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Risultati da 1 a 6 di 6

Discussione: Genocidio palestinese

  1. #1
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    Predefinito Genocidio palestinese

    INTERVISTA DELLA BBC A JOSÉ SARAMAGO

    (Josè Saramago, portoghese, Premio Nobel per la letteratura 1998)

    BBC - La stampa internazionale ha pubblicato delle dichiarazioni attribuite
    a lei riferendosi alle azioni dell'esercito israeliano come azioni
    "naziste" e criticando abbastanza duramente il governo di Israele. Qual è
    esattamente la sua posizione sul conflito del Medio Oriente?

    José Saramago - La dichiarazione che l'esercito israeliano sia diventato
    "ebreo nazista" fu di un grande intellettuale ebreo (Yeshayahu Leibowitz,
    morto nel 1994), rispettato tanto dal punto di vista morale che intellettuale.
    Non mi sto mettendo dietro la sua ombra per proteggermi dalla tempesta. Ma
    questa idea che qualcosa di profondamente negativo, distruttivo, sia
    entrata nello spirito di Israele, non fu espressa da me per la prima volta.
    Molti ebrei oggi giorno lo riconoscono.

    BBC - Un'altra affermazione che lei avrebbe fatto su Israele fu quella di
    paragonare con l'apartheid la forma in cui il governo israeliano tratta i
    palestinesi ...

    José Saramago - Non è una specie di apartheid, è rigorosamente un
    apartheid, e su questo solo quelli che non sono mai venuti qui posso avere
    dei dubbi. Se qualcuno vuole essere informato, supponendo che le autorità militari
    consentano l'accesso, i passaggi dai check points per arrivare ai villaggi
    e città palestinesi sono completamente isolati, dove non si puó entrare e
    da dove non si puó uscire senza l'autorizzazione dell'esercito israeliano,
    se si vuole effettivamente vedere ció che sta accadendo si deve venire qui.
    L'informazione che abbiamo, quella che circola internazionalmente, fa
    vedere solo un lato omettendo l'altro, oppure fa vedere solo i palestinesi
    che sparano in aria quando accompagnano i propri morti. Non sto dicendo che
    gli israeliani siano dei demoni e che i palestinesi siano degli angeli, non
    è quello, angeli e demoni esistono da entrambe le parti. Ció che sta
    succedendo politicamente qui, peró, la situazione di guerra che si è
    creata, ha avuto come risultato l'occupazione militare di praticamente
    tutto il presunto territorio palestinese, o l'isolamento di tutti i
    villaggi e città palestinesi e l'impossibilità di circolare nel proprio
    territorio. Questo se non è apartheid, come lo dobbiamo chiamare?

    BBC - Lei direbbe che, negli ultimi anni, principalmente durante il governo
    del primo ministro Ariel Sharon, questa situazione si è agravata?

    José Saramago - Si è agravata negli ultimi tempi. Ma, in quanto Barak fu
    primo ministro, si costruirono piú colonie all'interno del territorio
    palestinese rispetto a quelle costruite dal governo di Netanyahu. Vuol dire
    che Barak che, suppostamente si proponeva di fare la pace, installava
    sempre piu' colonie all'interno dei territori occupati. Qui c'é un punto
    che bisogna riconoscere: le colonie hanno bisogno dell'esercito per
    difendersi. Ma l'esercito ha bisogno delle colonie per essere installato
    lì. E da questa logica, che è assolutamente infernale, non se ne esce,
    perché effettivamente la pace che vuole il governo di Israele non è la pace
    giusta, non è una pace che riconosce effettivamente i diritti dei
    palestinesi ad avere uno Stato, ad avere una propria identità, una vita che
    sia loro. I palestinesi sono disprezzati dalla popolazione di Israele, e
    questo non è demagogia, è la pura verità, e chi vuole delle conferme venga
    qui a vedere.

    BBC - Lei ha parlato di come la comunità internazionale vede questo
    conflitto. Ma non crede che, sopratutto dopo atti di estrema violenza come
    l'attentato di ieri (mercoledi, in cui 20 israeliani sono rimasti uccisi in
    una esplosione), diventa ancora piu' difficile per la comunità palestinese
    di divulgare la propria lotta, le proprie rivendicazioni alla comunità
    internazionale?

    José Saramago - In primo luogo, non sto giustificando ne difendendo questo
    atto. Ma tutti gli atti di violenza praticati dai palestinesi sono degli
    ostacoli alla pace. Peró gli atti di violenza praticati dall'esercito
    israeliano non sono ostacoli alla pace... villaggi rasi al suolo, migliaia
    di morti, gente espulsa nel 1948... se ne parla dell'olocausto ebreo, ma c'é
    anche stato una specie di olocausto palestinese.
    Un milione di persone deportate dalle loro case nel 1948.
    Ancora ieri siamo stati a Gaza, e 150 case sono state distrutte dai carri
    armati. Qui si punisce un'azione praticata da un palestinese con la
    distruzione di casa sua, o di tutte le case di un villaggio. Come mai gli
    atti di violenza degli israeliani non sono ostacoli alla pace?

