scritto: Prendendo a schiaffi tacerà. Offrirà ai colpi la schiena innocente. Il senso (relativo alla flagellazione di Cristo) va raccordato a quanto riportato sulla tavola sorretta da due serpenti annodati intorno a un vaso con fiore e foglie: Verrà tra mani ingiuste. Con mani impure daranno frustate a Dio. Miserabile e ignominioso infonderà speranza al miserabile.




    La seconda Sibilla che si incontra nel percorso è l'Ellespontica (1483 - Neroccio di Giovanni). Il particolare più curioso è rappresentato dalle figure del cane e del leone che si danno la zampa, interpretate come la redenzione di giudei e pagani attraverso la morte di Cristo. Qualche studioso vi ha letto un’allusione al trattato di pace tra Siena e Firenze, ma non se ne ha alcun riferimento nella targa sovrastante i due animali, che ci parla invece alla passione di Cristo: Gli dettero fiele per cibo e aceto per la sua sete; gli mostreranno questa mensa d’inospitalità. In verità il velo del Tempio si squarcerà e nel mezzo del giorno vi sarà, per tre ore, una notte tenebrosa.




    La terza Sibilla rappresentata è la Frigia (1483 - Benvenuto di Giovanni). Con la mano sinistra tiene alzato un libro aperto su cui si legge: Io sono l’unico Dio e non c’è nessun altro. Alla sua destra, una tavola riporta la seguente frase: La tromba emetterà dal cielo un suono funereo. La terra aprendosi farà scorgere il caos infernale. Ogni regnante comparirà innanzi al tribunale di Dio. Dio stesso giudicando contemporaneamente i pii e gli empi, solo allora getterà gli empi nel fuoco delle tenebre. Coloro che invece conserveranno la rettitudine, vivranno di nuovo.
    Sotto la tavola si vedono torsi e teste di figure nude supplicanti, che rappresentano le anime in attesa del Giudizio.




    Anche la quarta Sibilla, la Samia (1483 - Matteo di Giovanni), regge con la mano sinistra un libro aperto, dalla ricca rilegatura. Accanto a lei è posta una tavola sorretta da due figure dalla testa leonina nella quale è riportata una frase che sembra un attacco al popolo ebreo che non riconosce il Cristo: Poiché tu, stolta giudea, non hai riconosciuto il tuo Dio, risplendente nelle menti degli uomini. Ma lo hai coronato di spine e hai versato per lui del fiele amarissimo.




    Chiude il ciclo la Sibilla Albunea (detta anche Tiburtina), che fa parte del gruppo delle Sibille romano-italiche, profetessa consultatissima da imperatori e nobili romani. Profetizzò la nascita di Gesù Cristo al mondo classico, come si può leggere sulla lastra posta alle sue spalle sorretta da un putto alato: Nascerà il Cristo a Betlemme. Se ne darà l’annuncio a Nazareth durante il regno del toro pacifico fondatore della pace. Felice quella madre i cui seni lo allatteranno. Ed è proprio qui, nell’iscrizione dell’ultima tarsia, che compare per la prima e unica volta nel percorso sibillino il nome di Cristo.


    Non so se queste tarsie abbiano lo scopo di condurre il visitatore attraverso un viaggio iniziatico o se, più semplicemente, siano tappe di un percorso storico-teologico. Resta il fatto che queste meraviglie sono là, testimoni di un’epoca in cui il gusto del bello e l'amore per il simbolo erano un tutt'uno con l'anima di un edificio religioso, di chi lo commissionava, di chi lo progettava. E di chi lo eseguiva materialmente.

