INTERVISTA A GIORGIO TRUCCHI - MANAGUA
Pubblichiamo l'intervista, realizzata dal CNB il 26 agosto scorso a Managua, con Giorgio Trucchi, giornalista che vive in Nicaragua e presente in Honduras durante il colpo di Stato e nelle settimane successive. Giorgio è testimone diretto degli eventi più significativi della storia recente centramericana e della resistenza contro la dittatura incarnata dal governo di fatto honduregno.







1) Dal giorno dell’illegale arresto del legittimo presidente honduregno Manuel Zelaya, lo scorso 28 giugno, i golpisti guidati da Micheletti stanno attuando una feroce repressione contro la popolazione che nella capitale e nelle più importanti città honduregne stanno manifestando il loro sostegno affinchè venga ristabilito l’ordine democratico. Le poche notizie che riescono a sfuggire dalla morsa della censura imposta dai golpisti parlano di oltre 650 arresti.
Le aggressioni più clamorose contro i manifestanti sono avvenute nei pressi dell’aeroporto di Tegucigalpa e al confine nicaraguense. Nel primo caso i manifestanti, che si erano radunati per accogliere l’aereo che riportava in patria il legittimo presidente Zelaya, sono stati prima fatti avvicinare e poi colpiti con armi da fuoco e lacrimogeni da parte dei reparti dell’Esercito, provocando la morte di due persone. Nel secondo caso i manifestanti sono stati aggrediti per impedire che raggiungessero in massa il luogo dell'incontro con il presidente costituzionale. Cosa ci puoi dire di più al riguardo?

Prima di tutto bisogna segnalare che è stata una manifestazione veramente incredibile, dove si calcola che abbiano partecipato tra le duecentocinquantamila e le trecentomila persone.
Effettivamente la polizia è stata quella che ha fatto passare i dirigenti del Frente Nacional contra el golpe de Estado e le persone che hanno tentato in diversi momenti di entrare, mentre la repressione, come giustamente dicevi, è stata portata avanti proprio dall’esercito.

Quello che si è riusciti a ricostruire è che la gente ha cercato, in attesa dell’arrivo del presidente Zelaya, di entrare all’interno della pista facendo dei buchi nella recinzione, però sempre in modo molto pacifico, nel senso che non c’era nessuna intenzione di entrare a fare violenza; era solo il grande entusiasmo per il ritorno del loro presidente. In quel momento, io credo seguendo un piano già preparato, all’improvviso l’esercito ha iniziato ad aprire il fuoco. Dico un piano già preparato perché già nei giorni precedenti a questo fatto sia l’esercito, ma anche il cardinale Rodriguez, avevano detto che in quella manifestazione ci sarebbe potuto essere spargimento di sangue, e che Zelaya sarebbe stato responsabile di questo.

In un muro adiacente la pista dell’aeroporto dove poi la gente si è nascosta, si è buttata a terra, si sono contati più di un centinaio di segni lasciati dai proiettili, e stiamo parlando quindi di proiettili veri e non di gomma come poi hanno riportato le fonti dell’esercito; ed è stato proprio durante questa sparatoria che è stato ucciso un ragazzo di 19 anni, Isis Obeid Murillo, il quale è stato colpito alla testa da una pallottola esplosa, secondo le versioni che circolano, da un franco tiratore. Chiaramente sarà difficile poterlo dimostrare, però ad esempio su questa morte, proprio nei giorni scorsi, la Commissione Interamericana per i diritti umani (CIDH), che è stata per due giorni a Tegucigalpa per verificare proprio lo stato della violazione dei diritti umani dal 28 di giugno, dal giorno del colpo di stato ad oggi, ha riconosciuto che almeno quattro morti, tra cui quella di Isis Obeid Murillo, il ragazzo dell’aeroporto, hanno legami diretti con la repressione scatenata dall’esercito e dalla polizia. Per cui già non sono solo voci e la CIDH ha chiesto formalmente al governo di fatto, al governo golpista di Roberto Micheletti, di permettere al Pubblico Ministero di iniziare le indagini per verificare effettivamente questa connessione. Quello dell’aeroporto è stato poi il primo di tanti esempi della repressione; ricordiamo che dopo questo fatto ci sono state forti repressioni a fine luglio quando poi è stato ucciso il maestro Roger Abraham Vallejo, anche lui con un colpo di pistola alla testa, questa volta da parte della polizia. La repressione del 12 agosto in cui i manifestanti sono stati selvaggiamente picchiati davanti al parlamento, e dove la gran parte degli arrestati (si parla di più di seicento arrestati a Tegucigalpa e in altre parti del paese), sono stati torturati, sono stati arrestati e portati in luoghi totalmente illegali, perché non sono posti di detenzione, come ad esempio i sotterranei dello stesso parlamento o la caserma dei corpi speciali della polizia Cobra. Io ho visto personalmente, all’interno dell’Hospital Escuela, varie persone con il viso completamente distrutto dalle manganellate e addirittura un signore che aveva sulla schiena dei chiarissimi segni di catene, nel senso che è stato colpito con catene di ferro. Conseguentemente a questi casi di tortura e dopo le violenze del 12 di agosto, la CIDH è venuta in Honduras per constatare proprio questa situazione.