    BBC - In questa situazione, quali prospettive vede per il conflitto? Ha
    dell'ottimismo riguardo il piano di pace saudita o riguardo le attuali
    negoziazioni?

    José Saramago - Io non ho alcun ottimismo, perché effettivamente il governo
    di Israele non vuole la pace. Vuole la pace che gli convene, non una pace
    giusta che prenda in considerazione il diritto del popolo palestinese ad
    avere la propria vita. Sono completamente scettico sull'esito di qualsiasi
    piano. E, recentemente, in una proposta degli USA nelle Nazioni Unite, e' stato
    riconosciuto che il popolo palestinese ha il diritto di vivere in un suo
    proprio Stato. Ma come si organizza questo Stato se le colonie israeliane
    nei territori occupati sono 205, e tutte quante protette dall'esercito e
    tutte quante armate? Come si puó parlare di un piano di pace che ignori
    questa realtá?

    BBC - Dovuto alle sue piú recenti dichiarazioni, in Israele c'é un
    boicotaggio dei suoi libri. Come vede questo tipo di reazione?

    José Saramago - É naturale. Penso che, in fondo, sono reazioni di persone
    che non sopportano che gli si dica la veritá. Ritirare i miei libri dalle
    librerie é, probabilmente, il primo passo che puó portare a un secondo
    passo che consiste in bruciarli in pubblica piazza. Tutto puó succedere.

  2. #2
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    Predefinito re: Bellarmino

    Ciao Bell.
    Finalmente Ti ritrovo. Sono contento.
    Una sola considerazione: dovendo scegliere tra i palestinesi ed i giudei scegierei i pigmei dell'Africa.
    Sarebbe sufficiente che Dio non li avesse creati.

    cuoreverde

  3. #3
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    Predefinito Re: re: Bellarmino

    Originally posted by cuoreverde
    Ciao Bell.
    Finalmente Ti ritrovo. Sono contento.
    Una sola considerazione: dovendo scegliere tra i palestinesi ed i giudei scegierei i pigmei dell'Africa.
    Sarebbe sufficiente che Dio non li avesse creati.

    cuoreverde
    Caro cuoreverde, anch'io sono contento di rileggerti.
    Tuttavia, permettimi, non capisco quali motivi ti spingano ad avere un 'sì profondo astio e livore nei confronti dei legittimi abitanti della Palestina, i palestinesi appunto.
    Ti ricordo che circa il 14% della popolazione palestinese professa la religione cristiana, almeno questa non disprezzabile percentuale, unitamente alle sacrosante ragioni di libertà dei palestinesi, dovrebbe convincerti a difendere la loro causa, che è anche la causa legittima di qualsiasi popolo al quale sia negata con la forza e la prevaricazione l'identità e la libertà.
    Non parlarmi, per cortesia, degli attentati kamikaze, in quanto io stesso, se vivessi nelle condizioni di quei poveretti, non so se rifiuterei i loro metodi di lotta, perlomeno comprendo appieno le loro azioni non avendo alcuna altra possibilità di difesa.
    Ovviamente ho parlato anche al tuo sentimento padano...
    Con amicizia.
    Bellarmino

  4. #4
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    Predefinito Re: Re: re: Bellarmino

    Originally posted by Bellarmino


    Tuttavia, permettimi, non capisco quali motivi ti spingano ad avere un 'sì profondo astio e livore nei confronti dei legittimi abitanti della Palestina, i palestinesi appunto.
    Ovviamente ho parlato anche al tuo sentimento padano...
    Con amicizia.
    Bellarmino

    Anche x me è piacevole sapere che in questo bellissimo forum non c'è solamente l'ottimo Guelfo Nero.
    L'astio verso le mezzelune è in me pari a quello verso i giudei-bolscevichi (stasso ceppo).
    Quindi permettImi di dissentire da ciò.
    Capisco la loro sacrosanta rivndicazione riguardante il territorio ma contro i padroni attuali del mondo (terreno) poco potranno.

    Con amicizia.

    CUOREVERDE

  5. #5
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    Predefinito

    Mi costa un poco dirlo perchè non vorrei sembrare schierato in questa situazione non vede certo la ragione da una sola parte.
    Ma a questo punto Israele ha, per conto mio, ogni diritto di difendersi da questi luridi attacchi (condannati dall'autorità palestinese, ma fino a che punto?).


    Theophilus

  6. #6
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    Predefinito

    Ripropongo il seguente scritto sperando possa fugare dubbi o perplessità in merito alla annosa vicenda palestinese.
    L'esistenza dello Stato di Israele, abitato dagli assassini di Cristo, è un'offesa a Dio stesso.

