Dall'anniversario della morte di Paolo Borsellino, al manifesto antifascista promosso dagli intellettuali di sinistra, dimostrano che la sinistra italiana non vuole arrendersi a un "regime" che sta costruendo un continuo parrallelo tra stato e mafia legalizzata.
Manifesto degli intellettuali antifascisti
Roma, 3 luglio 2002
L'invito lanciato alcune settimane fa dal professor Nicola Tranfaglia, vicerettore dell'Università di Torino, è stato raccolto. Gianni Vattimo, Gianluigi Beccaria, Barbara Lanati, Margherita Hack, il segretario dei Comunisti Italiani Oliviero Diliberto e lo stesso Tranfaglia hanno promosso un appello unitario degli intellettuali antifascisti in difesa della Costituzione repubblicana. Ecco il testo:
Di fronte al Manifesto per la cultura diffuso nei giorni scorsi da alcuni esponenti di Forza Italia che attribuisce all'attuale maggioranza parlamentare e al governo Berlusconi la rappresentanza dei valori "cristiani, laici e umanistici" che sarebbero stati oppressi per cinquant'anni dalla cultura "marxista e comunista" della sinistra, riteniamo di dover intervenire ed esprimere la nostra opinione sull'attuale situazione in Italia.
Da un anno è al potere nel nostro Paese una coalizione di forze politiche che hanno ereditato la cultura postfascista di Alleanza Nazionale, quella secessionista e violenta della Lega Nord e quella aziendale e liberista di Forza Italia.
Si tratta di una coalizione che, nel primo anno di governo, ha presentato al Parlamento e fatto approvare leggi scritte nell'interesse primario di Silvio Berlusconi e del gruppo che si raccoglie intorno a lui e che appaiono in netto contrasto con la lettera e lo spirito della Costituzione repubblicana del 1948, come la legge sulle rogatorie internazionali e sul falso in bilancio.
La coalizione si prepara ora a far approvare dal Parlamento una delega sull'ordinamento giudiziario che lede gravemente l'autonomia e l'indipendenza della magistratura, una delega sui nuovi cicli della scuola che discrimina tra gli studenti agiati e quelli poveri imponendo una scelta precoce tra l'accesso alle superiori e la formazione professionale, un riassetto del sistema sanitario che smantella la sanità pubblica e crea situazioni di grave disparità tra gli ammalati ricchi e quelli dotati di scarsi mezzi finanziari, una ristrutturazione del mercato del lavoro che persegue l'indebolimento e la divisione del sindacato, l'assalto ai diritti fondamentali dei lavoratori.
Nello stesso tempo la coalizione di governo ripropone un disegno di legge sul conflitto di interessi che mette al riparo il presidente del Consiglio dalla scelta necessaria di vendita del proprio impero televisivo, mediatico e pubblicitario come da ogni effettivo controllo dei mezzi di comunicazione che a lui fanno capo.
E tutto questo avviene mentre il leader della Casa delle Libertà controlla direttamente le televisioni pubbliche, quelle private e gran parte della stampa quotidiana e settimanale in totale disprezzo di qualsiasi legislazione antitrust che sia improntata alle regole liberali della concorrenza di mercato.
Ci troviamo, insomma, di fronte a un disegno chiaro e inequivocabile di attacco alla prima parte della Costituzione, cioè ai valori e ai principi che hanno retto per oltre cinquant'anni della storia repubblicana la convivenza civile nel nostro Paese. Esprimere un punto di vista critico - principio fondamentale delle moderne democrazie - è in Italia sempre più arduo; i giovani che manifestano contro la globalizzazione capitalistica, così come i lavoratori in lotta per la difesa dei loro diritti vengono sistematicamente criminalizzati da un esecutivo che ha cancellato la parola dissenso dal proprio vocabolario.
In questa situazione il Manifesto di Forza Italia si appropria altresì del nome e dell'opera di uomini come Benedetto Croce, Luigi Einaudi, Guido Calogero, Gaetano Salvemini che - è del tutto evidente - mai avrebbero potuto consentire allo smantellamento della Costituzione e dei principi in essa contenuti.
Di fronte alla mistificazione della realtà e della storia contenuta in quel Manifesto, noi vogliamo riaffermare la nostra fedeltà ai valori repubblicani espressi dalla Carta costituzionale e ci impegniamo a difendere con tutti i mezzi democratici lo Stato di diritto costruito con il sangue degli antifascisti e dei partigiani che, nella crisi succeduta alla guerra e alla caduta della dittatura fascista, hanno lottato a fondo, pagando a volte con la vita, per costruire lo Stato democratico e hanno contribuito, con la loro azione e il loro pensiero, a riportare il nostro Paese a istituzioni libere e fondate su un'idea avanzata della democrazia di massa nel mondo contemporaneo e dei diritti fondamentali per i cittadini di uno Stato. Dal diritto di eguaglianza fissato nell'articolo 3, all'articolo 8 che sancisce la libertà di ogni confessione religiosa, all'articolo 11 che "ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali", all'articolo 21 che fissa il diritto di libertà di espressione e di informazione, agli articoli 33 e 34 che stabiliscono la libertà dell'arte, della scienza e dell'insegnamento e danno ai "capaci e ai meritevoli, anche se privi di mezzi, il diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi".
Noi riteniamo che questi valori, ed altri ugualmente identificati dalla Carta costituzionale, corrano un serio pericolo di fronte all'azione legislativa e politica del governo Berlusconi e della maggioranza che lo sostiene e denunciamo all'opinione pubblica italiana e internazionale l'assenza di qualsiasi critica o reazione da parte di importanti istituzioni politiche, economiche e religiose della società italiana e di tanti intellettuali che dichiarano ogni giorno di rifarsi a un credo liberale ma, che, nei loro scritti, criticano esclusivamente la coalizione di centrosinistra, accreditando l'attuale governo di una posizione democratica e liberale che invece è contraddetta ogni giorno da atti di governo e atteggiamenti parlamentari che sono al di fuori o contro la costituzione repubblicana ma che non intraprendono mai procedure di revisione costituzionale pur previste, preferendo ignorare che la Carta è ancora vigente, approvando norme anticostituzionali.
Crediamo che si sia aperta ormai in Italia una forte questione democratica rispetto alla quale è necessario schierarsi e assumere le proprie responsabilità per evitare che, di fronte al rischio ormai reale di un'involuzione autoritaria, non ci sia un'aperta presa di posizione da chi ritiene che la Costituzione del 1948, nella sua prima parte, debba esser non soltanto preservata ma altresì attuata in maniera più profonda e completa di quanto è avvenuto nel primo cinquantennio.
Stato di diritto e Stato sociale sono per noi valori irrinunciabili e tali da giustificare una lotta costante e intransigente nei confronti di un governo e di una maggioranza che hanno raggiunto in modo legittimo il potere ma che ora ne approfittano per cercare di costruire un regime mediatico e autoritario, estraneo allo spirito e alla lettera della nostra Costituzione.