2) Il Presidente Zelaya è stato accusato dai golpisti di aver intenzione di modificare la Costituzione in modo illegittimo, invece è noto che anche in Honduras si stava percorrendo il processo di trasformazione costituzionale, attraverso proposte di riforme, che avrebbero consentito una maggiore democratizzazione del Paese e impedito agli interessi delle multinazionali straniere di poter procedere impunemente con il saccheggio delle risorse di questo paese. I golpisti, di cui Micheletti è il portavoce, stanno tentando di impedire che il popolo honduregno diventi, attraverso un libero processo democratico, padrone del proprio destino. Quali interessi si celano dietro questo ennesimo attentato alla sovranità di un popolo latinoamericano?



Il tema della relazione tra il colpo di stato in Honduras e l’istallazione di una quarta urna che sarebbe servita alla popolazione per dire se nelle prossime possibili elezioni del 29 di novembre si sarebbe dovuto votare anche per l’istallazione di un’assemblea costituente che avrebbe poi, forse, portato ad una riforma della costituzione, è tutta da verificare. Prima di tutto bisogna chiarire che questa consulta popolare non aveva nessuna, diciamo, obbligatorietà da parte dei poteri dello Stato di renderla effettiva. Era una consulta popolare, non era un referendum, la gente avrebbe potuto dire: “si, vorrei che si istallasse un’assemblea costituente”; il parlamento avrebbe potuto poi decidere in un senso piuttosto che in un altro. Avrebbero quindi deciso i deputati se prendere in considerazione questa richiesta della popolazione. Quindi qui cade tutto questo castello montato dicendo che si voleva cambiare la costituzione, che si voleva distruggere la costituzione, perché non è affatto così.

La cosa da smontare è proprio questo legame diretto fra la consulta popolare e il colpo di stato. Il colpo di stato, ormai è chiarissimo a tutti, è stato orchestrato da quello che in Honduras chiamano grupos fàcticos, ossia quelle 13-14 famiglie dell’oligarchia nazionale che controllano più dell’80% delle economie e dei servizi dell’Honduras. Queste famiglie hanno chiaramente non solo pensato, attuato con l’aiuto dell’esercito, e poi gestito nelle settimane successive, il colpo di stato, ma lo venivano preparando già da parecchi mesi. Quindi l’elemento della consulta popolare è solo una piccola parte dei motivi che hanno portato questi potenti gruppi economici ad abbattere e defenestrare il presidente Zelaya. Gli altri motivi evidentemente sono molto più ampi; hanno a che fare con una serie di riforme che Zelaya ha fatto nei suoi quattro anni di presidenza, hanno sicuramente a che fare con l’adesione all’ALBA, con la situazione che si è creata in centroamerica, dove anche il Nicaragua fa parte dell’ALBA, ed il Guatemala di Petrocaribe, dove le recenti elezioni in El Salvador hanno visto l’FMLN vittorioso con l’appoggio di un presidente, Funes, chiaramente più moderato di altri presidenti centroamericani e dello stesso Chavèz, che però ha già espresso intenzione di avvicinarsi a Petrocaribe e di valutare tutta una serie di cose.