    ========================================
    I CRISTIANI ED ISRAELE

    Come un cristiano deve porsi di fronte all'occupazione ebraica della Palestina


    Un problema di coscienza si pone oggi ad alcuni cristiani a proposito dell’attuale Stato d’Israele. Gli uni, sensibilizzati da quello che gli ebrei chiamano “l’olocausto hitleriano”, si sono precipitati a riconoscerlo; altri rifiutano di riconoscere Israele per due ragioni:

    1) perché sono sensibili all’ingiustizia che subisce il popolo palestinese, scacciato dalla sua terra con la violenza;

    2) per motivi che hanno rapporto con la fede e la testimonianza cristiana. Il soggetto di questo documento è delicato può suscitare reazioni. Bisogna, prima di trattarlo, dire che non è con spirito antisemitico che noi lo affrontiamo, ma con uno spirito di giustizia sociale e religiosa. Noi lottiamo per la libertà religiosa di tutti, anche in Israele dove speriamo che siano rimpatriati i due milioni di palestinesi (cristiani e musulmani), che le autorità israeliane rifiutano di reintegrare perché non sono ebrei. Per chiarire il problema, bisogna porsi la seguente domanda: per un cristiano, cosa significa riconoscere lo Stato d’Israele? E’ riconoscere il fatto compiuto della sua presenza, o ammettere oggi la legittimità di questa presenza in Palestina? Per il fatto compiuto: dal 1948 soltanto, le Nazioni Unite, una istituzione laica, hanno riconosciuto l’esistenza, in Palestina, dello Stato d’Israele. Ma che vale la legittimità di questa presenza israeliana sul suolo palestinese? Mi spiego: un uomo detiene un oggetto rubato; io riconosco che l’oggetto è in suo possesso; ma posso io, senza commettere una grave ingiustizia, approvare il fatto riconoscendo la legittimità di quel possesso? Cosi il problema di coscienza che si pone a noi cristiani è il seguente: “Possiamo noi riconoscere la legittimità dello Stato d’Israele in Palestina? Quando si parla della legittimità di uno Stato, ci si riferisce ad un diritto storico sopra un certo territorio. Nel solo caso di Israele si invoca un diritto biblico. Noi parleremo dunque della legittimità storica e biblica di Israele.

    LA LEGITTIMITà STORICA

    Nel XX secolo, non si trova alcun argomento storico sufficientemente valido per giustificare uno Stato israeliano in Palestina, che appartiene legittimamente ai palestinesi, come ogni altro paese appartiene ai suoi abitanti. Quattro milioni di palestinesi reclamano il loro diritto storico e legittimo sulla Palestina. Questi diritti sono pre-biblici e la Bibbia parla della Palestina e dei palestinesi. Nel libro di Samuele (I Samuele 28) le guerre tra palestinesi e gli invasori ebrei sono note. Prima di Cristo, gli ebrei hanno tentato spesso di formare uno Stato in Palestina. Questo ha preso l’aspetto di un regno verso il 1000 a.C.

    Ma meno di un secolo dopo, questo regno si divise in due: uno al Nord, nella Samaria, e un altro al Sud in Giudea. Sono scomparsi tutti e due, il primo fu distrutto dagli assiriani nel 722 a.C., cioè 200 anni dopo la sua formazione, e il secondo dai babilonesi che hanno mandato in esilio gli ebrei nel 586 a.C.

    E’ soltanto nel primo secolo a.C., precisamente nel 37 a.C. che il regno ebreo si ricostituisce sotto l’impero Romano con Erode il Grande. Ma questo regno fu nuovamente distrutto un secolo dopo dalle legioni romane di Tito nel 70 dopo Cristo. La maggior parte degli ebrei fuggirono allora dalla Palestina verso i quattro punti del mondo. Ma i palestinesi restarono in Palestina. Nel 1948, duemila anni più tardi, uno Stato di Israele riapparve in Palestina, reclamando diritti sul paese a detrimento dei palestinesi che vi avevano sempre vissuto. Gli ebrei che affluirono in Terra Santa dai quattro punti del mondo, hanno scacciato i palestinesi con la violenza. I palestinesi hanno dovuto lasciare la loro terra e la loro casa in condizioni tragiche, per vivere in esilio nei paesi arabi vicini, sotto tende e nelle bidonvilles. Le grandi potenze hanno aiutato gli ebrei a installarsi in Palestina, e hanno riconosciuto lo Stato Ebreo un quarto d’ora dopo la sua proclamazione, il 15 maggio 1948, come se la Palestina ed i palestinesi non fossero mai esistiti. Pertanto le prove storiche della loro esistenza abbondano (prove bibliche - numismatiche - culturali - folcloristiche - musicali etc...). Bisogna costatare che quelli che sostengono Israele si sentono, in generale, un senso di colpa nei riguardi degli ebrei ed hanno dunque optato per la loro localizzazione in Palestina. Ma è giusto dare agli uni quello che si è tolto con violenza ad altri? Non si può disporre dei beni altrui. Per esempio, un americano o un francese, non hanno il diritto di disporre di una terra che non appartiene loro. Una domanda a coloro che vogliano tacitare la coscienza nei riguardi degli ebrei: perché non dare parte del proprio territorio (americano, francese, italiano...etc....) agli ebrei? A questa domanda si risponde in generale che gli israeliani hanno un diritto biblico sulla Palestina. Eccoci trasferiti dal piano storico al piano spirituale, teologico, da persone che ignorano completamente e la Bibbia e la teologia. Dunque a noi cristiani, gli ebrei ci chiedono di riconoscere un loro diritto biblico sulla Palestina. Gli apostoli d’oggi sono sollecitati per rendere una testimonianza favorevole per coloro che negano Gesù. E questo in nome della Bibbia. E’ qui il dramma di coscienza. Perché il giudaismo non è una razza né una terra geografica, ma una religione che ha trovato il suo compimento perfetto nel Cristo Gesù. Per un cristiano è ugualmente assurdo riconoscere uno Stato ebreo per gli ebrei quanto uno Stato cristiano per i cristiani.