  6. #16
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    Citazione Originariamente Scritto da Silvia
    L'origine e le prime vicende costruttive del Duomo di Siena sono avvolte in un’oscurità che nemmeno l'incerta luce di qualche leggenda è stata capace di rischiarare. Di quella che è senza dubbio tra le più prestigiose e ricche cattedrali d'Europa non conosciamo neppure con una certa approssimazione l'epoca e le circostanze di fondazione, non sappiamo esattamente quale fosse il suo primitivo aspetto, e anche la cronologia delle sue parti più antiche è estremamente incerta e alimenta interrogativi ancora lontani dall'essere sciolti. Né forse poteva essere altrimenti, nella Siena dei misteri, della lotta tra bene e male espressa dalla Balzana... nella Siena del mitico fiume Diana.
    E in questo tempio già pregno di mistero le strutture architettoniche contribuiscono in modo decisivo a creare arcane atmosfere. La fuga delle colonne, fasciate di marmi bianchi e neri e terminanti negli elegantissimi archi a tutto sesto e il preziosissimo pavimento fanno del Duomo di Siena uno dei monumenti più "magici" della penisola, non solo per l'eccezionale ricchezza artistica e per la straordinaria profondità dei contenuti simbolici, ma anche per qualcosa di indefinibile, eppure ben percepibile, che si può avvertire al suo interno: è una sottile esaltazione dell'animo, un'illuminazione dello spirito. C'è chi narra di esperienze estatiche, c'è chi dice di aver sentito la presenza di Dio. Questa arcana sensazione è così intensa e particolare che indusse Richard Wagner a chiedere ad un suo amico pittore dei bozzetti dell'interno del Duomo, perché servissero da modello per il tempio del Santo Graal nel suo Parsifal.


    Silvia sei stata magnifica nell'esposizione. Grazie

  7. #17
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    Grazie a te. Anche se, a dire il vero, mi sono limitata a riportare ciò che ho letto qua e là...

  8. #18
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    Morena Poltronieri

    ACQUA SACRA ACQUA PROFANA


    A Siena l'elemento Acqua impera su ogni cosa e permea di antiche simbologie tutta l'area urbanistica della zona. L'elemento Acqua contiene una forte simbologia sacra ed ermetica, in quanto si connette agli antichi culti dedicati alle divinità pagane, ma anche alla sacralità di cui ogni angolo di Siena è caratterizzata. L'Acqua contiene le sacre memorie della città, rappresentandone l'anima, il pensiero più nascosto e vibrazionale.
    Il profondo significato di questo elemento porta alla memoria i miti antichi, nati da popolazioni arcaiche, che privilegiarono il fatto di insediarsi vicino a zone d'acqua, sia per un istinto di sopravvivenza, sia per via della sacralità legata a questo elemento, associato alla creazione della vita, alla nascita dell'uomo.

    La Grande Madre, presente in tutte le antiche culture che riguardarono la zona, dagli Etruschi ai Romani, rappresentava l'unione mistica di Acqua e di Terra, ovvero il principio generativo, fecondo e ricettivo, simbolo della Materia Prima e sorgente di vita. Per questo, l'antica conoscenza della natura e della terra legata ai culti precristiani portò alla scelta di edificare i luoghi sacri, in base alla presenza di elementi primordiali, come l'Acqua, considerata il punto d'accesso all'aldilà. I fiumi e le vene d'acqua sotterranee divennero i siti preferiti per i raduni a carattere iniziatico e religioso.

    Ogni luogo senese racconta le sue storie d'Acqua. Come non ricordare le antiche e piccole fontane di Contrada, e la più conosciuta e monumentale Fonte Branda, insieme alla Fonte Gaia, fino ai segreti nascosti nei bottini, presenti nel sottosuolo tufaceo.


    Fonte Gaia, nel centro di Siena, fu costruita in otto anni, al fine di trasportare l'acqua dalla lontana zona della Staggia fino a piazza del Campo. Giacomo di Vanni di Ugolino creò dei grandi canali sotterranei, i bottini, i quali si allargavano in cunicoli e gallerie dando luogo ad una Siena sotto terra. Fu così che l'acqua giunse fino a piazza del Campo, attraverso un maestoso bottino, nel 1342, con una grande festa da parte del popolo.