Per cui questo colpo di stato in Honduras desta grande preoccupazione, così come è preoccupante la presenza dei falchi nordamericani, dei settori più retrogradi e superconservatori dell’establishment nordamericano, che chiaramente Barack Obama non è in grado di controllare e che appositamente gli hanno lasciato controllare tutta una serie di apparati dello Stato, proprio per impedire tutta una serie di riforme. È chiaro che Obama probabilmente, non dico che non fosse a conoscenza di questa intenzione di un colpo di Stato, ma sicuramente era occupato in altre cose; credo che questo sia stato un grave errore del nuovo presidente nordamericano, di non porre attenzione a quello che stava accadendo in centroamerica e soprattutto in Honduras. Per cui cercare di fare questo abbinamento di quarta urna/consulta popolare/colpo di stato è un’eccessiva semplificazione che fa comodo al governo golpista, che fa comodo a questi gruppi di potere economico e politico che controllano tutti i poteri dello Stato in Honduras.

Le ragioni come detto sono molto più ampie, molto più radicate.


3) La notizia del golpe contro il Presidente Zelaya è arrivata improvvisa in Italia. Nessuno degli inviati in America latina, tra quelli dei più importanti mezzi d’informazione, ha intuito ciò che stava per accadere. Il copione con cui il rapimento di Zelaya è avvenuto farebbe invece pensare che dietro ci sia stata un accurata preparazione. Qual’era l’aria che si respirava a Tegucigalpa i giorni prima del golpe?


E’ proprio quello che stavo dicendo. Nei giorni prima del golpe c’erano dei rumori. Io ho fatto un articolo proprio tre giorni prima del golpe che si intitolava “Honduras al borde de un golpe de estado” (Honduras sull’orlo di un colpo di stato) proprio perché i giorni precedenti si era visto che c’erano state furibonde reazioni da parte praticamente di quasi tutti poteri dello Stato; la Corte Suprema di Giustizia aveva detto chiaramente che questa consulta popolare era illegale perché andava contro la costituzione. L’esercito, in questo caso l’alto comando dell’esercito (non il capo supremo perche è il presidente della Repubblica e quindi Zelaya), il capo di stato maggiore Romeo Vásquez Velásquez si era rifiutato proprio due giorni prima di distribuire il materiale per la consulta elettorale, e il presidente Zelaya di fronte a questo rifiuto, come massima autorità dell’esercito e presidente della Repubblica, gli aveva praticamente tolto l’incarico; per cui si sentiva che c’era qualcosa che non andava, si sentiva che c’era una grossa reazione. Lo stesso Micheletti, che a quel tempo era presidente del congresso, aveva avuto parole durissime contro Zelaya (vale la pena dire che sono dello stesso partito, il partito liberale) per cui il clima era molto teso. Quello che io credo è che nessuno nella popolazione, neppure lo stesso Zelaya, si aspettasse che ci fosse un vero e proprio colpo di stato nel senso di un esercito che alle 3-4 di mattina arriva a casa tua, ti prende, comincia a sparare e in pigiama ti carica su un aereo, ti porta nella base militare di Palmerola (base militare nordamericana in territorio hondureno), e da lì con un altro aereo militare ti porta in un altro paese, il Costarica. Questo credo che non se lo aspettasse; credo che Zelaya abbia sottovalutato l’esercito hondureno credendo che il generale Velasquez fosse un suo fedele, che avesse a suo favore una parte dell’esercito, cosa che non si è rivelata tale. Per cui il clima di tensione c’era, anche se, come detto, credo non si pensasse si potesse arrivare a questo punto. Quello che credo si potesse pensare è che magari si permettesse l’esecuzione di questa consulta e che poi dopo in qualche modo i poteri dello Stato la avrebbero discreditata in qualsiasi modo, l’avrebbero invalidata anche perché, ricordiamolo, mancavano sei mesi alle elezioni, per cui Zelaya stava per finire il suo mandato. Per cui, ripeto, mi sembra sia stata usata questa occasione per dare un segnale molto forte agli altri governi centroamericani, soprattutto ai governi dell’ALBA.


4) I golpisti hanno attuato con l’evidente sostegno interno dell’Esercito, ci sono stati casi di resistenza ed insubordinazione contro il loro criminale piano di golpe ?