    LA LEGITTIMITà BIBLICA

    Molti cristiani sostengono lo Stato di Israele credendo, in buona fede, di aiutare il “popolo eletto” sulla sua “terra promessa’’. A noi sembra dunque importante di ricordare, alla luce del Vangelo, il significato della terra promessa e del popolo eletto.

    A) LA TERRA PROMESSA

    La Palestina non è una terra promessa dalla Bibbia agli israeliani di oggi, per le due seguenti ragioni:

    1° - la Terra Promessa è il simbolo di una realtà spirituale.

    2° - Essa fu promessa a condizioni.

    I - La Terra è spirituale:

    Dio promise una terra ad Abramo ed ai suoi discendenti. Ma il significato di questa terra, come la intendeva Dio, fu spiegato dalla Bibbia lungo il corso dei secoli, per apparirci infine come una realtà spirituale, non geografica. Perciò San Paolo dice: “Per la sua fede, Abramo venne a dimorare nella terra promessa come in paese straniero, abitando sotto le tende, e così pure Isacco e Giacobbe, coeredi della stessa; perché egli aspettava quella città ben fondata, della quale Dio è architetto e costruttore” (Ebrei 11,9). La spiritualità della Terra ha le sue radici nell’Antico Testamento. Cosi la tribù di Levi non possedeva alcuna terra, essendo Dio stesso la sua “porzione”. In effetti la Bibbia dice: “Alla tribù di Levi, Mosè non diede alcun possedimento: Il Signore, Dio d’Israele, fu la sua porzione” Giosuè 13, 33). D’altra parte il Salmo 37 (36) dice che i “mansueti ed i giusti possederanno la terra”. Non è detto che tutti gli israeliani in Palestina sono mansueti e giusti: queste virtù si trovano dappertutto. Infine, Gesù spiegò il fatto dicendo che il “Regno di Dio” non è una entità visibile, ma che si trova nel cuore dell’uomo. Ai farisei che gli domandavano quando apparirà il Regno di Dio, che per loro significava l’impero sionista universale, Gesù rispose: “Il Regno di Dio non viene con sfarzo. Non si potrà dire: “Ecco, è qui”, oppure “E’ là”: infatti, il Regno di Dio è dentro di voi” (Luca 17, 20). Si trova oggi nello stesso seno del Giudaismo, dei rabbini che sottolineano la dimensione spirituale della terra promessa: Cosi il commento del Grande Rabbino Jonathan Eybeschutz: “E’ scritto: Voi dimorate nel paese che io ho donato ai vostri avi (Ez. 36, 28). L’Eterno aveva promesso ad Abramo di dargli la terra di Canaan; ma quando Sara è morta, non possedeva un terreno per sotterrarla. Come dunque la promessa è stata compiuta? Ci sono due terre che portano il nome d’Israele: la terra d’Israele dell’alto e la terra d’Israele del basso. La Terra Santa è la Terra Celeste dove c’è il Palazzo Divino, dove si riversano le sorgenti della saggezza. E’ questa Terra spirituale che è stata promessa e data ai nostri avi, e non la terra materiale”. (“Le Royaume de Dieu et le Royaume de César” da Emmanuel Levyne, Edizione “Le Réveil”, Beyrouth, Liban). Quanto ai discendenti di Abramo, gli eredi della terra promessa, è anche una eredità spirituale che non si trova in una genealogia storica e carnale, che si trasmette da padre a figlio, ma secondo la fede nel messianismo di Gesù. San Paolo dice infatti: “Se siete in Cristo, siete progenie di Abramo, eredi secondo la promessa” (Gal. 3, 29). Cosi per un cristiano, un ebreo che si rifiuta di riconoscere Gesù come il Cristo, aspettando un altro Messia, non può essere considerato discendente di Abramo, né erede della Terra Promessa sia che sia spirituale o materiale.