    Questa Fonte fu ricostruita completamente sul lato opposto del Palazzo Pubblico da Jacopo della Quercia, tra il 1409 ed il 1419. Fu realizzata interamente in marmo e al centro si trova l'immagine della Madonna, circondata dalle Virtù e dalle rappresentazioni della Creazione d'Adamo e della Cacciata dal Paradiso Terrestre. Nel 1858 le sculture originali furono trasferite nella Loggia del Palazzo Pubblico e sostituite con copie eseguite da Tito Sarrocchi.

    La Fonte nacque in un luogo preciso, sul quale precedentemente vi era una statua che esaltava il potere benefico di Venere, intesa come immagine di bellezza, amore e fertilità. Questi simboli legati alla mitologia si proiettarono sulle nuove immagini create dall'artista, che volle esaltare, attraverso l'elemento Acqua, la forza legata alla bellezza e la fecondità, ma nell'intento di testimoniare il Buon Governo dell'epoca.

    I due angeli vicino alla Madonna rappresentano il contatto con la spiritualità, l'unione saggia tra il potere e temporale e quello legato alle vibrazioni superiori. Le Virtù Teologali e Cardinali scandiscono le regole affinchè l'unione degli opposti, in altre parole dell'alto col basso, si realizzi.
    Affinchè ciò avvenga, occorre una precisa disciplina e un insieme di leggi rappresentate dall'immagine della Giustizia. […]



    L'acqua, scorrendo, crea un ideale filo conduttore in tutta la zona, dove nascono torrenti, che alimentano fonti e mulini, il cui prodotto viene raccolto in pozzi e cisterne. Queste storie proseguono nel territorio senese e giungono a San Gimignano e le sue Fonti pubbliche medievali, le Fonti delle Fate di Poggibonsi, la Fonte monumentale di Asciano e quella accanto al monastero di San'Anna in Caprena.

    Vi sono poi fonti sulfuree a Montisi (Fonti di Bagnoli) utilizzate un tempo per la macerazione della canapa. Su queste fonti esistono delle particolari tradizioni. Alcuni, nel passato le valutavano fonti del demonio, in quanto l'alto tasso di zolfo in esse presenti, risultava un'emanazione dell'inferno. Occorre anche considerare che lo zolfo è legato ai procedimenti alchemici, attraverso i quali queste acque avevano un alto potere di macerazione, tale da poter lavorare sull'eliminazione delle scorie presenti sulla materia prima lavorata. […]


    Il viaggio sull'Acqua non è terminato e prosegue nel sottosuolo, all'interno dei cosiddetti bottini, un particolare acquedotto sotterraneo, scavato nel tufo. In questi luoghi misteriosi e nascosti sono nate storie antiche come la leggenda di Diana e il fiume sotterraneo mai trovato che aveva suscitato le polemiche ironiche di Dante. Diana in origine era una divinità italica, che si collegava alla vita dei boschi ed anche alla luna e quindi ai fenomeni legati alla gestazione. Come personificatrice della luna era perciò in collegamento con le acque e al concetto di vibrazione profonda. Per questo, il termine senese trovar la Diana significa rintracciare questi fonti sotterranee e soprattutto entrare in un contatto profondo e ancetrale col simbolismo femminile legato all'acqua e alla sua manifestazione segreta.

    Morena Poltronieri – Siena… percorsi magici (Hermatena edizioni, pag. 17 e seguenti)

  9. #19
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    Predefinito Complimenti Silvia

    Penso a chi potrebbe celarsi dietro a questo nome scarno.
    Per essere dei veri esoteristi bisogna per prima cosa avere i piedi per terra e poi un sconfinato amore per il sapere e la cono-scienza.Per ultimo coltivare la fantasia e l'IMMAGO.
    Un abbraccio Luigi

  10. #20
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    Predefinito Era un complimento implicito!

    Silvia voleva essere un complimento per il tuo coinvolgente impegno, sono emotivamente preso. Continua
    Ti riabbraccio

 

 
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