Originariamente Scritto da
nuvolarossa
La fuga dall'Iraq
Se non si vuole cedere al ricatto a Nassiriya si resta
Anche nella maggioranza, all'indomani dell'ultimo attentato contro i nostri soldati in Iraq, ci sono voci che sottolineano la necessità di non cedere al ricatto. Eppure non capiamo come altro si possa ritenere il ritiro dei nostri soldati se non come un cedimento al ricatto: e tanto più esso apparirà tale, se sarà dettato dalla mera fretta di fare i bagagli, come sembra che il governo italiano voglia fare.
Perché se è vero - come è stato detto dal ministro della Difesa Parisi - che non bisogna voltare le spalle alla giovane democrazia irachena e che quindi va addirittura rafforzato l'impegno (tanto che in un primo momento il ministro D'Alema aveva parlato di missione civile, adeguatamente protetta), è chiaro che la prima esigenza da ottemperare in Iraq è proprio quella della sicurezza e dei rischi a cui andrebbe incontro una popolazione abbandonata alle fazioni armate che vi imperversano.
La domanda che noi ci poniamo è molto semplice: i terroristi vogliono o non vogliono i militari occidentali in Iraq? Visto che tutti sanno che non li vogliono, non capiamo perché dovremmo darla vinta ai terroristi, soprattutto dopo i colpi subiti dai nostri soldati. Se non si vuole cedere al ricatto, come dice il responsabile esteri dei Ds Vecchi, ferito come noi dall'ennesima vittima italiana, bisogna rafforzare il nostro contingente militare, non ritirarsi.
E, a fronte di una situazione di questo tipo, un governo responsabile, consapevole dei suoi doveri in politica estera, concerterebbe i passi da compiere con gli alleati sul campo e con la autorità irachene; soprattutto con queste ultime, se volesse dare davvero un contributo al processo democratico e di ricostruzione che si è iniziato. Semmai, il governo italiano, dovrebbe svolgere un ruolo presso gli altri Stati europei per convincerli ad un loro impegno diretto nell'area, invece di pensare alla data del ritiro.
Il centrosinistra è del resto convinto che la guerra in Iraq sia alla base della diffusione del terrorismo, non essendosi mai voluto accorgere che il terrorismo era giù diffuso, mentre la guerra in Iraq è stata una risposta. Una risposta sbagliata, diranno. Può darsi, anche se la nostra opinione è invece quella della prospettiva di un popolo fuori dalla dittatura. L'unica risposta sbagliata, a questo punto, sarebbe darla vinta a coloro i quali vorrebbero tornare al passato, o far precipitare l'Iraq nell'orbita dell'integralismo iraniano. O peggio ancora.
Roma, 6 giugno 2006
tratto dal sito del Partito Repubblicano
http://www.pri.it