    II - La promessa è condizionata:

    Dio ha diseredato gli ebrei anche prima della venuta di Gesù Cristo. Perché la terra fu promessa a condizione di fedeltà all’Alleanza. Ma la condizione non fu rispettata, e l’Alleanza fu rotta dagli ebrei, non da Dio, che annunciò allora la venuta di una Nuova Alleanza che gli ebrei rifiutano ancora.

    a) - La condizione:

    A supporre che la Terra Promessa sia un luogo geografico; non bisogna dimenticare allora che la promessa venne fatta sotto condizione. Infatti Mosé aveva detto ai giudei: “Se tu non ha cura di osservare tutte le parole di questa legge, Yahvé darà una gravità alle tue piaghe e a quelle della tua posterità.” (Deut. 28). La congiunzione “Se” dimostra che la promessa è condizionata. Mosé prosegue dicendo: “[...] Perché tu non avrai obbedito alla voce di Yahvé, tuo Dio, allora pertanto il Signore si era compiaciuto nel farvi del bene e nel moltiplicarvi, altrettanto si rallegrerà nel farvi perire e nel distruggervi, e sarete strappati dal paese nel quale tu stai per entrare a prenderne possesso.” (Deut. 28, 58-63). E’ dunque chiaro che in caso di tradimento non soltanto non c’è più terra, ma vi saranno grandi castighi e l’espulsione da questa terra per gli ebrei ed i loro discendenti. Tali sono i termini dell’Alleanza.

    b)- L’Alleanza tradita:

    Ora gli ebrei non hanno rispettato le condizioni dell’Alleanza, e la Bibbia ci dice che essi hanno abbandonato Dio per adorare gli idoli dei paesi vicini che non conoscevano Dio, offrendo i loro bambini in sacrificio a questi idoli, imitando i costumi pagani, invece di lodare Dio. Questa è una delle ragioni della rivolta del profeta Elia, quando fu ricostruita Gerico al prezzo di sacrifici umani offerti a Baal (vedere I Re 16, 30-34 e Giosuè 6, 26). D’altra parte il Salmo 106 (105) fa il bilancio delle infedeltà israelite “[...] Essi dimenticarono presto le sue gesta [...] si sono rivoltati contro l’Altissimo [...] fabbricarono un vitello in Horeb [...] si unirono ai riti di Ball-Feor [...] Venerarono gli idoli delle genti [...] immolarono i loro figli e le loro figlie ai demoni. Versarono sangue innocente, il sangue dei figli e figlie loro, immolandoli agli idoli di Canaan [...]”. E’ per questo che Dio, parlando per mezzo dei suoi profeti, dichiara la sua ira contro Israele. Egli dice per conto di Isaia: “Ho nutrito e cresciuto dei figli ed essi si sono rivoltati contro di me. Il bue conosce il suo proprietario e l’asino la greppia del suo padrone, Israele invece non comprende, il mio popolo non ha senno. Guai, nazione peccatrice, popolo carico d’iniquità, seme di malfattori, figli scellerati! Hanno abbandonato il Signore” (Is. 1, 2-4). Disse ancora il Signore per mezzo di Michea: “Ascoltate dunque le mie parole, o principi della casa di Giacobbe, o giudici della casa d’Israele, che avete in orrore la giustizia, e pervertite tutto ciò che è retto, che edificate Sion col sangue, e Gerusalemme con l’iniquità [...] e poi si appellano a Dio affermando “non è forse in mezzo a noi il Signore? “. Ecco, per colpa vostra Sion sarà arata come un campo [...]” (Michea 3, 9-12).

    c) - Rottura e Nuova Alleanza:

    Avendo denunciato l’infedeltà d’lsraele, Dio dichiara ROTTA la prima Alleanza, ed annuncia una Nuova Alleanza che non sarà come la prima, perché la parte del credente non é una terra ma Dio stesso: “Ecco, vengono dei giorni, dice il Signore, in cui farò con la casa d’Israele e quella di Giuda una nuova alleanza. Non sarà come l’alleanza che feci con i loro padri [...] alleanza che essi hanno violato, e per questo io li ho rigettati, dice il Signore. Ma ecco l’alleanza che io farò con la casa d’lsraele dopo quei giorni, dice il Signore: Metterò la mia Legge in LORO, la scriverò NEI loro cuori; Allora io sarò il loro Dio ed essi saranno il MIO POPOLO [...]” (Geremia 31, 31-33). E’ evidente che la Nuova Alleanza differisce dalla prima perché Dio dice che “non sarà come l’alleanza che feci con i loro padri.” La differenza si trova nel fatto che la Nuova non promette alcuna terra geografica, ma è Dio stesso che si dà a tutti coloro che credano in Gesù, Fondatore della Nuova Alleanza. Gli ebrei rifiutano ancora l’Alleanza del Cristo perché non promette loro alcuna terra geografica, né accorda loro il privilegio di stabilire l’impero sionista mondiale che vogliono.