Ci sono state voci. Durante le prime due settimane del colpo di stato arrivavano voci e rumori che tal reparto nel tal dipartimento si erano sollevati; concretamente però, a due mesi dal colpo di stato, diciamo che l’alta gerarchia dell’esercito ha dimostrato di essere molto unita. Per il momento non ha dimostrato nessuna debolezza. Credo che questo sia frutto di grosse garanzie anche di tipo economico da parte di questi grossi poteri economici e politici dello Stato, e soprattutto la garanzia che qualsiasi cosa succeda ci sia pronta già un amnistia o comunque la sicurezza che nessuna delle alte sfere dell’esercito possa pagare, come si dice qua, i “piatti rotti” di questo colpo di stato. Per il momento non vedo debolezze all’interno dell’esercito.


5) In America Latina sono stati numerosi, nell'ultimo periodo, i tentativi di destabilizzazione attuati contro i governi bolivariani di Venezuela, Ecuador e Bolivia.

Sia attraverso i tentativi di smembramento dell’unità nazionale, con le pretestuose richieste di autonomia di regioni governate da rappresentanti dell’opposizione oligarchica, sia attraverso tentativi di magnicidio come quello sventato contro il Presidente Morales, o le campagne di accuse, rivelatesi false, contro Correa e Chavez, uscite dai computer ritrovati magicamente intatti dal bombardamento all’accampamento delle Farc-Ep, dove sono stati assassinati Raul Reyes, 21 guerriglieri e i 4 studenti messicani che si trovavano lì per motivi di studio, il 1 marzo del 2008.

Alla luce di questi fatti, il golpe in Honduras è l’ennesimo episodio per impedire che si rafforzi ulteriormente il processo di rinnovamento democratico e bolivariano che sta attraversando l’America Latina?


Sicuramente si. Come dicevo prima è chiaramente l’obiettivo principale. Non è un caso che circa tre settimane fa, durante un’intervista, il generale Velasquez abbia detto chiaramente, dando molta enfasi a queste sue dichiarazioni, che questo (chiaramente non l’ha chiamato colpo di stato, ma lo dico io), che questo colpo di stato, parole testuali “è servito per fermare il processo di socialismo travestito da democrazia che arrivava dal Venezuela”.

Per cui questo fa capire bene che è un esercito per nulla indipendente, nel senso che l’esercito in teoria dovrebbe seguire il potere civile e non dovrebbe dare dei giudizi sul tipo di politiche che porta avanti un governo; nel momento in cui il capo dell’esercito dichiara che è servito per bloccare il socialismo travestito da democrazia che stava arrivando dal Venezuela, già da un’idea di quali siano i veri motivi di questo colpo di Stato.

Chiaramente l’altro elemento è proprio la durezza con cui sta operando ed ha operato in questi due mesi il governo di fatto. Nonostante l’isolamento a livello internazionale, nonostante le misure, le ritorsioni economiche e diplomatiche e politiche, ieri Micheletti ha dichiarato, di fronte all’arrivo di una commissione dei ministri degli esteri della OEA (organizzazione degli stati americani) che “si, voi potete farci quello che volete, potete farci l’embargo che volete, ma il paese è pronto per andare avanti da solo, anche totalmente isolati perché noi decidiamo…” ecc.

Insomma, questa posizione da un’idea che questo governo di fatto ha alle spalle la sicurezza di avere degli appoggi interni dal punto di vista economico, ed esterni credo soprattutto da parte di alcuni settori degli Usa, tanto da essere convinto di poter veramente andare avanti da solo nonostante l’isolamento. Quindi, come dicevo all’inizio, il vero obiettivo di questo colpo di Stato è stato proprio quello di bloccare un modello, di bloccare il processo di unità, oltre che latinoamericana, soprattutto centroamericana, in questo contesto, e di fare tabula rasa con tutto quello che aveva fatto il governo precedente. Non è un caso che pochi giorni dopo il colpo di Stato sono stati espulsi i maestri cubani che stavano portando avanti il processo di alfabetizzazione con il metodo “yo si puedo”, che in questi giorni già si sta discutendo l’espulsione dei medici cubani che stanno lavorando come sempre nelle zone impervie dell’Honduras dove nessun altro medico andrebbe a lavorare, che stanno sospendendo tutta una serie di programmi legati all’ALBA, Petrocaribe, tutta una serie di programmi sociali, proprio con l’obiettivo di fare tabula rasa con tutto questo.

Intervista a Giorgio Trucchi - Managua