    B) IL POPOLO ELETTO

    L’elezione divina non ha mai avuto per oggetto un popolo già formato come alcuni ancora pensano perché la scelta di Dio si è fermata sopra un UOMO, Abramo il siriano, e non su un popolo ebreo che non esisteva. Perciò Dio dice agli ebrei per la bocca del profeta Isaia: “Guardate Abramo, vostro padre [...] Io chiamai lui solo, lo benedissi e lo moltiplicai” (Is. 51,2). E’ dunque falso credere che il giudaismo è una razza; è per questo che la Bibbia fa ricordare agli ebrei che Abramo, il loro antenato, è un Arameo, cioè un siriano. Mosè insiste su questo quando dice agli ebrei: “Quindi pronuncia davanti al Signore, Iddio tuo: un Arameo (Abramo) errante era mio padre” (Deut. 26,5). Essendo siriano, Abramo è dunque di razza araba; cosi pure gli ebrei. Lo scopo della scelta d’Abramo era di preparare un ambiente sociale per accogliere il Messia. Lo scopo non è dunque il popolo ma il Cristo “che venne a casa sua, e i suoi non lo ricevettero” (Giov. 1, 12) e di formare cosi il popolo UNIVERSALE di Dio. Secondo la teologia cristiana il popolo di Dio è in funzione della fede in Gesù. Gesù aveva detto agli ebrei: “Se non credete che io sono (il Cristo), morrete nei vostri peccati”; e ancora: “Se Dio fosse vostro Padre, certamente mi amereste [...]”. Infine, dichiarava loro: “Voi avete per padre il diavolo e volete soddisfare i desideri del padre vostro” (Giov. 8, 24-44). E oggi che cosa dicono i cristiani agli ebrei? Per Gesù, il vero giudeo è il cristiano, e la Chiesa è l’autentica Israele, la vera Gerusalemme.

    Nell’Apocalisse, Gesù denuncia gli ebrei come “usurpatori del nome di giudei, essendo piuttosto una sinagoga di Satana” (Ap. 2, 9 e 3, 9). Perciò San Paolo dice: “Se voi appartenete al Cristo, siete progenie di Abramo” (Gal. 3, 29), e invita gli ebrei a credere in (Gesù per essere “innestati” nel popolo di Dio (Ro. 1l, 23). La nostra intenzione non è dunque di allontanare gli ebrei, (non si contestano i giudei come persone, ma Israele come Stato), ma di invitarli al contrario, di entrare nel gregge di Gesù per far parte del popolo di Dio. La carità cristiana ci obbliga di non spingerli nel loro baratro, lasciando loro credere di essere il popolo eletto ritornato sulla terra promessa. Noi dobbiamo capire che gli ebrei, che sempre negano che Gesù è il Cristo, sono l’Anticristo annunciato da San Giovanni, la caratteristica specifica del quale è questa negazione. San Giovanni dice infatti: “Chi è il bugiardo, se non chi dice che Gesù non è il Cristo? Costui è l’Anticristo” (1 Giov. 2, 22). Tutti i cristiani e tutti i musulmani riconoscono che Gesù è il Cristo. Troviamo ancora dei discepoli di Gesù fra i buddisti e gli induisti. Gandi parlò sovente della sua ammirazione per Gesù e non nascondeva la sua delusione verso i Cristiani “Datemi Gesù Cristo e tenete i cristiani per voi”. La profezia di Giovanni sull’Anticristo non può essere applicata su quelli che riconoscono Gesù, ma su coloro che non credono al suo messianismo. Questa caratteristica appartiene soltanto agli ebrei che esplicitamente rinnegano Gesù ed attendono un altro Cristo. Questo è l’Anticristo. Non dobbiamo essere stupiti di ciò, perché Gesù aveva detto, parlando di un ufficiale romano che credeva in lui: “Vi dico che molti verranno dall’Oriente e dall’Occidente e si assideranno alla mensa con Abramo ed Isacco e Giacobbe nel Regno dei Cieli ma i figli del regno (di Israele) saranno gettati nelle tenebre esteriori, ove sarà pianto e stridor di denti” (Mat. 8, 11). Così con la venuta di Gesù, il concetto del popolo eletto che era ristretto e fanatico, si è trasformato in una realtà universale. Perciò Gesù condanna i sostenitori di un regno di Israele, che hanno voluto capire il giudaismo politicamente. Gesù ha sempre rifiutato di essere il re di un impero sionista: “Il mio Regno non è di questo mondo”, disse. Molti ebrei, rimproverano ancora a Gesù di avere rifiutato di essere il re d’Israele e mettersi alla testa del popolo contro i romani. Secondo loro, egli doveva, se fosse stato un “buon giudeo”, accettare un regno politico ed avere pietà dei bambini delle donne e dei vecchi, che avevano dato a lui tutta la loro fiducia, per la forza soprannaturale che egli aveva, e non doveva rifiutare di mettere questa forza al servizio del regno politico di Israele. Di qui la loro ira contro di lui. San Giovanni ci dice infatti che, dopo il miracolo della moltiplicazione dei pani, “Gesù, accortosi che venivano a rapirlo per farlo re si ritirò solo sulla montagna” (Giov. 6, 15). L’opposizione fra il regno di Dio e quello d’Israele è il centro del litigio fra Gesù e i giudei. Questa opposizione è manifesta nelle parole del Cristo quando denuncia i sostenitori del regno politico d’lsraele, condannandoli alle tenebre (Mat. 8,11). Uno degli aspetti del litigio è l’universalità dell’elezione. Per Gesù l’universalità significa che tutti gli uomini che credono in lui sono ammessi nel Regno di Dio, ma per i sionisti ciò vuol dire che i giudei sono dei cittadini di prima classe e che i privilegi sono riservati universalmente a loro. Dio, per i profeti aveva già esteso l’elezione ai popoli di tutte le razze; Isaia, 8 secoli a.C., aveva proclamato nel nome del Signore “Io vengo per radunare le nazioni di tutte le lingue [...] Anche fra loro prenderò dei sacerdoti e dei leviti” (Isaia 66, 18-21). La scelta dei ministri del culto fra le nazioni non-ebree, è un segno indiscutibile dell’autenticità del sacerdozio universale di Gesù. Che cosa possiamo concludere dunque? San Paolo risponde: “Che dire dunque? Israele non ha ottenuto quello che cercava, ma l’ha ottenuto la parte eletta” (Ro. 11, 7). La parte eletta sono i discepoli di Gesù.

    ISRAELE: SEGNO DEI TEMPI

    Dal momento che gli ebrei che sono affluiti in Palestina oggi, dai quattro punti del mondo, non sono il popolo eletto sulla loro terra promessa , quale significato ha dunque la riapparizione di Israele? E’ un segno dei tempi. Si parla spesso dei segni dei tempi senza precisare di quale tempo si tratta. Questa espressione significa la “fine dei tempi”. Parlando di questi tempi, Gesù, aveva detto “Gerusalemme sarà calpestata dai Gentili (pagani), finché i tempi dei Gentili (pagani) non siano compiuti” (Luca, 21, 24). Israele è dunque un segno della fine dei tempi pagani. Dopo la venuta di Gesù, i pagani in particolare, sono quelli che rinnegano che Gesù è il Cristo; essi sono il simbolo del paganesimo in tutte le sue manifestazioni. Quando i giudei avevano proibito agli Apostoli di parlare di Gesù essi pregando dissero: “CONTRO il santo tuo Gesù che tu hai eletto si sono uniti in questa città Erode e Ponzio Pilato con i pagani e i giudei [...]” (Atti 4, 27). Nella parola CONTRO si manifesta il significato dell’ANTI-Cristo. Il suo spirito era già in opera prima della riapparizione dello Stato d’Israele. Perciò S. Giovanni ha detto che l’Anticristo doveva apparire nel futuro (è Israele come Stato), ma che il suo spirito, il quale è il rifiuto di Gesù come Cristo era già attivo nel popolo ebreo che combatteva CONTRO gli Apostoli di Cristo: “Ogni spirito che non confessa Gesù non é da Dio ed é lo spirito dell’Anticristo, di cui avete saputo che viene, anzi fin d’ora é già nel mondo.” (Giov. 4, 3). Tale é secondo S. Paolo “il mistero dell’iniquità già in opera” ma che doveva manifestarsi più tardi quando apparirà l’Anticristo “l’Avversario il Figlio della perdizione” come lo chiama Paolo (2 Tess. 2, 1-7). Lo spirito dell’Anticristo é oggi INCARNATO in uno Stato ebreo che nega che Gesù é il vero Cristo. E’ in quel fine dei tempi accordati ai pagani negatori di Cristo che secondo le profezie, l’Anticristo deve apparire in Palestina per fare la sua ultima guerra contro i discepoli di Cristo. Gesù ci aveva messo in guardia dicendo che l’Anticristo riuscirà “a sedurre anche gli eletti se fosse possibile” (Mat. 24,24). Gli ebrei vogliono far credere che il loro ritorno in Palestina è il prodigioso avverarsi delle profezie dell’Antico Testamento. Ma noi sappiamo che le profezie di cui si parla concernono il ritorno degli ebrei dall’esilio babilonese nel sesto secolo a.C. Non lasciamoci sedurre. Perché è piuttosto tempo di capire le profezie del Nuovo Testamento che ci parlano della fine dei tempi pagani. Così potremo capire chi sono questi pagani. Gesù ci aveva detto che “l’abominazione della desolazione sarà nel luogo santo” (Mat. 24, 15). D’altra parte l’Apocalisse ci informa che l’Anticristo riunirà i suoi uomini nel luogo santo della Palestina particolarmente nella “Città diletta” Gerusalemme, ove, Satana, non Dio, li ha adunati dai quattro punti della terra per la guerra non per la pace (Ap. 20 7-9). La riapparizione d’lsraele è un “segno dei tempi” apocalittici. La sua presenza nella Tetra Santa segnala l’apparizione dell’Anticristo. Ecco venuto il tempo di comprendere l’enigma che ci presenta San Giovanni: “Qui sta la sapienza! Chi ha intelligenza calcoli il numero della Bestia; perché è un numero d’uomo [...]” (Ap. 13, 18). Quest’uomo è l’Anticristo.

    L’ATTEGGIAMENTO DEL CRISTIANO

    Quale deve essere infine l’atteggiamento del cristiano verso l’attuale Stato d’Israele? E’ il momento di meditare, per metterle in pratica, queste parole che l’Apocalisse rivolge a quelli che vogliono ancora essere testimoni di Gesù: “E’ necessario che tu profetizzi DI NUOVO contro una folla di popoli [...]” (Ap. 10, 1l). Se il Cristo comanda ai suoi apostoli in questi tempi apocalittici, di profetizzare DI NUOVO è perché la maggior parte di loro si sono lasciati sedurre dall’Anticristo che non l’hanno riconosciuto. Come Cristo non è stato riconosciuto quando venne così l’Anticristo. Nessun cristiano può riconoscere la legittimità di uno Stato ebreo in Palestina senza rinnegarsi come cristiano; sarebbe ammettere implicitamente che la Chiesa non è l’Israele profetica e che Gesù non è il Cristo. Gesù aveva detto: “Non si può servire due maestri”; non si può salvaguardare la testimonianza al messianismo di Gesù senza denunciare il falso messianismo d’Israele. Gli ebrei lo sanno. In una materia così importante, la neutralità o il silenzio provano la tiepidezza: “So che tu non sei né freddo né caldo. Oh! fossi almeno freddo o caldo! Ma perché sei tiepido io sto per vomitarti dalla mia bocca” (Ap. 3, 15). Una scelta deve essere dunque fatta e saremo giudicati secondo il nostro impedimento. Il cristiano resta fedele alla sua testimonianza invitando i giudei a riconoscere Gesù.

    APPENDICE

    INTRODUZIONE ALL’APOCALISSE

    Molti nel corso dei secoli, hanno tentato di capire il mistero dell’Apocalisse di Giovanni. Malgrado questi numerosi tentativi questo piccolo santo libro ha mantenuto il suo segreto, e il suo mistero è rimasto intatto, non essendo venuto il momento di rivelare il suo messaggio. Questo libro però non ci è stato lasciato per rimanere incompreso; non se ne vedrebbe l’utilità pratica. Ma quello che si dovrà un giorno ammettere sarà che la sua interpretazione non potrà essere soltanto umana cioè dovuta alle ricerche di un uomo anche se dotto e santo. Perché i simboli che vi si trovano furono ispirati da Dio e Dio solo può rivelarne il senso. San Giovanni non manca perciò di sottolineare il fatto dicendo che nessun altro che Gesù Cristo è degno “di aprire” cioè di rivelare il mistero: “[...] Né in cielo né in terra né sotto la terra nessuno poteva aprire il libro e leggerlo [...] Io piangevo molto perché non s’era trovato nessuno degno d’aprire il libro né di leggerlo. Ma uno dei vegliardi mi disse: Non piangere! Ecco che ha vinto il Leone della tribù di Giuda il rampollo di David per aprire il libro e i sette sigilli [...]” (Ap. 5, 1-5). Ma è tramite un messaggero speciale che Gesù apre questo “piccolo libro” nel momento giusto. Giovanni vede questo messaggero sotto forma di “un angelo che discende dal cielo tenendo in mano un piccolo libro aperto” (Ap. 10, 2). Il piccolo libro è l’Apocalisse che era chiuso perché non era compreso. Eccolo “aperto” perché il suo segreto è rivelato dall’”Angelo”, un uomo che “discende dal cielo”, perché la spiegazione che diffonderà viene dal cielo, non è il frutto di uno sforzo personale. L’Apocalisse contiene delle profezie concernenti gli avvenimenti e i protagonisti della fine dei tempi del paganesimo. Ora una profezia non si comprende che dopo il compimento storico degli eventi e l’apparizione dei protagonisti. Cosi “la Bestia 666” non può essere identificata prima della sua apparizione. Il principale ostacolo davanti al quale si sono trovati gli interpreti dell’Apocalisse è la questione del tempo e del luogo di questi avvenimenti; di conseguenza i protagonisti non sono stati identificati. Il lettore attento costaterà che il “piccolo libro” parla d’avvenimenti particolari dovendo compiersi nel tempo e nel luogo precisi. Ecco venuto il tempo e il luogo è la Palestina. Là apparve l’Anticristo che Giovanni nell’Apocalisse chiama “La Bestia”. I fedeli di Gesù sono invitati a riconoscerla e a combatterla: “Qui sta la sapienza! Chi ha intelligenza calcoli il numero della Bestia; perché è un numero d’uomo. E il suo numero è 666 (Ap. 13, 18). La chiave dell’Apocalisse è dunque identificare questa “Bestia”. Questo è il mistero che “nessuno in cielo né in terra né sotto la terra” ha potuto scoprire e che solo Gesù può rivelare.

 

 

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